Salvezza immeritata
In democrazia, non diversamente che negli stati autoritari o totalitari, i partiti occupano lo Stato. In democrazia lo Stato è occupato da più partiti (eventualmente in forma alternata). Negli stati autoritari o totalitari spesso da un solo partito e talvolta da più partiti.
Questo va considerato un dato di fatto, che soltanto menti ingenue possono contestare. Non esiste nessuna esperienza storica nella quale l'occupazione dello Stato da parte dei partiti non si sia verificata.
Si suol credere che in democrazia i partiti che occupano lo Stato possano essere scalzati con le elezioni. Ma questa è una GRANDE INGENUITA'. I partiti esistenti, esclusi i partiti nuovi, momentaneamente antisistemici, non si fanno la guerra. Anche questo è un dato, almeno nelle democrazie moderne. Essi combattono una battaglia tattica. Ciò avviene in due forme.
Talvolta, chi vince occupa il 70% e lascia il 30% ai partiti avversari. Quando lo Stato è dotato di autonomie regionali, accade che nello stesso lasso di tempo un determinato partito vinca, oltre alle elezioni nazionali, alcune elezioni regionali ma ne perda altre. Questo fenomeno rende più utile e frequente la divisione: chi vince (a livello nazionale o regionale) prende il 70% e chi perde il 30%.
Questa tendenza universale è rafforzata dai sistemi elettorali che promuovono il bipolarismo (con decine di gruppi o correnti di potere che formalmente prendono il nome di partiti ma che non sono parti autonome). Il bipolarismo è sempre unipolarismo dal punto di vista dei contenuti; sicché non esistono mai remore ideologiche ad attribuire ai perdenti il 30% dell'occupazione dello Stato; mentre possono esistere convenienze tattiche. Inoltre, quanto più i due poli (pluripartitici nel senso di composti da più gruppi di potere) sono identici, tanto più potrà accadere che in certi casi o istituzionalmente chi vince prenda tutto: la probabile alternanza, entro 4-8 anni, sarà in questo caso alternanza totale nell'occupazione dello Stato ma sempre di divisione del potere si sarà trattato.
Non è l'occupazione dello Stato in sé il problema, posto che si tratta di un dato costante nella dimensione diacronica e sincronica.
l problemi sono due:
1) quali sono le idee i valori e i principi affermati dal partito che occupa lo Stato;
2) il livello della classe dirigente, sotto il profilo della austerità (non l'onestà, che tutti a chiacchiere possono rivendicare ma l'austerità), serietà, capacità.
La parte del popolo che non condivide le idee, i principi e i valori espressi dalla attuale classe dirigente DEVE IMPEGNARSI A COSTITUIRE ALTRI PARTITI CHE PROPONGANO ALTRE IDEE, VALORI E PRINCIPI. Ma non bastano le idee. Le idee camminano o si arrestano con gli uomini chiamati ad attuarle. Perciò la parte del popolo che non condivide le idee, i principi e i valori espressi dalla attuale classe dirigente DEVE IMPEGNARSI ANCHE A PARTORIRE LA NUOVA CLASSE DIRIGENTE.
Il compito del popolo non è soltanto quello di protestare. E non basta che il popolo protesti in modo autonomo e spontaneo e non voglia la partecipazione alla protesta di partiti, sindacati e associazioni. SE IL POPOLO NON E' STUPIDO (talvolta capita che lo sia), esso AVVERTE IL DOVERE DI COSTITUIRE PARTITI CON NUOVE E OPPOSTE – SOTTOLINEO OPPOSTE – IDEE, RISPETTO ALLE DOMINANTI MA ANCHE IL DOVERE DI PARTECIPARE ALLA GENERAZIONE DI UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE.
In modo molto confuso il M5S ha cercato di proporre nuove idee. Personalmente credo che le idee siano confuse, contraddittorie e prive di base materiale, sicché anche quelle buone risultano campate in aria e irrealizzabili. Però ho apprezzato il tentativo.
Dove il M5S è assolutamente deficiente, direi strutturalmente malato, è nell'aver creduto che "uno vale uno" e che il compito dei militanti non fosse quello di generare una nuova classe dirigente.
Perciò serve (almeno) un altro nuovo partito, che proponga idee opposte a quelle dominanti, più limpide, coerenti, vigorose e materialisticamente fondate rispetto a quelle del M5S, e che muova dal presupposto che se il popolo non è in grado di partorire dal proprio ventre una buona, ottima o eccellente classe dirigente, non tanto "merita" di essere schiavo e comunque di vivere in una civiltà decadente, quanto "sarà" schiavo e vivrà una civiltà decadente.
