L’ARS e il movimento del 9 dicembre
Il 12 febbraio 2012 – l'ARS non era ancora stata costituita – scrissi un breve post dedicato al movimento dei forconi. Lo copio e incollo:
"Guardo con attenzione e vivo interesse il movimento siciliano. Mi auguro che esso non si trasformi in un Movimento di pretese della Sicilia nei confronti dell'Italia (o di Roma) e che sia l'inizio del riscatto della Sicilia e dell'Italia. Mi auguro che esso non si risolva nella invocazione di maggiore autonomia – sebbene l'autonomia prevista dallo Statuto siciliano, qualora, come si ripete da più parti, non sia stata interamente esercitata, sia perfettamente legittima.
L'Italia ha bisogno di introdurre una programmazione, una direzione e un controllo sulla produzione e sulla distribuzione delle risorse. Un sistema non affidato al mercato ma fondato sulla programmazione, sulla direzione e sul controllo della produzione e della distribuzione delle risorse valorizzerebbe i piccoli e medi produttori. L'Italia e la Sicilia hanno bisogno di un sano centralismo nella programmazione economica della nazione o moriranno. E prima ancora hanno bisogno di recuperare la sovranità nei confronti dell'Unione Europea per poter instaurare un sistema di programmazione, direzione e controllo che altrimenti sarebbe illegittimo.
Non è sbagliato che il Movimento dei forconi si butti in politica. Giustamente, in un video, un appartenente al Movimento dei Forconi distingueva tra Partitica e Politica e diceva che la Politica è una cosa seria. Il problema del Movimento dei Forconi è di inserire le giuste e sacrosante rivendicazioni corporative all'interno di una linea politica che si riveli luminosa e non un vicolo cieco.
Riconquistare la Sovranità nei confronti dell'Unione Europea. Programmare dirigere e controllare produzione e distribuzione al livello centrale (italiano). E valorizzare il lavoro, autonomo e subordinato, in tutte le sue forme. E' questa la linea luminosa".
Il mio ovviamente era un augurio e non un suggerimento. Infatti, Mariano Ferro, soltanto un mese dopo, dava prova di avere da tempo idee ben chiare e salde.
Il volantino del 9 dicembre ha elevato a slogan molti concetti chiave delle analisi e delle proposte dell'ARS.
Abbiamo perciò deciso di recarci presso i presidi organizzati per il 9 dicembre e di essere presenti, come anonimi partecipanti e osservatori.
Ai presidi, invero abbastanza diversi per composizione da città a città, si trovano soprattutto uomini comuni, semplici, i quali hanno introiettato le parole "Costituzione", "Sovranità" e "Dignità" – i tre slogan della manifestazione -, pur senza conoscere a fondo il significato delle prime due: il significato della terza, invece, lo conoscono e molto bene, perché la dignità non è un concetto politico-giuridico, bensì un valore umano primordiale. Ma al fianco di queste persone semplici si accostano studenti e, credo, pentastellati.
Anche la contestazione radicale dell'Unione europea risuona nei discorsi dei partecipanti alla protesta, discorsi che sovente sono di una semplicità sorprendente fino all'ingenuità estrema. Sarebbe sciocco, però, dispiacersi di questa ingenuità. Bisogna invece gioire perché si va diffondendo il frasario della nostra ideologia: Costituzione, Sovranità, fuori dall'Unione europea o addirittura fine dell'Unione europea. E' un fatto importantissimo; nella nostra prospettiva direi che è un evento di importanza gigantesca. Ugualmente, inviterei a ignorare quei pochi partecipanti (probabilmente i fascisti) che hanno offeso o denigrato la Costituzione, contraddicendo gli slogan della manifestazione. Certo, c'è tanta confusione, incoerenza e banalizzazione, questo non lo si può negare. Ma questi limiti non hanno alcuna importanza dinanzi all'enorme rilievo che assume la diffusione delle nostre parole d'ordine – le quali assurgono addirittura a "frasario ideologico" – in manifestazioni che coinvolgono complessivamente centinaia di migliaia di persone.
Fino ad ora i sovranisti erano un'avanguardia formatasi soprattutto o esclusivamente dentro la rete di internet. Essi hanno cominciato ad uscire dalla rete organizzando convegni, incontri e riunioni per diffondere il verbo anche al di fuori della ristretta cerchia che frequenta la catacomba sovranista. Ma ecco che all'improvviso appare tanta gente comune, semplice, disoccupati, precari, lavoratori alla giornata, autonomi che non riescono più a darsi il lavoro e stanno chiudendo o hanno chiuso l'azienda. E' giunto il momento di parlare anche ad essi. Ci era difficile andarli a cercare. Ora invece sappiamo chi sono e dove trovarli.
La manifestazione del 9 dicembre, dopo aver prodotto un grandissimo risultato (direi che lo ha già prodotto), si esaurirà senza avere l'esito sperato o dichiarato. Non sono nemmeno sicuro che "l'azione sindacale" (così la manifestazione è definita nel video ufficiale) si concuderà con una manifestazione nazionale a Roma. Gli organizzatori hanno detto di non aver pensato al dopo ma un dopo ci sarà.
Accadrà, infatti, che le persone che hanno partecipato all'azione in parte torneranno alla vita normale, salvo presenziare a successive manifestazioni, in parte diverranno militanti: organizzeranno assemblee, parleranno, si chiariranno le idee, inviteranno, ascolteranno; forse pochi studieranno, ma certamente tutti, parlando e ascoltando, si formeranno. Sarà il secondo grande risultato. Si formerà una rete di militanti in ogni città. E dal frasario ideologico – parole dal significato ancora troppo generico e vago – si scenderà pian piano verso le analisi e le proposte essenziali. Nelle assemblee, ne sono certo, parleranno, sia pure a titolo di comuni cittadini, sindaci e assessori, ma, assieme a tanti altri, parleremo anche noi militanti dell'ARS.
La rete di militanti sovranisti, ingrandendosi e crescendo per profondità di analisi e proposte, dovrà generare e selezionare la nuova classe dirigente. Infatti, fino a quando l'Italia non sarà governata da sovranisti, il processo che è stato avviato non sarà concluso. Il processo sarà lungo, molto più lungo di quanto credano i partecipanti alla protesta. Ma si realizzerà, perché l'Unione europea ha la stabilità che aveva l'URSS nel 1985.
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