L’onnipotenza Usa e le critiche del Washington post alla Pelosi
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Con la visita della Pelosi a Taiwan l’Impero americano ha dichiarato ufficialmente che non riconosce alcun limite alla sua politica estera. Lo aveva già fatto in Ucraina, dove ha sfidato apertamente la linea rossa posta non dalla Russia, ma dalla geopolitica, che indicava come Kiev non potesse aderire alla Nato.
Alle richieste insistite in tal senso di Mosca, la Nato, cioè l’America, ha risposto in maniera irridente, innescando l’invasione. E così con Taiwan, chiara linea rossa di Pechino, con il viaggio della speaker della Camera.
Certo, parte, anche importante, dell’establishment Usa era contrario, ma hanno prevalso i falchi, come troppo spesso accade in questi frangenti. Sono essi, infatti, a dettare legge negli ultimi decenni, con gli ambiti più ragionevoli dell’establishment costretti sempre a rincorrere e frenare successivamente.
Quella della Pelosi, al di là delle apparenze, non è stata un’iniziativa di fatto isolata: la sua sfida a Pechino è stata supportata dai falchi in tutto e per tutto, anche se la donna, nell’occasione, ci ha messo del suo.
Prima della partenza, infatti, ha detto di essere “eccitata”, come se si recasse a Disneyland e non ad aprire “il vaso di Pandora”, come si legge nell’editoriale del China Daily che dice tutto nel titolo: “Gli Stati Uniti si assumono tutta la responsabilità delle conseguenze del viaggio a rischio della Pelosi”.
A oggi la Cina si è limitata a intraprendere esercitazioni militari massive intorno all’isola e a imporre alcune limitazioni al commercio con Taiwan, ma siamo all’inizio della giostra.
Dopo aver lanciato avvertimenti tanto duri, la Cina non può che essere conseguente. Non ci sono indicatori di un’invasione di Taiwan, ma di certo i rapporti con gli Usa diventeranno più aspri.
Certo, l’America non può farsi dettare la sua politica estera dai cinesi, come hanno dichiarato i corifei della Pelosi, ma neanche i cinesi possono accettare con acquiescenza i deliri di onnipotenza americani, che stanno facendo traballare i pilastri del mondo.
Finita la stagione delle guerre infinite con l’omicidio di al Zawahiri (o chi per lui), comunicato il giorno della visita della Pelosi, i falchi Usa intendono preservare la primazia sul mondo sfidando direttamente i due competitor globali.
Di fronte a tale delirio di onnipotenza, gli antagonisti dell’America stanno misurando le risposte. Infatti, se questa è disposta a rischiare di incenerire il mondo pur di mantenere la leadership, quelli devono preservarlo dall’abisso, dal momento che se vincono la sfida si ritroveranno a essere i poli di riferimento del futuro insieme all’America, se sopravviverà a se stessa.
A quest’ultimo riguardo, la contesa che dilania l’Impero è cruciale. L’establishment più realista sa perfettamente che i deliri dei falchi stanno erodendo la potenza americana, come si è visto nel corso delle guerre infinite, e stanno cercando di porre un argine a tale deriva, in una lotta sempre più serrata.
Per questo è importante l’editoriale del Washington Post che critica aspramente il viaggio della Pelosi, ancora più significativo perché proprio su tale giornale la speaker della Camera aveva reso pubbliche le ragioni del suo viaggio incendiario.
“Una politica estera di successo combina principi alti con una prassi intelligente e tempestiva – scrive il WP -. La visita di martedì per mostrare solidarietà a Taiwan da parte della presidente della Camera Nancy Pelosi ha dimostrato la prima cosa, ma non la seconda. La prevedibile reazione della Cina, che considera Taiwan una provincia ribelle, è in corso […] Il presidente Biden deve limitare i danni a breve termine e contrastare un probabile aumento della pressione cinese a lungo termine su Taiwan”.
Il WP aggiunge di condividere le ragioni ideali della Pelosi riguardo a Taiwan e alla Cina. “Quello che non comprendiamo è la sua insistenza nel dimostrare il suo sostegno in questo modo e in questo momento, nonostante gli avvertimenti – di un presidente del suo stesso partito – con la situazione geopolitica che è già alquanto instabile. Per quanto la Pelosi, a 82 anni, possa desiderare un gesto eclatante durante il mandato come speaker – prima che si chiuda per la probabile vittoria del GOP a novembre – andare a Taiwan ora, mentre il presidente cinese Xi Jinping sta organizzando il suo terzo mandato, era poco saggio”.
Quindi, dopo aver ricordato che in questo momento la priorità dell’amministrazione è la guerra ucraina e le sue conseguenze globali, il WP spiega che Biden non può “permettersi distrazioni”, come il ripetersi della crisi del 1995-6, quando una visita analoga innescò provocazioni militari della Cina “per otto mesi e due giorni”, terminate dopo l’arrivo di una flotta Usa.
Ma ora la Cina è “enormemente più forte di quanto non fosse un quarto di secolo fa” e più assertiva, e la nuova crisi ha posto l’amministrazione in ambasce. E conclude: “Gli Stati Uniti non devono mai sacrificare i propri principi o cedere alle minacce cinesi. Motivo in più per prepararsi con cura per dove e quando affrontare la Cina. Purtroppo, grazie alla signora Pelosi, l’amministrazione Biden si trova invece costretta a reagire e a improvvisare”.
Al di là dello sfoggio muscolare e della retorica, il WP declina le ragioni del realismo politico, pur viziato dall’eccezionalismo americano, a fronte dei deliri di onnipotenza ai quali la Pelosi si è prestata.
P. S. Il 2 agosto ricorreva l’anniversario della nomina di Hitler a Fuhrer. Allora tanti percepirono il pericolo, ma non l’abisso che incombeva sul mondo. Ricorrenza infausta per lo scalo della Pelosi a Taiwan.
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