Negli otto anni che hanno preceduto la “operazione militare speciale” della Russia in Ucraina, le potenze occidentali, soprattutto USA e Regno Unito per il tramite  di Polonia e Repubbliche Baltiche, hanno finanziato la ricostruzione dell’esercito ucraino, che aveva dato pessima prova di sé nella guerra con le Repubbliche di Donetsk e Lugansk. Il processo di formazione del nerbo di un esercito e la preparazione di sottufficiali e ufficiali è stato guidato da gruppi della NATO nell’Ovest del Paese, presso le basi della regione di Leopoli, dove facevano presenza fissa formatori e addestratori occidentali. I fondi necessari per la ricostruzione dell’apparato militare sono stati trovati tramite la UE, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e con erogazioni dirette da parte degli USA. Per ammissione del segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, le forniture militari erano iniziate ben prima dell’escalation militare di fine febbraio.

L’Ucraina, pur non riuscendo a vendere nemmeno un singolo sistema d’arma a Paesi terzi, visto che i suoi modelli di carro e di aerei non trovano clienti da molto tempo, ha quindi ricevuto le risorse per aggiornare i suoi tank T64 e T72, sia nelle dotazioni dei sistemi sia nella corazza reattiva. Ha sfornato nuovi mezzi da esplorazione come i Cougar, Spartan (prodotti su licenza canadese), Shrek, Fiona, Hurricane. Tutti mezzi progettati e sviluppati in questi ultimi anni, progetti che senza i fondi occidentali non sarebbero mai stati realizzati. E poi i blindati BTR3, aggiornamento prodotto in Ucraina sulla base dei BTR sovietici e i Vilcha lanciamissili multipli costruiti a partire dal progetto degli Smersh sovietici. Non dimentichiamo, infine, i DTR4 Bucefalo, progettati e prodotti in Ucraina dalla ZhBTZ a partire dal 2016, produzione poi spostata a Zythomyr, nell’Ovest del Paese.

Perchè l’Ucraina, che si trova in condizioni economiche a dir poco disastrose, ha investito nel tempo tante risorse preziose in nuovi strumenti di guerra? Il FMI o la UE stessa non sono famosi per prestare denaro senza pretendere tagli alle spese e ristrutturazioni profonde degli apparati statali o dei servizi ai cittadini: perché, quindi, hanno permesso che tante delle risorse da loro prestate fosse investito nell’esercito? È stata l’Ucraina a scegliere come spendere i soldi o le è stato imposto come spenderli?

Ma veniamo ai giorni che hanno preceduto la data fatidica del 24 febbraio. Mentre la diplomazia tentava di spingere l’Occidente, ovvero gli USA, ad accettare un accordo che prevedesse la neutralità dell’Ucraina e lo stop all’espansione della NATO verso Est, i preparativi della guerra procedevano. Centinaia di carri armati, migliaia tenendo presente anche i blindati, si muovevano da oltre gli Urali verso Ovest, assieme a cannoni, camion, cisterne per il carburante, cucine da campo, ospedali mobili, mezzi antiaerei, lanciatori di missili Iskander, intere squadriglie di caccia. Un ponte aereo impressionante spostava i materiali russi da Est verso la Crimea e l’Ovest del Paese e anche verso la Siria, che venne rifornita di ogni tipo di arma che potesse servire nei mesi a venire. Mezzi delle Flotte del Nord e del Pacifico si muovevano intanto nel Mediterraneo sia nel Mar Nero. A fine gennaio era tutto pronto. La diplomazia nel frattempo si era arenata di fronte al temporeggiare degli USA e alle provocazioni del Regno Unito, che firmò un patto di mutua difesa con Polonia e Ucraina. Forte di queste rassicurazioni l’Ucraina venne spinta a intensificare i bombardamenti contro il Donbass. L’Osce certificò un aumento enorme dell’attività di violazione del cessate il fuoco da parte Ucraina, oltre alla presenza crescente di mezzi proibiti nella zona demilitarizzata: artiglieria pesante, carri armati, blindati e mortai da 120.

