Bitcoin si muove in Etiopia, attratto dai costi dell’energia. Un vantaggio per il Paese africano?
di SCENARIECONOMICI (Guido da Landriano)
I produttori cinesi di bitcoin sono ufficialmente arrivati in Etiopia. Dopo che la Cina ha vietato il mining di bitcoin circa due anni fa, secondo un nuovo articolo di Bloomberg, molti minatori si stanno dirigendo verso la più grande diga africana, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, recentemente costruita, che fornisce grandi quantità di energia elettrica.
Nuo Xu, fondatore della China Digital Mining Association, ha dichiarato a Bloomberg: “L’Etiopia diventerà una delle destinazioni più popolari per i miner cinesi”.
I minatori sono attratti da alcuni dei costi energetici più bassi al mondo e la diga fornisce l’energia necessaria per far funzionare le miniere nelle sottostazioni elettriche.
Secondo il rapporto, i legami più stretti dell’Etiopia con la Cina e la costruzione di una diga, la GERD, da 4,8 miliardi di dollari da parte di aziende cinesi per la fornitura di energia elettricafacilitano questo spostamento. Qusta migrazione avviene quando vi sono dei timori sulla continuità della fornitura di energia a basso costo in altre aree del mondo sino a ieri viste come promettenti per il mining di criptovalute.
Questo rende l’Etiopia una prospettiva particolarmente attraente, anche se ora deve affrontare la concorrenza di luoghi come il Texas, scrive Bloomberg. Il Kazakistan e l’Iran hanno inizialmente accolto con favore il mining di Bitcoin, ma alla fine si sono opposti al settore a causa del suo massiccio utilizzo di energia.
Jaran Mellerud, amministratore delegato di Hashlabs Mining, ha dichiarato: “In primo luogo, i paesi possono esaurire l’elettricità disponibile, non lasciando spazio ai minatori per espandersi. In secondo luogo, i minatori possono essere improvvisamente considerati sgraditi dal governo ed essere costretti a fare le valigie e ad andarsene”.
I funzionari etiopi sono ancora cauti riguardo alla natura controversa del mining di Bitcoin, rivelano gli addetti ai lavori, che danno la priorità alle relazioni con il governo. Nonostante le nuove fonti di energia, quasi la metà della popolazione è priva di elettricità, il che rende il mining una questione delicata e allo stesso tempo una promettente fonte di valuta estera. L’arrivo dei miner verrà a far sicuramente aumentare il costo dell’energia elettrica per gli utenti famigliari e domestici: purtroppo è il mercato, baby.
La competizione per l’elettricità tra minatori, fabbriche e famiglie può portare a problemi politici a causa dell’elevata domanda di energia del settore. Bloomberg scrive che in Kazakistan, nuove restrizioni e tasse hanno devastato l’industria del mining, lasciando inutilizzati impianti come quello di proprietà del co-fondatore di Hashlabs Alen Makhmetov.
Inoltre, l’impatto ambientale del mining di Bitcoin, in particolare il suo contributo al riscaldamento globale, è sotto esame nonostante le dichiarazioni di voler passare all’energia pulita. Uno studio dell’Università delle Nazioni Unite ha rilevato che due terzi dell’energia per il mining di Bitcoin nel 2020 e 2021 provengono da combustibili fossili, evidenziando le sfide di sostenibilità del settore. I sostenitori del Bitcoin sottolineano il fatto che l’energia nucleare sta finalmente iniziando a diventare mainstream in diversi luoghi del mondo, nella sperazna che diventino anche fondamentali nella produzione delle valute virtuali.
Nel frattempo, il monopolio nazionale dell’energia elettrica in Etiopia ha stipulato accordi con 21 minatori di Bitcoin, prevalentemente cinesi, evidenziando il ruolo emergente del paese nel settore.
Comunque il fatto è semplice: Bitcoin continua a esistere e continuerà a farlo sino a quando la gente e gli utenti lo desidereranno. In questo la criptovaluta è una grande espressione di democrazia. I minatori si sposteranno ovunque sino a quando questo strumento sarà ben accetto, e se ne infischierà dei vincoli dei singoli stati.
Il rischio per l’Etiopia è internazionale: la Diga GERD è invisa all’Egitto, per la questione dello sfruttamento delle acque del Nilo, mentre l’Etiopia non è un paese perfettamente stabile nella gestione delle etnie interne e dei rapporti con Eritrea e Somalia.
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