Cronache marziane
Premessa
Nel testo che segue riporto le mie impressioni e riflessioni sul recente convegno "Oltre l'euro. La sinistra. L'alternativa", organizzato dal Movimento Popolare di LIberazione (MPL) e Bottega Partigiana. Sebbene sia iscritto all'ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità), esse non riflettono necessariamente le posizioni dell'associazione, della quale condivido gran parte della lettura del reale, ma non tutto. Inoltre, dedicherò la mia attenzione agli interventi che hanno maggiormente insistito sugli aspetti politici e indicato possibili percorsi di fuoruscita dalla crisi.
Vorrei iniziare sottoponendovi il testo di un commento dell'economista Gustavo Piga in risposta alle osservazioni di un visitatore del suo blog (www.gustavopiga.it), che aveva fatto riferimento al concetto di verità scientifica in economia. Risponde Gustavo Piga: "Scusi ma di quale verità scientifica parla? Lei crede che in economia ci siano verità scientifiche? Mi fa sorridere. Ci sono opinioni politiche, passioni civiche, apprezzabili o esecrabili. Intuizioni, acume, conoscenza (delle storia e della società). Ma chi, come lei, per dimostrare un argomento fa ricorso ad autori, nobili certamente, mi ricorda quella Santa Inquisizione che difendeva sacre idee che così vere non erano. Ribadisco: la battaglia per la fine dell’euro, per me rimane sbagliata come due anni fa quando su questo blog ne indicai l’inevitabile crescita politica come movimento se si non fosse agito per levarle la forza che avrebbe acquisito di fronte all’indifferenza di chi manovra scelleratamente la politica economica in Europa. E non è, la mia, una verità scientifica, esattamente come non lo è la sua o quella di altri.".
Che dire? Gustavo Piga ha ragione (anche se sull'euro, che è un morto che cammina, a mio parere sbaglia): non esiste, in economia, una verità scientifica, per la semplice ragione che l'economia è politica, o non è. In altri termini non esiste una soluzione ai problemi economici che possa prescindere dagli interessi, ma anche dagli ideali e dalle passioni, di chi se ne occupa. Tutto, ma proprio tutto, dipende e discende dalla scala di valori e interessi che si sente propria. Ho voluto sottolineare questo semplice concetto per ricordare che qualsiasi proposta di soluzione della crisi deve essere inquadrata nella prospettiva dei valori e degli interessi (oltre che di "bottega politica") di chi la sostiene. Da ciò segue che Gustavo Piga, che è un convinto sostenitore del liberoscambismo, e quindi dell'euro e del Mercato Unico, per me ha torto "a prescindere", anche quando le sue argomentazioni sono correttamente coerenti con le sue convinzioni. Cosa che, nel campo degli euristi, non sempre è accaduta negli ultimi tempi.
Il convegno di Chianciano
Il convegno "Oltre l'euro. La sinistra. L'alternativa" è stato promosso da una parte dei soggetti che assumono come primo valore da difendere la democrazia, e come interesse privilegiato quello del mondo del lavoro, inteso quest'ultimo nella sua accezione più generale di tutti coloro che, per vivere, ogni giorno devono alzarsi per andare a lavorare o cercare un'occupazione. Una parte di questi soggetti politici, ma non tutti, ha partecipato. Tra gli assenti c'è stata anche l'ARS (di cui faccio parte), scelta che ho combattuto nel direttivo nazionale che ha preso questa decisione, e che continuo a ritenere sbagliata. Lo sviluppo del convegno, e gli interventi che ho ascoltato, hanno confermato questa mia valutazione, sebbene resti convinto che essa, almeno per quanto riguarda ARS, sia stata più il frutto di un fraintendimento che di reali motivi di contrasto. Alla radice dei fraintendimenti continua ad esserci l'uso di una dicotomia che, negli ultimi decenni, è diventata estremamente ambigua nella percezione che ne hanno le persone, quella "destra/sinistra". In questo senso il titolo del convegno, che contiene la parola "sinistra", non è stato di aiuto alla corretta comprensione di ciò che esso è realmente stato. Chi ha partecipato ha potuto verificarlo di persona; gli altri potranno constatarlo visionando i video degli interventi che sono in via di pubblicazione. I relatori hanno tutti sostenuto posizioni valoriali democratiche e proposto percorsi di uscita dalla crisi nei quali veniva chiaramente posto l'accento sugli interessi del mondo del lavoro, ma ognuno di loro li ha declinati in modo coerente con la propria visione del mondo, e chissà, forse anche degli interessi di bottega. Ma di ciò, noi che abbiamo vissuto abbastanza, non ci meravigliamo né ci scandalizziamo più di tanto.
Gli interventi "politici"
La prolusione di Moreno Pasquinelli del Movimento Popolare di Liberazione (MPL) ha enucleato i quattro scenari più probabili, che egli ha definito: soluzione socialista, soluzione liberista, soluzione fascista, soluzione sovranista democratica. Nessuno dei relatori ha indugiato sulla possibilità di una soluzione socialista, evidentemente improbabile sebbene gradita ad alcuni, né sul pericolo di una soluzione fascista. Quest'ultima, essendo il fascismo l'antidoto velenoso escogitato dal Capitale per arrestare l'avanzata del socialismo, non può sussistere se manca la "minaccia del socialismo". Restano, dunque, due soli probabili scenari, la soluzione liberista e quella democratica sovranista, vale a dire le due forme che il mercato ha assunto nel corso del XX° secolo. MPL sostiene la linea di un'alleanza di tutte le forze democratiche per un'uscita democratica e sovranista dalla trappola dell'euro e dell'Unione Europea.
Sebbene tutti i relatori si siano espressi a favore del ripristino di una forma regolata di mercato capitalistico (sia pure come fase transitoria verso il socialismo, nel caso di Moreno Pasquinelli), quelli di loro che hanno affrontato il tema della fuoruscita dall'euro si sono divisi sui possibili percorsi politici. La linea di demarcazione principale può essere individuata nella specificazione della fonte di sovranità da cui far discendere l'opera di regolazione dei mercati, per alcuni essendo questa da ricercarsi negli Stati nazionali, per altri in istituzioni europee profondamente rinnovate. Tra i fautori della prima posizione ci sono Moreno Pasquinelli di MPL e Luciano Barra Caracciolo ("l'alternativa è pronta, c'è già, è il recupero del modello costituzionale!… Non abbiamo bisogno di altro: la Repubblica democratica fondata sul lavoro…"), mentre Andrea Ricci, e soprattutto Sergio Cesaratto, sono apparsi più favorevoli alla seconda ipotesi. Un discorso a parte merita l'intervento di Emiliano Brancaccio.
Sergio Cesaratto ha svolto la prima parte del suo intervento ricordando il contributo di Friedrich List, secondo il quale lo Stato nazionale è "lo spazio più prossimo in cui una classe lavoratrice nazionale può legittimamente sperare di modificare a proprio vantaggio i rapporti di forza", a "fronte della visione cosmopolita del capitalismo e degli interessi dei lavoratori che Marx gli contrappone". In modo che mi è parso lievemente contraddittorio, nella parte finale del suo intervento Cesaratto ha enunciato una posizione di compromesso, consistente nella costruzione di una posizione politica che ponga le attuali istituzioni europee davanti alla scelta tra un radicale cambio di rotta della gestione economica o la fine dell'eurozona. Questa posizione politica, secondo Cesaratto, può essere perseguita aderendo alla proposta di dar vita a una lista Tsipras per le prossime elezioni europee, nella quale dovrebbero confluire tutte le forze critiche da sinistra dell'attuale linea economica dell'UE, fino a comprendere SEL se ciò dovesse risultare possibile. Un diffuso mormorio dell'uditorio ha fatto da commento a questa proposta, evidentemente non ben accetta, mentre Cesaratto, in preda a un evidente nervosismo, concludeva il suo intervento.