Kiev si preparava a un’offensiva? In Occidente si erano diffuse due differenti scuole di pensiero. Una credeva che la Russia, intimorita dal dispiegamento di forze della NATO verso Est in corso ormai da anni, non sarebbe intervenuta con una spedizione militare come in fondo non lo aveva fatto nel 2014, con un’Ucraina enormemente meno preparata di quella del febbraio 2022. L’altra scuola di pensiero, invece, riteneva che la Russia sarebbe intervenuta e avrebbe interrotto la guerra dopo le prime pesanti perdite, che avrebbe di certo subito a causa della preparazione ucraina specifica per affrontare l’esercito russo. Le forze armate di Kiev, infatti, erano state rifornite con migliaia di mezzi anticarro, migliaia di sistemi spalleggiabili antiaereo, droni Bayraktar TBE turchi e relative munizioni, e molti altri sistemi d’arma.

Nella prima e confusa fase della guerra abbiamo assistito a due anomalie di grande importanza nella strategia russa. La prima consiste nella conduzione dell’invasione. Quattro fronti aperti in un solo giorno: da Nord, verso Kiev; da Est su Sumy e Karkov; dal Donbass, affidando il compito principalmente alle forze di Donetsk e Lugans e al gruppo 0 delle forze russe; da Sud penetrando in profondità nel territorio ucraino partendo dalla Crimea, fronte che è stato da subito molto diverso rispetto agli altri. La seconda anomalia è stata l’assoluta mancanza di una campagna aerea preparatoria alla guerra sul campo, cosa che ha permesso agli ucraini di affrontare nelle fasi iniziali l’esercito russo con un dispositivo integro e in perfetta efficienza.

Durante la prima fase, le perdite russe sono state elevate tanto quanto quelle ucraine, a stima nostra, a causa della parità di fatto dei mezzi dispiegati, della sostanziale inferiorità numerica russa su tutti i fronti, della mancanza di coordinamento tra le forze di terra e una artiglieria di copertura a causa, soprattutto nel Nord, della permeabilità delle linee del fronte, cosa che impediva di fatto di creare un retroterra sicuro dove dispiegare mezzi antiaerei, artiglieria e sistemi di disturbo elettronico. Nel Nord, peraltro, non è mai stato dispiegato un dispositivo militare con cui i russi potesse dare l’assalto alla capitale Kiev. Mai.

Lo scopo della presenza russa a Nord, riteniamo fosse creare una fortissima pressione sui vertici politici e militari ucraini per arrivare a una resa veloce del Paese ed evitare un lungo conflitto. Furono avviati da subito degli incontri tra delegazioni russe e ucraine in Bielorussia per arrivare ad un accordo di pace, ma dopo un mese si arenarono. Dopo quel fallimento diplomatico, la presenza militare russa nel Nord del Paese non ha più scopo e infatti viene ritirata e le truppe redistribuite su altri fronti. I mezzi di informazione occidentali hanno presentato questa operazione come un ritiro, ma dal punto di vista militare non è così: il compito che le truppe dovevano svolgere non era militare ma politico, esaurito questo le truppe sono passate ad altro, sebbene avessero pagato un conto salato per la loro presenza nel settore senza una adeguata copertura.

Con la fine delle trattative finisce la fase 1 del conflitto e si passa alla fase 2.

Questa vede innanzitutto l’affidamento di tutti i fronti a un unico comando delegato al generale Alexander Vladimirovich Dvornikov. Con il comando unificato si ha subito una rivoluzione nel dispiegamento russo. I fronti così riordinati si presentavano quindi con un Sud sotto controllo, Mariupol assediata e le linee del fronte sia verso Zaporizie sia verso Nikolaev ben delineate.

