DAL LIBERISMO AL CAPITALISMO DIRIGISTA E STATALISTA
di STEFANO D’ANDREA
Siamo entrati in una fase di economia dirigistica e protezionistica.
Ma questa fase è soltanto iniziata. Diciamo, per semplificare, che siamo nei primi anni trenta.
Statalismo dirigismo e protezionismo, tuttavia, non significano politiche di piena occupazione e socialità, ossia socialismo democratico.
In Italia, a causa del dominio delle idee einaudiane, ci vollero una trentina d’anni di statalismo, dirigismo e protezionismo temperato, per passare alla fase delle politiche di piena occupazione (anch’esse caratterizzate necessariamente dal protezionismo temperato). Altrove, in Europa e negli Stati Uniti, ce ne vollero un po’ meno e comunque ci volle anche una guerra mondiale.
Non abbiamo ragione di prevedere che questa volta il ciclo statalista-dirigista e protezionista, funzionale a sorreggere il potere del grande capitale, duri meno tempo.
Potrebbero servire venti o trenta anni, soprattutto se non ci sarà la guerra mondiale, e poi in Europa c’è di mezzo l’Unione Europea, che davvero non sa che pesci prendere: per esempio, come rispondere al piano industriale green statunitense, il più grande piano dirigista occidentale mai concepito (la cosa importante è il piano, non il green)? con gli aiuti di Stato al livello europeo non si può; con gli aiuti al livello statale è la fine dell’Unione; senza aiuti significa deindustrializzarsi a favore degli Stati Uniti, perché innumerevoli imprese andranno negli Stati Uniti, oppure significa protezionismo difensivo contro gli Stati Uniti.
E tuttavia, nonostante il rischio della guerra mondiale, e nella consapevolezza che il ritorno di generalizzate politiche di piena occupazione richiederà un paio di decenni, e implica la disintegrazione dell’Unione Europea, ogni sincero socialista democratico, oggi, può e deve gioire.
Una fase storica è alle spalle e la fase che desideriamo implica, logicamente e storicamente, la fase intermedia del dirigismo-statalismo-protezionismo nella quale siamo appena entrati.
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