Enrico, o l’ottimismo
La prima definizione che lo Zingarelli fornisce dell'aggettivo “assurdo” recita: “che è contrario alla ragione, al senso comune, all'evidenza”. Poi, “correntemente, ciò che contrasta con la ragione e con la logica”.
La notizia è quella secondo la quale, nelle parole del premier Candido ovvero l'ottimista, “la ripresa non si vede e non si tocca ma è a portata di mano”. Si intuisce immediatamente come ben possa essere definita una statuizione assurda, poiché contraria in primo luogo all'evidenza dei dati (sempre realisti, mai ottimisti o pessimisti); quindi al senso comune, per avere un riscontro del quale basterebbe andare a fare la spesa (io, che non sono primo ministro ma sto pian piano cessando di essere candido, colgo quotidianamente la percezione che il volgo ha della crisi economica); infine alla ragione, intesa come facoltà di pensare stabilendo legami fra i concetti e giudicare distinguendo il vero dal falso.
Si tratta davvero di un'asserzione dal senso, o dal non-senso, dirompente! La missione è, a questo punto, capire da quale gentile sentimento sia sorta, avendo constatato che non può essere un parto della ragione. Non mi viene in mente che una risposta, e cioè: da un fulgido ottimismo.
Chiunque sia stato benedetto del dono della memoria, ricorderà che la prima azione del nostro buon Candido appena nominato premier fu di recarsi in Vestfalia dove, senza dubbio, rimase folgorato dagli insegnamenti del precettore Pangloss, ma soprattutto dall'avvenenza e dall'infinito carisma di donna Cunegonda! Al ritorno a Roma, avendo già visitato Lisbona tempo addietro, iniziò ad applicare meticolosamente, con la solerzia tipica del discepolo fresco di apprendimento, il pensiero del maestro alla realtà circostante.
Occorrerebbe davvero un Cacambo nostrano per ammonire il premier Candido, spiegandogli che l'ottimismo altro non è se non la smania di sostenere che tutto vada bene quando si sta male. O, magari, per invitarlo a fare la spesa al supermercato.
Ma il poveretto, si sa, è giovane e non vuole rinunciare al proprio ruolo di scolaro zelante.
Esso, inoltre, è notoriamente una malattia incurabile che si manifesta sotto forma di attacchi periodici molto violenti. Purtroppo per noi, è anche contagioso e gli innumerevoli episodi ai quali abbiamo avuto la disgrazia di assistere negli ultimi cinque anni hanno fatto sì che attecchisse saldamente negli animi di molti, scongiurando l'eccessiva e pericolosa propensione al realismo che tanto nuoce ai puri di cuore.
Ebbene, gli uomini qualunque, coloro che fanno la spesa, che non mangiano nettare e ambrosia e sanno che il naso non serve solo per appoggiarci gli occhiali, quelli che, insomma, non sono ancora stati contagiati dall'etereo ottimismo panglossiano, meriterebbero di essere dissuasi dal sedere sotto un albero e aspettare che il bene di cui ogni cosa è pregna inevitabilmente si compia da sé finché non rimangano loro che le dita incrociate e il vuoto intorno.
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