Chimeronomia. Perché la narrazione non ci salverà
di IL BLOG DI SABINO PACIOLLA, OLTRE IL GIARDINO (Mattia Spanò)
Non citerò dati e numeri perché quantificare ha il difetto di far perdere di vista il concetto generale. Il criterio quantitativo illude che intervenendo qua e là si possa porre rimedio. Non è sempre così.
Non bastasse, la maggior parte delle persone si sente libera e in diritto di contestare l’autenticità dei dati. Farlo coi fenomeni, fare i conti cioè con forze ingovernabili, è più difficile. Se piove e non ho l’ombrello, mi bagno. Quanto mi bagni e se mi faccia piacere essere bagnato, è un altro discorso. Di sicuro non posso evitare che piova.
Per circa un anno la maggior parte delle piccole imprese italiane non ha lavorato a causa dei lockdown. Non producendo, non hanno pagato tasse, e per sopravvivere hanno messo mano agli accantonamenti. Un certo numero di queste ha definitivamente chiuso i battenti.
L’anno seguente, l’anno della vaccinazione, oltre un milione di italiani, soprattutto dipendenti pubblici di sanità, istruzione e forze dell’ordine (senza dimenticare i trasporti) sono stati sospesi dal lavoro e non hanno percepito alcun reddito. Anche in questo caso, non hanno versato tributi ed hanno eroso i risparmi. In larghissima parte, hanno limitato spese e investimenti all’indispensabile, incidendo negativamente sui produttori e i commercianti di beni e servizi voluttuari.
Ora si raccolgono i cocci della vaccinazione. Il vaccino palesemente non ha funzionato: le infezioni galoppano, il che significa che a ciclo continuo un numero significativo di cittadini è confinata in casa, in modo sostanzialmente imprevedibile. Non possono lavorare e produrre, e costano allo Stato.
Per le imprese già sofferenti per la sottoccupazione, è un dramma: un processo può venire bruscamente interrotto in qualsiasi momento e senza preavviso fermare o rallentare all’inverosimile l’intera catena – non tutte le competenze sono sostituibili, comunque non lo sono in tempo e a costo zero – la pianificazione delle attività diventa incerta, lo stress di produzione fa il resto.
Non è noto il numero di morti da vaccino. Sappiamo che ci sono, non sappiamo quanti. Lo Stato su questo può nascondere e mentire, rimane il fatto che un numero minimo o forse molto elevato di italiani sono morti, oltre quelli che muoiono normalmente.
Un numero ancor più elevato di italiani ha subito effetti avversi gravi o gravissimi. Non sappiamo se queste patologie vadano in remissione, siano croniche, cicliche o invalidanti in modo permanente. Questo, a dispetto dei consensi e delle manleve firmati, presto o tardi porrà un serissimo problema di indennizzi. Poco importa se questi saranno simbolici o cospicui. A prescindere dall’esito, i ricorsi intaseranno i tribunali, rallentando una macchina già quasi ferma.
Anche se ciò non dovesse accadere, queste persone andranno curate e assistite, in qualche caso per tutta la vita. Non produrranno e non pagheranno tributi, gravando sulla collettività. Il combinato disposto di indennizzi e costi sociali, in un’economia che vive di sussistenza e margini operativi risicati, può deflagrare in qualcosa di mai visto prima.
Se per assurdo lo Stato convincesse costoro ad avvalersi del suicidio assistito, l’utilità tributaria marginale crollerebbe in misura proporzionale (i morti non producono e non pagano imposte), non è detto che convinca i parenti del defunto della bontà della cosa: reclamerebbero comunque il dovuto, che gli spetta per diritto ereditario, con magari qualche extra a rimpinguare la cifra.
Dal momento che la spesa pubblica aumenta in modo più che proporzionale rispetto al gettito fiscale, e lo Stato contrae debiti e obbligazioni di lungo o lunghissimo periodo, non serve essere John Maynard Keynes per capire come andrà a finire. Città e infrastrutture si desertificherebbero e andrebbero in malora, con tanti saluti alle rendite immobiliari e alle contromisure anticicliche – che finora, mi pare, abbiano funzionato come pannicelli caldi contro la lebbra.
Il problema, a ben guardare, non è nemmeno il denaro, ma la mancanza di produzione. Da una parte, non produciamo più, al massimo trasformiamo e assembliamo. Dall’altra, non possiamo più garantire i servizi, vale a dire il paracadute che permette a un’ampia fetta della popolazione di non produrre niente, ma percepire comunque un reddito.
Accadranno due cose. Qualsiasi stimolo monetario o provvedimento assistenziale sarà un gioco a somma zero: alle persone verrà messa in mano carta straccia, con la quale non compreranno nulla perché non ci sarà nulla da comprare. Questo, gli idioti che guidano la finanza non lo capiscono, o forse pensano più sottilmente di poter governare il caos che verrà, il che richiede nuove parole per descrivere la loro abissale insipienza.
Seconda conseguenza. La fiducia nelle istituzioni crollerà a zero. Lo Stato ha mentito, distrutto l’economia e danneggiato irreparabilmente i cittadini. Nulla di ciò che farà o pretenderà di imporre verrà creduto e attuato. La credibilità è l’unica moneta di scambio in un sistema economico saturo e satollo come quello occidentale. Persa quella, hai perso tutto.
Il cocktail delle due cose, l’aver scambiato il denaro con la ricchezza e lo Stato Contaballe, la possiamo chiamare chimeronomia: dove l’economia è la regola che governa la casa, la chimeronomia sono le illusioni che governano le regole. Viviamo in un mondo di drogati in preda ad allucinazioni tossiche.
L’ambiente ne beneficerà, almeno? Nemmeno per sogno. I costi dello smaltimento dei rifiuti e della tutela e della sicurezza ambientale, oggi sostenibili perché masse enormi di materiali di scarto garantiscono economie di scala che alimentano processi comunque molto costosi, complessi ed energivori, schizzeranno alle stelle.
La quantità dei rifiuti diminuirà drasticamente, ma sarà comunque concentrata intorno agli agglomerati urbani, con la differenza che avrà costi di gestione e smaltimento elevatissimi. Tutta l’industria e l’economia fiorite intorno all’ecologia andranno a fondo con il resto, anzi saranno le prime a franare miseramente.
Il declino sarà estremamente rapido. Non ci sarà più alcun modo di comunicare pubblicamente. Anche ci fosse nessuno avrà l’autorità per imporre una narrazione positiva o almeno ammiccante. I giovani in particolare, la cui soglia d’attenzione è confinata ai trenta secondi di TikTok, semplicemente non avranno gli strumenti per capire cosa stia accadendo, e paradossalmente saranno i primi a morire.
A questo conducono la pseudoscienza e le strampalate teorie economiche elaborate da intellettuali sempre più rovinosamente stupidi. Quando si scoperchia il vaso di Pandora, bisogna sapere che quello che ne esce non può essere rimesso dentro.
FONTE: https://www.sabinopaciolla.com/chimeronomia-perche-la-narrazione-non-ci-salvera/
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