Riportiamo oggi un articolo illuminante di Tom Luongo, per CovertAction Magazine (al LINK) un sito di informazione indipendente senza scopo di lucro. Consigliamo vivamente le analisi di tale sito che, come noi, cerca di spiegare le cose oltre al livello cd. mainstream, sempre più intriso di propaganda interessata (sigh)(…).
Sappiate che la società civile ESISTE. Ed è immensamente più grande – e potenzialmente, più potente – degli interessi di pochissimi, che controllano i grandi media.
Basta attivarsi per cercare le fonti.
Chiaramente, se la potenza della società civile deriva dall’enormità di persone che sono tecnicamente interessate al messaggio non propagandistico che viene proposto, è cartesiano rilevare che la depopolazione a cui l’Occidente sembra indirizzato servirà per depotenziare tale minaccia diciamo numerica (selezionando tra i propagandisti “i pochi” che dovranno vivere, e tra tutti gli altri “i tanti” che dovranno morire, ndr).
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Tom Luongo per CovertAction Magazine
Questa settimana l’Unione europea dovrebbe annunciare un divieto totale di importazione di petrolio russo. L’Ungheria, nel suo primo vero atto di sfida, minaccia di porre il veto; la Germania, dopo un po’ di tentennamenti, ha finalmente deciso che può farcela anche con questo divieto.
Supponendo che le obiezioni dell’Ungheria vengano alla fine superate, a prima vista sembrerebbe l’ennesimo “autogol” di quegli amanti dal calcio [gli europei, ndt] in tema di energia. Gli Stati Uniti un divieto del genere l’hanno già emesso.
Per cui, dato che l’industria europea dipende fortemente dal petrolio e dal gas russi, il comune buon senso suggerirebbe che la Commissione UE è solo petulante e incompetente.
Sono petulanti? Sì. Incompetenti? Probabilmente, ma solo se ragionassimo nei termini convenzionali per cui questi signori dovrebbero occuparsi di far la cosa giusta per il loro popolo. Ciò che è chiaro a qualsiasi osservatore serio della politica dell’UE è che invece a questi non interessa minimamente ciò che i loro cittadini hanno da dire o che desiderano.
La loro è un’agenda che non tollera opposizione, disposta anche a distruggere la propria economia pur di mettere in ginocchio un rivale.
Detto questo, dubito sinceramente che ci sarà un “embargo dei compratori” sul gas naturale, dato che non esiste un sostituto praticabile.
L’Ungheria sta usando la necessità di un consenso unanime in seno al Consiglio Europeo per bloccare qualsiasi “divieto sul gas” in qualsiasi nuovo pacchetto di sanzioni economiche. Ci sono almeno altri tre paesi felici che l’Ungheria sia disposta a subire l’ira di Bruxelles.
Ma vietare il petrolio russo, d’altra parte, è tutt’altra cosa.
Quindi, è un fatto interessante che l’Ungheria faccia questo, dato che non importa petrolio dalla Russia. {Correzione: questo è sbagliato, l’Ungheria importa il 65% del suo petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba} Avevo previsto questo veto la mattina dopo che gli ungheresi hanno respinto in modo schiacciante la coalizione anti-Viktor Orban di George Soros, e gli hanno riservato una pesante sconfitta.
L’Ungheria, d’altra parte, ha l’indipendenza energetica da Bruxelles, avendo contrattato direttamente con Gazprom la fornitura di gas naturale tramite la linea Turkstream che passa dalla Serbia. Questo per spiegarvi il motivo per cui l’UE sta cercando di sanzionare la Serbia e di tagliare i flussi di quel gasdotto dove attraversa il territorio dell’UE in Bulgaria.
Con un’Ungheria fiscalmente, monetariamente (non sono sull’euro) e energeticamente indipendente, rimangono pochi argomenti per rimanere nell’UE, soprattutto se Bruxelles continuerà a trattarli come membri di seconda classe. Orban e il suo governo sono stati risoluti nel loro rifiuto di essere coinvolti nel conflitto Russia-Ucraina, nonostante la seria pressione esercitata dalla NATO.
