Redazione:
Nicoletta Forcheri è un’ottima analista, sottovalutata dal web secondo noi. Chiaro, il suo carattere arcigno e la difesa di ciò in cui crede rischiano di farla passare per iper-realista. In realtà si tratta sempicemente di persona di buon senso ed assai arguta.
Come ben sapete lamentiamo da tempo immemore l’antimeritocrazia italica, che è prima di tutto intellettuale. Ossia che tende a negare in primis a livello micro i meriti di chi, per sua fortuna o sfortuna, sa analizzare meglio della media degli astanti gli eventi che viviamo.
Nicoletta potrebbe davvero essere un caso scuola, nel contesto.
E’ con piacere dunque che vi proponiamo la sua analisi sull’aggiornamento dello Statuto della Banca d’Italia, un dilemma per molti.
E’ infatti sconosciuto il driver che ha portato il governo di Mario Draghi a promuovere tale cambiamento di Statuto ecc., di cui ai mesi scorsi, uno dei suoi ultimi atti governativi.
Di seguito, l’analisi di Nicoletta, stimata amica del nostro sito, che per altro collabora con la nostra Redazione in vari ambiti (…).
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Banca d’Italia, il nuovo statuto e chiarimenti
di Nicoletta Forcheri, al LINK
Circola una notizia nel profondo web che Draghi sarebbe un salvatore della patria perché tra le tante cose avrebbe modificato lo statuto di Banca d’Italia in senso patriottico e sovranista.
A parte che la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico, che non vuol dire niente a partire dal momento in cui si ri-sottolinea nel nuovo statuto la sua indipendenza rispetto a organismi pubblici e privati, per l’indipendenza delle sue decisioni e che il suo capitale è partecipato da colossi privati molti dei quali stranieri.
Ora, è stato aumentato il limite di possesso delle quote dal 3% al 5% di un capitale già aumentato da 156000 euro a 7,5 miliardi, nel 2014: ciò significa maggiori dividendi per i partecipanti privati alla compagine societaria di Banca d’Italia. Il solito regalo alle banche di cui Draghi è specialista.
Comparando lo statuto del 2022 con quello del 2006, si constata che è sparito l’ultimo comma dell’articolo 1, laddove si accorda alla Banca d’Italia la facoltà di emettere banconote. La sua scomparsa sarebbe in senso sovranista?
I diritti patrimoniali per i partecipanti sono aumentati dal 4% al 6% degli utili netti totali: sempre un aumento agli istituti pubblici ma soprattutto privati che partecipano nel suo capitale e il limite di partecipazione per ognuno è passato dal 3% al 5%. Non proprio uno schiaffo in faccia alle grosse banche e ai fondi che partecipano nella mangiatoia Italia.
Nella nostra Banca centrale si è andata palesando negli anni, con le privatizzazioni delle banche, un’evidente anomalia, quella della partecipazione al suo (nostro?) capitale, di banche estere, che hanno la sede legale e l’amministrazione centrale all’estero, contrariamente all’obbligo evidenziato in tutte le versioni dello statuto, di averle in Italia.
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Eppure banche come Banca nazionale del Lavoro o Crédit agricole partecipano al suo capitale: la BNL si è fusa per incorporazione in BNP Paribas, ha vergognosamente la sede in Francia ed è spudoratamente partecipata addirittura dai governi Belga e Lussemburghese, mentre Crédit Agricole che ha arrogantemente fatto shopping in Italia (Cariparma, Friouladria, Cassa di Risparmio di La Spezia, Cassa di Risparmio di Rimini, Cassa di Risparmio di Cesenatico, Cassa di Risparmio di San Miniato, Credito Valtellinese) è diretta e controllata da CA Sa con sede legale e amministrazione centrale in Francia nonostante il “rebranding” di Crédit Agricole Italia Spa fatto per far credere che la sede sia in Italia, e anche gli utili.
Questa anomalia entrava in contrasto con lo statuto, ma nell’ultima o nella penultima versione la modifica è corsa incontro ai desiderata dei grossi gruppi: all’articolo 4, comma 3, si prevede che oltre alle quote dirette ci siano quelle indirette, possedute per interposta persona, società fiduciaria o controllata. Un gran regalo alle banche dealer. Draghi ha fatto qualcosa, non mi risulta, anzi. Ci sguazza.