Più netta, ma anch'essa contraddittoria, la proposta di Andrea Ricci, consistente nell'uscita unilaterale e immediata dell'Italia dall'euro, unitamente al rilancio del processo di integrazione europea su basi radicalmente nuove. Ricci motiva la sua tesi da un lato per l'insostenibilità della moneta unica, dall'altro per il rifiuto di logiche di natura protezionistica e di chiusura agli scambi che sarebbero, a suo parere, l'inevitabile conseguenza del ritorno agli Stati nazionali. La chiusura dell'economia italiana agli scambi internazionali, conseguente al ripristino di barriere protezionistiche, avrebbe, secondo Ricci, gravi costi per l'Italia che ha, principalmente, un'economia di trasformazione, e profonde ripercussioni di ordine politico e culturale. Andrea Ricci argomenta la sua tesi ricordando che i periodi migliori della storia italiana hanno coinciso con le fasi di apertura agli scambi internazionali e al cosmopolitismo, mentre una chiusura isolazionista, protezionistica e autarchica potrebbe legittimarsi, agli occhi dell'opinione pubblica, "soltanto in virtù di un gretto nazionalismo, anacronistico e reazionario nel mondo attuale". Per Ricci, il recupero della sovranità nazionale, di cui si professa fautore, "non deve significare il ripiegamento su valori imperniati su una presunta tradizione nazionale". Per queste ragioni egli dichiara di essere "ancora, nonostante tutto, un convinto sostenitore dell'unità europea, perché credo che nell'epoca attuale sia ancora l'Europa il posto nel quale il nostro paese può progredire e prosperare, in attesa poi di un'altra epoca, un'epoca futura, quella dell'internazionale futura umanità". In realtà, aggiunge Ricci, "quella della sovranità nazionale perduta con l'integrazione europea, è un mito", perché dopo la seconda guerra mondiale, "l'Italia è stata, ben più di altri paesi europei, un paese a sovranità limitata". La tesi, conclude Ricci, può apparire contraddittoria, ma così non è perché non è sbagliata la prospettiva dell'unificazione europea, ma il percorso che è stato scelto, basato sull'imposizione di una moneta unica tecnicamente insostenibile. La soluzione, in definitiva, è per Andrea Ricci quella di rigettare l'euro e tenersi l'Unione Europea, cambiandone la politica economica ma senza rinunciare al Mercato Unico. L'intervento di Ricci si conclude con un lungo e caloroso applauso dei convenuti, ai quali temo sia sfuggita, anche per l'abilità dell'oratore, la questione di fondo, ovvero che non solo l'euro è stato un errore tecnico, ma anche e soprattutto lo strumento di coercizione della democrazia in Europa. E' anche possibile, tuttavia, che questa sia oggi l'unica posizione sostenibile per un economista che è stato per lungo tempo il responsabile economico del PRC, un partito nel quale è in corso una logorante battaglia interna proprio sull'euro e l'Unione Europea, non ancora conclusasi.
L'intervento politicamente più significativo è stato quello di Emiliano Brancaccio. Dopo aver "pagato pegno" al suo rango di "economista de sinistra" prendendo le distanze dal Front National di Marine Le Pen ("non si può sdoganare il Fronte Nazionale in Francia pur di far saltare la baracca dell'euro") ottenendo però un tiepido applauso da parte dell'uditorio, Brancaccio ha rilanciato sul terreno dei diritti civili ("chi oggi combatte contro l'assetto dell'unione monetaria europea, e dell'Unione Europea, deve farlo con lo scopo di appropriarsi della categoria della modernità"). Una richiesta, tutto sommato, non eccessiva (Se Parigi val bene una messa, l'Eliseo, per Marine Le Pen, può ben valere il riconoscimento dei diritti civili! – n.d.r.). Piuttosto, lascia perplessi l'espressione "assetto dell'unione monetaria europea, e dell'Unione Europea", che ammicca alla possibilità di riformare questa Europa nella visione di un'altra Europa. Ipotesi che, nel prosieguo dell'intervento, passa però in secondo piano. Il passaggio successivo è sui movimenti di protesta dal basso, e qui Brancaccio si distacca nettamente dalle posizioni di certa sinistra ossessionata dalla purezza ideologica, allorché dichiara "…io credo che si debba intercettare quei movimenti… ovviamente bisogna saperlo fare…", l'applauso, questa volta, è più convinto, "…bisogna avere idee chiare, perché in questi nuovi scenari di protesta la concorrenza politica è tra forze antagoniste, si concorre gomito a gomito con i neofascisti. In quei contesti, o si ha la forza di egemonizzare, o si è egemonizzati e si tracolla!". L'ouverture brancacciana si conclude con la richiesta/speranza di potersi rivolgere ai presenti in sala con l'appellativo di "compagni". Tale dichiarazione è seguita da un applauso scrosciante, ma non unanime (sono un testimone oculare – n.d.r.). Subito dopo parte una delle sue tipiche stoccate: "questa è una fase di piccoli gruppi… piccoli gruppi crescono… e in quest'ottica sarebbe bene evitare, io spero, protagonismi inutili, che in fin dei conti sono il retaggio di una ideologia individualista, che è distruttiva per qualsiasi progetto politico in fieri… ed è un'impresa colossale… e nessuno da solo potrà farcela… insomma io credo che si debba evitare come la peste il protagonismo delle persone, la lotta tra singole individualità, insomma la pulsione che un tempo si sarebbe definita 'gruppettara'". Chissà con chi ce l'aveva?
Brancaccio prosegue ponendo la domanda topica: "esiste il rischio di una gestione gattopardesca della crisi dell'euro?". La risposta è affermativa. Nella sostanza egli teme che, pur con la fine della moneta unica, non si ponga per ciò mano al vero problema, che è costituito dal "profilo antistatuale, liberista e libero-scambista delle politiche economiche". E' necessario, per Brancaccio, chiarire che "qualsiasi soluzione, che anche soltanto ammicchi alla possibilità di affidarsi, in un modo o nell'altro, al libero gioco delle forze del mercato, qualsiasi soluzione che si affidi a quei videogiochi, intesi sia come movimenti dei prezzi, sia come movimenti dei cambi, qualsiasi soluzione di questo tipo è una soluzione gattopardesca, in fin dei conti liberista, che deve essere combattuta sul terreno dei fatti e deve essere respinta! Più in generale, occorre contrastare il rischio di una gestione gattopardesca della crisi, chiarendo che qualsiasi tentativo di distinguere tra unione monetaria europea e Unione Europea, cioè qualsiasi tentativo, magari di gettare via la moneta unica tenendo tuttavia in piedi intatto il Mercato Unico Europeo, è un'opzione sbagliata". Un applauso scrosciante copre le parole di Brancaccio, il quale continua affermando che "la storia sta muovendosi rapida… e che persino parole indicibili fino a qualche tempo fa, come 'protezionismo', come 'intervento pubblico nell'economia', e (concedetemelo) perfino 'socialismo'… possono tornare in gioco!".
Considerazioni di un videoreporter
Penso che questo convegno segni uno spartiacque e mi auguro, da iscritto all'ARS, che anche la nostra associazione possa presto dare un contributo, sia al dibattito che alla necessaria mobilitazione dal basso. Ho già fatto cenno alla discussione interna, il cui esito è stata la scelta di non co-promuovere, con MPL e Bottega Partigiana, il convegno. Alla fine hanno prevalso il timore di rimanere coinvolti in un confronto tutto interno alla sinistra radicale e la scelta di dedicare tutte le energie allo sforzo di far crescere la nostra organizzazione, a parere di molti ancora troppo piccola (poco più di qualche centinaio di iscritti) per proporsi come un vero ed esistente soggetto politico. Per quanto attiene la prima obiezione, essa mi sembra ampiamente smentita dall'andamento del convegno, stante il fatto che la frazione della sinistra radicale contraria ad identificare nell'euro e nell'Unione Europea il nemico da abbattere non solo non ha partecipato al convegno, ma lo ha addirittura boicottato attivamente. Una scelta legittima, in politica, ma che lascia l'amaro in bocca. Quanto alla seconda ragione, cioè il fatto che ARS deve dedicare tutte le sue energie allo sforzo di crescere, prima di proporsi come reale ed esistente soggetto politico, osservo che se è vero che prima di fare è necessario esistere, è altrettanto vero che, per esistere, è necessario fare.
Gli interventi di maggior rilievo sono stati quelli di Andrea Ricci ed Emiliano Brancaccio: il primo ci ha confermato che il PRC è ancora in mezzo al guado, e che è necessario attendere ancora prima di avere un quadro più chiaro della situazione in quel partito; Brancaccio, dal canto suo, ha fissato due paletti insuperabili all'ipotesi di "contaminazione tra diversi" in funzione della lotta per uscire dalla gabbia dell'euro e dell'UE: il rapporto con il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, e quello con i sostenitori della tesi secondo cui basta uscire dall'euro e lasciare spazio al libero gioco dei prezzi e dei cambi (magari addolcito da qualche marginale provvedimento di indicizzazione dei salari) perché tutto vada a posto.
Per quanto attiene il primo paletto, il rapporto con il Fronte Nazionale, questa posizione pone dei problemi ad ARS che, al contrario, è più possibilista, sebbene sempre altamente vigile. Saranno gli avvenimenti e le dichiarazioni dei prossimi mesi a chiarire la situazione. Quello che posso affermare, con convinzione profonda, è che ARS considera il fascismo in termini profondamente negativi (pur non demonizzandone alcune realizzazioni) e gli ascrive, tra le altre, due colpe imperdonabili: l'aver promulgato le leggi razziali nel 1938, e l'aver messo a rischio l'unità della Nazione con la scelta di dar vita alla repubblica di Salò, schierandola al fianco della Germania nazista.
