La Cooperazione Civile-Militare russa in Siria
da ANALISI DIFESA (Federico Prizzi)
Nel Febbraio del 2016 il governo russo ha costituito nella base siriana di Hmeimim, nella provincia di Latakia, il “Centro per la Riconciliazione delle Opposte fazioni e il Monitoraggio della migrazione dei Rifugiati nella Repubblica Araba di Siria”, meglio noto come “Centro Russo per la Riconciliazione in Siria” (1). Un’unità che può, in qualche modo, essere assimilata alla Cooperazione Civile-Militare (CIMIC) della NATO.
Ufficialmente vi fanno parte 50 persone suddivise in 5 cellule:
- Analisi e Pianificazione;
- Negoziazione;
- Cooperazione con le Organizzazioni Internazionali;
- Supporto alle Informazioni;
- Supporto Umanitario alla popolazione siriana.
La missione del Centro è articolata su tre punti principali:
- Mantenere il collegamento con le autorità locali siriane e con i gruppi armati anti-Assad, attraverso apposite linee telefoniche e indirizzi email, al fine di negoziare la cessazione delle ostilità;
- Fornire assistenza per la sottoscrizione di accordi per il cessate il fuoco e per la stipulazione della pace tra le parti in conflitto;
- Cooperare con le Organizzazioni Internazionali (2) per la distribuzione di aiuti umanitari alla popolazione siriana nonché agli Internally Displaced People (IDP) e ai rifugiati.
Evidente, pertanto, come l’attività centrale di questa unità sia la negoziazione con i gruppi armati che combattono contro il governo di Damasco, così come il loro disarmo ed evacuazione dalle zone di guerra (3). Importante, inoltre, è il supporto umanitario a favore della popolazione locale attraverso una cooperazione con le autorità siriane e le Organizzazioni Internazionali. Il tutto supportato da efficaci e strutturate Operazioni di Informazione (Info Ops).
In particolare, per quanto riguarda la negoziazione, bisogna evidenziare che la scelta russa è quella di impiegare i propri esperti “CIMIC” non in una mera attività di liaison, bensì in una organizzata attività di Engagement con le milizie contrapposte. Un’attività dove i team russi non solamente si pongono quali mediatori tra l’autorità siriana e l’opposizione armata, ma svolgono anche un ruolo fondamentale direttamente sulla linea del fronte (4), ovvero: determinare o meno la cessazione dei combattimenti.
Lo si desume anche dal fatto che i negoziatori russi, generalmente degli ufficiali superiori, hanno l’autorità politica di sottoscrivere accordi con gli insorti. Accordi, ove vengono decise le modalità di disarmo ed evacuazione dei miliziani e delle loro famiglie, la scelta dell’area di reinsediamento, la liberazione di ostaggi e prigionieri, l’arrivo di aiuti umanitari e medicine, e anche la restituzione dei corpi di soldati o miliziani uccisi. Negoziazioni che spesso sono protratte per mesi, se non anni. Una autonomia decisionale elevata che è strettamente legata a quella di monitorare sul campo il rispetto degli accordi sottoscritti.
In questo contesto, la cooperazione umanitaria diventa prevalentemente uno strumento in supporto alla capacità negoziale degli operatori “CIMIC” russi. Il tutto, gestito attraverso una classica strategia negoziale nota come “Tit for Tat”, che consiste in una sorta di “altruismo reciproco”.
Tuttavia, questa metodologia per conseguire una riconciliazione tra le parti in conflitto, non è stata priva di critiche. In particolare, nel 2017 Amnesty International ha pubblicato un documento di denuncia contro il governo siriano e i suoi alleati relativamente alla strategia degli assedi messa in atto per eliminare la resistenza armata al regime. Intitolato “We leave or we die, forced displacement under Sirya’s ‘reconciliation’ agreements”, analizza gli accordi raggiunti dai negoziatori filo-governativi, tra l’Agosto 2016 e il Marzo del 2017, nelle aree caratterizzate da intensi combattimenti urbani: Daraya (5), Aleppo, Al-Waer (6) e l’accordo noto come delle “quattro città” (7).
La ricerca è stata condotta da Amnesty, tra l’Aprile e il Settembre 2017, con la tecnica delle interviste a distanza (via email, telefono e online) di 134 persone tra cui giornalisti, attivisti, negoziatori, medici e cooperatori umanitari. I dati raccolti sono poi stati comparati con le immagini satellitari e i video disponibili online analizzati dal Digital Verification Corps (8).