Il corridoio di collegamento terrestre tra Crimea e Russia è stato un obiettivo militare di grande valore. Anche la riapertura del canale di Crimea, che porta l’acqua alle coltivazioni e alla popolazione crimeana, fornitura interrotta nel 2014 dagli Ucraini, è stato un altro obiettivo importante raggiunto. L’impronta del generale Dvornikov si nota subito, le forze russe si muovono in maniera molto diversa da prima. I fronti assumono una impostazione più razionale: retroterra sicuro, vie di comunicazione stabili, rifornimenti assicurati e continui, buona copertura e aerea e ottimizzazione del coordinamento tra le truppe di terra, i caccia bombardieri d’attacco e l’artiglieria, molto efficace nel tiro. Vengono ampiamente utilizzati i munizionamenti di precisione per l’artiglieria, in special modo i sistemi Krasnopol M da 152mm. L’uso dei missili viene riservato soprattutto alle vie di comunicazione e alle sottostazioni elettriche delle ferrovie, tattica che riduce notevolmente la capacità di spostamento dei rifornimenti ucraini. Allo stesso modo i russi iniziano a demolire le riserve di idrocarburi degli ucraini e la loro capacità di stoccaggio e raffinazione.

Gli Ucraini hanno iniziato a subire questa campagna da fine aprile, quando sono drasticamente diminuiti i distributori riforniti di carburanti nel Paese, causando un tracollo anche nella economia del Paese. Le vie di comunicazione e i ponti stradali e ferroviari sono stati bersagliati dai  missili, così come anche i depositi dei rifornimenti di armi occidentali. I fronti sono ben coperti dalle difese antiaeree, con il dispiegamento dei sistemi Pantsir Strela Tor M2, di medio raggio Buk M2 ed M3, di lungo raggio S300, S350 ed S400 che forniscono copertura anche contro i droni turchi Bayraktar. Ne sono stai ormai abbattuti più di 100, le continue forniture di Ankara durano pochissimo e non causano problemi agli schieramenti russi.

Le forniture aeree della NATO hanno permesso all’Ucraina di avere a disposizione i caccia ex sovietici ancora presenti in Polonia e in altri Paesi ex Patto di Varsavia, ma anche questi erano limitati e non permettono a Kiev di recuperare il controllo nemmeno di una parte dello spazio aereo. Di recente un volo cargo AN-26, proveniente forse dalla Romania, ha tentato di atterrare a Odessa, che è lontana dai fronti, ma è stato abbattuto.

La guerra elettronica è molto intensa sui vari fronti. Un recente articolo su un quotidiano inglese lamentava ad esempio, che i piccoli droni Swichblade 30 e 60, forniti con generosità dagli USA all’Ucraina, non lavorassero bene in ambiente a elevata intensità di guerra elettronica, dove i segnali del GPS sono inutilizzabili, e dove a quanto pare perdono l’orientamento non andando a colpire i bersagli e non riuscendo a individuarli. Anche i sistemi ATGM Nlaw, Javelin e altri non sono più molto utili, perché i mezzi corazzati si muovono ora in coordinamento con le truppe di terra e dopo abbondante bombardamento di artiglieria sulle posizioni nemiche, quindi arrivano sul posto con le forze ucraine già decimate.

Anche la tecnica di volo dei caccia SU-25, ampiamente operativi sui fronti anche se molto datati, è mutata nel corso del conflitto. Una volta giunti in zona di guerra, i caccia non procedono più a volo radente e lineare, ma iniziano una lunga e infinita serie di virate, si dirigono sul bersaglio utilizzando molto più tempo. Questa serie di virate continue, cambi di quota e direzione, impedisce ai sistemi Manpads di acquisire il bersaglio e di arrivare su di esso con una traiettoria ottimale per colpirlo. Le perdite di caccia russi si sono così molto ridotte. Stesso dicasi per gli elicotteri d’attacco, che sono impiegati molto di notte e utilizzano contromisure simili a quelle dei caccia. In queste condizioni nemmeno i modernissimi sistemi Starstreak britannici si sono rivelati troppo efficaci.

