Il ritorno del “fronte dell’Est”: Santangelo legge la frattura tra Germania e Russia
di OSSERVATORIO GLOBALIZZAZIONE (Andrea Muratore)
Dopo averne presentato un estratto, parliamo con Salvatore Santangelo del recente saggio Fronte dell’Est, dedicato all’inevitabile rapporto storico tra la Germania e la Russia e al salto nel buio rappresentato dall’invasione russa dell’Ucraina. Buona lettura!
“Con nessun altro Stato europeo la Russia ha avuto rapporti altrettanto intensi quanto quello costruito con la Germania”, sottolinea nel saggio. In che misura il 24 febbraio apre una nuova fase?
La criminale invasione dell’Ucraina apre certamente una fase nuova, negativa e lacerante nei rapporti lungo la traiettoria Mosca-Berlino. Non a caso si torna a parlare di “Fronte dell’Est”, di “Fronte orientale” come durante le due Guerre mondiali. Proprio questa dinamica deve portarci a domandarci perché Putin abbia deciso di congelare se non di sacrificare (almeno nel breve e nel medio periodo) questa relazione privilegiata. Rispondere a questo quesito può dirci molto dei reali obiettivi dell’Operazione speciale. Inoltre faccio notare come nella più recente comunicazione del Cremlino, la Germania torna nei ranghi dei ‘cattivi’.
Geografia, geopolitica, geo-cultura: l’Europa orientale, spazio tra i russi e i tedeschi, vede la storia rimettersi in movimento. Berlino riarma, la Polonia si costituisce a bastione atlantico, i baltici e la Romania premono sulla Russia. Come la Germania può gestire questa dinamica?
Solo con una gestione accorta del “fattore tempo”, dosando le accelerazioni e le brusche frenate, alternando ferme prese di posizioni con un accorto tatticismo (almeno sul fronte più delicato: quello energetico). La Germania – assieme all’Italia – è il Paese più esposto da tutti i punti di vista, con una differenza: a Berlino lo sanno tutti – dal Cancelliere all’ultimo dei cittadini – a Roma si danza come sul ponte del Titanic prima dello scontro con l’Iceberg.
Si è parlato di un ritorno della Germania nella storia con il riarmo deciso da Scholz; in che misura, però, la “GeRussia” aveva anticipato questi trend?
Su questo tema la penso diversamente da Giulio Sapelli che assegna un ruolo storico alle Forze armate tedesche: il riarmo della Germania limita i suoi margini di manovra. Berlino funziona come potenza geoeconomica e quindi come protagonista di una dimensione poststorica, postmoderna e postidentitaria (come nella Ue o nella Globalizzazione). Solo questa Germania può osare ardite e inedite convergenze sul modello di GeRussia. Tra gli effetti del 24 febbraio, come fa giustamente notare anche lei, c’è questo aspetto che cambia totalmente le carte in tavola.
L’Europa appare schiacciata tra la Russia e Washington in un coinvolgimento bellico che gioca contro i suoi interessi. Mancando la cinghia di trasmissione Berlino-Mosca viene meno la prospettiva di una stabilità nel Vecchio Continente?
Direi che la Ue stia vivendo una profonda crisi di leadership: è solo un caso che la guerra sia scoppiata alla fine dell’era merkeliana?
Quanto manca, a tal proposito, il ruolo moderatore di Angela Merkel alla Germania?
Mi sembra che la risposta sia nella domanda, aggiungendo che la Merkel non manca solo alla Germania ma all’Europa se non all’intero Occidente. Draghi purtroppo non si è rivelato all’altezza interpretando un ruolo più atlantista che europeo. Guardo con attenzione alle prese di posizione golliste di Macron. Il quadro è in rapida evoluzione.
Da “GeRussia”, lei ha sottolineato di recente, si potrebbe passare a “GeCina”. Quanto centrano le dinamiche dell’Est coi rapporti Berlino-Pechino?
La presenza della Cina in questa realtà è paradossale, discreta e pervasiva. I numeri della bilancia commerciale tra Ue e Pechino (nella fase geopandemica) ci dicono che GeCina (sinonimo di una nuova globalizzazione post USA) già esiste, ma non sappiamo se si tratta di un esito effimero (qualora Pechino faccia una scelta post globale che si misurerà soprattutto sul dossier Taiwan) oppure duraturo.
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