Terapia ‘ecologica’
di Alessandro Bolzonello
Sono circondato da contesti, situazioni, attività che non generano valore, ovvero la cui produzione si limita allo stretto necessario per giustificare il proprio esistere. Pura difesa dell’‘as is’. ‘Il compito primario’ è perso di vista.
Le conseguenze di questa deriva sono gabbie, circoli viziosi, incomprensioni, blocchi, collusioni, corruzioni, abbandoni, solitudini, anche violenze. Presenti in abbondanza. Conclamate.
Fertile, invece, è il contesto capace di comporre l’esistente, valorizzando e sviluppando risorse ed energie disponibili: combinare singole istanze – persone e/o risorse che siano – fino a dar vita a qualcosa d’altro, nuove entità, anche identità. Grande è il bisogno di alleanza.
E non è solo una questione legata al ‘fare’ operativo: si può infatti attivare apprendimento, diffondere conoscenza, costruire legami, avviare relazioni, accendere passioni, insomma seminare ‘vita’ lungo la strada andando a tracciare percorsi, istituire storie.
Ogni aspetto della vita ne viene ricompresa: la famiglia e il lavoro, in primis, e poi tutte le situazioni presenti nella quotidianità, ogni occasione nella quale si è chiamati ad esserci, a fare, ad esprimersi.
Questa è la sfida posta ad ognuno: stare dentro la quotidianità serenamente e, ove il contesto lo permetta e qualora dotato di risorse, costruttivamente, dando un contributo affinché le cose accadano, gli obiettivi vengano raggiunti, le persone, i gruppi e le istituzioni crescano, evolvano. Questa è terapia della vita. Terapia ecologica.
Ecco un metro interessante per misurare l’esistenza: la contribuzione data allo sviluppo di senso e significato.
È vero, il contesto favorisce od ostacola, rende possibile o vincola. Compito di ognuno è tenere la lampada accesa, pronti a metterci del proprio qualora si apra la possibilità.
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Foto: Terapia Ocupacional 31
Stare serenamente vada pure. Stare serenamente nella quotianità non so, salvo che per quotidianità si intenda anche l'assolutamente eccezionale rispetto alla generalità.
Tuttavia perché stare sereni? Quando saliamo in montagna verso la vetta siamo sereni? Direi rilassati, distratti, eventualmente rapiti. E quando amiamo? Direi in estasi. E quando svolgiamo una intensa giornata di lavoro fino a tarda notte senza distrarci un attimo e portiamo a termine il lavoro in modo che non avremmo creduto? Direi dapprima concentrati e poi felici. E quando ci troviamo a dover sconfiggere qualcuno – un collega disonesto, un vicino pericoloso, un socio indisciplinato – perché dovremmo stare sereni e non carichi, decisi, grintosi?
Personalmente non ho grande interesse per la mia serenità, se non, ovviamente, nella forma negativa dell'assenza di stress e quindi di indebolimento.
Il significato di sereno è 'senza nubi; limpido, terso', allora il concetto di serenità rinvia ad una sorta di 'pulizia' che nel mio contesto è rivolta al profondo quindi alla pulizia interiore, in altre parole alla 'onestà' in senso lato e in tutte le accezioni.
Ritengo che questa condizione sia abilitante al creare valore, per se stessi e per gli altri.