Minacce per la sovranità agroalimentare
di QELSI (Leonardo Giordano)
La guerra tra Russia ed Ucraina non solo ha provocato azioni speculative nel mercato delle materie prime e dei prodotti di base dell’agricoltura, come il grano ed il mais, ma ha anche fornito linfa vitale e prospettiva vincente a strategie globali e poco trasparenti, che tenderebbero a demolire il canone principale e tradizionale dell’agroalimentare europeo con riflessi che si ripercuoteranno sulla vita delle nazioni, specie le più povere, all’insegna di un’altra nuova “transizione”: quella agricola ed alimentare.
Dice Luigi Scordamaglia, ex presidente di “Federalimentare” e consigliere delegato di “Filiera Italia”: ‹‹Il conflitto su questo terreno va oltre l’Europa ed è generato da quelle poche multinazionali originate dalla Silicon Valley che vogliono appropriarsi dell’alimentazione globale omologandola. È una strategia studiata a tavolino per staccare il cibo dalla terra. Ci sono già le fabbriche di latte e carne sintetici, ci sono i beveroni proteici. Loro hanno fame dei profitti alimentari. Usano tutte le armi: ad esempio dire che la carne o l’agricoltura in generale sono nemici dell’ambiente.››
È complottismo? Francamente appare piuttosto come un ulteriore passo, dopo quelli della “transizione digitale” e della “transizione ecologica”, verso una sorta di trasformazione della realtà concreta in tante realtà virtuali e algoritmiche. Qualche anno fa, Pierre Lévy, Derrick De Kerhhove e Michel Serres (tre filosofi della rivoluzione digitale, in odore di gnosticismo) vagheggiavano un “nuovo mondo” in cui la realtà “astratta e spirituale” della mente sarebbe stata staccata e scardinata dalla realtà corporea, ‹‹dalla testa ossuta e neurale›› diceva Michel Serres. A ciò è seguita l’illusione che si possa alimentare la mobilità con il semplice flusso, apparentemente immateriale, degli elettroni, spacciando una speculazione economica di portata colossale con una buona pratica di preservazione dell’equilibrio naturale. Oggi si vuol separare l’alimentazione e la produzione alimentare dal suolo e dalla terra, dal ciclo riproduttivo che per ere plurimillenarie ha regolato la vita dell’uomo.
Rispetto al progetto europeo di Nutriscore (la pseudo classifica dei prodotti agroalimentari ritenuti più sicuri) che aveva come obiettivo soprattutto l’agroalimentare italiano, il ‹‹conflitto›› come lo definisce Scordamaglia è salito di livello e mira a disintegrare l’agricoltura “naturale” ad ogni latitudine. Dice sempre il consigliere delegato di “Filiera Italia”: ‹‹Il Nutriscore si può combattere perché non è un sistema corretto di informazione al consumatore. C’è in atto uno scontro di visione su cos’è il cibo tra Nord e Sud Europa, ma il vero problema è che non c’è una strategia europea comune sulle vere emergenze a cominciare da quella energetica che sta letteralmente uccidendo le imprese››.
Il rischio più insidioso è che si generino due sistemi di alimentazione: uno per ricchi (magari utilizzando le poche nicchie di agroalimentare tradizionale che sopravviveranno) ed uno massificato per il ceto medio (se continuerà ad esistere un ceto medio) o per le classi meno abbienti: ‹‹Altrimenti rischiamo, e sarebbe una tragedia anche dal punto di vista sanitario, che si arrivi a due standard alimentari in base alle disponibilità economiche: chi può mangia bene e campa a lungo, e chi non può mangia ciò che capita, magari prodotti d’importazione con standard di qualità e di salubrità inadeguati.››
Non tutto però sembra perduto in partenza. Ci sarebbero segnali positivi che potrebbero segnare una svolta e contrastare decisamente e con efficacia queste strategie. Il Consiglio Ue ha accettato la proposta di Coldiretti e di “Filiera Italia” di incentivare i biocarburanti consentendo alla filiera agroalimentare di ottenere carburante a più basso costo, con il riciclo degli scarti, da destinare sia ai mezzi agricoli che alle ‹‹flotte distributive››, affrancandosi così dalla dipendenza dal gas. Si è trattato di un riconoscimento significativo tributato a un know how tutto italiano. Ovviamente occorrerà la forza politica per far tradurre in breve tempo questi impegni in realtà concrete e largamente diffuse. Al Fancy Food di New York non si è mai visto tanto interesse nei confronti del cibo e dei prodotti italiani. Secondo Scordamaglia, si è trattato di un segnale importante della presa di coscienza planetaria su quella che è la differenza tra ‹‹falso e vero valore italiano››, tra autentico e “taroccato”. Il mercato, quindi, se non fosse turbato da queste strategie speculative delle multinazionali della Silicon Valley, sarebbe pronto a recepire queste diffuse percezioni dei consumatori.