Diverso è il discorso per quanto riguarda il secondo paletto. In questo caso è ARS che deve essere rassicurata, da Brancaccio e da quanti si riconoscono in quello che ha detto nel suo intervento, sulla necessità di reintrodurre vincoli protezionistici e forti limitazioni alla libera circolazione di merci, capitali, servizi e, punto dolente, delle persone; intese, queste ultime, non come rifugiati che chiedono asilo dalle guerre e dalle persecuzioni, bensì come forza lavoro che preme sui confini, utile a ricostituire continuamente quell'esercito di riserva dei lavoratori che ARS vuole estinguere definitivamente nel nostro paese. Un segnale positivo, in tal senso, viene da una recente dichiarazione dello stesso Brancaccio, il quale ha fatto notare come i fenomeni migratori di massa siano una evidente conseguenza della libera circolazione dei capitali, delle merci e dei servizi.
Un'osservazione, infine, relativa all'intervento di Sergio Cesaratto. Sono rimasto molto perplesso, anzi negativamente sorpreso, dalla parte finale del suo intervento, allorché ha accennato alla lista Tsipras. Considero la lista Tsipras null'altro che il tentativo di limitare la critica al liberismo (insito nel progetto europeo) alla costruzione di una forza minoritaria critica dei suoi eccessi; con la speranza, ahimè vana, che queste istanze possano, un giorno lontano, prevalere, battendo i grandi interessi del capitale finanziario sovranazionale sul terreno di gioco da esso stesso costruito. Insomma, un sogno… o un "fogno", se anche SEL sarà della partita.
Ringrazio Fiorenzo per l'ottimo resoconto, per le interessanti valutazioni e per la franchezza, qualità che, fra le tante, più di tutte gli devo riconoscere.
Non nego di aver nutrito dubbi sulla scelta, che pur ho appoggiato, di non partecipare come ARS all'organizzazione del convegno. Oggi, tuttavia, mi sento di ribadire con forza l'opportunità di quella scelta, non solo per il nome del convegno, comunque frutto di un'opzione precisa, ma anche per quella che, a mio giudizio, ne è stata la finalità, che ritengo legittima ed auspicabile, ma che può costituirne allo stesso tempo un limite, ovvero costruire un progetto politico sovranista nella "sinistra" politica.
Come ARS dobbiamo guardare favorevolmente a una tale possibilità ed essere pronti a dialogare, oltre che collaborare quando sarà il momento, anche se, in tutta sincerità, non credo che nella "sinistra" partitica (cioè dei partiti esistenti e di quelli che nasceranno) ci sarà mai una scelta decisa, indiscutibile e compatta verso l'opzione sovranista auspicata da Moreno.
Per quanto riguarda la posizione degli economisti francamente resto molto, veramente molto, deluso.
Devo constatare come, con il "nemico" sulla porta di casa, si fatichi ancora a fare una netta scelta di campo, nonostante gli ultimi due anni abbiano dato ragione, purtroppo, a quell'avanguardia che ha avuto il coraggio di scagliarsi senza remore contro l'eurosistema (ma anche contro il sistema UE), in un momento storico in cui anche solo metterlo in discussione era considerato un'eresia.
Bene, se due anni fa il non prendere posizione poteva essere tacciato di pavidità, io penso che oggi sia sintomo di grosso paraculismo. In certe affermazioni, ci vedo addirittura un netto regresso, che potrebbe aver a che fare con quanto sta accadendo ed accadrà in quello che rimarrà del PD (ampiamente previsto).
Come diceva D'Alema nel 1992 e come riconosce oggi Fassina, la disfatta dell'euro segnerà la "sconfitta" definitiva del PD, che Renzi accompagnerà all'inferno, portando con se ogni residua memoria di quella che è stata la peggiore esperienza politica della "sinistra" italiana.
A me sembra che le uscite di Fassina e di altri presunti PDssidenti dimostrino che sono in atto "grandi manovre" di riciclo, ben orchestrare e pianificate da tempo ed ho il sospetto che certe posizioni attendiste degli "economisti di sinistra" strizzino l'occhio alle "nuove correnti" (del resto c'era chi fino a non troppo tempo fa voleva andare a parlare con Bersani). Vedremo…
Vorrei segnalare un piccolo refuso: nel suo intervento Brancaccio non dice "videogiochi", mi pare che dica semplicemente "giochi".
Sul merito penso che la linea di Brancaccio sia, come sempre, la più lucida in assoluto. Anzi dico che si eleva di un metro al di sopra degli altri, sicuramente bravi economisti ma in fondo dei dilettanti su tutto il resto.
Non condivido l'idea di misurare la sua posizione distinguendo le frasi in cui Brancaccio riceve applausi scroscianti da quelle in cui ne riceve di più timidi. Lui è un intellettuale di "avanguardia", e chi sa cosa significa avanguardia sa pure che l'avanguardia non si fa condizionare dall'ultimo sondaggino del momento, ma si propone di conquistare la fiducia delle masse guardando più avanti e dimostrando di sapere prevedere gli eventi. Personalmente, dopo alcuni dubbi, mi sono avvicinato al pensiero di Brancaccio proprio per questa induscussa capacità che ha.
A proposito: vediamo di ammetterlo una buona volta. Brancaccio critica il "liberoscambismo" da almeno 12 anni, e dice da sempre che la critica della moneta unica deve essere accompagnata da una critica al mercato unico europeo. Sono gli altri che arrivano tardi. Posso dirlo con certezza perchè proprio queste sue simpatie protezioniste all'inizio mi lasciavano perplesso. Oggi so che avevo torto io.
Infine mi dispiace che il reporter abbia trascurato un punto fondamentale della prolusione di Brancaccio: la necessità di collocare l'ipotesi di uscita dall'euro nella gategoria della "Modernità". Questo è un punto importantissimo perché fa capire che l'unificazione dei mercati e della moneta è un modo falsificante di intendere il progresso. Lui vuole sottrarre ai liberali e ai socialisti europei il monopolio non solo dei diritti civili ma dell'idea di futuro. Se non si afferra questo passaggio non si capisce molto della tesi di Brancaccio. E non si capisce perché Brancaccio giustamente insiste sulla necessità di fare fronte contro i movimenti di destra (che non saranno molto disposnibili verso le libertà civili, su questo mi pare che il reporter sia un poco ottimista….).
un'ultima cosa. Io ho una certa età e so quanti danni ha fatto l'atteggiamento gruppettaro dentro i nuovi movimenti. Brancaccio esorta ad avere senso delle proporzioni e a non avere quel tipo di atteggiamento. Ancora una volta vede lontano. Ma su questo ho paura che sia una battaglia persa.
Saluti
G.
1) Ho ascoltato e riascoltato la registrazione dell'intervento di Brancaccio (sarà presto pubblicata) e a me sembra che abbia proprio detto "videogiochi".
2) L'aver riportato gli applausi è un puro "dato di cronaca", al quale ognuno può dare l'interpretazione che preferisce.
3) Non so lei, ma io preferisco di gran lunga un mondo nel quale i gay non possono metter su famiglia ma hanno un lavoro, la previdenza e l'assicurazione sanitaria, a un mondo nel quale non hanno queste cose e possono avere figli, adottivi o generati con qualche diavoleria genetica. Aggiungo che i gay mi erano molto simpatici quando erano rivoluzionari e libertini (infatti li frequentavo tranquillamente, con scandalo dei miei conoscenti) e molto meno oggi, che vogliono metter su famiglia e assomigliare ai fidanzatini di Prevert. In ogni caso sono emeriti c…i loro, purché non diventino uno strumento ad uso e consumo di chi, con la scusa dei diritti civili, vuole costruire un mondo in cui si va in galera per debiti e, se non hai i soldi per curarti, "te devi morì".
L'ho riascoltata adesso, è su youtube. Non dice "videogiochi", comunque non è importante. Invece è importante quello che Lei dice sui diritti civili e secondo me è completamente sbagliato. Guardi che il problema non riguarda semplicemente la difesa dei diritti degli omosessuali. I diritti civili si difendono nel loro complesso e non si vendono un tanto al chilo. Le destre nazionaliste non hanno mai avuto riguardo verso tutti i diritti di libertà, da quella associativa a quella sindacale. La linea di confine tracciata da Brancaccio è invalicabile e non penso che sarà una battuta sui fidanzatini di Prevert a liquidare il problema. Anzi, faccio notare che proprio perché lui è rigorosissimo su questo punto che mi sento rassicurato quando dice che bisogna poi stare in tutti i movimenti di protesta, inclusi i forconi. Ma per egemonizzarli, mica per fare numero.
Mi scusi Giuseppe, ma stiamo parlando di diritti civili o di diritti sindacali e politici? Non sono la stessa cosa. Se lei mi dice che le destre comprimono i diritti sindacali e politici le rispondo che lo stesso fa il liberismo, mentre sui diritti civili il liberismo è più "permissivo" delle destre. Ma forse ciò accade solo perché per il liberismo quel che conta è solo la "merce".
Quanto ai "videogiochi", io ho ascoltato la mia registrazione, e a me sembra che dica proprio così… ma non ha importanza.
