Strage del Cermis: 1998-2022
di INDIPENDENZA (redazione)
3 febbraio 1998. Dalla base USA di Aviano decolla, per un’esercitazione, un aereo dei Marines. Passano sotto i cavi della funivia del Cermis (atti denunciati più volte da abitanti e turisti).
Voli radenti non autorizzati dalle autorità italiane, anzi, l’obbligo a non scendere sotto i 1100 metri e con una velocità massima di 100 miglia orarie. Obblighi sovente disattesi e tragedie fino ad allora più volte sfiorate.
Quel giorno l’ennesimo volo radente, stavolta a 150 mt di altezza e a 500 miglia orarie, trancia i cavi della funivia che da Cavalese porta al monte Cermis: 20 morti nella cabina che precipita a valle.
I periti italiani rilevano che l’aereo si era infilato tra i due cavi tranciati, distanti tra loro 30-40 mt.
I quattro militari USA a bordo, nonostante richieste delle autorità italiane, non vengono consegnati, ma processati da un tribunale militare USA che li giudica non colpevoli.
Quei 20 morti del Cermis non lo sono stati causa freddo e nemmeno causa fatalità, causa incidente, ma a causa di una “bravata criminale” dei piloti americani, non occasionale (anche) in quei luoghi, che ‘quel giorno’ si è tradotta in tragedia.
Ammetterà anni dopo Joe Schweitzer, il copilota del Prowler, con riferimento alle registrazioni di volo effettuate: “Non potevamo consentire che quelle immagini, che ci riprendevano divertiti e sorridenti, finissero nelle mani delle televisioni e accostate al sangue delle vittime. Quello non fu un incidente durante un’esercitazione: fu una strage dei top gun sulla neve”. Basta cercare in rete ed è possibile trovare la confessione di Schweitzer.
Non è ora importante scrivere riguardo il patetico tentativo USA di responsabilizzare le autorità italiane dell’accaduto. Di fronte all’evidenza dei fatti e ancor più con le risultanze che emergevano dall’inchiesta italiana, addirittura figure politiche atlantiche del nostro Paese (incluso l’allora presidente del Consiglio Prodi), e anche partiti, magistrati, intellettuali, financo noti conduttori di trasmissioni in tema, in quei giorni tuonarono per la vicenda e la tracotanza delle autorità statunitensi, salvo poi, pressoché tutti, lasciar decantare e far cadere la cosa senza conseguenze.
Significative in quei giorni le parole del procuratore della Repubblica di Trento Granero: “Non sarà una nuova Ustica”. Il magistrato dovette affrontare le autorità militari USA che non volevano aprire l’hangar e far visionare l’aereo alle autorità italiane. Allora furono circondati da militari americani armati. Quando poi fu consentito loro di entrare, gli inquirenti trentini non trovarono la scatola nera. Si insistette molto sulla cosa. Rispuntò qualche giorno dopo, con tutti i dati però cancellati. Non parliamo poi del processo negli Stati Uniti. Una farsa. Nel marzo 1999 arrivò la prima sentenza, che assolse i due piloti Ashby e Schwatzer. Per gli altri due marines, seduti dietro, nulla si fece in sede giudiziaria per accertare eventuali corresponsabilità. Il non essere ai posti di guida fu assunto a giustificazione della loro estraneità per gli accadimenti. La corte marziale USA sottopose successivamente a giudizio i due piloti con l’accusa di intralcio alla giustizia per la distruzione del nastro video registrato durante il volo tra le valli dolomitiche. Ashby trascorrerà 4 mesi di detenzione, rilasciato due mesi prima per buona condotta.
I due piloti, nel febbraio 2008, impugneranno la sentenza, richiedendo la revoca della radiazione con disonore che li interdice dal godimento dei benefici finanziari spettanti ai militari. Interessante l’argomentazione: protestavano per aver sostenuto certe tesi sulla base dell’accettazione (“patto segreto”) tra accusa e difesa per mantenere l’accusa di intralcio alla giustizia facendo cadere quella di omicidio plurimo e colposo. La corte marziale gli ha dato torto.
Nella relazione d’inchiesta formale redatta il 10 marzo 1998 e firmata dal generale Peter Pace, la commissione militare statunitense si dice d’accordo con i risultati degli ufficiali italiani. Il documento però fu secretato finché “La Stampa” non ottenne copia dagli archivi degli Stati Uniti e la pubblicò il 13 luglio 2011. Nella relazione, tra altre cose interessanti, si dice che i piloti, il 24 gennaio, avevano ricevuto già un avviso formale per volare troppo in basso dopo un decollo di formazione e che una lettera, contenente le direttive del governo italiano sulle zone di volo e le altitudini da rispettare, era stata trovata nella cabina di pilotaggio dell’EA-6B insieme a mappe che segnavano le corde della funivia.
FONTE: https://associazioneindipendenza.wordpress.com/2022/02/05/strage-del-cermis-1998-2022/
Commenti recenti