Necessaria ma non sufficiente
di GILBERTO TROMBETTA
Bisogna essere chiari: l’uscita dall’Unione Europea e dall’Eurozona è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Necessaria se si vuole attuare un programma che rimetta al centro i diritti sanciti dalla Costituzione, primo tra tutti il lavoro. Necessaria se si vuole ricostruire uno Stato sociale smontato pezzo per pezzo in più di 30 anni di politiche (neo/ordo)liberiste. Necessaria se si vuole aiutare i quasi 15 milioni di italiani tra disoccupati e inattivi e che vivono in condizioni di povertà (assoluta or elativa). Necessaria se si vuole garantire un futuro in Patria ai nostri giovani, oggi costretti a fuggire all’estero.
La UE è un morto che cammina. Si vede da quello che è accaduto in occasione della gestione del Covid, con i Paesi membri che ci rubavano attrezzature mediche e sanitarie. Si vede con le autolesioniste sanzioni alla Russia imposte da Washington per i loro sporchi interessi. Una condizione necessaria, quindi, ma non sufficiente. Perché, e su questo si deve essere chiari, l’uscITA è la precondizione per tornare a perseguire i diritti sanciti nella Costituzione del 1948, ma da sola non è in grado di garantire alcunché.
Serve l’ascesa e la crescita di almeno una realtà politica (magari formata da più realtà) davvero sovranista. Cioè socialista e costituzionale. Perché con i Governi precedenti e con quello attuale, fuori dalla UE si avrebbe la prosecuzione con altri mezzi delle stesse politiche perseguite dentro l’Unione Europea: detassazione per i più ricchi, un po’ di assistenzialismo (a volte lato imprese, a volte lato lavoratori) buono solo per comprimere ulteriormente i salari, nessuna nazionalizzazione (che fine hanno fatto Autostrade e Ilva?) e tanta, troppa retorica altreuropeista.
Non ci si faccia però illusioni, di poter parlare di sovranismo senza nominarlo, di voler attuare un programma possibile solo fuori dalla UE senza dirlo. Servono chiarezza e fermezza. E capacità di lavorare sul lungo periodo. Soprattutto, serve una nuova classe politica dotata di visione e lungimiranza. Una classe politica disposta e in grado a mettere da parte personalismi e particolarismi per un bene comune superiore. Una classe politica che – come i padri costituenti – abbia chiaro quello che vorremmo fosse il Paese in cui viviamo. Non oggi, non domani. Ma in un futuro prossimo, tutto ancora da costruire.
«Nella Costituzione abbiamo scritto, nel primo articolo: “L’Italia è una Repubblica democratica” – spiegava Lelio Basso in un suo celebre discorso a braccio – poi abbiamo aggiunto quelle parole forse sovrabbondanti “fondata sul lavoro”; e poi abbiamo ancora affermato il concetto che la “sovranità appartiene al popolo”. Sembra una frase di stile e non lo è. Le costituzioni in genere hanno sempre detto “la sovranità emana dal popolo” “risiede nel popolo”; ma un’affermazione così rigorosa, come “la sovranità appartiene al popolo che la esercita” era una novità arditissima. Contro la concezione tedesca della “sovranità statale”, di quella francese della “sovranità nazionale”, noi abbiamo affermato la “sovranità popolare” quindi democratica. A questo tipo di sovranità io tengo».
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