Vecchi studi mi dicono che non esiste una linea netta di demarcazione tra diritti civili, diritti associativi, diritti politici e diritti sociali. Se Lei riconosce che le destre nazionaliste non hanno una tradizione di tutela dei diritti di associazione, in particolare sindacale, mi sembra che si stia dando da solo la risposta sulla razionalità della presa di posizione di Brancaccio contro il Front National. L'uscita dall'euro gattopardesca e l'uscita raazionaria sono due facce della stessa medaglia. E io sono felice che ci siano intellettuali che con chiarezza pongono il problema. Spero che ci saranno anche partiti che lo faranno prima che sia tardi.
Grazie a Fiorenzo per il post, ben riassuntivo delle principali posizioni emerse nel convegno.
Sul punto tre della risposta qui sopra, credo si possa dire che diritti civili e diritti sociali non sono alternativi. Lo diventano quando i primi vengono usati per distrarre dall'indebolimento o distruzione dei secondi (diritti "cosmetici"). La sinistra (?) istituzionale si è dimostrata maestra in questo, e non a caso Renzi apre a cannabis e matrimoni gay mentre propone un "job act" non certo d'avanguardia sociale. Di qui, credo, lo scetticismo di Fiorenzo, che condivido.
Come mia abitudine sintetizzo le mie opinioni anche riguardo i commenti precedenti a questo
1) Ottima sintesi e grazie anticipate per i video
2) Le scelte future di MPL e BP ci diranno chi aveva ragione sull'adesione di ARS
3) Il ripristino dei diritti sociali influisce sulla vita del 99% delle persone; non è questione di merito ma di priorità
Ciao a tutti, Simone
Secondo me ARS , per crescere ( o per non esaurirsi come esperienza ) , deve rompere gli indugi con la palese ( a mio avviso ) ambiguità che la contraddistingue . Altrimenti rimarrà schiacciata . Penso ( non voglio offendere nessuno ) che ARS sia molto più vicina a MarineLePen o a CasaPound e dovrebbe agire di conseguenza .
Grassi F, anche io, se devo essere sincero, e spero di non offenderti, credo che tu sia più vicino alla incapacità di intendere (non parlo anche della incapacità di volere) che non alla piena capacità.
Colgo l'occasione per spiegare ai visitatori perché l'ARS non ha partecipato alla organizzazione del convegno.
L'ARS era stata invitata dal MPL a coorganizzare il convegno fin da principio, quando non vi erano altri coorganizzatori. Tuttavia, il titolo del convegno era stato scelto, così come era stato scelto lo scopo (stanare la sinistra) ed erano stati invitati anche una decina di relatori.
Mi sembra che la serietà implichi necessariamente che proposte rivolte con questa forma DEBBANO essere respinte: se dobbiamo coorganizzare e quindi spendere nostre energie, concorriamo a decidere il titolo, lo scopo e i relatori. Tanto abbiamo fatto, non con qualche astensione o voto contrario ma con ampia maggioranza, all'esito di un'ampia discussione del Comitato direttivo.
La mancata partecipazione di relatori dell'ARS, invece, è dipesa dalla volontà di MPL di non invitarli, dopo il nostro rifiuto di coorganizzare. Complessivamente sono andati a Chianciano più di venti militanti dell'ARS e il sabato sono stato presente anche io.
Con Moreno Pasquinelli ho un rapporto di amicizia e durante il movimento del 9 dicembre ci siamo sentiti spesso.
Resto convinto che abbiamo fatto benissimo a non organizzare. L'organizzazione da parte di altri è stata eccellente. Le relazioni sarebbero state quelle che sono state, con al più una nostra relazione. Non mi sento di contestare il MPL per non aver invitato uno di noi (però c'era Marino Badiale e c'era Monica Seksich). In questi due mesi e mezzi abbiamo lavorato e si sono associate circa cinquanta persone. Se per ottenere il medesimo rislutato che si è raggiunto, con in più una nostra relazione di primo piano, avessimo distolto anche parzialmente la nostra attività di militanza, perdendo in ipotesi soltanto 10 o addirittura 5 nuovi iscritti, avremmo agito molto male.
Ribadisco quanto ho scritto: "non credo che nella "sinistra" partitica (cioè dei partiti esistenti e di quelli che nasceranno) ci sarà mai una scelta decisa, indiscutibile e compatta verso l'opzione sovranista".
Le parole di Giuseppe lo confermano: si parla della Le Pen e non di contenuti, si parla di Costituzione ma si teme la sovranità.
L'unico modo per la "sinistra" italiana di contrastare formazioni politiche che non l'aggradano sarebbe quello di non lasciare ad altri la difesa dei diritti sociali e, quindi, il programma di recupero dello strumento indispensabile per tutelarli, cioè la sovranità.
Se a "sinistra" non capiranno (o non vorranno capire, come probabilmente accadrà) questo, i migliori militanti cercheranno altre strade e l'ARS ne è una e sta diventando sempre più autorevole.
Del resto non bisogna stupirsi se il PD, che certamente non è "sinistra", è stato comunque partorito dalla "sinistra" italiana.
Mi sono avvicinata alla questione dell'euro tramite la lettura di Ida Magli. Devo dire che non mi ha convinto. E mi convincono ancora meno quelli che sdoganano il Fronte Nazionale in Francia. Brancaccio sembra un intellettuale onesto. La sua critica ai "gruppettari" è giusta, nella mia esperienza di militante ne so qualcosa. Quando lo ascolto o lo leggo mi sembra che proponga l'unica linea realmente progressista, capace di difendere le lavoratrici e i lavoratori. Alla camera alla iniziativa dei grillini Brancaccio ha pure detto che farsi carico delle istanze dei lavoratori è il modo vincente per spaccare il sistema del consenso intorno all'euro. A quel punto i "sinistri" sarebbero costretti ad accodarsi per non subire una emorragia di voti. Mi sembra molto logico.
Mina,
più passa il tempo e più Brancaccio si avvicina alle nostre posizioni:
i) prima noi volevamo uscire dalla UE e lui voleva minacciare la Germania, dicendo che in mancanza di di risposta positiva da parte della Germania doveva essere messo in discussione l'euro (l'euro non la UE);
ii) poi ha sostenuto che dall'euro si può uscire da destra e da sinistra, mentre noi abbiamo detto che l'uscita dal solo euro è una uscita liberista, al limite con un po' di condimento (contingenza – ma stando dentro i parametri europei? e vincoli alla circolazione dei capitali) e che l'opzione dirigista sociale e popolare (per chi preferisce socialista) è quella dell'uscita dalla UE;
iii) ora finalmente, per la prima volta, non ha parlato di uscita di sinistra o da destra dall'euro e ha detto che l'alternativa è uscire dall'euro o dall'Unione europea, o quasi" (ha aggiunto o quasi). Quindi sia concettualmente che sotto il profilo linguistico si è avvicinato alle nostre posizioni, salvo quell' "o quasi" che scomparirà tra qualche mese.
Capisco che per chi milita nelle piccole formazioni della sinistra sedicente radicale, Brancaccio sia una avanguardia; per noi ovviamente non lo è, visto che siamo arrivati sempre prima di lui. E francamente provo sempre un po' di pena quando i militanti di sinistra, anziché riconoscere a noi il merito di aver anticipato l'avanguardia delle retroguardie sinistre, vengono a citarci Brancaccio come se dovesse essere una nostra guida (ma sai Brancaccio è di sinistra, quindi quando alcune cose le dice lui ai sinistri idioti – purtroppo non sono pochissimi – vanno bene; mentre prima, quando le dicevamo noi, non erano convincenti).
Non si tratta di sdoganare la Le Pen. Quest'ultima è arrivata prima di Brancaccio alle posizioni che oggi ha quest'ultimo. Certo, la le Pen vuole difendere il lavoro sia autonomo che subordinato, mentre per Brancaccio i padroncini sono un problema. Ma se permetti, sotto questo profilo considero Brancaccio un reazionario e reputo molto più "moderna" (è Brancaccio che ha rivendicato il valore di questo aggettivo) la posizione della Le Pen, che è quella dell'ARS (Brancaccio ci arriverà tra quattro o cinque anni, vedrai; e allora questa posizione sarà fatta propria anche dagli ultimi sinistri, quelli che saranno allo 0,00001%). L'economista comunista Antonio Pesenti, membro dell'assemblea costituente, ha voluto che nella Costituzione venisse introdotta la formula "La Repubblica promuove l'artigianato". Io farei un mondo si soli padroncini, se fosse possibile, vedi un po'!
Il problema è se il fronte antiUE, ossia antiliberista, ossia antiglobalista, se, insomma, il fronte sovranista debba dividersi in base a ciò che si pensa in materia di diritti civili. In sostanza, pur con le medesime idee di politica economica e convergendo sulla necessità di riconquistare la sovranità, chi vuole estendere alla famiglia di fatto alcune norme dettate per il matrimonio dovrebbe separarsi da chi è contrario. Idem, colui che è favorevole all'eterologa dovrebbe lottare contro il comune nemico ma lontano da chi è contrario. Questa si che è una tesi gruppettara! Noi escludiamo soltanto i razzisti. Su questo punto decisivo, però, non so se Brancaccio arriverà mai sulle nostre posizioni; forse non arriverà. In sostanza Brancaccio immagina un mondo diviso in quattro poli: i libertari globalisti; i libertari socialsovranisti; i reazionari globalisti; e i reazionari socialsovranisti. E' un altro schema rigido che condanna alla sconfitta i socialsovranisti.
