La guerra in Ucraina ha mostrato la fondamentale influenza sugli affari euromediterranei che ha la Turchia. Nazione dotata di una traiettoria politica autonoma nell’Alleanza Atlantica. Recep Tayyip Erdogan arma gli ucraini, non chiude ai russi, alza la posta con gli americani per il via libera a Svezia e Finlandia nella Nato. E’ il pontiere per la pace e la Turchia, assieme a Israele e Vaticano, è tra le poche nazioni ad aver puntato sulla carta della mediazione.
In che modo Ankara influenza il contesto internazionale e come può cooperare con Roma in un contesto regionale turbato dall’invasione dell’Ucraina? Abbiamo discusso con un diretto conoscitore del mondo turco, l’ambasciatore Carlo Marsili. Diplomatico di carriera, Marsili ha alle spalle una lunga carriera che lo ha portato a ricoprire diversi incarichi consolari.
Consigliere Diplomatico Aggiunto dei Presidenti del Consiglio dei Ministri De Mita, Andreotti, Amato e Ciampi tra gli anni Ottanta e Novanta. Vice capo-missione a Bonn (1993-1997) e di ambasciatore italiano in Indonesia (1998-1999) prima di una lunga esperienza come titolare della sede di Ankara (2004-2010). Dopo il collocamento a riposo ha pubblicato il volume La Turchia bussa alla porta per la casa editrice dell’Università Bocconi di Milano ed è divenuto membro del think tank “Il Nodo di Gordio”.
Ambasciatore Marsili, Ankara ha alzato la posta per l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Possiamo dire che la Turchia giochi facendo i suoi interessi per negoziare l’ingresso di Helsinki e Stoccolma?
“Quello turco a Svezia e Finlandia non è un veto, che peraltro non potrebbe precedere la domanda formale di adesione alla NATO da parte di questi due Paesi, ma l’anticipazione di una perplessità di Ankara che va opportunamente spiegata. Si tratta di una posizione negoziabile che in prima istanza riflette il fastidio della Turchia perché sia Svezia che anche Finlandia ospitano parecchi esponenti dell’organizzazione terroristica PKK. Va qui precisato che – a differenza della lettura data dai nostri organi di informazione in generale – il PKK è considerato tale non solo dalla Turchia ma anche da NATO e UE. Il che la dice lunga sull’atteggiamento dei due Paesi candidati, dai quali quindi Ankara si attende qualche forma di ripensamento. Inoltre la Turchia si pone qualche domanda sull’opportunità di una adesione in questo momento in relazione alle reazioni inevitabili di Mosca. Infine entra in gioco una posizione negoziale di Ankara anche con gli USA. Dato che basta il diniego di un solo Paese per bloccare un eventuale processo di adesione alla NATO, l’amministrazione americana potrebbe essere indotta a ripensare la cessione del modello più avanzato degli aerei da guerra F16 alla Turchia”.
L’unità del blocco atlantico appare tutto fuorchè garantita.
La Turchia è tra le nazioni che più si è impegnata per tenere aperti canali diplomatici con la Russia. La strategia su Finlanda e Svezia va in questa direzione?
“La Turchia ha assunto fin dall’inizio un ruolo di mediatore che i suoi buoni rapporti con Ucraina e Russia – questi ultimi più dettati dalla geografia e da interessi contingenti che non da reale convinzione – le consentono ancora di proseguire sia pure sotto traccia e con difficoltà. Senza dubbio la strategia su Svezia e Finlandia va in questa direzione, come dicevo prima è una delle tre motivazioni principali dell’atteggiamento di Ankara. La Turchia, che ha fornito sostegno anche militare all’Ucraina, in particolare con i droni, si preoccupa di non esacerbare le relazioni con Mosca, e difatti non applica le sanzioni e cerca di continuare ad attrarre turisti russi in vista dell’estate. Inoltre ha bisogno delle garanzie russe in Siria, in particolare per il mantenimento della fascia di sicurezza ai confini”.
Erdogan è il leader più aperto al dialogo con Putin, Draghi appare invece quello più chiuso nell’Europa occidentale.
