Per quanto se ne parli e se ne scriva quasi ogni giorno, non è facilissimo sintetizzare in una sola cifra l’aiuto militare di Usa ed Europa all’Ucraina. Il Kiel Institute for the World Economy, che ne tiene traccia, ci dice che gli Usa, fino al 15 gennaio scorso, hanno offerto 73,1 miliardi di dollari di aiuti, e l’Unione Europea 54,9. Bisogna però distinguere ciò che è (o va in) armi, e non è aiuto finanziario o umanitario. Nel mese di dicembre 2022, per esempio, dei 40 miliardi di aiuti complessivamente stanziati, 23 erano per armamenti. Nei dodici mesi del 2022, solo in febbraio, maggio e novembre la somma degli aiuti finanziari e umanitari è stata superiore, per importo, agli aiuti militari. Mirko Mussetti, grande esperto di questioni dell’Europa dell’Est e attento osservatore delle questioni militari legate alla guerra in corso, ci aiuta a decrittare le sfumature strategiche e politiche del problema. E ci parla della “questione uomini”.

Intanto: quali sono i Paesi che più contribuiscono alla difesa dell’Ucraina?

“Il primo sono sicuramente gli Stati Uniti, seguiti da Regno Unito e Polonia. E però guardiamo alla proporzione tra il bilancio nazionale e l’aiuto fornito, in testa ci sono le tre Repubbliche baltiche, ovvero Estonia, Lituania e Lettonia. E questo già ci dice qualcosa: si tratta dei Paesi che anche prima dell’invasione russa del 24 febbraio 2022, erano i più intransigenti verso la postura del Cremlino”.

Da alcuni mesi i russi, che sembravano in grande difficoltà, hanno ripreso l’iniziativa sul campo di battaglia. Che cosa sta succedendo?

“L’Ucraina ora soffre di due problemi. Il primo è quello umano. Per tutto il 2022, il Paese ha resistito all’attacco russo perché aveva reparti di veterani, ben addestrati (anche dagli istruttori Nato) negli anni tra il 2014 e il 2022, quelli di cui l’Ucraina ha approfittato, come ci hanno detto anche Angela Merkel, Francois Hollande e Petro Poroshenko, per riorganizzare l’esercito e comprare armi. Uomini che sapevano combattere ed erano anche molto motivati, perché già militari di carriera oppure perché animati da forte spirito nazionalista. Ora in Ucraina ci sono continue mobilitazioni e la previsione di vita, in certe aree come Bakhmut, è di pochi giorni per i soldati poco addestrati. In più, si tratta di convincere molti altri uomini ad andare a combattere, magari un ungherese della Transcapartia o un rumeno della Bucovina ai quali del lontano Donbass importa poco o nulla. Per questo gli occidentali, e soprattutto gli americani, dicono a Kiev: abbandonate Bakhmut, salvate gli uomini che serviranno in futuro”.

A questo il presidente Zelens’kyi e i suoi rispondono: dobbiamo resistere per bloccare i russi finché non arrivano le nuove armi dall’Occidente…

“E questo è il secondo problema. Gli armamenti di origine sovietica e di produzione russa in dotazione alle forze armate ucraine sono in via di esaurimento. Un esempio: i russi usano molto i droni Geran 2. Sono lenti, rumorosi, facilmente intercettabili. Però costano poco. Usati in modo massiccio, costringono gli ucraini a spendere molte munizioni delle batterie sovietiche S-300 prodotte in Russia. L’Ucraina non può produrre le armi di cui avrebbe bisogno. Quindi dobbiamo mandare noi le munizioni. Però le nostre, per esempio i proiettili calibro 155, importantissime, non possono essere usate con le armi sovietiche. Quindi dobbiamo mandare anche i sistemi d’arma e insegnare agli uomini ucraini a usarli”.

Ha fatto molto parlare la questione dei carri armati, con polemiche anche tra gli alleati occidentali. Perché?

“C’è una questione strategica e una politica. Quella strategica sta nel fatto che la guerra, negli ultimi mesi, si è trasformata in una guerra d’attrito, e questo avvantaggia molto la Russia, che ha più mezzi e più uomini da impiegare. Ma con l’arrivo sul campo di battaglia dei carri armati, cioè di mezzi di movimento, la guerra potrebbe tornare a essere mobile, e questo alimenta le speranze degli ucraini per una controffensiva che, mirata magari verso Melitopol’ e Berdyansk, potrebbe consentire di spezzare il corridoio terrestre che lega la Russia alla Crimea”.

Si sente un “però”, nel tuo ragionamento.

Arriveranno i Leopard 2 tedeschi e i Challenger 2 britannici, però non sembra in una quantità tale da determinare le sorti del conflitto. Dovrebbero arrivare anche gli Abrams americani, perché la Germania aveva preteso dagli Usa questo impegno prima di concedere i suoi Leopard e di permettere agli altri Paesi che ne hanno di mandarli in Ucraina. Però gli americani non consegnano carri presi dai propri magazzini, perché hanno paura che la tecnologia sensibile di cui sono equipaggiati possa finire nelle mani dei russi. Quindi li costruiscono apposta. Ma ci vuole molto tempo e poi saranno tank con apposite limitazioni, quindi meno performanti”.

E la questione politica?

Il Paese che più ha insistito per consegnare i propri Leopard all’Ucraina, chiedendo la licenza di esportazione alla Germania, è stata la Polonia. Per una ragione precisa: Varsavia vuole pian piano sostituire tutti i Leopard di cui dispone con gli Abrams americani, per non dipendere più dalle condizioni, dalle munizioni, dai pezzi di ricambio e dalla manutenzione tedeschi. È un altro colpo alla Germania, che anche in questo settore perde quote di mercato”.

Ora il Regno Unito ha deciso di fornire all’Ucraina i proiettili all’uranio impoverito. Come giudicare questa mossa?

“Una vigliaccata. Tutti sanno che questi proiettili hanno effetti cancerogeni e favoriscono le leucemie, e noi italiani, che abbiamo avuto tanti soldati ammalati dopo il Kosovo, dovremmo saperlo bene. Si minimizza, dicendo che i proiettili DU (Depleted Uranium) non sono banditi da alcuna convenzione internazionale. Ma il problema è: come potrebbe rispondere la Russia, che ne è ugualmente dotata, a questa mossa? Se questo munizionamento diventasse di uso frequente al fronte, ad andarci di mezzo sarebbero soprattutto gli ucraini. I militari e più ancora i civili, che a guerra finita dovranno comunque vivere in territori contaminati. E poi c’è l’economia. Chi mangerebbe un piatto di spaghetti fatti con grano di campi ucraini colpiti dall’uranio impoverito? L’idea britannica è orribile anche perché i proiettili a uranio impoverito vengono prodotti riciclando l’uranio già sfruttato dalle centrali nucleari, quindi uranio che non è più utile per gli usi civili ma che non sai come smaltire, perché nessuno te lo stocca gratis. Viene quindi bene sparpagliarlo per il mondo sotto forma di proiettili”.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 2 aprile 2023