ISCRIVETEVI A UNO O ALTRO DEI PICCOLI O NUOVI MOVIMENTI POLITICI CHE STANNO SORGENDO OPPURE CREATENE ALTRI ASSIEME AD AMICI E CONOSCENTI. SE NON VOLETE ADEMPIERE QUESTI ESSENZIALI DOVERI, SAPPIATE CHE SE MAI VI SALVERETE, PER VOI LA SALVEZZA SARA' UNA SALVEZZA IMMERITATA.
Chiedo scusa per i molteplici refusi, che poi ho corretto. Si tratta di uno "stato" scritto velocemente e pubblicato sulla pagina facebook, copiato e incollato senza rilettura.
Scusate ma l'argomento della "salvezza immeritata", soprattutto se rivolto a un popolo di cui si teme non sia troppo desideroso di partecipare e mettersi in gioco, non è molto efficace.
Uno prima si salva e poi vede se meritava o no, proprio all'italiana; intanto però si è salvato e non ha dovuto nemmeno rischiare in proprio…
Invece si potrebbe dire che le "salvezze senza merito" erano possibili fino a una ventina o trentina di anni fa ma oggi o spingiamo tutti o saremo tutti sopraffatti.
Si potrebbe fare un discorso bene argomentato su come questo potere oligarchico e tecnocratico si è esercitato, in un lungo percorso cominciato a metà degli anni settanta, in primo luogo scoraggiando i cittadini a informarsi e partecipare attivamente alla vita politica.
Si sono usate trasmissioni televisive come Drive In, scandali di tutti i tipi in cui mediaticamente si sovrapponevano responsabilità individuali a colpe della struttura della rappresentanza politica (partiti, parlamento etc), scandali sulla mala gestione della cosa pubblica che capziosamente venivano proposte come la prova che l'errore non era nella mala gestione ma proprio nella "cosa pubblica" – sbagliata in sé – mentre il privato è sempre buono (come se queste male gestioni non derivassero, come è ovvio, da ingerenze di interessi privati); hanno messo in atto un bombardamento mediatico impressionante per far passare in modo acritico (il più difficile da sradicare) alcune idee fra le quali le due principali sono:
1) Ognuno è imprenditore di sé stesso. Balla che ha l'unico scopo di strappare il cittadino alla sua appartenenza di origine e a inibirgli ogni capacità associativa autonoma dal potere.
2) L'idea disastrosa che governance e government sono la stessa cosa e anzi la governance è più importante e tutto si riduce a essa. Non è vero! La società non è la somma algebrica delle private necessità degli individui; non sono solo le esigenze dei singoli gruppi che hanno un ruolo attivo (stakeholders) a definire il senso, il significato e lo scopo della società. Si tratta di pseudoconcetti che hanno l'unico scopo di distruggere l'idea di Stato, di sminuire qualsiasi "ideale", qualsiasi senso sacro della comunità.
Per superare questa distorta visione del mondo, che ormai sembra aver preso piede irreversibilmente, occorre proporre nuove prospettive e temo che nonostante il vostro coraggio e il vostro sincero impegno voi vi stiate limitando a dire che bisogna tornare a una qualche purezza originaria, piena di austera sobrietà, di pudore, di disciplina.
Arretrate e vi arroccate; a mio avviso è un grosso errore.
Matauitatau
in realtà io almeno condivido totalmente ciò che hai scritto e credo che lo condividano pressoché tutti. Il senso dell'articolo, per chi come noi ha creato un'associazione che ha ambizioni politiche, era di spingere alla militanza tanti che criticano, postano, commentano ma non militano. Questo era il senso pratico, per così dire.
Poi c'era, sia pure sullo sfondo, la critica della critica ai partiti svolta espressamente dal M5S, e la critica della critica al concetto di classe dirigente, svolta implicitamente dal medesimo movimento, nonché la volontà di affermare il concetto realista, vero, indubitabile, effettuale, che in democrazia i partiti occupano lo Stato in misura magari spesso minore ma altre volte persino maggiore che nei regimi totalitari.