Per quanto riguarda la strategia d’assedio (9) dei centri urbani controllati dall’opposizione, bisogna dire che il Governo di Damasco l’ha messa in pratica fin dal 2012. Pertanto, prima della costituzione del Centro Russo per la Riconciliazione in Siria. Tuttavia, sembrerebbe che sia stato solo a seguito della sua costituzione che gli assedi abbiano avuto una svolta operativa.
Lo dimostra il caso della città di Daraya ove la negoziazione era gestita inizialmente da ufficiali superiori della 4ª Divisione con la mediazione del mufti di Damasco, prima, e con quella di una nota giornalista televisiva siriana, dopo. Negoziazione che, sebbene vedesse il pieno coinvolgimento dei comitati di cittadini e dei rappresentanti delle milizie armate assediate, non aveva sortito effetti duraturi.
Tanto è vero, che la mancanza di un accordo generò automaticamente un intensificarsi dei bombardamenti sulle zone assediate. È ipotizzabile, pertanto, che il “CIMIC” russo abbia completamente sostituito i negoziatori governativi cercando di accreditarsi come mediatore principale tra i gruppi armati anti-Assad e le esigenze del governo siriano.
Tuttavia, la strategia negoziale russa si inseriva comunque nella volontà di portare allo stremo la popolazione civile al fine di creare le condizioni di una resa degli assediati.
Arrendersi, infatti, voleva dire per i civili poter uscire dalla zona dei combattimenti, avere accesso agli aiuti umanitari ed essere spostati in aree sicure sotto il controllo delle forze di opposizione al regime. Una metodologia di guerra, ovviamente, fortemente condannata da tutta la comunità internazionale.
Per di più la città di Daraya, oltre a rappresentare il “battesimo del fuoco” per le capacità negoziali del Centro Russo per la Riconciliazione, è stato il primo caso di creazione dei corridoi umanitari gestiti dagli assedianti. In particolare, i corridoi umanitari erano caratterizzati da una serie di check point fissi (10) dove il Centro allestiva dei posti di assistenza medica e di distribuzione del cibo. Il trasporto dei civili (11) e dei miliziani che si erano arresi avveniva, invece, tramite i noti “bus verdi” in coordinamento con la Mezzaluna Rossa Siriana.
Prima però di essere inviati nelle zone di reinsediamento, i civili venivano sottoposti a uno screening da parte della Polizia Militare russa negli stessi check point. Infine, personale russo, tra i quali anche i contractor del Gruppo Wagner, garantiva la cintura di sicurezza ai corridoi umanitari gestiti dal Centro.
Questi esempi, di conseguenza, dimostrano come per Mosca il confine netto in ambito NATO tra lo HUMINT e il CIMIC, di fatto, fosse stato superato e che tale capacità fosse organicamente integrata anche da una cellula specializzata in Media Analysis e in Info Ops. Ciò, al fine di massimizzarne, dal punto di vista comunicativo, i risultati ottenuti dai negoziatori.
Il principale strumento per conoscere le attività del “CIMIC” russo è il bollettino giornaliero redatto della Ministero della Difesa della Federazione Russa e inviato al Segretario Generale dell’ONU tramite il rappresentate permanente russo presso le Nazioni Unite (12). Bollettino che, in particolare, ha il fine di informare il Segretario dell’ONU sui progressi di pacificazione svolti dal gruppo di monitoraggio sul cessate il fuoco nelle zone coinvolte nei combattimenti.
Questo gruppo di monitoraggio, costituito il 4 maggio 2017 con un apposito memorandum, è composto da rappresentanti russi, turchi e iraniani. Tuttavia, nei bollettini vengono solamente indicate le violazioni riscontrate dagli osservatori russi e turchi, ma mai da quelli iraniani.
Il bollettino, scritto in lingua inglese, è un testo molto schematico e ripetitivo ove vengono semplicemente aggiornati i dati, è totalmente privo di un assessment ed è strutturato su due voci principali:
- Monitoraggio del cessate il fuoco;
- Distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione della Repubblica Araba di Siria.
Fino al Luglio del 2019 venivano forniti anche aggiornamenti relativi la riconciliazione con le forze di opposizione.
