L’Italia sarebbe in grado di difendersi da un attacco nucleare?
di Roberto Poerio
La risposta è semplicemente NO, ma questo non ve lo diranno mai apertamente per motivi facilmente comprensibili. E’ ben noto infatti che la classe politica italiana (di qualsiasi schieramento), su alcuni temi non ha alcuna idea di progettualità di lungo periodo, e si limita a vivere il presente con un atteggiamento di scaramantico lassismo.
Senza una cultura della prevenzione contro i possibili pericoli per la collettività, con un’opportuna adozione di un adeguato piano di investimenti, ogni pericolo potenziale verso la popolazione civile non potrà essere né evitato e nemmeno limitato.
In quest’ultimo periodo di tensione e di guerra fredda fra NATO e Russia, si profila la minaccia di una “escalation militare” che potrebbe portare all’inizio della Terza Guerra Mondiale in nazioni europee che conoscevano la pace da 80 anni, e non esiste alcuna certezza che questa verrebbe eseguita con armi ordinarie ammesse dalla Convenzione di Ginevra.
Se andate a visitare il sito web del nostro Dipartimento della Protezione Civile, non troverete alcun piano strategico specifico per la difesa della popolazione civile in caso di attacco con missili balistici intercontinentali a testata termonucleare di fabbricazione russa, come ad esempio gli RS-24 Jars, i RS-28 Sarmat o gli Avanguard.
Troverete solo alcune istruzioni generiche che riguardano la difesa da contaminazione di radiazioni ionizzanti a seguito di esplosione di centrale nucleare in nazione estera (come ad esempio il caso Chernobil del 1986 di scala Ines 7), e descritte nel Piano nazionale per la gestione delle emergenze Nucleare, Biologico, Chimico e Radioattività (NBCR) aggiornato al Maggio 2022.
“Dove sono” e “quanti sono” i rifugi antiatomici in Italia ?
Il più attrezzato e sicuro si chiama “West Star”, ha solo mille posti disponibili, e si trova ad Affi in provincia di Verona. Tutti gli altri sono solo vecchi rifugi usati durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, e quindi non idonei a proteggere i civili da un vero attacco nucleare.
Se vogliamo perciò far passare a qualcuno l’ottimismo da tifoso da stadio e l’istinto guerrafondaio, è opportuno chiarire che l’Italia non ha batterie anti-missilistiche in grado di proteggere l’intero territorio nazionale.
L’Italia, per la sua difesa contraerea, ha solo sei batterie antiaeree “SAMP/T Mamba” equipaggiate con missili a medio e lungo raggio Aster 30, in grado solo di proteggere un territorio grande quanto la provincia di Roma: essendo un obiettivo militare ad alto rischio, l’Italia sarà costretta a completare le sue dotazioni con la fornitura di missili Samp-T NG, il più moderno sistema missilistico europeo.
Possono però questi Samp-T NG proteggere gli italiani dai missili ipersonici di recente fabbricazione russa, come gli Zyrcon, che hanno un raggio di azione compreso tra i 400 e i 1.000 chilometri di distanza, e possono viaggiare alla straordinaria velocità di 9.800 chilometri all’ora (Mach 8)? Purtroppo ancora non esiste la tecnologia in grado di fermarli.
In un eventuale conflitto bellico, che vedrebbe impegnate le più importanti potenze militari mondiali, escludere a priori l’ipotesi di un eventuale utilizzo delle armi nucleari sarebbe solo un
“irresponsabile atteggiamento di ingenuo ottimismo”.
L’art. 11 della nostra Costituzione prevede che : <<L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni >>.
L’Italia però fa parte della NATO (North Atlantic Treaty Organization), un’organizzazione militare internazionale che conta 32 stati membri, provenienti da Europa, Nord America e Vicino Oriente.
L’art. 5 dell’Accordo NATO prevede invece che “Le Parti convengono che un attacco armato contro uno o più di loro in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutti loro”.
In parole povere l’Italia è pacifista, tranne quando gli Stati Uniti la trascinano nelle loro guerre imperialiste in giro per il mondo, semplicemente tirandole il guinzaglio che le hanno messo al collo.
