Sara Reginella: «Armi della Nato usate per bombardare la popolazione civile»
di DIARIO DEL WEB (Fabrizio Corgnati)
Sara Reginella, psicologa e filmmaker, testimonia al DiariodelWeb.it ciò a cui ha assistito quest’estate nel corso della sua visita più recente ai territori del conflitto
La prospettiva della guerra in Ucraina che la dottoressa Sara Reginella è in grado di spalancarci in quest’intervista ai microfoni del DiariodelWeb.it è per molti versi unica. Non solo è una scrittrice e filmmaker, che dal 2015 realizza documentari e reportage dai territori del conflitto (è del 2018 il suo Start Up a War, mentre a breve uscirà il suo ultimo lavoro Il fronte degli invisibili). Ma, dalla sua posizione privilegiata di psicologa clinica e psicoterapeuta, può anche affiancare alle riflessioni sulle dinamiche geopolitiche quelle relazionali. Che dimostrano come quello tra Putin e Zelensky sia nato in modo non molto diverso da tanti scontri che viviamo nel nostro quotidiano.
Dottoressa Sara Reginella, come si è avvicinata all’analisi del conflitto tra Russia e Ucraina?
Io iniziai a seguire questa vicenda dall’inizio e sono stata più volte sul posto: l’ultima, la quarta quest’estate. Sono partita nel mio ruolo di psicoterapeuta, avendo già dei contatti sul posto, sia con la clinica psichiatrica di Donetsk, sia con l’università di Psicologia di Rostov sul Don.
A un certo punto ha imbracciato la telecamera.
Mi sono ritrovata a girare delle riprese sul campo, scegliendo di adottare proprio la prospettiva della psicologia. Per dare a tutti degli strumenti per leggere quei conflitti che hanno una caratteristica comune: sono causati da un’ingerenza esterna.
In questo caso qual è l’ingerenza?
Il cambio di governo a Maidan. Da noi hanno raccontato che queste persone erano scese in strada per protestare per un mondo migliore. Questo è sicuramente avvenuto ed è anche giusto e comprensibile.
E qual è allora la versione che invece non viene raccontata?
Che nella piazza principale di Kiev c’erano politici occidentali che istigavano il popolo contro un governo legittimamente eletto. Un po’ come se oggi Putin venisse a Roma e spingesse il popolo italiano alla rivoluzione. Questa è un’ingerenza inammissibile.
Quali sono state le conseguenza di tale ingerenza?
Una parte del popolo ucraino non era d’accordo contro questo golpe e di conseguenza la parte orientale, il Donbass, si è auto-proclamata indipendente. L’Ucraina, per garantire la sua integrità territoriale, ha cominciato a bombardarlo e da lì è nato il conflitto. Ben nove anni fa.
Qual è la lettura di questo fenomeno che può dare una psicologa?
Questi conflitti generati da un’ingerenza esterna li troviamo spesso nei sistemi relazionali. Pensiamo al sistema tipo, quello familiare: quante volte troviamo magari un genitore che cerca di portare il figlio dalla sua parte, coalizzandolo contro l’altro genitore. Questo meccanismo crea dolore, divisione, sofferenza.
Proprio come è successo all’Ucraina.
Che si è sentita contesa tra la Russia e l’Occidente. Per stare bene avrebbe avuto il diritto di mantenere buoni rapporti con entrambe le parti. Ma quando arriva qualcuno dall’esterno che dice: «Io sono migliore, stai solo con me», ecco che scoppia il conflitto.
Questa è la genesi della guerra. Ma che cosa ci può insegnare la psicologia riguardo la ricerca della pace?
La pace deve nascere prima di tutto dentro di noi. E non viene calata dal cielo, ma si costruisce giorno dopo giorno. Affinché ciò accada, dobbiamo prima di tutto comprendere i meccanismi che la distruggono.
Cioè per arrivare alla pace dobbiamo capire come si è giunti alla guerra?
Non tutti hanno compreso quello che è realmente accaduto. Questo documentario è proprio un tentativo di portare in superficie i fatti occultati dai media mainstream, che descrivono la guerra come un processo innescato solo un anno fa, minimizzando la gravità e la portata di quanto avvenuto prima.
Qual è la ragione di questa narrazione?
Certamente non è casuale. C’è un chiaro tentativo di manipolare l’opinione pubblica, di alimentare il feroce odio russofobico nelle persone, distorcendo e mistificando la realtà od omettendo quelle informazioni utili a capire. Si spinge sulla sfera emotiva anziché su quella relazionale.
La posizione dell’Occidente è che Putin è l’invasore e quindi con lui non si può discutere.
L’invasione, in realtà, c’è stata nove anni fa. Per me tutto è iniziato in quel momento. Se si continua a non voler dialogare con la Federazione russa, si finirà per distruggere definitivamente non solo l’Ucraina, ma anche l’Europa. Il rischio è che il conflitto si allarghi non solo in termini bellici ma, come sta già accadendo, con i suoi effetti economici negativi.
Su questa reazione a catena non si possono attribuire tutte le responsabilità alla Russia.
La responsabilità è dei nostri governanti, in primis, che accettano i diktat che arrivano da fuori. Noi abbiamo sulla coscienza molte morti, perché le armi fornite dalla Nato vengono utilizzate per ammazzare la popolazione.
Questo è ciò che ha visto con i suoi occhi?
Quest’estate sono stata a Donetsk e posso testimoniare che, in modo ancor più feroce degli anni scorsi, vengono quotidianamente bombardati obiettivi civili: ospedali, abitazioni, piazze. Non sono incidenti: la strategia precisa è quella di vuole terrorizzare la popolazione affinché se ne vada da lì. E nei territori sotto il controllo russo a sparare è l’Ucraina, non sono certamente i russi che si ammazzano da soli.
Ci racconta fatti molto gravi.
Noi stiamo sostenendo una politica criminale, i nostri governi sono colpevoli di quanto sta accadendo. E l’alleato inglese invia anche armi all’uranio impoverito, dei cui effetti sulla popolazione non si parla mai abbastanza. In Serbia le ricerche mostrano altissimi tassi di insorgenza di tumori.
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