Il ciclo della propaganda liberista su piccola scala: Genova e le privatizzazioni delle partecipate.
Genova. Tanta storia dell’Italia repubblicana passa da qui (chissà perché poi…).
Due settimane fa, la città ha fatto ancora parlare di sé a causa dello sciopero ad oltranza del trasporto pubblico genovese. Non è qui mio interesse entrare nei particolari di gestione della protesta e delle conseguenze che ha/non ha portato alla cittadinanza e soprattutto ai dipendenti AMT. Vorrei prendere questa vicenda come esempio per poter riflettere sulla necessità delle privatizzazioni e sulla propaganda mediatica che le sostiene.
Tutto nasce da una proposta di delibera del comune di Genova volta a riorganizzare la gestione economica di alcune società partecipate (in primis AMT, AMIU, ASTER) anche con l’eventuale cessione di quote minoritarie delle aziende stesse. Il filo conduttore politico/mediatico che porta a queste sofferte (per chi?) decisioni è sempre lo stesso: debito pubblico fuori controllo – pubblica amministrazione sprecona e improduttiva – taglio dei costi – ridimensionamento dei servizi – privatizzazioni per ottimizzare la produttività. In sintesi, poiché il Comune non è capace di gestire un certo tipo di attività produttiva, facciamolo aiutare dal privato che, con la sua esperienza nel settore e delle dinamiche di mercato risolleverà i disastrati conti societari. Nel caso AMT, esempi di questo tipo di propaganda mediatica li descrive l’ottimo mainstream.
Ora, da persona totalmente digiuna di economia, ho provato a leggermi i bilanci ufficiali delle tre società sopracitate con questi risultati: la sola AMT presenta un passivo di bilancio negli ultimi sette anni (circa 15 milioni di Euro, 10 nell’ultimo anno), mentre ASTER e AMIU sono in attivo e hanno addirittura investito per ampliare il servizio. Hanno però una caratteristica in comune: tutte e tre subiscono un continuo taglio dei costi con ridimensionamento del personale e, cosa molto più interessante, gli è stata imposta una massiccia contrazione della contribuzione pubblica. Infatti, per la sola AMT, nel 2012 si è avuta una diminuzione dei ricavi di circa 30 milioni di Euro rispetto al 2011, mentre i costi sono scesi di circa 15 milioni. Per intenderci, il problema non è la lievitazione dei costi, ma la diminuzione degli introiti! Questo scenario è totalmente in linea con la legge regionale sulle liberalizzazioni ed è addirittura reso esplicito nella delibera comunale sulle partecipate: “Il mutamento della strategia pubblica, consistente nel graduale disimpegno dello Stato dal finanziamento dei pubblici servizi…”.
A questo punto, sarebbe interessante porsi alcune domande: La privatizzazione risponde alle esigenze di investimento richieste dal sistema pubblico? Che interesse avrebbe una ditta privata ad investire in un’azienda decotta in passivo cronico? Nel caso del comune di Genova, AMT, ASTER e AMIU sono le partecipate che hanno la peggiore situazione economica?
Per rispondere alla prima domanda possiamo guardare al bilancio di AMT tra il 2005 e il 2011, anni nei quali il comune condivideva la partecipazione con una ditta francese: la TRANSDEV poi RATP (41% delle quote). In un documento di Genova5stelle si legge che la privatizzazione in questione è costata alll’amministrazione pubblica ben 70 milioni di Euro (compreso il totale riacquisto nel 2012) senza contare i 3 milioni di consulenza annuali rilasciati alla TRANSDEV per contratto, quindi non proprio un affare per il Comune.
Riguardo all’interesse di un privato verso certe (e guarda caso non altre) aziende pubbliche è bene notare che queste partecipate amministrano asset strategici (trasporti, rifiuti, manutenzione urbana) dal sicuro ritorno economico e dal basso rischio: infatti essendo servizi cittadini fondamentali le eventuali perdite saranno in parte socializzate chiedendo sacrifici ai contribuenti per poter continuare ad usufruire del servizio. Caso emblematico è il discorso del sindaco Doria appena dopo l’accordo con i sindacati per AMT. In continuità con tutto questo è il riferimento ad altre partecipate del Comune di Genova. Il comune ha, ad oggi, una trentina di società direttamente amministrate con quote di partecipazioni variabili. Una in particolare desta l’attenzione: FSU srl (50%). Quest’ultima è una holding di controllo di IREN (asset energetico) a carattere puramente finanziario. Il suo unico compito è di gestire la partecipazione in IREN. In questa società avvengono manovre poco chiare; infatti, nel 2011 si ha una svalutazione del valore societario che porta ad una perdita di 259 milioni di Euro! Per spiegare ciò, il sito acquapubblicatorino.org parla di questa società come di una scatola vuota senza personale che genera costi inutili per i comuni coinvolti, e non certo minori di quelli delle partecipate sotto accusa.
Questo è quello che sta avvenendo in tutti i comuni d’Italia dagli anni novanta in poi. Le aziende municipalizzate di gestione dei servizi pubblici sono state a poco a poco trasformate in società per azioni non più soggette al diritto pubblico. Di nuovo il sito acquapubblicatorino.org afferma che il Comune, snaturando gradualmente il suo ruolo di gestore di un servizio pubblico, diviene “azionista”, cioè portatore di interessi in contrapposizione con quello pubblico.
Non è un caso che sia le tempistiche che le linee politiche siano allineate a quelle di un’Europa che promuove la competizione fratricida, afferma il predominio del privato sul pubblico e costringe ad abbattere le spese per raggiungere un’insensato pareggio di bilancio dove a perderci sono i cittadini che abitano delle “città senza stato”.
In ultima battuta vi lascio commentare il video della votazione dell’accordo Comune-sindacati da parte dei lavoratori AMT.
Davide Visigalli – ARS Liguria
Davide, benvenuto e complimenti per il tema scelto e per lo svolgimento.
Bene hai fatto a citare il capoverso della delibera:
"Il mutamento della strategia pubblica, consistente nel graduale disimpegno dello Stato dal finanziamento dei pubblici servizi, impone oggi …"
In effetti, a me, pare che tutto ruoti attorno al concetto colà espresso.
Se non mi sbaglio, in cinque (dicasi cinque) giorni di sciopero dei tranvieri AMT (benché precettati), dev'essere l'unico argomento che non è mai stato neanche sfiorato.
Credo che ciò abbia un significato …