L’Italia, nelle basi militari NATO di Aviano (provincia di Pordenone) e Ghedi (provincia di Brescia), detiene un centinaio di B-61, ovvero «bombe nucleari di fabbricazione americana per l’impiego tattico e strategico da caccia e bombardieri».
In Europa sono schierate le varianti tattiche Mod.3, Mod.4, Mod.7 con un potenziale regolabile fino ai 45-60 Kilotoni: per chi ancora non sa a quanto equivalga questa potenza si può dire che la bomba atomica che distrusse Hiroshima era pari a 15 kilotoni.
Facendo un calcolo ipotetico, solamente nel Nord Italia, fra Lombardia e Friuli Venezia Giulia, esiste accumulato un potenziale nucleare pari a 300 esplosioni della stessa potenza di quella che distrusse Hiroshima e Nagasaki!
Gli italiani espressero più volte la loro contrarietà alle centrali nucleari, ma gli accordi internazionali militari non possono essere oggetto di referendum abrogativo.
In caso di attacco aereo, i cacciabombardieri italiani Tornado ed F-35 della base aerea di Ghedi, avrebbero l’arduo e ingrato compito di trasportare l’ordigno nucleare su un razzo vettore, di avvicinarsi alla distanza necessaria e poi puntare il congegno contro le linee nemiche.
Ovviamente dovrebbero prima evitare la contraerea missilistica e l’intercettazione da parte dei temibili cacciabombardieri Sukhoi Su 57 della Federazione Russa.
L’Italia (colonia fedele degli USA sin dal Dopoguerra), per la sua posizione geografica di penisola nel Mar Mediterraneo, costituisce un’ideale piattaforma militare strategica: si contano all’incirca 120 basi militari americane NATO composte da esercito, marina e aviazione, alcune delle quali di segreta ubicazione.
Recentemente il segretario generale della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, si è impegnato a creare una fitta ragnatela di stati e staterelli vassalli degli Stati Uniti per continuare l’opera strategica di circondare l’enorme “Orso Russo”, e di stanarlo dalla sua tana dove avrebbe voluto dormire in beato letargo.
Fu l’ex consigliere per la sicurezza nazionale statunitense (durante la presidenza di Jimmy Carter dal 1977 al 1981), il politologo polacco Zbigniew Brzezinski, a suggerire questa strategia di conflitto bellico lungo la linea di confine per indebolire e indebitare l’ex Unione Sovietica, ed evitare così uno scontro diretto e fatale fra i due titani USA-URSS durante il primo periodo di Guerra Fredda. Se negli anni ’80 la CIA assegnò l’incarico anti-URSS ai mujaheddin afgani, il piano anti-Russia è proseguito tramite il coinvolgimento/finanziamento dei partiti dell’ estrema destra ucraina Svoboda e Pravdi Sektor per la rivolta dell’Euromaidan del 2014 contro il governo filorusso dell’ex presidente dell’Ucraina Viktor Janukovyc, la creazione del battaglione militare “Azov” di ispirazione neonazista e dedicato al collaborazionista nazista Stepan Bandera, e 10 anni di conflitto bellico contro i dissidenti autonomisti filorussi del Donbass.
L’obiettivo non tanto segreto della NATO dovrebbe essere un attacco concentrico da più parti di tipo “First Strike” (ovvero colpire per primi in modo decisivo, prima che siano attivati i codici di lancio dei missili nucleari russi): gli esperti militari pensano che le nazioni confinanti potrebbero attaccare simultaneamente la Russia, prendendo come esempio uno stormo di migliaia di api che sarebbero in grado di far fuggire un’orso quando questo vorrebbe assaggiare il miele del loro alveare.
Tuttavia già 150 anni fa persino l’ex cancelliere tedesco Otto von Bismarck fu scettico, e disse la memorabile frase: «Conosco cento modi per far uscire l’orso russo dalla sua tana, ma nemmeno uno per farcelo rientrare».
Sarebbe invece possibile un attacco NATO via terra in territorio russo con i carri armati Leopard di fabbricazione tedesca o gli M1 Abrams di fabbricazione statunitense?