Per quanto riguarda l’aiuto umanitario, definito “Comprehensive Assistance”, non sempre è coordinato con l’ufficio delle Nazioni Unite di Damasco. Le modalità di distribuzione degli aiuti alla popolazione civile sotto assedio da parte dei gruppi di opposizione al regime ha visto anche l’impiego degli Air drop tramite vettore aereo.
Inoltre, sempre in un’ottica di supporto alla popolazione civile, sono state svolte attività che potremmo definire di Medical Civic Action Program (MEDCAP). Come dimostrato anche dall’uccisione di due infermiere russe morte a seguito dei colpi di mortaio sparati dai miliziani dell’ISIS contro l’ospedale militare di Birobidzhan, nel Dicembre del 2016. Ospedale, nel quale si stava appunto svolgendo una MEDCAP.
Oltre a ciò, sono stati divulgati bollettini da parte del Centro Russo per la Riconciliazione in Siria dove venivano comunicati la realizzazione di progetti “CIMIC” quali: costruzione di case, scuole, ospedali e strade.
Anche lo sminamento umanitario rientra nelle attività coordinate dal Centro, come dimostrato anche dalla morte un sergente dell’EOD ucciso da un cecchino nel Maggio del 2016 vicino al sito archeologico di Palmira. A questo proposito, l’esercito russo ha costituito nel 2014 nella località di Nakhabino un centro denominato “Centro Internazionale per il Mine Action” dedicato anche all’impiego del proprio personale nelle missioni di Peacekeeping.
Il bollettino termina con un riassunto delle operazioni umanitarie condotte dal Centro ove indica le tonnellate totali di aiuti umanitari distribuiti alla popolazione siriana. Dall’inizio della sua apertura al 31 agosto 2021 erano state svolte 3.013 operazioni e distribuite 5.250 tonnellate di aiuti. Con una media di circa 2 tonnellate di aiuti per operazione umanitaria (13).
Il Centro Russo per la Riconciliazione, tuttavia, non è il solo a svolgere attività di tipo “CIMIC”, ad esso infatti si affianca anche la Polizia Militare russa. La MP organicamente è a livello battaglione ed è composta prevalentemente da ceceni fedeli al controverso leader ceceno Ramzan Kadyrov a cui poi si sono uniti anche dei volontari ingusci.
Caratteristica in comune a questi volontari è di essere tutti sunniti. Infatti, lo scopo dello Stato Maggiore russo in Siria è stato quello di impiegare appunto questi combattenti nelle aree appena liberate dalle forze governative per interagire con gli oppositori al regime.
Una precisa attività di engagement che attribuiva alla comune confessione religiosa un fattore importante per ottenere vantaggi tattici nei combattimenti. Inoltre, gli MP ceceni sono stati impiegati per distribuire aiuti umanitari, per scortare i giornalisti stranieri, per monitorare il cessate il fuoco, per pattugliare le zone demilitarizzate nei grandi centri urbani, ma anche nelle zone cuscinetto quali il Kurdistan siriano e le alture del Golan a ridosso del confine con Israele. Ovvero, quest’ultima, nella stessa zona ove, nel 2014, i caschi blu della United Nations Disengagement Observer Force (UNDOF) furono rapidamente sconfitti e umiliati dai miliziani dell’ISIS.
Inoltre, lo stesso Kadyrov è diventato un testimonial importante proprio sul territorio siriano attraverso attività filantropiche svolte tramite la Akhmat Kadyrov Public Foundation come, ad esempio, la donazione di 14 milioni di dollari pe la ricostruzione della moschea degli Omayyadi di Aleppo (patrimonio dell’UNESCO dal 1981). Inoltre, si è ritagliato anche un ruolo quale mediatore tra la Russia e il mondo sunnita, tanto da essere inviato più volte da Putin quale ambasciatore non ufficiale nei paesi del Golfo Persico.
In conclusione, la nascita e l’impiego del Centro Russo per la Riconciliazione deve necessariamente essere inserito nell’ambito di un’evoluzione della tattica militare russa relativa ai combattimenti in aree fortemente urbanizzate.
Un approccio diverso, pertanto, dal noto “modello Grozny” incentrato su una mera strategia della terra bruciata. Al contrario, in Siria l’esigenza russa di avere una minima presenza di propri assetti sul terreno, e conseguentemente di perdite, ha determinato la scelta dello Stato Maggiore russo di puntare molto sulla capacità di engagement con le forze assediate fatta da specialisti del settore.