Noi non sdoganiamo la Le Pen. Non siamo per l'atomica, non abbiamo il mito della grandeur (che non è nostra, tra l'altro) ,né proponiamo referendum sulla pena di morte. Però accusare chi vuol combattere la battaglia social-sovranista disinteressandosi delle diversità di posizioni sui diritti civili di sdoganare la Le Pen, quando ciò è falso, è atteggiamento impolitico, filisteo e scorretto.
Insomma Mina, credo che molte persone abbiano più da apprendere dall'ARS che da Brancaccio.
D'Andrea e tanti altri citano spesso Brancaccio. Ma quelli che lo leggono con un minimo di attenzione e onestà intellettuale sono pochi. Se lo facessero ammetterebbero che Brancaccio attacca il "liberoscambismo di sinistra" dal 1999. E saprebbero che la famigerata minaccia ai tedeschi, datata 2010, si basava proprio su questo slogan: "se salta la moneta unica deve saltare anche il mercato unico europeo".
Cito pure un saggio del 2002 in cui Brancaccio esortava a "riammettere la politica protezionistica nella scatola degli attrezzi della sinistra, dopo anni di dissennato ostracismo" (Discorso sul libero scambio, a cura di Burgio e Cavallaro, Deriveapproodi 2002; p. 129). Non mi risulta che nel 2002 ARS esistesse….
Se inizassimo ad ammettere i fatti oggettivi e documentati invece di raccontare balle potremmo cominciare a discutere con un minimo di serietà.
E poi, tutta questa paura verso questo intellettuale mi sembra stupida. Emiliano discute con tutti, non si posiziona, non fa il gruppettaro, è il migliore economista anti-euro ma a differenza di certi suoi mediocri colleghi ha rifiutato scranni e non sgomita per un posto in parlamento. Vedo solo un motivo che spiega l'ostilità di molti nei suoi confronti: Brancaccio è un materialista storico, un interprete moderno e non dottrinario di Marx e di Lenin. Insomma è un vero compagno. Naturale che chi vuole tirare la volata alla Le Pen lo vede come fumo negli occhi. Ma è questo che volete? Badate che lo scontro coi neofascisti e i reazionari di Dio, Patria e Famiglia sulle modalità alternative di uscita dall'euro e di passaggio alla nuova epoca "de-globale" ci sarà comunque. E potrebbe vedere soccombere i collaborazionisti.
Roberto
Il libro curato da Burgio e Cavallaro lo lessi a suo tempo. La critica dei curatori non era così netta (ho moltissima stima per Cavallaro, pochissima per Burgio).
I no-global hanno sostenuto spesso teorie protezionistiche. Lo fa anche il fronte de gauche, con riguardo all'europa, però.
Qui non parliamo di astratta critica al liberosambismo, né di una critica compatibile con il protezionismo europeo alla fronte de gauche. Qui parliamo di una critica al liberoscambismo e di una rivendicazione di sovranità e democrazia (la sovranità è presupposto della democrazia) che crede che l'obiettivo sia raggiungibile e debba essere raggiunto a livello nazionale (tornando a qualcosa di simile al mercato comune ma con meno vincoli, come abbiamo più volte spiegato).
Perciò se Brancaccio ha scritto che bisogna "distruggere l'Europa" (dove europa sta per mercato unico ossia UE) prima del 2 giugno 2009, ossia prima del giorno in cui ho aperto il blog (prima scrivevo di altro ma la mia idea che l'europa andasse distrutta risale alla guerra di aggressione alla Jugoslavia), mi fa piacere e sono curioso di leggere questo passo. Se invece ciò non è accaduto, non tanto non capisco Brancaccio, che scrive ciò che vuole, piuttosto non capisco i sinistri i quali, invece di venire qui a dirci "anche Brancaccio è arrivato quasi alle vostre posizioni" ce lo vengono a citare come fosse una bibbia. D'altra parte conosco la tradizione. Nell'ambito accademico ci sono idioti che non citerebbero mai Carl Schmitt (o eventualmente lo citerebbero soltanto per contestarlo) perché fu nazista o Santi Romnano perché fu capo del consiglio di stato sotto il fascismo. Credimi di idioti simili è piena la confraternita degli pseudointellettuali di sinistra (converrai che chi si comporta così è a priori un non intellettuale anzi è un nano mentale).
Perciò io mi limitavo a dire ai militanti di sinistra che possono imparare più dall'ARS che da Brancaccio.
Resto comunque in attesa che mi linki il primo articolo in cui Brancaccio ha affermato che bisogna distruggere il mercato unico ossia l'Unione europea e riconquistare la sovranità (tornando a qualcosa di simile al mercato comune, diciamo noi, sebbene con minori vincoli). Ti sarei davvero grato di questo piacere.
Scusa D'Andrea ma così ti comporti proprio da "gruppettaro". Ti ho dimostrato che Brancaccio parla di PROTEZIONISMO nel 2002, cioè di una opzione che entra in contrasto addirittura con la logica del Mercato Comune Europeo alla quale tu ti limiteresti a tornare.
Nel 2002 Bagnai suonava il violino e non so tu cosa facessi.
Cerchiamo di frenare la smania a dire "sono stato prima io". Perché è sempre un atteggiamento infantile, specialmente quando il primo è stato un altro. Non a caso Brancaccio rende sempre tributo agli studiosi che lo hanno anticipato. Anche in questo marca una differenza di stile rispetto ad altri.
Se poi vogliamo restare sul merito della questione, è chiaro che Brancaccio prevede una spaccatura tra "destri" e "sinistri" nel momento in cui si tratterà di governare la nuova fase. Voi in fondo prevedete e sperate di no. Forse lui si sbaglia, forse vi sbagliate voi. Io ho una mia idea. Comunque chi vivrà vedrà.
Roberto,
non troverai in questo blog l'atteggiamento del "l'ho detto prima io". Se è capitato qualche volta di dirlo, la ragione stava magari in qualche vicenda contingente.
Nessuno ha mai contestato a Brancaccio di non essere stato a favore del protezionismo. Qui lo ho pubblicato come ho pubblicato altri testi protezionistici. Io nella misura in cui è possibile (oltre una certa misura non è possibile) sarei e sono ultra protezionista.
Anche il fronte de gauche vuol (o voleva, al tempo delle elezioni) far fronte alla crisi europea ricorrendo al protezionismo europeo ma non mi sento di condividere quella posizione. Non è questione di astratta critica del liberoscambismo e di protezionismo, è questione di riconquistare la sovranità spaccando e distruggendo l'Unione europea, creando una situazione nuova, certamente imprevedibile: il regno della libertà. E' questione di volere la libertà (certo c'è il rischio che da qualche parte qualcuno ne faccia un uso folle e crei un nuovo partito nazista). L'Italia non deve rinunciare alla sua libertà, perché qualcuno teme che diverremo cattivi nazionalisti o che ci diverrebbero altri popoli europei. Questi schiavi che ragionano così, sono schiavi perché hanno paura della libertà e vanno disprezzati.
Noi cerchiamo, con le nostre poche forze, di far capire anche ai militanti di sinistra questa nostra idea, l'idea che è un dovere riconquistare la libertà e diciamo ad essi che ingannano se stessi quando immaginano di essere membri di un partito che ha milioni di voti e si candida a governare, e perciò stanno a pensare a quello che poi si dovra' fare e quello che non si dovrà fare. Noi diciamo che la libertà riconquistata si eserciterà all'interno della costituzione. Se prevarrano forze moderate, la costituzione sarà ri-attuata poco e lentamente; se prevarranno altre forze, sarà ri-attuata di più e più velocemente. Ma fingere di essere militanti di un grande partito potenzialmente di governo è un non senso e significa ingannare se stessi. Fare i distinguo schizinosi oggi significa soltanto aver introiettato un po' la mentalità dello schiavo e non amare la libertà come bisognerebbe amarla (la barriera eretta da Brancaccio sui diritti civili, che non è la barriera sacrosanta del razzismo è schizinosa). Questa è la condizione di tanti militanti di sinistra, i quali si spostano a poco a poco man mano che qualche intellettuale di sinistra fa un passo avanti (verso la distruzione dell'Unione europea, non verso l'astratta critica del liberoscambismo o la valorizzazione astratta del protezionismo). La mia polemica è contro questi militanti, i quali, anche quando Brancaccio ha sparato la boiata sui padroncini, si trattengono dal contestarlo. Insomma come Bagnai ha i suoi fan e come ce li ha Barnard, ce li ha anche Brancaccio. Noi i fan non li stimiamo. Meglio un non fan di centro o di destra che un fan di sinistra. Un fan è sempre un fan.