Considerata la brutta fine che fece la “Grand Armee” di Napoleone Bonaparte nel 1812, la Wehrmacht tedesca di Adolf Hitler nella disfatta di Leningrado del gennaio 1944, e l’A.R.M.I.R. del Regio Esercito Italiano durante il ventennio di Benito Mussolini con la tragica “Ritirata del Don” del gennaio 1943, con centinaia di migliaia di morti, dispersi, feriti, mutilati, disertori, ecc… nella tundra fangosa e nevosa con meno 20° di temperatura, l’idea del presidente francese Macron di inviare 2000 soldati francesi a supporto delle forze armate ucraine, già in evidente difficoltà ed inferiorità numerica, è follia pura!
Alcuni sedicenti esperti politologi e giornalisti della stampa occidentale sono convinti che, eliminando il malvagio dittatore aggressore Vladimir Putin, si potrebbe sgretolare la Federazione Russa in tanti piccoli stati innocui come la Lituania e l’Estonia, metterli sotto la direzione di marionette di Washington, e darli in pasto alle multinazionali americane con il loro capitalismo neoliberista di rapina, così come accadde ai tempi di Boris Yeltsin, al solo fine di depredare le innumerevoli risorse naturali della Russia.
A nessuno di loro però è venuto in mente che Putin non può essere annientato facilmente come un qualsiasi Saddam Hussein o Slobodan Milosevic.
Putin è stato recentemente rieletto presidente con l’87% di scelta dei votanti. Un altro leader, come il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev, o il Capo della Repubblica Cecena Ramzan Kadyrov, sarebbe potuto essere meno diplomatico di Putin e rappresentare un maggior pericolo per l’occidente.
Le sanzioni economiche fallite, la russofobia dilagante contro i cittadini russi residenti in varie nazioni europee, l’attentato terroristico di Mosca e le canzoni patriottiche di Yaroslav Dronov (in arte “Shaman”) hanno compattato l’opinione pubblica russa con l’idea che sono i successori dei reduci vittoriosi della Seconda Guerra Mondiale, che sono indomabili e consapevoli di essere soli contro il resto del mondo, e pertanto pronti a morire per la loro Grande Madre Russia e per amore dei loro figli.
L’arsenale militare della Federazione Russa è potenziato da 6.225 missili balistici intercontinentali a testata termonucleare, e la catena di comando del sistema nucleare russo è modellata sulla precedente del periodo sovietico, e si basa su una concatenazione basata su tre diversi codici di lancio : uno è nelle mani del Presidente Vladimir Putin, il secondo dal Ministro della Difesa Sergej Shoigu, e il terzo dal capo di Stato Maggiore Interforze Valerij Gerasimov.
Siccome i russi sono abituati ad avere nemici da almeno 400 anni, e hanno la paranoia di un’invasione straniera, sono anche molto previdenti e non si fanno mancare nulla.
Se la coalizione NATO dovesse gloriosamente vincere contro l’Armata Rossa, e la Russia avesse subito gravi perdite a seguito di attacco nucleare, il sistema computerizzato di rappresaglia termonucleare <<Perimeter>>, (soprannominato “Dead Hand” : la mano morta) agirebbe in automatico : se da sensori sismici, luminosi, di radioattività e di pressione venisse rilevato un attacco nucleare, anche con gli elementi di comando completamente distrutti, da località segrete dislocate in varie parti dell’enorme territorio russo partirebbero decine di missili balistici intercontinentali a testata nucleare (ICBM) diretti verso le principali capitali europee e nordamericane.
Mentre le nazioni europee aderenti al Patto Atlantico si interrogano sull’opportunità o meno di inviare le proprie truppe sul fronte bellico del Donbass, nel cuore dell’Europa si trova la fiorente Svizzera: una nazione pacifica e prospera che, a livello internazionale, è ufficialmente riconosciuta come “neutrale” fin dal 1815. La sua neutralità è dovuta a seguito della Guerra dei Trent’anni che fu conclusa con il Trattato di pace di Westfalia del 1648.
Ma la Svizzera è davvero pacifica al 100% ?
La Confederazione Svizzera possiede un esercito attivamente impiegato nella difesa di aree importanti e dello spazio aereo nazionale : ad esempio, ogni anno opera a protezione del convegno annuale del WEF (World Economic Forum) di Davos.
