Sulla nascita della “civiltà”
da GABRIELE GERMANI (Telegram)
Prima parte
Per decenni abbiamo pensato che il passaggio al Neolitico fosse caratterizzato dall’adozione dell’agricoltura e che questo coincidesse con sedentarizzazione, stratificazione sociale e nascita della religione.
L’idea era che tutto fosse avvenuto rapidamente e tramite un processo diretto di causa-effetto.
La scoperta e gli scavi (ancora in corso) a Gobekli Tepe sembrano smentire la nostra idea del passaggio al Neolitico.
Noi immaginiamo la nascita della civiltà attorno ai Grandi Fiumi (Nilo, Mesopotamia, Fiume Giallo), ma Gobekli Tepe scardina questi elementi.
Per cominciare la datazione: al momento tra il 9700 a.C. e l’8000 a.C. ne farebbe il primo sito con complesse costruzioni in pietra.
Il salto cronologico indietro rispetto la Mesopotamia è di qualche millennio, non proprio qualcosa su cui sorvolare.
La costruzione del sito avrebbe richiesto la collaborazione di centinaia di persone per un arco di tempo prolungato, in un’epoca senza agricoltura.
Gli archeologi hanno provato a cercare tracce di lavorazione della terra, trovando nella migliore delle ipotesi prove di sfruttamento dei cereali selvatici: simile a quello che i primi europei trovarono lungo le coste atlantiche e pacifiche del Nord America temperato-umido.
L’iconografia sembra dare chiara prova di pensiero simbolico socialmente condiviso a fine metafisico, alias “religione”.
Il re è nudo e le certezze son crollate.
Una civiltà di semi-nomadi (probabilmente per qualche tempo risiedevano in loco almeno per lavorarci) che non praticava l’agricoltura era in grado di coordinare il lavoro tra diverse comunità, includendo centinaia di individui, per delle costruzioni a fine religioso.
Una sorta di anfizionia preistorica che forse avrebbe poi spinto (date le condizioni ambientali e la presenza di cereali selvatici) la nascita dell’agricoltura.
Il paradigma è in questo schema completamente ribaltato:
SCHEMA CLASSICO: Agricoltura -> Città -> Divisione del lavoro -> Religione
SCHEMA GOBEKLI TEPE: Religione -> Città -> Agricoltura (Divisione del lavoro?)
Mentre siamo abbastanza certi che non vi fossero piante e animali selvatici; non siamo affatto certi che vi fosse una rigida stratificazione sociale, fenomeno che risuonerebbe gli antichi centri danubiani neolitici e la prima Civiltà dell’Indo.
Seconda parte
Il Neolitico anatolico, come dicevamo ieri, è una miniera di informazioni riguardo la nascita della società sedentaria.
Ieri abbiamo parlato di Gobekli Tepe, oggi parleremo di Çatalhöyük, “la città senza strade”.
L’insediamento si sviluppa su 18 strati, datati tra il 7500 a.C. e il 5400 a.C.
Perché “senza strade”? Le abitazioni sono ammassate l’una all’altra, presentavano uno o due vani, spesso decorati; gli unici accessi erano sul tetto e per accedere si doveva ricorrere a delle scale che al bisogno potevano essere tirate sopra.
Non sappiamo perché questa conformazione peculiare: difendersi dagli animali selvatici? Dalle popolazioni vicine?
Non possiamo che fare congetture.
Ci sono due aspetti che meritano di essere approfonditi:
– Il culto per una Dea Madre
– La probabile eguaglianza sociale
Il primo punto è controverso: trattandosi di popolazioni preistoriche non possiamo conoscerne realmente la sfera religiosa, ma un contenuto simbolico-sacrale dagli ornamenti domestici sembra evidente. Siamo forse davanti la prima manifestazione che collegherà femminile-ciclo vegetale e rinascita nel Mediterraneo orientale (Iside-Osiride, Adone, Attis e nel cristianesimo).
Secondo punto: l’eguaglianza sociale.
Çatalhöyük non presenta una forte stratificazione sociale. Le abitazioni sono molto simili, non possiamo riconoscere questo o quel ruolo specifico in base alla struttura; mentre notiamo come alcune fossero più decorate.
Tra gli antropologi non vi è consenso unanime sul rapporto tra agropastorizia e diseguaglianze; ma nessuno può negare che la comparsa delle coltivazioni può favorire le differenze (il podere X può produrre meno beni del podere Y, se la terra viene riconosciuta come proprietà si possono dare differenze generazionali di ricchezza).
Esistono però società agropastorali che pur avendo evidenti differenze socioeconomiche interne non le formalizzano.
La vita a Çatalhöyük si svolgeva per lo più dentro le abitazioni e sopra i tetti; il sito (pur con grande variabilità, data anche dall’arco temporale e da possibili cambiamenti stagionali) ospitò da un minimo di qualche centinaio a qualche migliaio di individui.
Nel caso specifico è difficile prendere le abitazioni come metro della ricchezza: dato il caratteristico stile urbanistico le abitazioni erano standardizzate.
Uno studio su sepolture, corredi mortuari e soprattutto stanze laterali (probabilmente destinate a magazzino) suggerisce che l’accesso alle risorse fosse eguale nel periodo iniziale e finale dell’insediamento, ma assente nel periodo intermedio (quello a maggiore densità demografica).
Mentre sembra probabile che gli strumenti di lavorazione e di accumulo non fossero accessibili in egual modo a tutti.
Tutti avevano terra e grano, ma non tutti potevano avere sempre degli strumenti la lavorazione.
Anche in questo caso, tuttavia, dobbiamo distinguere (specie per le società pre-capitalistiche) tra ricchezza economica e sociale. Non necessariamente il nucleo produttivo a Çatalhöyük ruotava attorno la casa (i dipinti parietali mostrano lavori condivisi). E’ molto probabile che esistessero delle organizzazioni tra case, non abbiamo tuttavia prova di una strutturazione stabile delle stesse.
FONTE: https://t.me/gabgerm/1920
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