NYT: aiutare l’Ucraina non vale il rischio di una guerra mondiale
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
“L’Ucraina, con l’aiuto dell’Occidente, ha sostenuto una strenua difesa della sua sovranità. Ma il rischio di una guerra più ampia tra NATO e Russia aumenta di giorno in giorno, così come il rischio che il contraccolpo economico di una guerra prolungata possa minare la democrazia occidentale. È tempo che gli Stati Uniti e i loro alleati siano coinvolti direttamente nella definizione degli obiettivi strategici dell’Ucraina, nella gestione del conflitto e nella ricerca di una conclusione diplomatica”. Così Charles Kupchan sul New York Times.
Aiutare l’Ucraina, ma…
Il professore della Georgetown University spiega che la crisi ucraina, oltre alla mattanza sul campo di battaglia e ai rischi di escalation, sta intossicando l’Occidente, dove le restrizioni e la polarizzazione socio-politica possono creare ondate di caos.
Quindi dopo aver scritto che gli Stati Uniti hanno avuto ragione a moderare il proprio sostegno a Kiev, evitando lo scontro diretto con la Russia, aggiunge che “con l’escalation del conflitto, una prudente prevenzione della guerra tra NATO e Russia richiede un passo successivo: il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nella pianificazione operativa dell’Ucraina”.
Kupchan ricorda come alcune iniziative di Kiev – dall’attentato a Darja Dugina a quello al ponte di Kerch fino all’attacco del porto di Sebastopoli – abbiano suscitato reazioni negative negli Usa perché foriere di escalation, commentando che “gli obiettivi dell’Ucraina sono moralmente e legalmente giustificati, ma potrebbero non essere prudenti”.
Ciò anche perché ormai per la Russia si tratta di un “conflitto esistenziale”, per cui tali iniziative hanno solo portato un ingaggio sempre più deciso di Mosca. E osserva: “I successi sul campo di battaglia dell’Ucraina potrebbero arrivare troppo oltre. Se la difesa dell’Ucraina non vale gli stivali statunitensi sul campo, anche il ritorno di tutto il Donbass e della Crimea sotto il controllo ucraino non vale il rischio di una nuova guerra mondiale“.
Una scommessa non necessaria
E se la guerra, secondo il professore, ha già avuto come esito una “sconfitta strategica decisiva” di Mosca, inducendo l’Occidente nella tentazione di “di sconfiggere la Russia e ripristinare la piena integrità territoriale dell’Ucraina”, resta che “spingere per la sconfitta totale della Russia è una scommessa non necessaria“.
“Prima o poi l’Occidente capirà che occorre strappare l’Ucraina e la Russia dal campo di battaglia per portarli al tavolo dei negoziati, mediando uno sforzo diplomatico per chiudere la guerra e arrivare a un accordo territoriale”.
“Un ipotetico accordo tra Russia e Ucraina dovrebbe basarsi su due elementi fondamentali. In primo luogo, l’Ucraina dovrebbe lasciar cadere la sua richiesta di adesione alla NATO, un obiettivo che da anni provoca una forte opposizione russa. La Russia ha legittime preoccupazioni per la sicurezza riguardo all’apertura di un hub della NATO a ridosso del confine ucraino che misura oltre 1.000 miglia. La NATO può essere un’alleanza difensiva, ma ha una potenza militare aggregata che Mosca, comprensibilmente, non vuole che sia posta nei pressi del suo territorio”.
“Inoltre, entrambe le parti dovrebbero scendere a un compromesso: Mosca deve abbandonare la sua intenzione, annunciata di recente, di annettere una fetta importante dell’Ucraina orientale e Kiev dovrebbe accontentarsi di tale risultato, dal momento che [il prolungamento della guerra] potrebbe portare a ben altro che alla riconquista di tutto il suo territorio“.
“Aiutare l’Ucraina a difendersi giustifica uno sforzo abbastanza significativo – conclude Kupchan – ma non quello di innescare la terza guerra mondiale o di provocare il collasso della democrazia occidentale”.
L’inverno alle porte
Analisi lucida, anche se un po’ viziata dal trionfalismo (ormai obbligato) riguardo le magnifiche sorti e progressive dello sforzo bellico ucraino, corretto solo nel passaggio che abbiamo segnalato in neretto, che indica come anche Kupchan sappia che i russi potrebbero vincere questa guerra.
Lo denota anche quanto sta avvenendo sul campo di battaglia: un mese fa i media riferivano trionfanti i grandi successi dell’Ucraina, la cui avanzata verso la riconquista del territorio era data ormai come inarrestabile in parallelo alla degradazione delle forze nemiche, destinate alla polvere.
Si è visto come non solo i russi abbiano bloccato la controffensiva, ma abbiano anche ripreso il controllo di alcune posizioni perdute, in attesa dell’inverno, quando, grazie al terreno più solito e alle forze nuove date dal recente reclutamento, potrebbero lanciare un’offensiva su larga scala dagli esiti infausti per Kiev.
Ma al di là del particolare, pure non trascurabile, la nota del Nyt resta significativa anche perché è uno dei tanti indizi di una possibile moderazione del conflitto dopo le midterm. Lo segnala, ad esempio, la rivelazione di quanto avvenuto nel giugno scorso – ma trapelato ora con tempismo non casuale – quando Biden si è irritato con Zelensky durante una conversazione telefonica a causa delle pretese eccessive avanzate dal suo interlocutore.
Lo scontro Mosca – Londra
E per evitare una possibile svolta del conflitto, in parallelo, scorrono le provocazioni a rischio di escalation. Sul punto è interessante notare che Mosca negli ultimi tempi ha messo nel mirino Londra, accusata esplicitamente di aver sabotato il Nord Stream 2 (avrebbe “prove” in proposito) e di aver coordinato l’attacco alla flotta russa a Sebastopoli.
Le reprimenda del Cremlino hanno raggiunto il picco con la richiesta di spiegazioni per un asserito Sms di Liz Truss, rivelato da un hacker finlandese, nel quale, subito dopo il sabotaggio del gasdotto russo, la svalvolata politica britannica avrebbe scritto a Blinken “È fatta”. Vero o falso che sia, attraverso la pubblica richiesta di spiegazioni Mosca segnala che non è disposta a tollerare ulteriormente le indebite ingerenze britanniche.
Mosca sa che la Gran Bretagna ancora più degli Stati Uniti è interessata a incrementare il conflitto, per interessi che potrebbero non coincidere con quelli dell’alleato. Anzitutto quello di far collassare l’Europa fino a renderla irrilevante a livello globale, sviluppo che consentirebbe a Londra, marginalizzata a seguito della Brexit, di rilanciare il suo ruolo internazionale.
Mosca sta cercando di dare una calmata all’attivismo britannico – che si coordina con quello dei falchi Usa, i quali allarmano ossessivamente sul pericolo dell’atomica russa – e potrebbe aver raggiunto un qualche risultato, data la notizia che l’ambasciatore britannico si è recato per colloqui presso il ministero della Difesa russo.
Tante le ombre che gravano sul pianeta e poche le luci. Una temperie che vede il ritorno nell’agone internazionale del nuovo messia d’Israele. Con la vittoria alle elezioni, Netanyahu si è ripreso lo scettro che gli era stato sottratto (ci torneremo) immettendo una variabile nuova in un mondo impazzito.
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