Sapevate che la Svizzera non è membro attivo di alcuna alleanza militare?
In quanto stato neutrale, la Svizzera agisce secondo la Convenzione dell’Aia del 1907, che consente ai paesi neutrali il libero commercio con tutte le parti in guerra, e di non sottostare ad accordi internazionali che prevedono sanzioni economiche ad altre nazioni.
Sapevate inoltre che la Svizzera possiede circa 360 mila rifugi antiatomici distribuiti in tutto il territorio nazionale e in grado di accogliere tutti gli 8,7 milioni di abitanti ?
La Svizzera, a differenza dell’Italia, sin dal 1962, è stata molto previdente e sensibile per quanto riguarda la sicurezza dei propri cittadini, e aveva stabilito per legge che ogni suo abitante dovesse avere almeno un metro quadrato a disposizione di “rifugio protetto sotterraneo”: avendo un territorio prevalentemente montuoso, la Svizzera si presta maggiormente a creare gallerie e rifugi sotterranei.
L’Art. 52 della nostra Carta Costituzionale prevede che : “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”.
Nel 2004 l’Italia abolì il servizio di leva obbligatorio e, attualmente, le forze armate italiane possono contare su 185 mila militari professionisti idonei al servizio operativo. Se questi non dovessero bastare in un conflitto con armi convenzionali della durata superiore a due anni, occorrerà il reclutamento obbligatorio di giovani italiani di ambedue i sessi dai 18 anni fino ai 35 anni di età per dare possibilità di avere un ricambio per chi sta al fronte in prima linea.
Se la Patria mette nei guai il cittadino italiano aderendo ad una guerra NATO contro una super potenza militare grande quanto un continente, possiamo quindi notare che la sicurezza del popolo italiano può considerarsi un particolare di trascurabile rilievo, e che è condivisibile l’opinione di Winston Churchill : «gli italiani vanno in guerra come se fosse una partita di calcio, e vanno ad una partita di calcio come se fosse la guerra».
Esiste una scena memorabile e divertente del film “Destinazione Piovarolo” di Totò (minuto 52 e 43 secondi), ispirato all’Italia fascista del 1939, nella quale il noto attore comico (interpretando il capo stazione ferroviario “Antonio La Quaglia”), tranquillizzava quelli che definiva i “villici indigeni locali di Piovarolo” affermando con convinzione che l’Italia non sarebbe mai entrata in guerra perché avrebbe preso esempio dalla neutrale Svizzera.
Totò : << Io penso che la guerra sarà necessaria per il benessere dei popoli !>>
Abitante di Piovarolo : <<In che senso ?>>
Totò : <<E’ chiarissimo ! Certi uomini politici di certe nazioni, appena vanno al potere, per rendersi benemeriti della loro patria, cominciano a preoccuparsi delle condizioni sociali e finanziarie del loro paese, e dicono : “Le condizioni del nostro popolo sono disagiate, c’è disoccupazione, c’è miseria, c’è fame”. E allora cosa fanno ? Si riuniscono in 4 o 5, e sempre per il benessere dei loro popoli, decidono di fare la guerra! >> .
Abitante di Piovarolo : <<E se le perdono poi?>>
Totò : <<Sciocchezze! Un amico mio sapete come diceva? Pinzerlacchere! Ci sono altri politici buoni che, preoccupati per il disagio della guerra perduta, sapete cosa fanno? Si riuniscono ancora una volta, in 4 o 5, e sempre per il benessere del popolo, decidono di fare un’altra guerra!>>
Abitante di Piovarolo : <<Speriamo che non tocchi a noi !>>
Totò : <<Amico mio, a noi questa volta non ci tocca ! Semmai ci sarà il conflitto, noi resteremo fuori, saremo neutrali, faremo un sacco di soldi, neutrali come la Svizzera ! Amici miei, noi siamo furbi ! E poi : la Francia, l’Inghilterra, la Germania… A noi ci vogliono un sacco di bene ! Date retta a me ! Ve lo dice il vostro capostazione! >>.
Il 10 Giugno 1940 invece l’Italia entrò ufficialmente in guerra al fianco della Germania di Adolf Hitler, con tutte le sue catastrofiche conseguenze.
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