I castelli di carte della tecnopolitica: un soffio di vita e crollano
di La Fionda (Davide Sabatino e L’Indispensabile)
Che la politica di governo della crisi sanitaria proceda con un andamento sempre più evidentemente farlocco e difettoso è sotto gli occhi di tutti. Eravamo partiti nella primavera scorsa raccomandando al Paese la massima prudenza e il massimo rigore logico-scientifico, per giungere oggi a una situazione totalmente paradossale, che non rispetta quasi nessuna delle predicazioni che i soloni della super scienza nostrana avevano fatto circolare a reti unificate.
La menzogna più drammatica è sicuramente quella relativa alla tessera verde, evoluta nel tempo a super mega tessera verde o tessera rinforzata, che ha tutta l’aria di essere una nuova modalità di regolamentazione del “sociale”, più compatibile con le leggi del videogame piuttosto che con quelle dell’ormai superata Costituzione italiana.
Fino a ieri infatti la tessera verde serviva da incentivo per la vaccinazione (metodo già molto discutibile) e veniva spacciata come “garanzia di ritrovarsi fra persone che non sono contagiose”[1]. Adesso però ci ritroviamo a dare per scontato il fatto che tutti si possono contagiare con tutti e che, al contempo, decine di migliaia di lavoratori si ritrovino senza lavoro pur stando in piena salute e osservando un principio di attenzione magari maggiore rispetto a chi, pur essendo triplice vaccinato e pluri-tesserato, si sente legittimato a circolare libero e tranquillo (almeno per ora).
La stretta di fine anno è l’ultima mossa di un potere agli sgoccioli. I simboli nella storia umana hanno sempre un valore enorme, e se la nuova insurrezione popolare verrà a catalizzarsi attorno alla contestazione di uno strumento (il Green Pass) che è palesemente al di là di ogni fine che giustifica il mezzo, allora sarà difficile che questa rivolta pacifica possa svanire rapidamente nel nulla. Ovviamente se qualcuno ha già deciso in cuor suo di sottostare a vita ai diktat di un governo autoritario che – come scrive il giurista Ugo Mattei – è ormai un potere “senza limiti”[2] , per costui, non sarà certamente percepito come un governo autoritario, ma anzi potrebbe pure sentire un moto di repulsione interno qualora qualcuno provasse a convincerlo del contrario. Di qui l’importanza del lavoro comunicativo e culturale.
Arrivati a questo punto sono molte le domande che ci stiamo facendo, e il numero delle persone critiche nei confronti di queste misure illegittime e nemmeno utili sul piano della circolazione del virus sta crescendo. Ora, come si può pensare di continuare a governare una crisi come questa mentendo spudoratamente con affermazioni pseudoscientifiche che non reggono alla prova della realtà da un giorno all’altro? Come si può non vergognarsi per aver messo in piedi una strategia politica autoritaria e paranoica che in questi giorni sta mostrando le sue incongruenze deliranti? Come abbiamo potuto lasciare che il potere dei tecnocrati si espandesse fino a manipolare le più intime libertà della persona umana, seguendo principi ricattatori che fin dall’inizio erano palesemente incompatibili con le regole di uno Stato democratico di diritto?
A queste terribili domande si potrebbe aggiungere un altro quesito, forse ancora più inquietante, questa volta formulato da Shoshana Zuboff che nel suo libro monumentale Il capitalismo della sorveglianza, arriva a chiedersi: “Le utopie inevitabiliste [ovvero, quelle che governano oggi il mondo] evocheranno nuove forme di coercizione pensate per tenere calmi quei popoli che non rinunceranno a volere scegliere il proprio futuro?”[3]. Quello che dice la Zuboff è, in realtà, un progetto già in atto. Provare a immaginare un’alternativa all’assolutismo tecno-capitalista significa già venire etichettati dall’ordine mondiale vigente quali miseri idealisti sabotatori, persone incapaci di rassegnarsi a vivere nella gabbia deterministica che si sta costruendo.
Di fronte a tali pericoli allora non si possono improvvisare manifestazioni di dissenso. Urgono delle nuove forme di contestazione democratica, delle nuove soggettività politiche profondamente ispirate che trovino il coraggio di agire sul piano fisico della realtà, avendo bene in mente quelle rivoluzioni del nostro passato più recente senza le quali alcuni dei diritti fondamentali, oggi nuovamente in pericolo, sarebbero stati impossibili da conquistare. La posta in gioco è quindi estremamente alta; qui c’è in discussione, ci sembra di poter dire, niente di meno che il destino dell’essere umano e di un’idea di vita qualificata, e il nostro compito primario è quello di ricordarci gli uni con gli altri qual è la natura costitutiva dell’essere umano. Una natura che, di sicuro, non si è mai accontenta esclusivamente della “nuda vita”, della sopravvivenza, e che mai potrà farlo.
[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2021/07/22/draghi-green-pass-e-garanzia-di-tranquillita_e7c97abf-b797-4495-b31f-cb5452c2cab1.html
[2] https://www.repubblica.it/cronaca/2021/12/31/news/ugo_mattei_sui_bus_faremo_come_rosa_parks_in_alabama_non_si_esibisce_il_pass_-332176375/?fbclid=IwAR2__1j-cwePxnRCfCH5R6b6qBJIvMdAIsdQr5hIm9zZttXx5UR9zm2tnbE
[3] Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss, Roma, 2019 pag. 240
Condivido pienamente l’analisi. Occorre tuttavia precisare che la presa di coscienza della crisi in atto è avvenuta oggi a livello generalizzato, ma è almeno dagli anni ‘70 che matura nella ristretta cerchia degli intellettuali più sensibili, voci che hanno gridato nel deserto di una macchina culturale ideologizzata è già allora antidemocratica. Voci che ancora oggi costituiscono una nicchia che va cercata con pazienza e difficoltà da una persona di medio-bassa cultura. Che fare, dunque? Purtroppo ai pericoli lucidamente indicati dall’articolo occorre aggiungerne un altro, pure adombrato dall’articolo quando descrive chi in cuor suo si è già rassegnato. Il pericolo da cui discendono tutti gli altri sta in ciascun appartenente alla declinante società occidentale: abbiamo ancora troppo da perdere per dar vita ad una ribellione profonda, che non molli fino a che l’obiettiavo sia raffiunto. Il Sistema – se così vogliamo chiamarlo assumendo il glossario sessantottino – sa che ci avrà in suo potere fino a che ci lascerà le condizioni minime di cui non possiamo fare a meno: gli smartphone per chattare e lanciare “j’accuse” dal divano del salotto, l’automobile sempre più grossa benché meno sicura, la settima di ferie da acquistare col mutuo, caffè e cappuccino ogni mattina, notti rosa e d’oro. Tutto ciò barattiamo con la libertà. Siamo “l’impero alla fine della decadenza” e vivacchiamo aspettando che “arrivino i barbari”. Oggi la sola forma di protesta che può avere qualche concreto impatto è l’astensione. Siamo per il Sistema “consumatori”? Ebbene, non consumiamo! Ma, ditemi, chi è disposto il giorno di attivazione del 5G a spegnere smartphone e computer? Un grande blackout del consumo telematico…