Negoziatori, inquadrati in un’unità che ha molte caratteristiche in comune con quelle CIMIC della NATO. Un impiego interessante che, come caso studio, offre uno spunto di riflessione sull’ulteriore ruolo che gli operatori CIMIC occidentali potrebbero avere nei conflitti contemporanei.
Note
(1) Il personale del Centro è anche presente nelle province di Damasco, Homs, Hama e Daraa.
(2) Il Centro Russo per la Riconciliazione, tuttavia, non ha mai nascosto di considerare Amnesty International, Médecins Sans Frontières e Human Rights Watch, come organizzazioni schierate con l’opposizione al regime di Assad e, pertanto, non imparziali.
(3) La principale differenza con il similare programma delle Nazioni Unite noto come Disarmament, Demobilization and Reintegration (DDR) è che in quello russo non sembra prevista la fase “R”, cioè di reintegrazione dei miliziani nella società siriana. Probabilmente, ciò è determinato dal fatto che la maggior parte dei miliziani anti-Assad sono cittadini stranieri.
(4) La costante presenza in prima linea degli specialisti del Centro ha visto anche la perdita di propri operatori o di personale ad esso affiancatovi. Come accaduto nel 2016 durante un’operazione “CIMIC” quando un Vehicle-Borne Improvised Explosive Devices (VBIED) si è scagliato contro il convoglio umanitario del Centro scortato dai marines della 336ª Brigata di Baltiysk, creando alcune vittime. Oppure, quando un Mi-8AMTSh è stato abbattuto vicino ad Aleppo nell’Agosto dello stesso anno.
(5) Città di oltre centomila abitanti a sette chilometri da Damasco, è stato uno dei primi centri delle proteste anti-Assad. Dopo quattro anni di assedio è capitolata nel 2016.
(6) Zona residenziale nella parte occidentale di Homs capitolata nel 2007 con l’evacuazione di 20.000 residenti.
(7) Le quattro città sono: Foua, Kefraya, Madaya e Zabadani. Le prime due sono state poste sotto assedio nel Marzo del 2015 dalle forze di opposizione. Le ultime due da quelle governative nel Luglio dello stesso anno. Gli assedi sono terminati nell’Aprile del 2017 anche grazie alla mediazione di Iran e Qatar.
(8) Il Digital Verification Corps (DVC) è un network di volontari di Amnesty International specializzati nell’analisi delle open sources e nella fotointerpretazione. Verosimilmente, Amnesty ha tra i suoi consulenti ex-militari con un background IMINT. Lo dimostrerebbe la capacità di identificare, attraverso le immagini, la tipologia del munizionamento convenzionale impiegato dalle forze governative durante i bombardamenti (A0-2.5RT, A0-2.5RTM, RBK-500), ma anche di munizionamento improvvisato (barrell bombs) o caricato con fosforo bianco o cloro.
(9) Le strategie d’assedio impiegate dal governo in Siria avevano le stesse caratteristiche di quelle impiegate in epoca medievale. Erano incentrate sulla tattica “qadm al-jasad” (“mordi e misura”): isolamento dell’area, non accesso ai generi alimentari, acqua e medicine per tempi protratti, bombardamenti continui per spezzare il morale degli assediati, avanzata graduale delle forze di terra combinati con combattimenti sotterranei per penetrare le difese avversarie.
(10) Nel 2019 risultava almeno un check point presso un aeroporto e uno presso un porto siriano. Le località, tuttavia, non sono mai state indicate nei bollettini del Centro.
(11) Interessante notare che nei bollettini del Centro questi civili sono indicati come IDP. Per Amnesty International, invece, data la condizione imposta dai negoziatori, soprannominata dalla stessa Amnesty: “Surrende or Starve”, gli stessi civili sono definiti Forced IDP.
(12) I bollettini sono anche reperibili presso il sito internet ReliefWeb, un portale di informazioni umanitarie fondato nel 1996 e amministrato dallo United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA).
(13) A questo proposito, si tenga in considerazione che generalmente il Centro Russo per la Riconciliazione utilizza camion KamAz-43114 per la distribuzione di aiuti umanitari. Camion che hanno un carico utile di 6 tonnellate. Pertanto, lo sforzo logistico del “CIMIC” russo durante una routinaria distribuzione di aiuti umanitari non è nemmeno equivalente a un camion con cassone pieno.
FONTE: https://www.analisidifesa.it/2021/12/la-cooperazione-civile-militare-russa-in-siria/
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