L’omicidio che crea nuove criticità nel dialogo Usa-Iran
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
L’Iran è infuriato per l’assassinio del colonnello Hassan Sayyad Khodaei, ucciso domenica scorsa da ignoti motociclisti appena uscito da casa. Come scrive Amos Harel su Haaretz, l’omicidio ricorda altri del passato, come quello di alcuni scienziati iraniani che lavoravano sul programma nucleare, il più eclatante dei quali è stato quello del capo del programma, Mohsen Fakhrizadeh, assassinato nel novembre 2020.
Secondo Harel, l’assassinio di Khodaei si inscrive nella guerra segreta che da anni si consuma tra Iran e Israele e non avrebbe nulla a che vedere con l’attuale negoziato tra Stati Uniti e Iran per ripristinare l’accordo sul nucleare (PACG) siglato da Obama e stracciato da Trump (su pressione israeliana). Piuttosto si tratterebbe di un picco della guerra segreta suddetta, che segnala un’escalation.
Spiegazione che non convince molto – che pure ha una motivazione profonda (1) -, mentre sembra più convincente quanto scrive Trita Parsi su Responsibile Statecraft, secondo il quale gli assassini compiuti nel passato, lungi dal frenare lo sviluppo del programma nucleare iraniano – tale il movente ascritto a tal crimini -, l’hanno invece accelerato.
Non per questo sono stati vani. Infatti, in realtà, l’obiettivo vero di tali omicidi, secondo Parsi, non era tanto frenare quel programma quanto, invece, creare criticità tra Stati Uniti e Iran. infatti, tali operazioni “sono coincise temporalmente con i momenti in cui Stati Uniti e Iran sembravano essere sull’orlo di una svolta diplomatica”.
Così per gli omicidi degli scienziati specializzati in nucleare consumatisi mentre Obama tesseva le fila del negoziato con l’Iran, così con l’assassinio di Fakhrizadeh, avvenuto due mesi prima dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca, crimine che ha reso più complicato il rilancio del dialogo tra Teheran e Washington (rilancio promesso da Biden durante la campagna elettorale). E così, infine, con il più recente omicidio di Khodaei.
Va considerato che le trattative sul ripristino dell’accordo nucleare sono in stallo perché non si riesce ad uscire dal cul de sac che vede Teheran chiedere invano la cancellazione dei Guardiani della rivoluzione (IRCG) dalla lista nera del terrorismo internazionale, inseriti in tale lista da Trump.
Un niet alquanto strumentale, infatti, come spiega Parsi, “sebbene il team di Biden sappia e abbia riconosciuto che mantenere l’IRGC nella lista del terrorismo non favorisce in nulla gli interessi di Washington volti a frenare il programma nucleare iraniano e che l’amministrazione Trump li ha inseriti in tale lista proprio per rendere molto più difficile il ritorno al PACG da parte di un suo successore, finora si è rifiutato di cancellarli”.
Va aggiunto che a tale niet non è estranea la diplomazia silenziosa di Tel Aviv, come spiega Harel su Haaretz, il quale segnala una “potente attività di persuasione di Israele” in tal senso.
Ma qualcosa stava cambiando, infatti, continua Parsi, “ci sono stati segnali che indicavano che Teheran potrebbe essere aperta al compromesso sulla richiesta relativa alla cancellazione dell’IRGC come condizione per il suo ritorno” nell’alveo dell’accordo. La disponibilità di Tehran era stata annunciata “”sabato [cioè il giorno precedente l’omicidio ndr] dal ministro degli Esteri del Qatar, che sta mediando tra Washington e Teheran . Si trattava di una possibile svolta a portata di mano?”
“Se dietro questa uccisione c’è Israele – aggiunge Parsi – è per questo che ha preso di mira un ufficiale dell’IRGC invece di uno scienziato nucleare? Ha calcolato che l’uccisione di un ufficiale dell’IRGC provocherà così tanto l’IRGC e gli intransigenti del regime da rendere molto più difficile raggiungere un qualsiasi compromesso?”
Domande logiche, che rimangono in sospeso. Come in sospeso rimane la coincidenza temporale che ha visto in questi giorni il governo Bennet traballare, andando in minoranza a causa della defezione di un membro della coalizione, Ghaida Rinawie Zoabi, con crisi di governo che si è risolta domenica grazie al ripensamento della stessa.
Non si può assolutamente presumere che le cose siano collegate, se cioè si sia svolto un braccio di ferro all’interno di quanti, nel governo e non, sono in linea con i desiderata di Biden sul PACG senza esplicitarlo pubblicamente (non è possibile) e quanti sono contrari. Una prova una forza che si sarebbe risolta con il cedimento dei primi e la conseguente salvezza del governo. Si può solo registrare la coincidenza temporale e la risoluzione di una crisi di governo, ovviamente motivata con altro.
Detto questo, che vi sia dialettica all’interno di Israele lo denota anche un articolo del Jerusalem Post, riportato da al jazeera, che riferisce di fonti dell’intelligence che reputano un accordo sul nucleare non pienamente soddisfacente come sviluppo migliore di un collasso dei negoziati.
Al di là dei retroscena, plausibili e non, resta che l’omicidio ha creato l’ennesima criticità nel dialogo tra Usa e Iran e non fermerà affatto lo sviluppo del nucleare iraniano (vedi Haaretz).
(1) I media di Tel Aviv non possono scrivere, infatti, che l’intelligence israeliana sta sabotando un’azione diplomatica americana…
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/55975/lomicidio-che-crea-nuove-criticita-nel-dialogo-usa-iran
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