Intervista esclusiva a Marco Rizzo (Partito Comunista): “Serve un programma minimo per ribaltare la situazione”
di IL BLOG DI SABINO PACIOLLA, OLTRE IL GIARDINO (Mattia Spanò)
Marco Rizzo, Segretario del Partito Comunista
Il Segretario Nazionale del Partito Comunista Marco Rizzo ha gentilmente accettato di rispondere in esclusiva ad alcune domande sulla situazione generale del paese. Devo un anticipo di chiarimenti (o un’excusatio non petita, secondo i maligni) circa le ragioni che muovono un sedicente cattolico a cercare il dialogo con un uomo culturalmente e politicamente così distante. Ammesso e non concesso che la premessa sia solida, le ragioni sono due. La prima di ordine polemico: nella temperie accogliente, dialogante e inclusiva non vedo perché no, né a chi debba dispiacere. La seconda è più sottile: di fronte allo spettro transumano che sferra un attacco senza precedenti all’uomo, alla società e al mondo, è davvero il momento di opporsi unendo le forze della ragione, della verità e del buonsenso. L’alleato imprevisto, e forse persino indesiderato, insospettabilmente si può rivelare il più forte e leale.
Segretario, le chiedo un commento su questo referendum sulla giustizia non tanto nel merito, ma come fatto politico. Come lo legge nel contesto attuale?
Questo referendum è stato palesemente disatteso dal punto di vista dell’informazione. Non se ne è parlato, quindi è chiaro che la scelta è quella relativa al non far ottenere il quorum alla vicenda della giustizia.
È anche vero che gli argomenti più importanti sono stati derubricati come non votabili dalla Corte Costituzionale, per cui eviterei di commentare e di schierarmi, salvo dire una cosa essenziale: che in Italia lo stato di diritto non esiste, esistono i rapporti di forza fra le classi, e questo è ben determinato e ben chiaro.
Basterebbe farsi un piccolo giro nelle carceri per scoprire che salvo casi eclatanti, omicidi e reati del genere, in prigione ci vanno solo i poveracci.
Il suo giudizio sull’operato e sulla persona del premier Mario Draghi è noto. Siamo distratti da liste di proscrizione e dibattiti televisivi d’imbarazzante infantilismo. La gestione della pandemia e ora della guerra (vorrei dire: di qualunque cosa) rischiano di scatenare il caos.
Certamente il mio giudizio sul premier è molto severo. Peraltro, quando il premier è stato incaricato lo scorso anno noi siamo stati i primi a manifestare, sulla base di un ragionamento che io reputo molto importante: un banchiere non può fare gli interessi del popolo italiano.
Non sottovaluterei le liste di proscrizione, perché sotto c’è l’idea di un uso, come dire, molto particolare dei servizi segreti, teso a criminalizzare il dissenso. L’operazione de il Corriere della Sera è chiara, com’è chiara prima la smentita poi l’apparizione di un documento declassificato dei servizi segreti, che si occupano non di proteggere l’Italia da terroristi, delinquenti e criminalità organizzata, ma di andare ad interpretare le critiche politiche al governo Draghi.
Siamo arrivati addirittura al fatto che chi citava il papa è stato considerato degno di stare dentro le veline dei servizi segreti. La situazione democratica è davvero molto in pericolo.
La gestione della pandemia prima e ora della guerra non è che “rischiano”: ci porteranno al disastro economico e sociale, che sarà già ben visibile nelle prossime settimane.
Lei è sempre stato netto nel suo giudizio sulla condizione storica della sinistra italiana, in particolare quella del PD. Ci sono segnali che fanno pensare all’imminente fondazione di un nuovo soggetto politico, ma l’elefante nella stanza è la sfiducia nella politica, senza la quale si piomba nel baratro. Cosa pensa succederà da qui al 2023?
Da molto tempo, dallo scioglimento del PCI ma anche prima (io ormai ho 63 anni) il giudizio è critico sull’involuzione, sul tradimento della sinistra italiana che strizza l’occhio ai poteri forti, alle grandi banche, e oggi nella figura del PD che è la forza politica più conseguente alla globalizzazione capitalistica e ai grandi poteri del Fondo Monetario Internazionale, alla Nato, alla Banca Centrale Europea. Forse sarà per questo che quando mi chiedono se sono di sinistra, rispondo “no, io non sono di sinistra: sono comunista”.
Di fronte a questa situazione bisogna reagire. Io credo che occorra partire da un programma minimo, che è quello della Costituzione. Proprio vedendo l’esperienza della gestione politica della pandemia e della guerra, potremmo dire che ci sono tre temi fondamentali, assolutamente presenti nella Costituzione, che vanno usati come programma minimo per costruire un fronte di difesa: il primo è quello delle libertà, il secondo è quello dell’economia del lavoro (Articolo 1 della Carta), il terzo è quello della pace e della lotta alla guerra (Articolo 11).
Noi stiamo lavorando per mettere assieme – a questo punto, sì – forze politiche che siano dentro questo perimetro. Lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo ad esempio con questa grande manifestazione che sarà in tutte le città italiane il 18 giugno, sabato prossimo. A Roma a piazza SS. Apostoli nel pomeriggio, e in tutte le grandi città italiane. Lo facciamo con Ancora Italia, con Riconquistare l’Italia, con Alternativa, con Azione Civile e tante altre forze che insieme al Partito Comunista si schierano in quest’ottica.
Le categorie marxiane sono tornate in auge, in parte perché descrivono bene il momento storico, in parte perché ancora fondate sull’antropologia, non sulla tecnologia. Ci sono altre ragioni, a suo avviso?
Le categorie marxiste – o marxiane – sono certo in auge, anche perché in realtà il messaggio fondamentale di Marx non è l’attualizzazione del suo pensiero, ma fornire lo strumento per interpretare la realtà. L’elemento economico dell’idea di analisi della società di Marx è assolutamente attuale. L’uomo è l’essere sociale, è quello che vive socialmente.
Oggi c’è un ceto medio proletarizzato, una classe operaia, un lavoro pubblico e privato messo nelle condizioni di non sopravvivere, e una marea di disoccupati.
L’unione di queste forze fa il 90% del popolo italiano. Diciamo che la società potrebbe essere ribaltata molto facilmente.
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