Mi sembra che qualcuno soffra ancora troppo di torcicollo. Se si è sovranisti ed oppositori alla Ue, come si fa ad essere pregiudizialmente ostili alla Le Pen, per un anacronistico antifascismo? Sveglia, il fascismo è morto nel 1945 e Le Pen prende la maggioranza dei voti nella classe operaia francese. Continuiamo pure a parlare del sesso degli angeli, intanto il nostro paese è già stato occupato due volte, prima militarmente dagli Usa e poi economicamente e politicamente dalla Ue. A quando la costruzione di un Fronte di LIberazione Nazionale?
Figlio di buona donna, quel Brancaccio. Io non avevo capito quella sua introduzione contro Le Pen e a favore della parola "compagni"… adesso ho capito: vuole spaccare in due il movimento anti-euro. E' intelligente e ha buone ragioni, ma non ci riuscirà: il sindacato oggi è troppo debole, questa è una realtà alla quale nemmeno il più scafato degli intellettuali leninisti potrà ovviare.
Nessuno vuole negare i meriti di Brancaccio (e ne ha tanti), nè giocare a "chi l'ha detto prima", ma alcune precisazioni sono opportune per comprendere meglio le evoluzioni delle varie posizione, specie quando alcune si fanno piuttosto cirtiche verso altre e adombrano sospetti.
Per cui mi preme ricordare la timidezza di Brancaccio sullo smantellamento dell'euro, da lui vista come ipotesi residuale per il caso in cui non si fosse riusciti a salvare la costruzione europea… quindi magari qualcuno su questo ci aveva visto meglio!
Senza dimenticare che Brancaccio, nel famoso novembre 2011, non solo sembrava dare una possibilità al PD, ma affermava:
"Il punto da comprendere è che la salvezza dell’euro e la tutela dei lavoratori sono obiettivi non contrastanti ma coincidenti."
… MA STICAZZI!!! Perdonatemi l'eleganza!
Riporto il passaggio:
"Sia pure con estrema lentezza, i partiti eredi del movimento operaio stanno rivedendo in chiave critica le posizioni del passato. In Italia, l’attuale segreteria del Pd è impegnata nel tentativo di costruire una nuova piattaforma, condivisa tra i socialisti europei. È la strada giusta. Purtroppo i tedeschi della Spd non hanno ancora espresso una posizione netta sul futuro dell’Europa. Tuttavia la base di consenso della Spd potrebbe avere più di un motivo, ad esempio, per sostenere uno “standard retributivo” che rilanci i salari tedeschi. Il punto da comprendere è che la salvezza dell’euro e la tutela dei lavoratori sono obiettivi non contrastanti ma coincidenti. Partendo da questa consapevolezza si potrebbe creare un blocco sociale ampio, che sia in grado di spingere nella direzione delle riforme per lo sviluppo e per il riequilibrio dell’Unione."
http://temi.repubblica.it/micromega-online/brancaccio-%E2%80%9Cse-salta-la-moneta-unica-potrebbe-saltare-anche-il-mercato-unico%E2%80%9D/?printpage=undefined
Nella intervista scrive pure:
"bisognerebbe dire con chiarezza che se salta in aria la moneta unica, potrebbe saltare anche il mercato unico: ossia, i Paesi periferici potrebbero a un certo punto limitare la libera circolazione di capitali e merci. Questa in effetti sarebbe una grave minaccia per la Germania"
Aveva senso. Non la condivido ma aveva senso. In fondo lui sa che se uno mette al tavolo delle trattative quella minaccia poi NON SI PUO' TIRARE INDIETRO. Questo è un comunista, e ha i limiti dei comunisti. Ma è raffinato.
Cronaca e commenti molto stimolanti, provo a scrivere qualche mio pensiero
Da quando è stata fondata ARS ho sempre aprezzato il " come e il perché " si è approcciata a un tema tanto importante quanto abusato, quello della sovranità nazionale. Nel marasma internettiano spesso complottardo e signoraggista, ma anche con l' emergere delle pulsioni contro la moneta unica ARS ha posto una questione: o la Costituzione della Repubblica Italiana o l' Unione Europea.
Sovranità e Costituzione dunque, o " sovranismo costituzionale " se preferite, non definito con sinistra/ destra ( essendo oggi terminologie che nel senso comune, a torto o a ragione, non riescono a collocarsi con una precisa identità) ma che comunque ci propone un modello sociale, quello della Costituzione, da opporre a quello che si vuole combattere, quello dell' Unione Europea.
Appurato che, in ARS, si preferisce non usare la dicotomia destra-sinistra, e per questo forse il titolo del Convegno di Chianciano poteva non sembrare adatto, andiamo a vedere se le conclusioni dello stesso sono condivisibili o meno, perché al di là delle nomenklature contano i contenuti. E quelle di Pasquinelli mi sembrano in linea col pensiero di ARS: ( cito la sua conclusione) "un' uscita sovranista democratica dentro i valori costituzionali ". Se un marxista come Pasquinelli propone questa via d' uscita allora le posizioni MPL, di ARS, come quelle di Barra Caracciolo, mi sembrano molto vicine e il dibattito sulla definizione più adatta qualcosa di risolvibile con il tempo. Pensate solo che uno come Mimmo Porcaro ( di rifondazione ) propone " nazionalismo democratico " .
Su Cesaratto e Ricci:
Premesso che la candidatura di Tsipras e le proposte della sinistra europea mi sembrano ad oggi deboli, penso che Cesaratto voglia dire che non sia facile gestire una campagna elettorale anti – euro vista la dittatura dello spread e la libertà di circolazione dei capitali vigente in Europa e che quindi bisogna avere una posizione (o quantomeno far finta di averla) articolata su scala europea. Insomma anche se la proposta di appoggiare Tsipras, almeno ad oggi non la condivido, non penso Cesaratto sia un " fognatore ".
Più giusta mi sembra invece la proposta di Ricci. Che poi è la stessa di Keynes Blog. Trasformare l' Euro in una valuta comune e la BCE in una camera di compensazione degli squilibri commerciali. Una proposta molto più credibile del " più europa" o " stati uniti d' europa" ( e il fatto che la sinistra europea non la faccia propria ce la dice lunga su quanto possa servire o meno la candidature di Tsipras ) e assolutamente compatibile con le istanze sovraniste. E' una proposta che prevede autonomia delle politiche economiche da parte degli stati nazionali ( ogni stato avrà la propria valuta nazionale) e controllo sui movimenti di capitale, oltre che aiutare a fare a meno delle riserve di dollari, senza per questo doversi tenere tutto l' attuale "eurone" come vorrebbe Giulietto Chiesa. Certo, come non bisogna morire per Maastricht, non bisogna farlo nemmeno per questa proposta. Se c'è accordo con gli altri stati bene, altrimenti ognuno per la sua strada. Ma nel caso ( quasi ovvio, ed è per questo che potrebbe essere una proposta interessante ) che la Germania non accetti, può diventare una exit – strategy coordinata per Francia e gli altri paesi mediterranei, meglio dell' ipotesi dei due euro. Del resto se ARS sostiene che bisogna tornare a qualcosa di simile al vecchio mercato " comune " senza la prospettiva della liberalizzazione dei movimenti di capitale, mi sembra che l' ipotesi della moneta comune possa vi si incastri benissimo. Certo, Ricci non utilizza questa ipotesi anche come strategia d' uscita per i paesi periferici… e quindi non risponde alla domanda " cosa fai se la Germania non accetta?". Su keynesblog invece era presetata anche per questa eventualità
Su Brancaccio e Le Pen
Non so se l' appellativo compagni funzioni come dice lui ( non credo. Ripeto: una nomenklatura giusta forse è ancora da trovare) ma al di fuori di questo mi ritrovo nelle sue ultime uscite. Anziché contrapporre " uscita di destra" e " uscita di sinistra" ha usato definizioni come uscita " gattopardesca/liberista/liberoscambista" e "statuale/protezionista/centralità del lavoro". Questo mi sembra importante perché ribadisce come anche se non si usano destra e sinistra si possono indicare diversi modelli sociali. In Italia ad esempio abbiamo Forza Italia e Lega come forze euroscettiche ma che di certo non sono critiche del liberismo né tantomeno propugnano la Costituzione come modello sociale.
Per quanto riguarda la Le Pen io non so che modello sociale proponga. In Italia la sentiamo spesso per i suoi proclami anti – euro, anti – nato e anti – globalizzazione. Non so come la pensi sui sindacati. In Italia ad esempio tutta la galassia di fascismo e dintorni sostiene " l' abolizione del sindacato " e la creazione delle "corporazioni" del lavoro. Non proprio in linea con la Costituzione Italiana ( che infatti anche loro vogliono cambiare, una Costituzione che oltreutto ripudia la guerra, e al fascimo imputerei anche questa più le sue tendenze " colonialiste", questa ad esempio era la critica che faceva Costanzo Preve). Del resto non c'è bisogno di essere marxisti o di teorizzare il superamento del capitalismo per ammettere che il conflitto tra le classi sociali della stessa nazione esiste. Non è detto che sia violento e infatti l' ordinamento costituzionale prevede il loro ruolo e il diritto allo sciopero. Altro conto però è pensare che il tutto possa scomparire o essere diluito una " società organica, in un' unica volontà". Mi sembra molto diverso da un compromesso sociale/ socialdemocratico per capirci.
