Come difendersi dai luogocomunismi economici
Il perdurare della crisi ci pone davanti all'esigenza di inquadrarne le cause, le dinamiche e i soggetti coinvolti, sia per semplici motivi di cultura personale, sia per rendere più efficace la difficile opera di divulgazione che ci vede impegnati come associati ARS.
Ecco che quindi diventa utile, se non necessario, un breve percorso di apprendimento che possa chiarirci alcune idee riguardo alla materia economica che sottende gli eventi cui il nostro Paese sta assistendo.
Un percorso di conoscenza che dovrà essere propedeutico a confutare gli ormai pervasivi “luogo comunismi” che dominano il modo di pensare, soprattutto in Italia.
Ognuno di noi ha avuto a che fare, almeno una volta, con persone per le quali i maggiori imputati della crisi italiana sono la corruzione della classe politica, gli sprechi della spesa pubblica, le pensioni d'oro, le tasse abnormi applicate per pagare gli ammanchi dovuti all'evasione, la mancanza di competitività e così via.
Senza contare che queste persone siamo – o siamo state – noi stessi, immersi, nostro malgrado, in un sistema mediatico che alimenta questo modo di pensare. Basta accendere la televisione e seguire programmi come “Ballarò”, “Servizio Pubblico” o “Piazza Pulita” per rendersi conto del grado di informazione che essi veicolano.
La prima considerazione da fare riguardo a queste esternazioni – e di quelle che ci siamo sicuramente dimenticati di elencare – è che ognuna di esse ha una forte base moralistica. Moralismo che spesso e volentieri obnubila le coscienze e i pensieri, indirizzandoli verso soluzioni del problema che addirittura favoriscono il mantenimento del problema stesso.
Quindi dovremo essere capaci, nella lettura dei prossimi articoli e/o nella discussione che avremo con i nostri interlocutori, di mondare i pensieri da questa “mala pianta” che nulla di buono porta con sé, ma che distrugge le nostre intelligenze e il nostro senso critico.
Fatto questo primo passaggio, affronteremo singolarmente i vari “luogo comunismi”, per poterli confutare con solide basi economiche.
La trattazione che seguirà nei prossimi articoli sarà volutamente semplificata per rendere prima di tutto immediatamente fruibile la difficile scienza economica a chi di economia non si è mai occupato, se non di quella familiare.
Secondariamente per rendere la spiegazione fluida, scorrevole e intuitiva e, in ultimo, perché siamo consapevoli che una trattazione approfondita e particolareggiata sia utile e doveroso lasciarla agli economisti veri, che questa materia la insegnano nelle scuole e nelle università.
Noi siamo e rimaniamo cittadini comuni, che hanno assimilato le basi economiche attraverso un percorso autodidatta fatto di libri, blog, convegni e confronti, anche con persone di opinioni contrarie.
A ogni buon conto, nonostante la base autodidatta che ci contraddistingue – e che porge il fianco alle critiche dei nostri oppositori – una cosa la possiamo dire. Siamo assolutamente convinti che in qualunque maniera e grado la si voglia complicare, l'Economia, meglio, la Macroeconomia ha una base semplice e, a voler ben vedere, banale: è il tentativo di analizzare e regolamentare un conflitto, quello tra Capitale e Lavoro.
Senza disturbare il famoso filosofo di Treviri e cercando – come tentiamo di fare con il moralismo – di evitare derive politiche, riteniamo che la visione economica che ogni persona sviluppa in sé non possa superare questa dicotomia.
Una dicotomia che nella sua storia non ha mai vissuto periodi tranquilli, dove ognuno dei due soggetti ha cercato – e cerca tuttora – di distruggere l'altro. Il Capitale si espande fagocitando il Lavoro, il secondo può alimentarsi solo attraverso il detrimento del primo.
Questa è la prima lezione di Macroeconomia: semplice, facile e soprattutto caratterizzante il sentimento che ognuno di noi deve sviluppare riguardo alla situazione sociale attuale.
E, cosa molto importante per quanto ci riguarda, a questa dicotomia soggiacciono anche tutti gli economisti italiani e stranieri. Ogni figura accademica deve scegliere in quale maniera leggere e divulgare la materia economica, sotto quale punto di vista fare suo il concetto macroeconomico.
Ogni economista quindi parlerà – a voi direttamente o attraverso i media – sicuramente per cognizione di causa. Ogni economista laureato, con master e cattedra, paper pubblicati e quant'altro, non vi racconterà falsità ma vi spiegherà l'Economia difendendo uno dei due elementi.
L'errore – lo identifichiamo come tale per non cadere nella suddetta deriva moralista – di alcuni di loro è quello di perorare cause chiaramente votate alla difesa del Capitale come vantaggiose per il Lavoro, e quindi per il Paese, per i cittadini, per l’intera popolazione.
Inutile dire che chi vi scrive, ancorché non economista nell'eccezione più classica del termine, ha una visione macroeconomica solidale alla difesa del concetto di Lavoro. Non fosse altro perché, da associati ARS e amanti della Carta Costituzionale, ne identifichiamo già nell'Art.1 il soggetto giuridico necessario alla sua difesa e, parallelamente, ne riconosciamo l’imprescindibile utilità nella regolamentazione del conflitto di cui sopra.
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