È quasi come se Orban e gli ungheresi ora provochino l’UE così che applichi le procedure dell’articolo 7 per poi farsi cacciare. Il problema è che, se lo facessero, darebbero anche il via alla frantumazione della stessa Unione Europea.
Quindi, ciò che è più probabile che ora accada è che l’Ungheria userà questo veto per convincere l’UE a rimangiarsi quelle cosiddette violazioni dello “stato di diritto” usate per giustificare il taglio all’Ungheria dei fondi ricevuti dall’UE. In buona sostanza, si tratta del solito mercato delle vacche.
Perché Bruxelles e i suoi burattinai dietro le quinte vogliono assolutamente questo divieto sul petrolio russo tanto quanto lo vogliono gli Stati Uniti e il Regno Unito. Fa parte della loro strategia a lungo termine per dissanguare la Russia, dopo aver trasformato l’Ucraina in un Afghanistan 2.0.
Ed è nelle differenze insite tra l’industria petrolifera e l’industria del gas naturale che pensano di poter raggiungere questo obiettivo.
Delle Pipeline e dei Popoli
Sia nell’industria petrolifera che in quella del gas, la pressurizzazione di un pozzo è, per la maggior parte, un processo unidirezionale. Si scava un pozzo e si estrae l’olio e/o il gas. Produce fino a quando il pozzo è esaurito dopodiché per mantenere la produzione lo si rimpiazza perforando un nuovo pozzo.
Anche in caso di un crollo verticale della domanda (evento complessivamente piuttosto raro nell’industria petrolifera) quei pozzi continuano a produrre. Il mercato è temporaneamente ingolfato di petrolio, il prezzo scende e i vecchi pozzi non vengono sostituiti fino a quando non viene ripristinato l’equilibrio tra domanda e offerta.
Le curve dei futures sul petrolio vengono costruite dai trader per anticipare questi effetti sui prezzi. E con una volatilità standard della domanda di petrolio, queste curve dovrebbero essere ragionevolmente prevedibili.
Sfortunatamente, stiamo vivendo un momento in cui le persone più potenti del mondo (almeno secondo loro) stanno apertamente cercando di distruggere il mercato del petrolio per i propri scopi e agenda. Stanno lavorando attivamente per spingere la volatilità dei i prezzi del petrolio e del gas al punto di distruggere gli investimenti nel settore.
E questo ve lo dicono proprio in faccia: “Il petrolio è la rovina del pianeta!”
Queste persone le chiamo abitualmente “La folla di Davos” (per una loro descrizione vedere gli episodi 75, 76, del mio podcast, e 77 per le informazioni di contesto). Sono oligarchi non eletti, banchieri, ereditieri vari e uomini fatti da sé (in senso mafioso) che si riuniscono ogni anno a Davos, Svizzera, per decidere il futuro dell’umanità.
È la loro agenda che usa il cambiamento climatico, le minacce internazionali come la bio-warfare e il terrorismo per giustificare una massiccia espansione dello stato di sorveglianza e il controllo (loro) su tutto, soprattutto sul denaro.
La valanga di risorse naturali della Russia e il suo governo apertamente sovranista sono di traverso a questo progetto. Se non ci credete, è perché siete stati raggirati dalla propaganda di Davos (non siate infantili, alcune di quelle che sembrano tane di coniglio sono in realtà solo buchi che non portano a nessun labirinto sotterraneo).
Tornando all’industria petrolifera, tappare un pozzo di gas o petrolio è rischioso perché non vi è alcuna garanzia che possa poi essere riaperto. I pozzi possono essere danneggiati e l’olio / gas che contengono persi impedendone perforazioni successive.
Con il gas potete temporaneamente “spegnere” il pozzo bruciando l’eccesso se il i serbatoi sono pieni, piuttosto che tappare il pozzo, nell’attesa che la domanda ritorni. Con il petrolio, invece, non si può. Dovete conservare il greggio estratto da qualche parte. Da tutti i conti finora, la capacità di stoccaggio del petrolio della Russia è già piena, se non traboccante.
L’industria petrolifera in generale non è orientata per lo stoccaggio massiccio a lungo termine per assorbire shock di domanda/offerta perché non ce n’è letteralmente bisogno. Ciò che si espande è la capacità di spostare l’olio in giro per consumarlo, non di conservarlo in grandi serbatoi sperando che qualcuno lo comprerà.