Non so su questo come il Front National si ponga. Non so se nel paese della Rivoluzione Francese ci siano le stesse tendenze a negare i diversi interessi delle classi sociali. Su questo non mi esprimo, vorrei saperne di più. Di certo è, se è vero che buona parte del successo del Front National dipende anche dalla campagna anti – immgrazione allora non credo sia un partito con cui " gemellarsi". Posto che, una posizione sull' immigrazione va presa, e che non si può avere l' atteggiamento della sinistra " colorata – bertinottina" sull' argomento ( anche qui ad esempio, come detto sopra, un' integrazione "comune" e non " unica" con i paesi mediterranei potrebbe aiutare), penso che basarci buona parte del successo elettorale sia come farlo contro la spesa pubblica o contro il forestale calabrese. Andrebbe dedicato più spazio sull' " arrestare i capitali " , per citare Brancaccio. Poi sarebbero anche da capire i rapporti con la Lega. Cosa ne pensano delle tendenze secessioniste di quest' ultima?
PS: Tornando su Brancaccio. Nemmeno io in passato ho apprezzato molto l' economista per la sua timidezza sull' Euro. Lui stesso comunque, in video su youtube ( http://www.youtube.com/watch?v=TRbAW75P4eg ) afferma che l' opposizione dei socialdemocratici tedeschi al proposte molto più moderate della sue ( "lo standard salariale europeo") è stata per lui " un po' una folgorazione sulla Via di Damasco" .
Il resoconto del convegno e i post precedenti contengono riflessioni interessanti, pero' vorrei fare solo due considerazioni:
1- Mi sembra che nel complesso i partecipanti al convegno mostrino molta "prudenza' rispetto all'uscita dalla UE e al recupero della sovranita' come auspicati dall'ARS.
2- Come accenna Paride, manca, mi sembra anche nel programma dell'ARS, una posizione chiara sul problema dell'immigrazione, che non colpevolizzi tanti immigrati occupati in lavori utili e onestissimi, ma che permetta di limitarla e controllarla, perche' come puo' essere sovrano un Paese che non ha vere frontiere?
Durga: Il documento sull'immigrazione lo scriveremo. Il tema deve essere sottratto all'ennesima impostazione bipolare: immigrazionista/razzista: ius soli/ius sanguinis.
Il sovranismo dell'ARS è radicale. Altri un po' meno ma sembra che le nostre idee si vanno diffondendo e sempre piùpersone approdano al sovranismo. lascia stare i relatori, molti dei quali pavidi. Contano le persone presenti, molto migliori di tanti relatori. Abbi fede.
Paride, non baseremo certamente il "successo elettorale" (è un augurio) sulla questione dell'immigrazione. L'immigrazione non è la causa della decadenza politica, culturale, economica, amministrativa. Allo stesso tempo si tratta di fenomeno che incide, fin dal breve periodo, sui problemi dell'occupazione e dei salari, sull'ordine pubblico e nel medio periodo può generare rischi alla pace sociale e alla stabilità dell'Italia. Soprattutto rinvia a un'idea di cittadinanza sulla quale ci dovremo interrogare.
Sono perfettamente d'accordo col commento di Paride, su tutti i punti e in particolare con la questione Le Pen. Brancaccio fa bene a distaccarsene, perché si tratta di un partito essenzialmente fascistoide. Sono razzisti, punto e basta. E infatti alle europee si parla di alleanza con partiti come la lega o quello di wilders. Poi bisogna vedere, come dice Paride, cosa pensano del sindacato, se la pensano come casa pound o no.
In generale non capisco, stefano, questo astio verso chi viene dalla sinistra. Io ho vissuto in prima persona il settarismo e l'idiotismo in certi ambienti, ma da riconoscere questo a buttare tutto via, ce ne passa. Brancaccio è il migliore economista in circolazione, il più equilibrato e quello con più visione politica, ed è una delle voci più ascoltate alla' interno dell'Ars, che senso ha criticarlo e insultarlo per il semplice fatto che crede all'importanza dei diritti civili (che non sono solo i matrimoni gay, ma ci sono anche pilastri fondamentali come il diritto alla' aborto e al divorzio)? In più, bisogna notare che l'altra voce molto ascoltata dai militanti dell'ars, cioè bagnai, viene pure da sinistra. E pure Barnard, e pure tu stesso. Insomma insultare tutta la sdinistra, facendo di tutta un'erba un fascio, mi sembra alquanto ingiusto, oltre che controproducente. Mi viene quasi il dubbio che ti interessi costruire un movimento solo di destra, soprattutto vedendo l'indulgenza che mostri nei confronti di militanti dell'Ars che ogni tanto fanno sparate razziste degne di forza nuova.
Caro Gian Marco,
è palese, come risulta anche dalla frase di Brancaccio del novembre 2011 (tempo in cui scrivevamo il nostro opuscolo, maturato anni prima), citata da Lorenzo D'Onofrio, che noi abbiamo detto che bisogna riconquistare la sovranità e distruggere l'unione europea ben prima di Brancaccio e che Brancaccio, come riconosce Paride, è stato tiepido, tentennante e lento perfino nel decidere che bisogna prendere nettamente posizione per l'uscita dall'euro. Questa è l'affermazione in fatto. La valutazione che ne traggo è che mi sembra molto più sensato logico e intelligente che i militanti della cosiddetta sinistra radicale vadano sul blog di Brancaccio a dirgli "mi fa piacere che ti stai avvicinando alle posizioni politiche dell'ARS", anziché venire qua a citare Brancaccio. A me pare una ovvietà. Però non accade, perché come esistono fan di Bagnai (ma moltissimi goofysti sono elastici e per niente fanatici) e di Barnard (non è colpa di Bagnai e di Barnard è colpa dei fan) esistono molti fan di Brancaccio. I fan non vanni stimati; ciò che di più amicale si può fare nei loro confronti è fargli sorgere il dubbio che siano dei fan. Tutto qua. La vogliamo affermare questa banalità, che non consiste nel dire "l'ho detto prima io", bensì nel suggerire a chi viene qua a citare Brancaccio che forse è più onesto e intelligente "portare i compagni nel sovranismo" (lo ha ben scritto su facebook l'amico comunista Simone Casadei), anziché voler avvicinare i sovranisti ai compagni che cominciano a capire (atteggiamento, quest'ultimo, tipico di taluni militanti di rifondazione comunista, non ancora convinti, beati loro, che militano in un partito morto)?
Non solo. Noi citiamo Jaque Sapir quando scrive che "l'odio nei confronti della propria nazione è l'internazionalismo degli IDIOTI" (vedi il recente articolo su Sollevazione), sicché invitiamo i compagni sovranisti che si affacciano su questo sito, non soltanto a cercare di traghettare i compagni salvabili al sovranismo, ma anche a considerare i pochi (per fortuna) che odiano la propria nazione come IDIOTI che se fossero tanti sarebbero peericolossissimi quanto i fascisti (perché sfascisti) e, quindi, a disprezzarli. Lo so che ci sono fratelli, sorelle e genitori tra questi idioti. Ma una volta qualcuno, abbastanza rivoluzionario o almeno innovativo, venne a separare il padre dal figlio e il fratello dalla sorella.
Nel merito non ho apprezzato minimamente il discorso politico di Brancaccio a Chianciano,tanto più che era totalmente scritto e dunque preparato e meditato; può darsi che dedicherò all'intervento di Brancaccio un post: voglio risentire l'audio e devo trovare il tempo.
Personalmente trovo offensivo che ai partecipanti al convegno di Chianciano qualcuno venga a dire: "non bisogna sdoganare la Le Pen". Dovremmo fare una bella lettera sottoscritta dalle oltre 300 persone per comunicare a Brancaccio: "Ci raccomandiamo Brancaccio non bisogna sdoganare la Le Pen!". D'altra parte si tratta del medesimo settario che si augura che ci chiameremo ancora "compagni" (io dico compatrioti, termine usato da Zyuganov e Castro: è più utile alla guerra che dobbiamo cominciare "compatrioti" o "compagni"? più utile Gian Marco; qui siamo in politica) e che vorrebbe restringere il fronte sovranista alle persone "di sinistra" che anche in questo momento storico non dovrebbero rinunciare ad aggregarsi anche in nome dei diritti civili.
