Tassi negativi, Qe e Pagamenti digitali: il gran pasticcio della BCE
da TERMOMETRO GEOPOLITICO
(Guido Salerno Aletta)
Un decennio di errori che ci penalizza tutti
E’ stata davvero una decisione sconsiderata, quella della BCE, di portare i tassi di interesse in territorio negativo. Un errore colossale, soprattutto in considerazione dello sviluppo esponenziale dei pagamenti in forma digitale.
Sono anni che in Europa, da quando iniziò il governatorato di Mario Draghi nell’autunno del 2011, i depositi bancari presso la BCE per le somme ulteriori rispetto alla riserva obbligatoria sono stati progressivamente penalizzati, ora con un -0,40% annuo.
E va considerato poi che in Europa la riserva obbligatoria è addirittura risibile per dimensione, appena il 2% dei depositi, e dunque è praticamente inutile come strumento di governo del credito e della liquidità e soprattutto come strumento volto a coprire le eventuali perdite di esercizio delle Banche: ci si deve pensare con il capitale e con le obbligazioni, ed infine con i depositi superiori a 100 mila euro. Contrariamente a quanto succedeva in passato in Europa, ed a quanto accade ancora oggi in Cina, la riserva obbligatoria non è mai stata utilizzata dalla BCE come leva per ridurre oppure per aumentare la liquidità ed il credito bancario, e questo è già un errore.
In teoria, questa penalizzazione dei depositi presso la BCE era stata pensata come un disincentivo alla giacenza inoperosa della liquidità immessa dalla stessa BCE per ravvivare l’economia attraverso gli strumenti di rifinanziamento delle banche, come i LTRO ed i T-LTRO. In pratica, non avendo alternative su altri asset sicuri, le Banche si sono accontentate di accollarsi tassi negativi, acquistando titoli di Stato in competizione con la stessa BCE che a sua volta li compra quasi ininterrottamente a partire dal marzo del 2013.
Più liquidità hanno le Banche, maggiori sono i depositi dei risparmiatori, più hanno difficoltà ad impiegare in modo fruttifero queste risorse. Visto che la BCE compra in continuazione titoli di Stato, non solo con il Qe ma ormai da più di un anno e mezzo anche con il PEPP, i rendimenti dei titoli di Stato sono scesi a livelli negativi: quelli tedeschi, lo sono da tempo su tutte le scadenze. Questo significa penalizzare tutti coloro che hanno un business fondato su rendite di lungo periodo, come le assicurazioni ed i fondi previdenziali.
Le banche, a loro volta, si trovano in difficoltà: erogare credito, in periodi così contrastati di crisi, è assai rischioso. Il margine di interesse è ridotto al minimo storico, nonostante siano stati praticamente azzerati i rendimenti corrisposti ai depositanti.
C’è poi una componente sistemica ormai irreversibile: i conti correnti sono usati dai depositanti per gestire i pagamenti, mentre la quota destinata al risparmio si è ridotta enormemente. La colpa, anche stavolta, è stata dei policy-maker: avendo previsto il bail-in per la soluzione delle crisi bancarie, e dunque vietando l’intervento a carico degli Stati (il cosiddetto bail-out), si prevede che a coprire le perdite siano gli azionisti e gli obbligazionisti: la conseguenza è stata l’abbattimento della raccolta a medio e lungo termine che era assicurata dalla sottoscrizione di obbligazioni bancarie.
Le banche hanno dunque una raccolta sempre più liquida, a vista, depositata nei conti correnti, mentre sono esposte con i crediti a più lungo termine: è un altro rischio, dunque. Devono cercare di tenersi sempre più liquide sull’attivo, così come sono sempre più liquide sul passivo: per farlo, comprano titoli di Stato, che sono l’impiego più liquido che esiste al momento. Ma, così facendo, hanno una perdita di esercizio, perché i rendimenti sui Titoli di Stato sono per lo più negativi. Non ci pagano più neppure i costi fissi di gestione.
Il secondo fattore dirompente è quindi la progressiva digitalizzazione dei pagamenti: visto che sono tutti necessariamente appoggiati sui conti correnti, le banche trasferiscono denaro da un soggetto all’altro e tra di loro, come operatori di moneta elettronica. E’ un mestiere moderno, che però non c’entra nulla con la erogazione del credito.
Riducendosi progressivamente la quantità di moneta cartacea ed ancor più di quella metallica in circolazione, visto che con questi mezzi fisici si soddisfa una quota sempre più piccola dei pagamenti, c’è un aumento parallelo della percentuale dei depositi bancari usati esclusivamente per i pagamenti in forma elettronica. Visto che le Banche devono iscrivere comunque all’attivo una contropartita per questa liquidità depositata, che va iscritta al passivo in quanto rappresenta un debito verso i depositanti, non se ne esce: se è impiegata in titoli di Stato, vanno in perdita; se la tengono in deposito presso la BCE sono penalizzate.
Negli Usa, la Fed non ha fatto questo errore catastrofico: i rendimenti dei titoli del Tesoro americano sono sempre tutti positivi, anche sulle scadenze più brevi, e non c’è mai stata nessuna penalizzazione per i depositi delle Banche presso la Fed relativamente alle somme ulteriori rispetto alla riserva obbligatoria. Al contrario, le Banche americane ottengono un provento da questi depositi, somme che vengono date a prestito come Fed Funds alle altre Banche che abbiano necessità di liquidità.
Si riferisce ai repo reverse?