Scompare la girata come metodo di passaggio delle quote per lasciar posto alla dematerializzazione: premessa lugubre per il passaggio all’euro digitale CBDC che predispone un tipo di moneta che per i criteri italici ha il sapore di una catena e basta: non girabile, non al portatore ma personale, non universale ma settoriale, non a durata illimitata ma a scadenza. In cambio di tutti i nostri dati biometrici, che significa controllo totale e ricatto, con l’aiuto dei fondi del PNRR che stanzia 40,32 Mld per la digitalizzazione e 59.47 Mld per la trandizione ecologica. Non certo a fondo perduto ma a “strozzo” come diceva la Meloni fino a poco tempo fa. Grazie a Draghi.
Digitalizzazione iniziata prima con il green pass, violazione dei diritti inviolabili dell’uomo e dell’habeas corpus, da cui non mi risulta che Draghi si sia smarcato. Anzi. E digitalizzazione di cui adesso subiamo i nefastissimi effetti: è da pochi giorni che nelle mie zone hanno sigillato i cassonetti sebbene abbiamo pagato la TARI, in cambio chiedono di ritirare un codice QR per riaprirli, nel frattempo pensi di firmare una ricevuta ma firmi un consenso non libero e non informato. Effetto dei milioni del PNRR di cui Draghi è tanto fiero, caduti a pioggia sulle municipalizzate e gli enti amministrativi per incatenarci tutti alla blockchain. Green pass docet. E che dovremo, oltre ai danni le beffe, rimborsare.
Banca d’Italia ha anche preso atto della fuoriuscita della Gran Bretagna dall’UE per approfittarne e revocare l’adesione al sistema di trasferimenti titoli Crest UK gestito da Euroclear e Clearstream.
E’ vero. E’ una buona cosa.
Ma tale atto bisogna verificare se sia stato effettuato dalle banche centrali degli altri Stati membri, in tal caso costituirebbe la premessa di altra adesione, ad altro circuito internazionale, americano o quant’altro, per il passaggio alla moneta digitale previsto in Italia e in UE prossimamente, e di cui l’Italia costituisce il pomo della contesa tra i vari poteri geopolitici che si stanno contendendo la torta, tra cui spiccano i gafam – google, amazon, facebook, msn, apple, – con Visa Inc e Mastercard, e tutti i loro fondi proprietari a cominciare da Blackrock, Vanguard, State Street, Norges Bank e pochi altri.
Sparisce l’articolo 37 che se ho capito bene permetteva alla Banca d’Italia di operare in salvaguardia un’attività di pegno che mirava “di pieno diritto a garantire, con l’intero loro valore, anche qualsiasi altro credito diretto ed indiretto della Banca stessa, pur se non liquido ed esigibile”. A me sembra una possibilità diminuita di creazione creditizia. Poi magari mi sbaglio.
Infine si attribuiscono i pieni poteri alle società di revisione con l’aggiunta di un articolo 42, che ne ribadisce l’importanza e la centralità, di queste multinazionali Pricewaterhouse, KPGM e Deloitte, manco ci fosse bisogno di sottolinearne l’importanza, visto che sono loro che dettano le regole del gioco, essendo multinazionali colossali partecipate dagli stessi fondi di investimento ovunque presenti nella nostra Banca d’Italia,.
Il capitale della banca d’Italia di chi è? La questione della proprietà del capitale di Banca d’Italia è rimasta nel limbo da quando non si fece niente della “Legge sul risparmio” del 2005 che prevedeva, tra l’altro, il passaggio, sensato, del capitale sociale della Banca allo Stato. Attualmente si dice che il capitale non appartiene ai partecipanti della Banca anche se per definizione una persona partecipante al capitale di un’azienda ne è comproprietaria per quella quota, conferendole i diritti patrimoniali che ne conseguono, anche nel caso di Banca d’Italia, visto che ricevono dei dividendi. E’ puro bipensiero orwelliano.
Si dice ipocritamente che il capitale non appartenga ai partecipanti ma non si dice neanche chiaramente che appartenga allo Stato. Quindi apparterrebbe alla Banca, istituto di diritto pubblico, ahahah, rido, e NON allo Stato e pertanto NON a noi, però ci rassicurano, neanche ai partecipanti. Ci prendono per cretini? Si. Oppure si arrampicano sugli specchi. O ambedue le cose.
Dopo questo aumento di capitale poi, figuriamoci, la cosa diventerà sempre più evidente.
In una Banca partecipata per la maggior parte da azionisti come Blackrock, Norges Bank o altri colossi finanziari, come volete che un paese come l’Italia si affranchi dalle grinfie in cui è messa e, sanguinolenta, sta rendendo l’anima, non certo con la modifica del suo statuto di quest’anno che qualcuno attribuisce a Draghi, ma in tal caso sarebbe proprio un criterio peggiorativo di giudizio, non certo migliorativo.
In questa babele comunicativa è, sinceramente, stancante e irritante ogni volta dovere sottolineare l’ovvio.
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