L’industria ha tutta la capacità di riserva di cui ha bisogno per coordinare l’offerta e la domanda entro tolleranze piuttosto limitate. Non stiamo parlando di consegne “just in time” [tolleranze nulle, ndt], ma nemmeno di tolleranze a shock di domanda del 20%.
Ed è proprio qui che l’Occidente pensa di avere una grande leva da usare contro la Russia in questo momento. A detta di tutti, l’Europa è uno dei più grandi clienti petroliferi della Russia, con il porto di Rotterdam che prima della guerra riceveva e raffinava fino a 1,4 milioni di barili al giorno.
Porto di Rotterdam [Source: rotterdamportsupportbv.nl]
Che ci crediate o no, il Washington Post ha scritto un bell’articolo che spiega dove di distribuiscono le esportazioni della Russia. Dei circa 7,2 milioni di barili al giorno che la Russia esporta nel mondo, 4,8 milioni vanno in paesi (di cui la maggior parte in Europa) che ora dicono di non volerlo più comprare.
La mancanza di capacità di stoccaggio non dovrebbe essere un grosso problema se la Russia esportasse la maggior parte del petrolio in Europa via nave (cosa che infatti fa). Secondo un recente rapporto di Transport & Environment, una ONG che è completamente impegnata a convincere l’Europa a rinunciare all’energia russa, l’oleodotto Druzhba fornisce solo circa il 10% del petrolio russo al mercato europeo.
[Source: ejatlas.org]
Questo è un misero 250.000 barili al giorno. L’embargo statunitense è già più pericoloso per l’economia russa, visto che nel 2021 gli Stati Uniti, dovendo sostituire i barili sanzionati dal Venezuela dall’ex presidente Trump, hanno importato in media 600.000 barili al giorno.
Importazioni che hanno già iniziato a prosciugarsi nel 2022, ben prima che la Russia invadesse l’Ucraina, l’ennesimo argomento da ascrivere al fatto che la guerra tra Occidente e Russia sia stata pianificata con largo anticipo rispetto alla data di inizio effettiva di fine febbraio.
Il punto è che il punto di discussione che circola oggi sulla stampa è che la Russia non ha la capacità di stoccaggio per affrontare un embargo europeo di conseguenza dovrà tagliare la produzione. Le stime dei tagli alla produzione dalla Russia sono di circa 1,8 milioni di barili al giorno, mentre l’Occidente spera in 3 milioni.
Più o meno come Trump fece nel 2018 contro l’Iran, la campagna di sanzioni “shock-and-awe” ha lasciato di sasso molte società di trading petrolifero, le quali, non sapendo cosa avrebbe riservato il futuro, hanno di fare affari con la Russia per paura di incorrere in sanzioni.
Da Shell a Glencore a Trafigura, le offerte petrolifere russe sono diventate persona non grata e si è creato un gran casino nelle intermediazioni del petrolio e in generale di tutte le materie prime, come descritto nella nota di Zoltan Pozsar (Credit Suisse) del mese scorso.
Per colpa di questo sconvolgimento finanziario, in quella che dovrebbe essere un’industria noiosamente stabile e dal cervello piatto (commerciare la merce più importante del mondo con la più grande infrastruttura per distribuirla) ne è derivato il caos.
Ma per l’Occidente collettivista, sulle orme del copione di Davos, questo non basta e spera ancora di più.
La conclusione di Pozsar era che tutte queste aziende avranno bisogno di un piano di salvataggio ad un certo punto (addirittura calmierando il prezzo che dovranno pagare) altrimenti “gli sarà concesso” di andare in bancarotta per servire il piano di Davos di revisione radicale dell’economia energetica globale lontano dal petrolio. E nello stesso tempo, avrebbero influito pesantemente sulle prospettive economiche della Russia.
Visto in questo modo, siamo parlando di una sorta di genio del male, paghi uno prendi due.
Ma, se ingolfare l’oleodotto non danneggia così tanto la produzione russa, cosa sta cercando di ottenere l’UE?
