Se prendiamo il Volodymyr Zelensky delle ultime due settimane e lo confrontiamo con quello di un mese fa, notiamo un leader completamente cambiato. Nell’aspetto, certo, visto che il suo volto si è fatto più scavato e la sua espressione ha ormai assunto toni gravi e cupi, ma anche nella comunicazione e, forse, pure nella strategia da perseguire per uscire indenne dal conflitto. Lo Zelensky che all’inizio di febbraio parlava di armi difensive, sforzi diplomatici, negoziati e pace, è ben diverso dal risoluto presidente che, oggi, rimprovera l’Europa, la Nato e le istituzioni europee, e che chiede più armi e più sanzioni contro Mosca.
Il paradosso, se così possiamo definirlo, è che si è smesso di parlare apertamente di negoziati da quando sono terminati i colloqui di Istanbul. Prima ancora, in ogni caso, Kiev aveva gradualmente cambiato atteggiamento nei confronti della Russia e, più in generale, della guerra in sé.
Sarà che dopo giorni di conflitto gli ucraini si sono calati nella parte del Paese assediato, trovando le energie per ribellarsi contro un destino che li dava per spacciati; sarà che i russi hanno commesso diversi errori consentendo alla resistenza di recuperare terreno; sarà anche – soprattutto – che il supporto fornito dagli alleati ucraini ha consentito a Zelensky di respingere e addirittura contrattaccare. Sarà tutto questo messo insieme, ma uno degli aspetti più evidenti di questa fase del conflitto è che la retorica adottata da Kiev è cambiata.
La “nuova” comunicazione di Zelensky
Dopo i fatti di Bucha, Zelensky ha quasi raggiunto l’apice estremo della sua comunicazione. “Faremo la massima pressione. Non ci fermeremo neanche un minuto finché non troveremo tutti i criminali e penso che questo andrà a beneficio della civiltà”, ha dichiarato il presidente ucraino ai giornalisti. Si tratta di “una questione di vita, di morte e di tortura”, ha continuato Zelensky, avvertendo che “se non troviamo una soluzione civile”, il popolo ucraino “troverà una soluzione non civile”.
In merito ai negoziati, Zelensky è stato alquanto emblematico: “Più i russi ritarderanno il processo dei negoziati e peggio sarà per loro”. “È difficile dire, dopo tutte le atrocità commesse in Ucraina, come si possa avere qualsiasi tipo di trattativa con la Russia. Ma come presidente, devo farle. Qualsiasi guerra deve finire”, ha affermato ancora.
Ma non è finita qui, perché dopo Bucha Zelensku ha definito i militari russi “macellai, assassini, torturatori, stupratori, saccheggiatori”e parlato della “concentrazione del male che è venuta sulla nostra terra”, aggiungendo addirittura che i militari russi “meritano solo la morte dopo ciò che hanno fatto”. Si è trattato di un semplice sfogo a caldo oppure di qualcosa di diverso?
Dalla difesa all’attacco
Il cambiamento nella comunicazione di Zelensky ci porta a fare due importanti considerazioni. La prima riguarda la nuova strategia adottata dall’Ucraina, che adesso non sembra più intenzionata a voler semplicemente limitare i danni, sperando che la tempesta russa possa passare il più in fretta possibile. La pace e i negoziati sono sempre il fine ultimo, da raggiungere il più in fretta possibile, ma non più aspettando sulla difensiva, bensì contrattaccando a testa bassa. L’esercito ucraino, complice il riposizionamento – secondo alcuni ritirata – dei russi dalla regione di Kiev e da altre aree settentrionali, ha infatti riconquistato ampie porzioni di territorio.
E qui arriviamo alla seconda considerazione, strettamente connessa a quella appena enunciata. Il cambiamento nella comunicazione – e di conseguenza nella strategia – dell’Ucraina potrebbe rispecchiare il fatto che Zelensky si senta adesso al sicuro, o comunque con le spalle protette. Da chi? Se non dalla Nato e dagli Stati Uniti in maniera diretta, dalle loro armi, dai loro equipaggiamenti e dalla condivisione delle loro informazioni.
Non è da escludere che, dopo un avvio complicato, adesso gli ucraini sentano di aver preso in mano le redini della situazione grazie al supporto a distanza degli alleati. Sia chiaro: non sappiamo dove inizia la propaganda e dove finisce la realtà, né da parte di Mosca né da quella di Kiev. Appare tuttavia evidente che l’Ucraina, adesso, sia passata dal chiedere i negoziati in forma passiva al contrattaccare colpo su colpo. A parole e non solo.
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