Germania e Iraq, Cina e Afghanistan: uniscono le “energie”
di DIFESA ONLINE (Antonino Lombardi)
Lo scorso venerdì, in un incontro tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz ed il primo ministro iracheno Mohammed Shia’ Al Sudani, si è discusso sulla possibilità di avviare un’intesa in campo energetico. La Germania, per evitare la dipendenza da singoli fornitori e per sostituire le importazioni dalla Russia, si sta rivolgendo all’Iraq per assicurarsi combustibili fossili indispensabili, in particolare, per la propria industria1.
Al Sudani ha riferito che uno sfruttamento migliore delle risorse del suo Paese potrebbe avere un impatto molto più consistente sull’economia locale. Le aziende germaniche, inoltre, potrebbero favorire il contenimento del c.d. gas flaring ovvero lo spreco di risorse che si verifica quando il gas in eccesso viene bruciato durante la produzione di petrolio.
L’incontro tra i due capi di stato è arrivato in concomitanza con un accordo tra il paese mediorientale e la società tedesca Siemens Energy che prevede un ammodernamento della rete elettrica irachena.
L’Iraq vuole contribuire a soddisfare il fabbisogno energetico globale e allo stesso tempo stimolare la sua economia interna, ha affermato Al Sudani, aggiungendo che le forniture di gas all’Europa potrebbero essere effettuate attraverso la Turchia.
La cinese Xinjiang Central Asia Petroleum and Gas (CAPEIC), invece, ha sottoscritto un contratto con l’amministrazione afghana per la produzione di petrolio dal bacino dell’ Amu Darya in un area compresa tra le province di Jawzjan, Sar-e-Pul e Faryab.
Il vice primo ministro degli affari economici talebani, Abdul Ghani Baradar, ha affermato che l’accordo “rafforzerà l’economia dell’Afghanistan e aumenterà il suo livello di indipendenza petrolifera”.2
Gli afghani dichiarano che il colosso cinese investirà 150 milioni di dollari all’anno per 25 anni e l’amministrazione talebana guadagnerà royalty del 15%.
Non è il primo accordo del genere. Già nel 2012 la compagnia statale cinese National Petroleum Corp (CNPC) firmò un contratto con il precedente governo afghano per estrarre petrolio sempre nel bacino dell’Amu Darya.
Intanto, in Norvegia, il ministero del Petrolio e dell’Energia ha assegnato 47 nuove licenze di esplorazione offshore di petrolio e gas a 25 compagnie petrolifere.
Il ministro Terje Aasland ha dichiarato: “l’assegnazione annuale dell’area di esplorazione è un pilastro nel facilitare un livello stabile di attività sulla piattaforma continentale norvegese e nel raggiungere i principali obiettivi della politica petrolifera del governo. Il settore petrolifero è un’industria altamente produttiva che contribuisce a grandi entrate, creazione di valore e occupazione. L’assegnazione dell’area di oggi è anche un importante contributo per garantire che la Norvegia rimanga un fornitore sicuro e prevedibile di petrolio e gas per l’Europa”.3
La Scozia, dal canto suo, con una nuova strategia energetica, cerca di mettere in atto una transizione più rapida possibile dall’estrazione del petrolio e del gas. Ciò aumenterebbe l’occupazione nel settore e l’esportazione di energia rinnovabile oltre a ridurre le eventuali oscillazioni del mercato energetico globale. Il segretario Michel Matheson ha dichiarato: “in un momento di incertezza senza precedenti nel nostro settore energetico, accelerare la transizione verso la costruzione di una centrale elettrica rinnovabile ha senso per una serie di motivi, in particolare per contribuire a mitigare la futura volatilità del mercato globale e gli alti prezzi dell’energia”.4
Nel nostro Paese Litasco SA, società internazionale di marketing e trading di Lukoil, ha stabilito un accordo per cedere la raffineria ISAB, situata vicino Siracusa, al gruppo cipriota G.O.I. Energy. L’intera operazione, soggetta a determinate condizioni, tra cui il ricevimento delle necessarie approvazioni da parte delle autorità, in particolare del governo italiano, dovrebbe concludersi il prossimo marzo.
1 reuters
2 bloomberg
3www.regjeringen.no
4www.gov.scot
Foto: Federal Government/Bergmann
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