Tutti contro tutti
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
La crisi travolge Identità e Diritti
La crisi sanitaria in corso, con le terribili conseguenze in campo economico che ne derivano, comporterà una riscrittura della mappa dei conflitti sociali: saranno sempre orizzontali, con identità evanescenti, tra i Tutelati da una parte e gli Abbandonati dall’altra.
I lavoratori si troveranno sia nella prima categoria che nella seconda, così come le imprese: nessuno riuscirà ad identificare con certezza un discrimine per via della complessità e della varietà delle situazioni di partenza, delle limitazioni alle quali si è soggetti e delle provvidenze di cui di volta in volta si è stati beneficiari.
Per le élite finanziarie, che comunque si stanno arricchendo, sarà un nuovo Eldorado: metteranno gli uni contro gli altri, chiederanno forme di solidarietà agli uni a favore degli altri, in una catastrofe collettiva.
La capacità di segmentare la società in senso orizzontale viene da lontano: si colgono al balzo fenomeni spontanei per strumentalizzarli, per nascondere definitivamente il conflitto verticale.
E’ cominciato tutto nel ’68, con la cosiddetta rivoluzione giovanile: da allora, è iniziata una segmentazione sociale che in forme sempre nuove ha rimpiazzato il precedente conflitto basato sulla gerarchia di classe, tra la borghesia capitalistica da una parte ed il proletariato dall’altro. Inteso in termini marxisti, la componente del lavoro contadino e salariato veniva a rappresentare la classe sfruttata.
Una particolare attenzione è sempre stata dedicata, da tutte le forze politiche, ai giovani, sin dai tempi dei Balilla e dei Gruppi Universitari Fascisti. Durante la prima Repubblica fiorivano la associazioni giovanili, che preparavano il campo alle formazioni politiche: dalla Azione cattolica alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana; dalla Federazione Giovanile Comunista Italiana alla Gioventù Liberale Italiana, non c’era movimento o partito che non si organizzasse per attirare a sé anche i più giovani.
La guerra del Vietnam, con la leva obbligatoria negli Usa, portò alla prima protesta giovanile: ma a bruciare le bandiere americane non erano i più poveri, i ragazzi negri e gli emarginati. Erano invece i figli dei ricchi, che già beneficiavano della frequenza universitaria per rinviare il servizio militare: non ci pensavano proprio a lasciare quel mondo fatto di comodità e di privilegi, per raggiungere i loro coetanei che invece erano stati obbligati a lasciare le loro case per andare a combattere i Vietcong nelle melmose risaie del sudest asiatico. I figli dei Fiori sognavano un mondo migliore, contestavano il sistema imperialista, mentre le droghe e la libertà sessuale cominciarono a diffondersi a macchia d’olio.
Anche in Europa, a partire dal ’68 dilagò questa forma di protesta giovanile, che prese innanzitutto di mira le istituzioni tradizionali: la gerarchia familiare e quella scolastica in primo luogo, che incarnavano l’autoritarismo. Il nemico non era più quello di classe, il capitalista, ma chiunque detenesse forme di potere: i genitori, i professori, lo Stato.
Le associazioni giovanili tradizionali cominciarono a deperire a favore dei movimenti che si autodefinivano sempre più “extra-parlamentari”: fu quella la prima frattura sociale, su base anagrafica. La “musica moderna” giocò un ruolo fondamentale, separando definitivamente i giovani dalle generazioni precedenti.
Cominciarono ad affacciarsi le prime rivendicazioni su base sessuale: le femministe cominciarono a rivendicare la libertà di talamo. Il diritto all’aborto era l’estremo rimedio cui fare ricorso, ma ovviamente ancor prima c’era l’uso degli anticoncezionali.
I giovani si contrapponevano agli anziani detentori del potere, così come le donne rivendicavano per sé uno status di libertà analogo a quello degli uomini che per natura hanno il privilegio di non soggiacere al ritmo mestruale, alle gravidanze indesiderate, all’onere dell’allattamento.
Dai partiti di classe, che fondavano le identità sociali sulla base sulla base del conflitto capitalistico e sulle soluzioni idonee ad affrontarlo, in termini di socialismo, di comunismo, di liberalismo o di socialdemocrazia, si passò ai partiti che rivendicavano i diritti civili e poi a quelli d’opinione.
I diritti si misurarono sempre di più in base ad identità nuove: i diritti dei carcerati, quelli dei minori, quelli dei gay, quelli di coloro che non intendono sposarsi ma convivere, a prescindere da qualsiasi identità sessuale, quelli di adottare figli, alla maternità ed alla paternità surrogate.
Più si va avanti con la crisi sanitaria, più si accumulano le perdite per alcuni mentre altri ne vanno esenti: mentre alcune imprese addirittura gongolano per i prossimi investimenti pubblici nella transizione ecologica e digitale, altre stanno fallendo o lo sono già.
Nel settore del commercio, in alcuni casi i ricavi sono aumentati a dismisura, soprattutto per coloro che vendono sulle piattaforme di e-commerce, mentre altri hanno già chiuso.
Paradossalmente, vale lo stesso per i lavoratori precari: quelli del turismo sono in serissime difficoltà mentre quelli che lavorano per le consegne a domicilio sono oberati di lavoro.
Ognuno va a guardare le disposizioni di legge per capire se, quanto e quanto sarà risarcito. Ci sono identità nuove, personali, di chi ha subito danni, ma che non sono riconoscibili e formalizzabili tanto sono soggettive e peculiari.
La mannaia della tassazione per ora non viene brandita, ma solo per non aggiungere sgomento a paura.
C’è chi, magari già in pensione o con un lavoro garantito, si ritrova all’improvviso i figli o i fratelli a casa, senza un soldo: dà tutela a chi non ha niente e si dispera, senza né diritti né identità.
Fonte: https://www.teleborsa.it/Editoriali/2021/04/16/tutti-contro-tutti-1.html#.YHwhxLfOODY
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