Bonifiche Ferraresi, il consorzio di cooperative che agisce nel settore della produzione agricola e della commercializzazione, ha avviato in Africa con l’Eni dei progetti tesi a implementare ed affermare il modello italiano di integrazione tra produzione e trasformazione: un fatto importante perché così si accresce l’autoapprovvigionamento di questi paesi rispettando anche criteri di sostenibilità, un esperienza, questa, che rivela come l’imprinting che Mattei lasciò in eredità all’Eni non sia andato completamente disperso e non sia stato del tutto dissipato anche con la privatizzazione dell’azienda. Si tratta di un modello di cooperazione (tra l’altro già intuito da Mattei) che tende ad aiutare le popolazioni africane, come si suol dire, “a casa loro”.
L’Europa, sotto la pressione dei paesi più a Nord, gli stessi che si mostrano più intransigenti e più ortodossamente “atlantici” in questa fase del conflitto Russia – Ucraina, vorrebbe ridurre la produzione agricola con un taglio secco del 15%. La cosa è assolutamente iniqua. La nostra agricoltura libera in atmosfera 30 milioni di CO2, la metà di quella emessa dalla Germania. Questo “taglio orizzontale” della produzione aprirebbe l’Europa alle importazioni sprovviste degli standard di qualità e di salubrità della nostra produzione agroalimentare.
Ci sono segnali importanti anche all’interno del mondo produttivo e della categoria degli agricoltori e degli operatori agricoli che sembrano non tutti disposti ad accettare questo corso delle cose. In Olanda, che pure è un paese del Nord Europa e nel quale sembrava che questi indirizzi nefasti potessero passare senza ostacoli, in questi giorni gli allevatori stanno dando luogo a grandi manifestazioni di protesta. Migliaia di trattori sono sfilati lungo l’autostrada Utrecht – L’Aia; è stata minacciata l’abitazione del Ministro della Natura Christianne van der Wal – Zeggelink con balle di fieno incendiate, la casa del Ministro dell’Agricoltura olandese Henk Staghouwer è stata inondata di letame e si è rischiato lo scontro a fuoco con la polizia. Agli agricoltori si sono uniti anche gli autotrasportatori di prodotti agroalimentari. Insomma hanno pensato di poter fare le pentole e fermarsi là, pensando di non pagar pegno, ma si sono scordati di fare i coperchi e la protesta è divenuta per il momento incontenibile e a rischio diffusione in altre realtà.
Dice sempre Luigi Scordamaglia: ‹‹Il pericolo più grave è che spariscano dalla dieta i prodotti indispensabili a una sana alimentazione […] È ora di finirla di pensare che ci sono pochi fortunati che accedono all’eccellenza e gli altri si arrangiano. È inaccettabile: la popolazione italiana, come quella mondiale tutta, va messa in condizione di accedere equamente al cibo››. La gente, quella che lavora e produce, la realtà produttiva insomma, inizia a comprendere dove queste élites, completamente staccate dal popolo e prive di senso della realtà, vogliono arrivare pensando di aver di fronte automi e schiavetti pronti a farsi calpestare e dominare senza colpo ferire. Occorrerebbe che qualche forza politica interpretasse queste istanze, le portasse fuori dal ribellismo occasionale e destinato a spegnersi (come quello dei gilet gialli) per riconvertirle in un’azione concreta, seria e duratura di contrasto e, contemporaneamente, di rilancio della sovranità nazionale ed europea ad ogni livello.
FONTE: https://www.qelsi.it/2022/minacce-per-la-sovranita-agroalimentare/
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