LA COMPETIZIONE È LA DIFFUSIONE DELLA GUERRA CON ALTRI MEZZI
di ROSSANO FERRAZZANO
La competizione è la dimensione microeconomica del principio di von Klausweitz secondo cui la politica è la prosecuzione della guerra con altri mezzi. La competizione è la diffusione della guerra con altri mezzi.
Come in guerra, a chi vuole competere con qualche speranza di sopravvivere, viene richiesto ed imposto di essere un valente combattente, quindi di addestrarsi con durezza e severità, sia sul piano materiale sia su quello morale. Il che, in guerra e in politica, va benissimo. Anzi, è l’unico possibile.
Il problema viene quando questo viene chiesto anche nell’economia, cioè nella vita quotidiana di tutti, perché è un principio che va bene solo per quei soggetti economici abbastanza grandi e potenti da essere giunti appunto all’orientamento strategico alla politica. Per tutti gli altri significa semplicemente essere cooptati per andare in guerra, una guerra dichiarata ad ogni altro concittadino, e ovviamente come carne da cannone.
Cioè, il mercato concepito non come strumento di gestione di alcune fasi dell’attività economica, ma come dimensione regolativa generale della società, è la radice della politica che continua poi con altri mezzi nella guerra. Dunque la progressione dell’attività sociale che continua con altri mezzi è questa: mercato-politica-guerra. Da notare che il principio competitivo si struttura gradualmente disegnando man mano spazi di non conflittualità interni sempre più marcati. Il mercato assolutizzato nella logica competitiva che hai descritto tu impone la guerra selvaggia in ogni fase ed in ogni momento che hai descritto nel post; la politica appena un filo meno quando ci sono le elezioni; la guerra in maniera più marcata essendo gli appartenenti allo stesso esercito molto collaborativi, e limitando il conflitto ai soli piani di comando.
Non è un caso che il principio ispiratore di molto pensiero liberista sia quello secondo cui la vita è bellum omnium contra omnes, l’essere umano homo homini lupus. Eccoli qui, tradotti in morale contemporanea.
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