ZTL: morfologia sociologica e politica del perbenismo progressista
di ARIANNA EDITRICE (Riccardo Achilli)
Nulla di nuovo nell’analisi sociale del voto proposta dal Corriere: il Pd è felicemente, e senza rimpianti, il partito dei laureati, del ceto medio-alto metropolitano e dei figli sardinificati e universitari, che conserva un presidio nel mondo della P.A., in particolare in quello dell’insegnamento, ripieno di un precariato storico, essenzialmente per motivi clientelari. L’interclassismo ambiguo del Pd non poteva che portare a questo esito politico, in cui il progressismo dei più forti elimina l’esigenza di socialismo dei più deboli. Di conseguenza, privati della loro rappresentanza storica e traditi, i gruppi sociali tradizionali della sinistra votano Lega e Fdi, nel caso degli operai del Centro Nord, e M5S, nel caso dell’enorme sottoproletariato e proletariato dequalificato e sottopagato del Sud. Gli autonomi, parola molto generica per designare le mezze classi emergenti, dalle partite Iva al precariato cognitivo, passando per i mestieri semi imprenditoriali e semi proletari della new economy, votano per Fdi, che presenta una offerta politica in un certo senso “protettiva”, che propone le classiche forme assistenzialistiche della destra sociale ed anche un messaggio politico fortemente identitario, molto attraente per gruppi sociali caratterizzati da instabilità e sradicamento legato alla propria precarietà. La marginalità, sociale, geografica ma anche urbana (nelle periferie urbane e nelle cinture periurbane di città medio piccole e territori interni, rurali o abbandonati) si allontana dalla sinistra e avanza una richiesta di protezione e difesa identitaria, che la sinistra non capisce e disprezza. Il M5S ne coglie una parte, localizzata al Sud, grazie alla protezione del Rdc, misura senza la quale il movimento si estinguerebbe definitivamente. Il resto è facile preda di una proposta che mette insieme assistenza sociale, difesa della casa, identità nazionale, sicurezza e respingimento dell’orda migratoria, cioè il classico pacchetto offerto dalla componente sociale e rautiana del vecchio Msi rivista ed aggiornata. La conclusione è banale, solo a volerla vedere con un minimo di onestà intellettuale: la linea di frattura politica non è più fra una sinistra socialcomunista che difende un blocco proletario relativamente omogeneo, proponendone un avanzamento dentro le strutture di una democrazia compiuta e welfaristica ed una destra liberale che difende i padroni ed i loro sgherri, con una destra populista e poujadista a misura della piccola borghesia. Quel mondo lì è finito. La linea di frattura oggi sta fra coloro che, per censo, livello educativo, competenze, possono prendere la nave che porta verso la cittadella del futuro e coloro che rimarranno fuori da questa cittadella, brutti, sporchi e cattivi, disprezzati e abbandonati in balia di una guerra fra poveri per risorse rese sempre più scarse dai cambiamenti climatici, dalla pressione antropica che proviene dal fondo della miseria delle masse africane ed asiatiche e dalla riduzione del lavoro imposta dalla rivoluzione cibernetica. Chi starà dentro le mura non potrà che maturare inclinazioni sempre più autoritarie per difendere i propri privilegi, risciacquando il senso di colpa in innocui diritti civili a propria misura. Fra le mura della cittadella dei soddisfatti ed il fango delle periferie dei miserabili, in questo Medio Evo prossimo venturo (per citare un libro) occorrerà aprirsi la strada per proporre un compromesso sociale, che evidentemente tenga conto delle esigenze materiali, ma anche securitarie ed identitarie, degli esclusi dalla cittadella.
Fonte: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ztl-morfologia-del-perbenismo-progressista
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