Il Senegal è in fiamme: rivolte in tutte le città
da L’INDIPENDENTE (Giorgia Audiello)
Violente proteste stanno scuotendo il Senegal dopo che il principale esponente dell’opposizione, Ousmane Sonko, è stato condannato a due anni di reclusione – lo scorso primo giugno – per “corruzione di minori” senza condizionale. Dalla spiccata tempra carismatica, il fondatore del partito di sinistra “Africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità” (PASTEF) si era posizionato terzo alle elezioni del 2019 ed è stato in grado di conquistare le giovani generazioni del Paese promettendo di diminuire la disoccupazione, l’emigrazione dei giovani e di combattere la corruzione. Tanto che sui profili social, Sonko ha collezionato più “seguaci” del presidente del Senegal, Macky Sall – capo del partito “Alleanza per la Repubblica” (APR) – contro cui il PASTEF ha ingaggiato una dura battaglia, accusandolo di non aver creato posti di lavoro e di aver silenziato l’opposizione. Il suo partito dall’ideologia socialista si presenta come il difensore degli interessi nazionali contro le pretese illegittime di Paesi come la Francia. La scintilla che ha dato il via agli scontri con la polizia è stata la condanna di Sonko, considerata dai suoi sostenitori e dallo stesso leader una mossa politica, priva di fondamento, per estrometterlo dal concorrere alle prossime elezioni del 2024.
Masse di giovani del Paese sono, dunque, scese in piazza per manifestare in suo sostegno, accusando la magistratura di corruzione e di essere uno strumento nelle mani del governo: dal primo giugno proseguono gli scontri con un bilancio di 16 morti e più di 350 feriti. In totale, si contano 78 feriti gravi, trasportati in centri sanitari. I dimostranti hanno dato fuoco a pneumatici, attaccato supermercati, negozi, banche, stazioni della polizia, mezzi di trasporto pubblici, in uno degli episodi più violenti della storia del Paese africano. Già nel 2021, Sonko era stato arrestato con l’accusa di aver violentato e minacciato una dipendente di un salone di massaggi al quale era solito andare per dei problemi alla schiena. Accusa poi caduta nel vuoto e tramutata recentemente in quella di corruzione: un cambiamento di imputazione incomprensibile che alimenta i sospetti circa la volontà di utilizzare la giustizia per eliminare un oppositore scomodo dalla scena politica. La condanna per corruzione, infatti, potrebbe privarlo dei diritti civili impedendogli di correre per le elezioni del 2024. A partire dallo scorso primo giugno, per sedare le proteste e impedire ai manifestanti di organizzarsi, diverse piattaforme di social media e messaggistica sono state limitate. È stato inoltre interrotto «temporaneamente» l’accesso a Internet per i telefoni cellulari, affermando che venivano condivisi «messaggi odiosi e sovversivi».
Al momento Sonko non è ancora stato preso in custodia per scontare la pena, ma pare si trovi agli arresti domiciliari nella sua casa di Dakar, dopo che il corteo che guidava, definito “carovana della libertà”, il 30 maggio è stato ritenuto illegale e deviato verso la casa del leader africano nella capitale senegalese. Il corteo, partito dalla città di Ziguinchor, dove Sonko ricopre la carica di sindaco, era diretto a Dakar in vista della sentenza del tribunale nel processo per stupro pronunciata il primo giugno. Il ministro degli interni del Senegal, Antoine Felix Diome, ha detto che la carovana di domenica non aveva chiesto il permesso ed è stata fermata per motivi di sicurezza. Lo stesso ha negato che il capo del PASTEF sia stato arrestato. Tuttavia, i sostenitori e colleghi politici hanno affermato che «le forze di sicurezza hanno impedito loro di fargli visita». La polizia avrebbe anche bloccato le strade intorno alla residenza del politico e sparato gas lacrimogeni per impedire ai sostenitori di Sonko di manifestare in suo favore. Quest’ultimi hanno reagito dando fuoco alle auto presenti nella zona della residenza del politico e lanciando pietre contro la polizia. Le restrizioni imposte a Sonko hanno suscitato anche l’intervento della sezione senegalese dell’associazione per i diritti umani, Amnesty International, che ha invitato le autorità del Senegal a seguire lo stato di diritto, affermando che «le restrizioni imposte alla libertà di Ousmane Sonko di andare e venire, senza notifica, sono illegali e devono finire».
La popolazione senegalese critica duramente l’attuale presidente Sall, in quanto starebbe implicitamente tentando di ottenere un terzo mandato alla presidenza dopo quello del 2012 e del 2019, sebbene questo sia vietato dalla Costituzione. Anche con questo proposito, il presidente senegalese starebbe tentando di mettere fuori gioco il suo principale avversario politico. La Costituzione del Senegal è stata modificata nel 2016 per ridurre i mandati presidenziali da sette a cinque anni e stabilisce che nessuno può esercitare più di due mandati consecutivi. Tuttavia, secondo quanto affermato da Sall, il Consiglio costituzionale ha stabilito che il suo primo mandato non rientra nell’ambito della riforma, permettendogli quindi di ricandidarsi per la terza volta. In tal caso, Sonko comprometterebbe fortemente la sua vittoria e per tale ragione molti sospettano che le questioni giudiziarie siano un tentativo di sabotaggio da parte dell’attuale governo.
Il capo dell’opposizione, infatti, è particolarmente scomodo per il consenso che è stato in grado di costruire presso le fasce giovani della popolazione – ma non solo – presentandosi come difensore degli interessi della nazione, contro quelli di Paesi terzi come la Francia e denunciando l’attuale governo di corruzione, uso improprio di fondi pubblici e delle risorse minerarie e petrolifere del Paese in favore delle multinazionali provenienti da Paesi stranieri, soprattutto occidentali. Sonko è diventato, dunque, il baluardo degli interessi nazionali contro le politiche predatorie occidentali, ottenendo il sostegno e la benevolenza delle masse. Già prima del 2014, quando occupava il ruolo di ispettore delle tasse, Sonko aveva denunciato questi fatti, perdendo il suo incarico per aver violato segreti di Stato. Sul tema delle risorse minerarie del Senegal, il politico ha anche scritto un libro intitolato “Pétrole et gaz au Sénégal”.
La vicenda in questione non può passare in sordina perché sta destabilizzando la politica del Paese ed è destinata a incidere anche sul futuro della nazione: i giovani senegalesi, infatti – che costituiscono il 60% della popolazione – non accetteranno un terzo mandato di Sall, mentre il loro rappresentante è agli arresti. Le proteste e l’instabilità sono, dunque, destinate a protrarsi coinvolgendo anche gli interessi dei partner del Senegal, a partire dalla Francia, ex Stato colonizzatore: in un contesto in cui l’influenza francese in Africa risulta di molto indebolita, la destabilizzazione del Senegal, ad opera di masse popolari antioccidentali e antifrancesi, rappresenta un ulteriore colpo per l’Eliseo, soppiantato nel Continente dalle potenze asiatiche, in primis Russia e Cina.
FONTE: https://www.lindipendente.online/2023/06/05/il-senegal-e-in-fiamme-rivolte-in-tutte-le-citta/
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