Coprifuoco, zona rossa e violazione dell’art. 13 Costituzione
di DAVIDE MURA
Qualora si venga sanzionati per violazione del cosiddetto “coprifuoco” o della cosiddetta “zona rossa”, esistono consistenti margini per impugnare l’eventuale provvedimento sanzionatorio poiché violativo dell’art. 13, comma 1, Cost., là dove si afferma che «non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge».
Dalla norma emerge dunque che per qualsiasi restrizione della libertà personale, come il confinamento in casa, esiste una doppia garanzia costituzionale: a) che i casi in cui è applicabile un provvedimento restrittivo debbano essere previsti dalla legge e che questa disciplini i modi di applicazione del provvedimento; b) che tale provvedimento venga emanato dall’autorità giudiziaria, con atto motivato. Il che implica, peraltro, che le restrizioni potranno essere applicate solo qualora si commetta un illecito penale (cfr. art. 27 Cost.).
Il coprifuoco e le zone rosse sono previste dalla legge (in tal caso decreto legge), ma la loro concreta attuazione avviene tramite DPCM e decreti ministeriali. Dunque tramite atti amministrativi o comunque di normazione secondaria, che di per sé non sono idonei a limitare la libertà personale. Sicché una sanzione amministrativa elevata per violazione del coprifuoco o delle cosiddette zone rosse è ex se illegittima sotto il profilo costituzionale, quand’anche previsti da legge.
I termini del ricorso dunque dovrebbe puntare su questo dirimente aspetto prima di affrontare altri eventuali profili di illegittimità, di qualunque natura essi siano.
E certo non potrà essere opposto che le norme che impongono il cosiddetto “coprifuoco” o la “zona rossa” attengono semmai alla libertà di circolazione ex-art. 16 Cost., le cui restrizioni, anche per ragioni sanitarie, non richiedono un intervento dell’autorità giudiziaria. E questo perché l’art. 16, comma 1, stabilisce solo la possibilità per il legislatore di inibire l’accesso ad alcune parti del territorio, ma senza comprimere la libertà personale (v. anche qui), sicché in pratica, potrà essere vietato l’accesso a quella determinata porzione del territorio, ma non si potrà considerare “porzione del territorio” tutto il territorio intorno alla propria abitazione, perché in tale caso si rientra inevitabilmente nella previsione ex-art. 13, comma 1 (compressione dell’habeas corpus), che richiede che il provvedimento restrittivo venga emanato dall’autorità giudiziaria con atto motivato.
Infine, corre l’obbligo di evidenziare che la previsione di eccezioni che rendono legittima l’uscita dalla propria abitazione, dichiarate tramite autocertificazione, non possono essere considerate ragioni giuridiche idonee per evitare la censura costituzionale dei provvedimenti restrittivi della libertà personale. Semmai, confermano una volta di più che tali norme sono illegittime sotto il profilo della violazione della libertà personale, in quanto il suo legittimo esercizio deve essere giustificato all’autorità tramite un documento, nel quale devono effettuarsi dichiarazioni sostitutive che, se accertate come false, pesanti conseguenze sul piano amministrativo e penale.
Fonte: https://www.davidemura.com/coprifuoco-zona-rossa-e-violazione-dellart-13-costituzione-7250/
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