Orwell ne sarebbe orgoglioso: La Commissione Europea vuole classificare l’industria degli armamenti come sostenibile – per il suo presunto contributo alla pace. Le ricerche di Taz e LobbyControl dimostrano: dietro c’è una massiccia campagna della lobby delle armi.
Dall’attacco russo all’Ucraina e con l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche, l’industria bellica europea è in pieno fermento. La domanda di beni militari è così alta che difficilmente può essere soddisfatta, e i corsi azionari sono esplosi. Il ministro della Difesa Pistorius vuole rendere la Germania “pronta per la guerra” entro il 2029. Anche per la Commissione Europea, sicurezza e difesa sono tra le massime priorità.
Lobby della difesa e investimenti sostenibili
Considerata la loro rilevanza strategica, non sorprende che la lobby europea degli armamenti trovi attualmente un orecchio attento per le sue richieste in politica. Un risultato di questa influenza: la nuova Commissione Europea sta valutando di classificare gli investimenti privati in armamenti come sostenibili.
Campagna di lobby dell’industria bellica
Può essere giustificato rivalutare l’industria degli armamenti alla luce dell’attacco russo all’Ucraina. Tuttavia, le ricerche di Taz e LobbyControl svelano una vasta campagna di lobby da parte dell’industria bellica. Seguendo l’esempio dell’industria nucleare, vuole garantirsi l’accesso agli investimenti di investitori attenti alla sostenibilità.
L’obiettivo di questa campagna è duplice:
- Far classificare gli investimenti negli armamenti come compatibili con i criteri di sostenibilità.
- Far sì che gli investimenti in “difesa, resilienza e sicurezza” vengano considerati intrinsecamente sostenibili, poiché garantirebbero la pace e, quindi, permetterebbero la sostenibilità.
Questa argomentazione ha già fatto breccia in almeno due importanti documenti strategici della Commissione Europea, con alcune formulazioni che coincidono parola per parola con dichiarazioni di associazioni di lobby dell’industria delle armi.
L’influenza crescente dell’industria bellica sulla politica UE
Questo è un ulteriore segnale che la nuova Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, sta orientando sempre più la sua politica verso gli interessi dell’industria. La competitività e la deregolamentazione sono prioritarie, anche a scapito dei consumatori e dell’ambiente.
L’UE e la protezione dei consumatori sui mercati finanziari
Molti investitori desiderano investire i loro soldi in cosiddetti investimenti ESG, ossia investimenti che promuovono la sostenibilità. ESG sta per Ambiente (Environment), Sociale (Social) e buona Governance aziendale (Governance), che rappresentano i tre principali criteri di sostenibilità.
Per permettere ai consumatori di accedere alle informazioni e prevenire il greenwashing, l’UE stabilisce obblighi di trasparenza e criteri che un investimento deve soddisfare per potersi definire “sostenibile”. Tuttavia, le definizioni dell’UE sono state in passato fortemente criticate. Nel 2022, quando la Commissione Europea classificò l’energia nucleare e il gas naturale come “sostenibili”, l’organizzazione ambientalista WWF accusò l’UE di “greenwashing strutturale”.
Nonostante questa controversia, settori come armi, tabacco, alcol o gioco d’azzardo sono ancora considerati non sostenibili.
La lotta dell’industria bellica per l’etichetta “sostenibile”
Questo è stato un problema per l’industria bellica per molto tempo. Milioni di euro che potrebbero essere investiti in fondi sostenibili le sfuggono. Per questo motivo, il settore ha deciso di utilizzare il suo considerevole potere di lobby per modificare le definizioni ESG a proprio favore.
Il potere della lobby degli armamenti a Bruxelles
Il settore degli armamenti è una delle lobby più influenti a Bruxelles. Un’analisi del registro per la trasparenza dell’UE rivela un budget annuo di circa 11-15 milioni di euro per le attività di lobby, che si estende su aziende e associazioni di categoria. Dal 2019, la Commissione Europea si è incontrata 356 volte con rappresentanti dell’industria bellica.
Questi dati, sebbene approssimativi, offrono un quadro chiaro dei privilegiati accessi e delle risorse finanziarie della lobby degli armamenti verso le istituzioni europee.
Conclusione: La crescente influenza della lobby degli armamenti sulla politica dell’UE, specialmente nel tentativo di etichettare gli investimenti in difesa come sostenibili, solleva interrogativi critici sul futuro della sostenibilità e della trasparenza finanziaria in Europa.
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