Le perdite di mezzi dell’Ucraina

In questi ultimi due mesi di guerra, come abbiamo osservato, sono diminuite molto le perdite russe sia di mezzi sia di soldati, e sono aumentate invece quelle degli ucraini, colpiti dalle artiglierie russe sui fronti avanzati e nelle retrovie profonde dai missili di precisione. A tal proposito è interessante osservare come la stampa nostrana dia per esauriti i missili russi da almeno due mesi, mentre in realtà questi arrivano quotidianamente sui bersagli. Di recente un articolo russo presentava le capacità di produzione giornaliera di sistemi missilistici di precisione, dando come cifra 40 missili prodotti al giorno in tempo di guerra (ora in aumento a 50), mentre in tempo di pace la produzione era di circa 20 pezzi al giorno, produzione che però era in corso da almeno dieci anni. I missili russi, quindi, sono ben lungi dall’esaurirsi.

L’Ucraina, invece, ha perso due enormi depositi di armi e munizioni durante la fase due, uno a Kherson e uno presso Balaklija, quest’ultimo davvero enorme. In questi due mesi e mezzo i comandi ucraini hanno trasferito diversi reparti da Nord verso i fronti più attivi, utilizzandone molti nell’offensiva su Kar’kiv, operazione buona per l’immagine ma inutile dal punto dii vista strategico, costata a Kiev molti mezzi.

La strategia ucraina è improntata nel resistere a ogni costo al nemico senza cedere nulla se non costretti. Così gli ucraini hanno continuato a sostenere i fronti inviando continuamente rinforzi. Zelensky, tra l’altro, ora ha firmato un decreto che consente di inviare al fronte anche i reparti delle milizie territoriali. In questo modo hanno sostenuto la resistenza ma hanno anche logorato la loro mobilità, perdendo moltissimi blindati e carri armati. Ora stanno mandando al fronte i 234 tank T72 arrivati dalla Polonia, ma sono stati equipaggiati con corazza reattiva dagli stessi ucraini, ne erano privi, e non hanno i sistemi aggiornati dei loro carri precedenti. Kiev sta anche ricevendo caccia bombardieri SU25 e Mig 29, ma li perde a gran ritmo, escono per missioni in ambiente saturo di difese aeree moderne, e i piloti, davvero molto coraggiosi, trovano il loro destino poco dopo il decollo. Questi caccia provengono probabilmente da aiuti esterni all’Ucraina, sotto forma di pezzi di ricambio, motori, o addirittura aerei in parte smontati e riassemblati in loco ribrandizzandoli come ucraini. La mancanza di blindati si fa cronica, sempre più di frequente si vedono colonne di mezzi ucraini condotte magari da uno o due Cougar a loro volta seguiti da autocarri, utilitarie o auto di varia grandezza, mezzi indifesi anche di fronte alla raffica di un fucile d’assalto.

Ci si sarebbe attesi un cambio di strategia da parte Ucraina, che invece non è arrivato. Pochi giorni fa, presso Severodonetsk, hanno tentato una controffensiva, sono state usate molte truppe, anche mezzi e artiglieria di appoggio, sono riusciti a far arretrare di un po’ i russi. I media ne hanno parlato come di un successo ma i russi non praticano la strategia ucraina, non difendono metro su metro: arretrano, colpiscono gli attaccanti, arretrano ancora e colpiscono di nuovo, con le artiglierie o i caccia, causano gravi perdite ai nemici finché questi si fermano, e dopo poco, un giorno o al massimo due, devono forzatamente ripiegare. Così gli ucraini hanno riperso il terreno faticosamente riconquistato con perdite elevatissime, ed ora perdono anche le posizioni che avevano prima della controffensiva.

Poiché sta accadendo la stessa cosa anche su altri fronti, siamo indotti a prevedere che entro breve la capacità ucraina di reggere le posizioni verrà meno. Dovranno ripiegare, e vedremo se i Russi vorranno avanzare ad oltranza o fermarsi entro certi limiti e gli obiettivi da loro definiti essenziali.

di Stefano Orsi

Fondatore e curatore dell’omonimo canale You Tube dedicato alle analisi militari e belliche