Con l’interruzione delle linee con cui il petrolio viene normalmente distribuito in tutto il mondo, si ottiene una carenza strutturale di petroliere necessarie per spostare il petrolio richiesto, dal momento che molti di quei barili, più di 2 milioni al giorno, ora devono viaggiare su rotte molto più lunghe.
Invece della rotta “dolcetto e caffè” da San Pietroburgo a Rotterdam, quelle stesse navi ora, come minimo, devono andare a depositi nelle Bahamas e nei Caraibi, se non proprio fino in Cina o in India, la loro destinazione finale.
Leggete il post di Pozsar, o l’articolo di ZeroHedge linkato sopra, per avere un’idea della portata del disservizio.
Questo shock di approvvigionamento nel mercato delle petroliere e in cascata l’effetto dei costi aggiuntivi di trasporto, sono intesi a provocare un forte rallentamento all’interno dell’industria petrolifera russa, costringendo gli attesi tagli di produzione.
Tagli che a loro volta divoreranno quella bilancia commerciale positiva che sta “alimentando la macchina da guerra di Putin” e presenteranno oltretutto l’opportunità per i concorrenti russi di entrare e rubargli quote di mercato.
Attraverso questo meccanismo e gli sforzi profusi in Occidente per cambiare il consumo energetico dell’Europa, l’effetto a lungo termine desiderato è quello di distruggere la capacità della Russia di continuare la guerra affamandola del capitale necessario.
Davos fa rima con Thanos
Gli Stati Uniti sono felici di spingere l’Europa a questo punto e molti opinionisti non vedono l’ora di andare a parare proprio lì: Chiamateli come volete, ma la linea è che “l’Impero delle bugie” (o “Zona A” o come vi pare) sente che la sua egemonia è minacciata e sta intimidendo tutti, specialmente l’Europa, a seguire la sua strategia preferita.
Ma penso che messa così questa storia sia più una versione “apparecchiata per la televisione” piuttosto che una rappresentazione accurata della realtà.
Che infatti non tiene conto dell’obiettivo strutturale più grande che hanno le persone dietro questo casino. Piuttosto che essere prigionieri degli iper-belligeranti Stati Uniti, le nazioni dell’UE sono partner assolutamente consenzienti in questo.
La strategia del Great Reset di Davos è costruita sugli stessi errori sulla scarsità di risorse che Thomas Malthus ha fatto all’inizio del 19° secolo. Il loro è un modello economico che non crede che le persone rispondano in tempo reale a incentivi, vantaggi e svantaggi, che regolano il loro comportamento. Piuttosto, vedono gli umani come un virus scatenato sul mondo che deve essere controllato.
L’intero Grande Reset può essere ridotto alla stessa follia portata avanti dal cattivo nei film Marvel, Thanos, di dover uccidere metà della vita nell’Universo per rendere le cose “sostenibili”.
E il centro di potere di questo tipo di pensiero non è negli Stati Uniti e nell’Impero degli Stati Uniti. Noi siamo gli iper-capitalisti che coltivano il virus nella nostra capsula di Petri individualista.
No, questo pensiero deriva esattamente dalle critiche europee al capitalismo. In quattro parole è solo marxismo riscaldato, lucidato con una mano di vernice retorica (sostenibilità, capitalismo degli stakeholder, ambiente, sociale e governance (ESG), scopo condiviso, bla bla bla..)
La prova che l’UE è altrettanto felice con la guerra in Ucraina come le forze neoconservatrici negli Stati Uniti e nel Regno Unito è evidente nella loro riluttanza a porre fine alla guerra attraverso la diplomazia.
Solo che gli europei sono quelli che soffriranno di più da questa strategia.
Script errati generano politiche errate
Se la leadership dell’UE, di proprietà di Davos, agisse per conto del cittadino europeo medio, userebbe gli ovvi costi di staccare l’Europa dall’energia russa per dire a Stati Uniti e Regno Unito di piantarla.
Invece, tutto ciò che sentiamo da loro è come la Germania può “svezzarsi” completamente dall’energia russa entro un anno.
Non importa che questo nel lungo termine non sia positivo per l’industria tedesca o per il popolo tedesco. L’energia russa è di gran lunga la soluzione più economica per loro, che rende il loro costi diretti il più competitivi possibile.