E qui torno al "discorso". Il nostro discorso è politico o tenta di esserlo. Le nostre posizioni non corrispondono alle nostre astratte idee ma a idee che, a torto o a ragione, crediamo effettuali. Persino il materialismo che pervade molti articoli nasce dalla materialità della crisi e non corrisponde al carattere e alle personalità di molti di noi.
Insomma, noi speriamo che sia l'inizio di un cammino e quindi ci comportiamo come se lo fosse.
Stefano, non era un discorso sulle idee ma sul modo di veicolarle.
Per esempio voi parlate dell'importanza di formare una classe dirigente ma non vedete proprio il problema di "far accettare" questa classe dirigente, di come dargli un carisma o un appeal o uno status (quello che ti pare) per cui la gente dica "Toh, ecco una bellissima classe dirigente bella e pronta. Affidiamoci a lei".
Voi pensate che se formate un pool di persone competenti ecco che la gente se ne accorge immediatamente e il gioco è fatto.
Non è così e a mio avviso (puoi e potete non essere d'accordo ma è la mia sensazione) non avete ancora una buona linea di comunicazione.
Non si tratta di "come indorare la pillola" ma di come si impara a "ascoltare" le istanze del popolo le quali sono confuse e contraddittorie riuscendo a dargli una "traduzione" in termini di progetto e soprattutto fondando questo progetto su un "ideale" che purtroppo non può essere il "ritorno al passato".
Quindi quel tuo accenno alla "salvezza immeritata" a mio parere era l'epitome di un atteggiamento un po' troppo demodé basato sulla "bontà delle intenzioni", sulla frugalità e il pudore, su una "buona condotta" e su tutto un campionario di valori un po' moralistici e nostalgici.
Secondo me si può fare di meglio visto che siete un gruppo di persone con un eccellente livello di competenze tecniche in giurisprudenza, storia, immagino economia etc
Esprimo la mia opinione sperando che nasca un discorso fra molti utenti; non credo nell'importanza della giustezza dei concetti ma piuttosto nella vitalità e autonomia di un "discorso" la cui concettualizzazione finale per adesso non è il problema principale (e in generale non dovrebbe mai esaurirsi in una formulazione valida per tutti e per sempre se non per alcuni principi fondanti).
Scrivi: "Voi pensate che se formate un pool di persone competenti ecco che la gente se ne accorge immediatamente e il gioco è fatto".
Ma dove l'hai letta una cosa del genere? Sembra quasi che ci prendi per scemi, perché uno che la pensa come tu credi che noi la pensiamo è chiaramente scemo. Sono sorpreso. Comunque ti sbagli. Noi ci siamo dati tre anni per penetrare nel maggior numero di città e creare gruppetti. E siamo umilmente andati ad incontrare il Movimento del 9 dicembre in parecchie città. E ora ci ha cercato uno del comitato promotore e andremo a parlargli. Abbiamo organizzato una cinquantina di incontri pubblici in diverse città. Ognuno di noi è chiamato a cercare di coinvolgere amici, parenti, conoscenti, colleghi. E' tutto scritto nel progetto, che è di un'umiltà rara, per non dire unica.
"non avete ancora una buona linea di comunicazione"
Ma noi abbiamo sempre detto che nei prossimi 18 mesi (all'inizio erano tre anni) è meglio che diventiamo 2000 anche se ci conoscono 100.000 persone, anziché essere 1500 e ci conoscano 10.000.000 di persone. Queste cose le abbiamo spiegate e in parte sono discorsi che svolgiamo tra noi, ovviamente. Ora noi dobbiamo mettere le bandierine in più città possibili e creare non virtualmente ma nella realtà alcuni gruppetti in quelle città.
Cosa credi che se domani entrassero all'improvviso 300 persone sarebbe una cosa positiva? Chi è equilibrato e chi è squilibrato? Chi andrà a caccia di altri bravi, cercando la classe dirgente (la classe dirigente non siamo solo noi, ci mancherebbe: noi la cerchiamo, perché deve essere composta da 10.000 persone – e inizialmente almeno 2000 -, considerati il livello nazionale, regionale e cittadino) e chi è egoista e competitivo e paralizzerà il processo nella sua città? Chi è che è infantile e comincia a proporre "cambiamo questo e quello" senza aver nemmeno conosciuto a fondo il progetto e la ratio di norme che ci siamo dati? Chi è narciso e nevrotico e dopo qualche mese ti distrugge un anno e mezzo di lavoro, se previamente non loparalizzi? Chi è dotato di socialità ed è un buon candidato e chi è che deve svolgere altri ruoli? Chi sa scrivere un volantino e chi non lo sa fare? Chi è che non sa scrivere e ama scrivere? Come fai a sapere tutto ciò? Ora dobbiamo gettare le fondamenta, scegliere i materiali, conoscerci, creare un gruppo che, anche se, come è probabile, l'ARS si fonderà o si alleerà con altri soggetti, rimarrà assieme per trenta anni. Le cose non sono facili come sostieni tu, se vuoi costruire qualcosa che abbia possibilità di durare. La comunicazione riguarda un momento successivo: quando hai costruito l'offerta politica (uomini militanti, comunanza, organizzazione e idee) e la offri al pubblico (la domanda).