Come vede la sua posizione?
“Apparentemente è così . Tuttavia l’opportunità di lavorare innanzi tutto per stabilire un tavolo negoziale in vista della pace è manifestata da entrambi. Certo, bisogna essere consapevoli che il principio basilare di una trattativa consiste nella necessità che le parti in causa cedano tutte qualcosa e che tutte si alzino dal tavolo senza aver perso la faccia. L’umiliazione è al di fuori delle regole diplomatiche, indipendentemente dal livello di democraticità di chi è rappresentato dai negoziatori”
Ritiene che sovrapporre atlantismo e europeismo, identificando negli obiettivi NATO l’interesse dei Paesi europei, possa creare delle problematiche a Paesi come l’Italia?
“L’Italia è membro convinto sia della NATO che della UE. Essere tali impone degli obblighi, che vanno rispettati, ma non esclude anche riflessioni in virtù degli interessi nazionali di ciascun Paese membro. In relazione al conflitto russo – ucraino, è evidente che i Paesi maggiormente danneggiati sono quelli europei rispetto agli americani, anche per la continuità geografica, e che tra i Paesi europei i più colpiti da eventuali blocchi energetici vi sono Italia e Germania. Essendo quest’ultimo un Paese più ricco in senso lato, non è difficile individuare nell’Italia quello la cui popolazione risulta in prospettiva la più danneggiata”.
Estero vicino caldo (Bosnia, Kosovo, Siria, Libia), Mediterraneo di nuovo terreno di scontro, sfida energetica.
Anche nel 2022 Italia e Turchia hanno molti dossier in comune da gestire: come vede la situazione?
“Italia e Turchia hanno certamente molte opportunità di collaborazione, in particolare nei Balcani, un’area di grande interesse per entrambi, e in Libia, dove entrambi sostengono la stessa amministrazione. Purtroppo di Libia si parla sempre meno e le prospettive di pace e di riunificazione appaiono quindi allontanarsi. La Siria poi sembra finita nel dimenticatoio , se non per Turchia e Russia che vi hanno interessi ragguardevoli e solo in parte convergent . Nel settore energetico, il Mediterraneo orientale andrebbe ripensato come un grande lago di cooperazione anziché di conflitto. Ma in parte non piccola la questione è legata a Cipro, altra questione dimenticata. Se essa non si risolve, le conflittualità permangono. Ma siccome non si risolve se non riconoscendo la realtà dei fatti – che tuttavia non si vuole riconoscere – per cui esistono due comunità separate, distinte e dotate di pari dignità, tutto rimane molto complicato”.
In che modo il rapporto tra Italia e Turchia cambia dopo la guerra?
“La guerra dovrebbe indurre Italia e Turchia ad incrementare le proprie relazioni bilaterali in ogni campo, e penso che tale obiettivo verrà raggiunto. Siamo due grandi Paesi mediterranei con un rapporto positivo molto solido . Entrambi i Governi sono convinti di doverlo rafforzare. Del resto . le circa 1300 aziende italiane presenti in Turchia e gli oltre 20 miliardi di scambi bilaterali costituiscono il migliore viatico in proposito”.
Che prospettive vede per il sistema europeo ed atlantico nel corso dei prossimi mesi? Come giudica, in definitiva, l’approccio a questa guerra del blocco a guida Usa?
“Certamente la guerra ha rafforzato l’integrazione della NATO e in prospettiva il suo rafforzamento. Basti pensare che non molto tempo fa il Presidente francese la dava per defunta. Quanto abbia agito nello stesso senso in ordine all’Europa, lo vedremo meglio in seguito. E’ tuttavia essenziale per quest’ultima valutare l’opportunità di impiegare maggiori sforzi per una politica di sicurezza comune. In prospettiva più lontana, non dimentichiamoci del concetto di Europa – elaborato da De Gaulle e sempre attuale – che si estende dall’Atlantico agli Urali, includendo quindi Turchia e Russia. La storia dovrebbe essere maestra di vita, e lo è, anche se oggi qualcuno sembra averlo dimenticato”.
Commenti recenti