Invece, dopo aver contribuito a costruire la crisi in Ucraina, ora sostengono l’idea che sia un imperativo morale per i tedeschi soffrire senza cibo, riscaldamento e altre necessità primarie di una presunta società avanzata del mondo industriale, per sconfiggere i malvagi russi.
Negli anni precedenti a questo conflitto avrebbero piuttosto lavorato per attuare gli accordi di Minsk. Avrebbero revocato le sanzioni economiche alla Russia e avrebbero raggiunto un accordo politico sulla Crimea e sul Donbass, e avrebbero lasciato che gli Stati Uniti e il Regno Unito si dimenassero al vento.
L’ex cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno fatto il contrario. Hanno coccolato Putin facendo melina fino a quando Macron non è stato rieletto e Merkel ha potuto uscire di scena, lasciando una debole coalizione approvata da Davos da incolpare per il crollo [in arrivo].
Potenziare il commercio tra la Russia e UE avrebbe invece azzerato le animosità, e l’insistenza degli Stati Uniti sull’armare l’Ucraina sarebbe diventata politicamente un albatro [senza senso, fuori contesto, ndt]; l’Europa starebbe assistendo a un potenziale rinascimento, invece di trovarsi in un buco nero economico.
Francia e Germania non avrebbero tradito i loro stessi tentativi di diplomazia.
Credo che così sia molto più vicino alla vera storia del conflitto, che serve uno scopo molto più grande, chiaramente dichiarato dagli architetti della nostra miseria, rispetto al quadro semplicistico di incolpare gli Stati Uniti per tutto.
L’idea che l’Europa teme un’invasione russa della Polonia o addirittura della Germania, per cui bisogna espandere i confini della NATO fino al Donbass, è ridicola. L’esercito russo non è costruito su queste linee né le sue prestazioni in Ucraina dimostrano che è in grado di tale operazione.
Quello che si sta svolgendo ora è uno script che è stato scritto molto tempo fa. La guerra dell’Occidente contro la Russia è stata a lungo nelle fasi di pianificazione.
I russi lo capiscono meglio di molti sono disposti ad accettare. La loro leadership, Putin e il ministro degli esteri Sergei Lavrov, lo hanno articolato in modo molto chiaro in ogni fase della guerra fino ad oggi.
Non si fanno illusioni su dove l’Occidente e Davos sono disposti a spingere questo conflitto, motivo per cui hanno seriamente minacciato di colpire i veri “centri decisionali” che danno alle forze armate ucraine i loro ordini di guerra.
Questi sono avvertimenti non ai nostri politici, ma a noi. Le cose stanno andando in questa direzione.
[I russi] hanno chiesto una separazione consensuale, pacifica, tra Est e Ovest, ma questo non fa parte dell’agenda. Da tipici narcisisti con la bruciante necessità di controllare tutto, non permetteranno alla Russia e al resto dell’Asia di allontanarsi da Davos e dai loro quisling eurocrati, perché loro sono i giusti salvatori dell’umanità.
E, nella migliore delle ipotesi, noi siamo “l’aiuto”; nel peggiore, una seccatura.
Il vero script è in realtà il grande piano di Davos di distruggere il vecchio ordine globale per ricostruirlo meglio, dove loro possiedono tutto e tu non possiedi nulla e sarai felice e basta.
Ora sono impegnati in questo piano, ma ora non importa se funzionerà o meno. Questo è ciò che dobbiamo capire in tutte le nostre analisi. I russi e i loro amici in Asia e in tutto il sud del mondo hanno i mezzi e gli strumenti per uscirne vincitori? Forse.
Ma la domanda più grande è se questo conflitto si intensifichi o meno al punto in cui vincere diventa irrilevante. Quando si vede un blocco potente come l’Unione Europea disposto a commettere atti di vandalismo domestico di questa portata —e a incolpare la vittima della loro aggressione sfrenata— vi fa capire che ormai siamo ben oltre il punto di una ricomposizione razionale.
Link Originale: https://covertactionmagazine.com/2022/05/11/the-real-reason-behind-the-eus-drive-to-embargo-russian-oil/
Scelto e tradotto da Bart
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Image, title: thanks to Lukoil.com (https://www.lukoil.com/auto/Russia/en/ProductsAndServices/PetrolStations)
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