L'""ideale" che purtroppo non può essere il "ritorno al passato". Questo è vero e falso. Ogni tempo è nuovo e quando un tempo passa è irripetibile ma i principi giuridico-politici sono solo una parte del tempo e quelli possono in parte tornare, nella misura in cui ne ricorrono le condizioni: la banca universale, abbandonata nel 1929, è tornata; la libera circolazione dei capitali, abbandonata nei primi anni trenta, è tornata; il liberoscambismo, abbandonato nel 1929, è tornato; la grande impresa solo privata, abbandonata con l'IRI e poi nel trentennio glorioso, è tornata; la concorrenza, abbandonata definitivamente con la Costituzione, è tornata. C'è poco da fare, sotto questo punto di vista puoi separare le banche, specializzarle, puoi limitare la circolazione dei capitali, puoi introdurre forme di protezione, puoi ri-creare imprese pubbliche. Come il liberismo è tornato indietro anche gli avversari del liberismo hanno poco da inventare sotto questi profili (per questo i "progressisti" sono spaesati e non sanno che pesci pigliare): devono voler tornare indietro. Non siamo guru che inventano un mondo nuovo. Poi dopo si possono fare tante cose nate nel (o strattamente legate al) tempo attuale ma la struttura politico-giuridica sotto il profilo economico è quella (e lo è anche sotto molti versi sui quali per il momento preferisco tacere).
Che siate scemi io non l'ho detto né pensato, per la verità.
Ho l'impressione che nel vostro movimento ci siano delle buone idee e altre meno buone, molto semplice. Immagino che organizzerete altri incontri e se potrò parteciperò soprattutto per vedere com'è l'ambiente che è un fattore molto più importante delle idee che vengono dichiarate.
Certamente è vero che si deve costruire un nocciolo duro (più quello che la "classe dirigente", direi) e per quello ci vuole prudenza. E tempo.
Organizzeremo incontri regionali ma soltanto in alcune regioni dove crediamo che ciò sia utile. Poi organizzeremo incontri cittadini in alcune città ma lì troverai solo i nuclei cittadini che avranno organizzato. Stiamo organizzando incontri con simpatizzanti e curiosi. Fino ad ora abbiamo avuto 40 risposte ma ancora non sono stati comunicati i dati dal Piemonte dalla Sicilia dalla Liguria e dalla Toscana. Abbiamo ragione di credere che siano almeno una ventina. Dunque faremo circa 6 riunioni con gotomeeting, perché bisogna dare spazio a simpatizzanti e curiosi, che non possono essere più di dieci a serata. Ogni volta parteciperanno almeno una decina di soci (in tutto i pc collegati possono essere 26 ma conviene stare sotto i venti). Una riunione di queste potrebbe essere utile. Poi organizzeremo incontri regionali, sempre con gotomeeting, di carattere programmatorio. E tra le iniziative in programma ci sono riunioni regionali in cui ogni iscritto èonvitato a portare un amico. Se mi fai sapere su italiasovrana@gmail.com dove vivi, ti contatteremo certamente. Abbiamo deciso di non organizzare un importante seminario che avevamo in mente e che avremmo svolto a Roma, perché avrebbe comportato molto impegno e poco rendimento in termini di nuovi soci: non è ancora il tempo. Invece a fine maggio-prima settimana di giugno si svolgerà l'assemblea nazionale a Roma.
Ciao Matauitatau. da quello che scrivi ho come la sensazione che presto ti associerai. Spero proprio di non sbagliarmi, e credo che potremo fare bene delle cose insieme.
Per quanto riguarda il merito delle tue osservazioni, mi sembra di capire (se sbalio coregime) che tu sia perplesso sul fatto che rischiamo di diventare un "cenacolo", sia pur numeroso, di intellettuali più o meno bravi ma incapaci di parlare al "popolo". E' un timore che ognuno di noi ha nel cuore, ma non è anticipando i tempi, e dunque anticipando la fase di comunicazione-proselitismo di massa, che possiamo esorcizzarlo. Abbiamo tutti questo timore, ma sappiamo anche che "prima" dobbiamo:
a) crescere numericamente, possibilmente in modo omogeneo sul territorio nazionale
b) conoscerci bene tutti
c) affianre ed ampliare la nostra piattaforma
I "cenacoli" restano tali proprio perché, raggiunto il numero di alcune decine, hanno la pretesa di parlare alle masse. Magari senza aver raggiunto la necessaria unità di intenti ed aver provveduto (ahimè) anche all'esclusione di quanti non si sono dimostrati adatti al lavoro politico, anche se in possesso di eccelse qualità. Noi non abbiamo bisogno di geni, ma di persone di buona cultura, sinceramente democratiche, equilibrate, che condividano una piattaforma comune e ancora incompleta. Oggi il "lavoro" consiste nel completare la piattaforma, anche insieme ai nuovi arrivati, tra i quali spero possa esserci anche tu.
Come vedi, dobbiamo camminare su due gambe: l'elaborazione teorica e la costruzione della base militante. Servono, per fa ciò, uomini e donne che abbiano, tra le loro qualità, anche la pazienza. Non troppa, non temere, ma un po' sì.
A un certo punto del nostro cammino (un anno? due anni?) saremo una forza politica allo stato nascente. Cercheremo, allora, altre forze simili a noi (speriamo che ce ne siano) e inizieremo a rivolgerci alle masse. Ma non come "cenacolo", bensì come piccolo embrionale movimento politico. Quel giorno, che non è domani ma nemmeno lontano, la "comunicazione" diventerà la nostra preoccupazione primaria. Sapremo, però, "cosa comunicare". E non mi sembra poco.
Un saluto sovranista, democratico e costituzionale.
Refuso:
Al punto c volevo scrivere: "Affinare ed ampliare la nostra piattaforma"
Grazie per la cortesia delle risposte.
Vi continuo a seguire con interesse e senza dubbio un giorno ci incontreremo.
Il riferimento di Matauitatau sulla governance è molto utile e opportuno perché richiama l’attenzione sul sistema suggerito dalle dottrine liberiste per imporre per vie traverse lo stato minimo; per assottigliare progressivamente la gestione pubblica dei servizi, specie quelli locali, e aziendalizzare gli stessi in modo che i soggetti privati ci trovino il loro profitto. Se il servizio pubblico non dà il profitto preteso, si taglia, si riduce, si “ristruttura”. La governance è l’intrusione e la progressiva conquista del “pubblico” da parte dei privati; una iniziale cogestione che sa tanto di corruzione, di inciucio e di malaffare, sperimentata massicciamente in Italia nelle Regioni con la governance ispirata dall’Unione europea. È un aspetto che si ricollega in un certo modo al problema della formazione della classe dirigente, che, negli anni della prima Repubblica, si svolgeva come gavetta nelle amministrazioni nei Comuni e nelle Province. Ma la selezione nelle amministrazioni regionali, negli ultimi vent’anni, ha fatto emergere non dirigenti politici, ma ciurme di opportunisti, affaristi e faccendieri, che hanno scoperto il metodo di saccheggiare le risorse pubbliche facendole transitare sulla governance. Dunque il problema della formazione e della selezione della classe dirigente esiste. Il popolo è sovrano, e spetta al sovrano scegliere la classe dirigente, beninteso in regime democratico, e dunque non nell’attuale eurounionista. Il popolo non è relegato a un ruolo passivo e il ceto dirigente non può costituirsi artificiosamente fuori di esso; si viene a comporre dai cittadini che fanno propri idee, programmi, principi e valori, comunicati e diffusi da gruppi e avanguardie più o meno minoritarie. “La buona linea di comunicazione”, sollevata a buona ragione come problema da Matauitatau, sarà certamente cruciale quando, raggiunta una adeguata consistenza numerica come movimento, si tratterà di illustrare l’esigenza di recuperare leggi e ordinamenti che disciplinavano la potestà e la sovranità dello stato sull’economia, sul diritto; leggi che funzionavano e hanno fatto crescere l’Italia in tutti i campi, per settant’anni e oltre.