Per me la posizione di Brancaccio è sbagliatissima, conservatrice e ancora tutta legata ad un mondo che è finito e che ha fallito. Lo posso dire a chi si imbatte in questo sito e che potebbe essere tentato di accogliere la posizione di Brancaccio, che si tratta di posizione velleitaria, conservatrice, intellettualmente astratta, continuamente in movimento perché asseritamente concreta (per il presunto legame con concreti soggetti politici che concreti non sono più) , in realtà impolitica e ineffettuale, posizione che divide e gruppettara? Possiamo sperare che su 10 persone che solitamente leggono Brancaccio un paio cominciano a ragionarci su e magari una si avvicina? Per quale ragione devo parlare bene di Brancaccio, senza sollevare le mie critiche? Ci è utile? Mi spieghi perché ci sarebbe utile se io mi astenessi dallo svolgimento di osservazioni che riflettono il mio pensiero? Tieni conto che il mondo della sinistra radicale è oggi meno del 3,5% e io credo che soltanto il 20% di quel mondo (quindi lo 0,7% degli elettori italiani) possa stare utilmente con le avanguardie nella fase che verrà. Perché non dire chiaramente le cose e far sì che, magari dopo un iniziale fastidio, tra qualche mese o magari tra un anno, gli appartenenti a quel 20% dicano "però l'ARS aveva ragione!"?
Le critiche si possono fare, ci mancherebbe. Io non mi sento, ad esempio, un fan di Brancaccio. In passato mi sono trovato più d' accordo con Bagnai, nelle più recenti uscite con Brancaccio. Sul modo di comunicare di quest' ultimo, sicuramente raffinato, penso che a volte sia adatto a volte meno. Io non avrei definito " metastasi" la pmi, e sono d' accordo con bagnai che oggi occorra un migliore " rapporto tra capitale e lavoro " ( tra i " piccoli " ) che passi attraverso un nuovo patto sociale, che non sia più " al ribasso" e inteso come maggiore flessiblizzazione. Poi però, se leviamo l' appellativo " metastasi", sono d' accordo con Brancaccio sulla necessità ( per un seria politica industriale nazionale) di avere ( anche ) grandi aziende, magari pubbliche e/o a capitale nazionale, e che non bisogna però assecondare il processo " di concetrazione dei capitali alla tedesca" per averle.
Penso che a volte vada riascoltato a distanza di tempo. Non perché lo ritenga un " guru ", o perché io sia un suo fan, ma perché credo che il suo linguaggio non sempre favorisca una comprensione " rapida e immediata" ( per certi aspetti è un difetto, per altri no perché può aiutare ad approfondire).
Dico questo perché, tornando al suo discorso di Chianciano, non credo ( posso ovviamente sbagliarmi) che la linea di demarcazione che egli proponga sia quella su chi è favore o meno dei diritti civili in quanto tali ( ad esempio, mi sembra che Marine Le Pen non sia contraria al matrimonio gay ). Mi sembra strano che un autore così critico verso il liberoscambismo di sinistra ( anch'esso, in fondo, frutto dei cosidetti " diritti civili "… perdi il lavoro in Calabria? Puoi andare in Belgio.. " C' hai il dititto!" tanto per citare te, Stefano ), cioè verso chi in fondo si occupa solo dei diritti civili perché ha abbandonato quelli sociali, usi una loro stessa categoria come linea di demarcazione.
Se infatti proseguiamo nel suo intervento, la sua critica passa ai liberoscambisti e liberali, i quali propugnano una società in cui i diritti civili non sono negati, ma lo sono quelli sociali. Per Brancaccio quindi l' unico modo in cui i diritti civili possano davverso affermarsi è attraverso il rovesciamento della politiche liberali e liberiste, perché evidentemente anche le nozze gay non si fanno coi fichi secchi.
In conclusione, quello su cui dovremmo indagare è: il Front National che tipo di modello sociale propone? Posto che è sicuramente per un ritorno a una politica industriale nazionale, si pone per migliorare il rapporto capitale lavoro, o vorebbe l' abolizione del sindacato come alcuni movimenti di casa nostra? Lascio la risposta a chi ne sa di più.
Che poi, alla fine, è come chiedersi se se siamo o meno per aumentare la dialettica democratica, e del parlamento ad esempio. Se pensiamo al al processo che ha avvicinato l' Italia all' aggancio europeo, tutto è andato di pari passo: indebolimento del lavoro dipendente, indebolimento del sindacato, abolizione del proporzionale, tentativi maggioritari e presidenzialisti, ecc ecc… del resto che cs'è la " governance europea" se non una pratica sempre più inter – governativa?
Paride, una normale discussione sul contenuto o interpretazione dell'intervento di Brancaccio è legittima. Non è legittimo che non si possa contestare a Brancaccio di suggerire l'uso della parola "compagni" e di voler dividere (questo per me è il senso o l'effetto della sua impostazione) in base alla tematica dei diritti civili, senza che qualcuno si levi a difesa dell'"autorevole intellettuale"; così come è del tutto legittimo sostenere che l'ammonimento sullo sdoganamento della Le Pen è offensivo.
Pur non avendo soganato la Le Pen, Jaque Sapir si è detto disposto ad elaborare per lei un piano di uscita. Ecco salvo che non intendeva riferirsi a Sapir ma allora saremmo dinanzi al solito fanatismo (Sapir non ha sdoganato un bel niente; si è detto disponibile a proporre un piano di uscita a chi propone l'uscita, ossia alla Le Pen; mica poteva proporlo al fronte de gauche che nemmeno lo considera più), in sala a Chianciano nessuno ha sdoganato la Le Pen e nessuno conosceva minimamente quel partito e la realtà francese.
Scusa D'Andrea, io non sono comunista e Brancaccio non è il mio idolo. Ma da un po' lo seguo e mi sembra che la sua impostazione raccolga molta fiducia. Tu non sei un economista e quindi tante cose ovviamente non le affronti e forse non le capisci. Ma se uno studioso ragiona sui modi di uscita dall'euro dal punto di vista dei lavoratori a me sembra solo positivo. Anche perché: come speri di occupare una posizione a destra? ci saranno già volponi molto più attrezzati di voi.
Poi un'altra cosa: ma perchè continuate a guardare a Brancaccio come un leader politico? io da mesi cerco una sua affermazione che mi faccia pensare a una sua "discesa in campo" e non ne trovo nessuna. Anzi, lui dice sempre che parla con tutti e che non si espone con nessuno, anche per fare capire che i numeri sono esigui, che il lavoro da fare è enorme. Anzi la sua aria è da osservatore pessimista, cioè l'opposto di un leader. E' un punto di vista che serve proprio ai leader politici per aggiustare via via il tiro. Non si può mica confondere con quella gallina isterica e presenzialista di Bagnai, che invece gioca una partita tutta sua per conquistare un posticino al sole!
Tu stai a fare questa caciara contro il più raffinato economista anti-euro che abbiamo, nonostante che quello non abbia mai detto una parola pro o contro i singoli movimenti. Proprio non capisco. Vuoi vedere che alla fine il problema è davvero la pregiudiziale di Brancaccio sulla Le Pen? Eccheccazzo, ma siete proprio sicuri che la posizione di Sapir su questo punto sia vincente?
Patrese,
mai sperato di trovare una posizione a destra. Leggi i sei documenti dell'ARS (Scuola, Lavoro, repressione finanziaria, Documento di analisi e proposte, atto costitutivo e progetto) e vedi se ci trovi una sola parola di destra autoritaria, liberista o di altro tipo.
Noi sono due anni che abbiamo detto che il dibattito "uscire da destra o da sinistra dall'euro" è senza senso e che si deve uscire dall'Unione europea (ciò che ha "quasi" detto Brancaccio a Chianciano). Non c'è un suggerimento tra quelli dell'economista Brancaccio che noi non sosteniamo. Sui vincoli alla circolazione dei capitali trovi pubblicati su appello al popolo cinque articoli.
Se, per caso, Brancaccio ha un limite (non posso considerare limite le sue posizioni politiche, che non condivido e sono del tutto legittime) è proprio che non scende in campo. Magari lo facesse.
Dove la vedi la caciara contro Brancaccio? Dico solo che a mio avviso, per storia personale o carattere, le proposte che fa non sono mai avanguardia vera e sono rivolte né ai sovranisti né a tutti gli italiani ma soltanto ai partiti(ni) eredi del movimento operaio. Quindi lo si può leggere come raffinato economista ma non lo si deve seguire nelle proposte e nei suggerimenti politici. Seguendo Brancaccio si arriva al più a costituire tra tre anni una "rifondazione comunista patriottica" allo 0,7%. Io spero che quello 0,7% di compagni venga tra i sovranisti e sappia stare disciplinatamente in un Fronte popolare trovando piacere a chiamare gi amici e ad essere appellato da essi "compatriota" e trascurando il fatto che un suo compagno di battaglia è contro l'eterologa o contro le unioni civili o il fatto che un manifestante grida "Letta e Monti Finocchi". Nella condizione storica in cui siamo, che è la condizione che rende necessaria la costituzione di un Fronte, essere schizinosi sui diritti civili (ossia sulle posizioni di un altro membro del fronte), che non significa essere contrari ai diritti civili, è politicamente ingenuo a un livello stratosferico
Ma “quasi” cosa? ma che pallisti: quello attaccava la libera circolazione dei capitali e delle merci anche DENTRO l’europa quando voi ancora succhiavate il pollice.
E sul successo politico, chi parla di numeri dovrebbe averceli, i numeri. E voi non li avete. Mina ha ragione: il pericolo evocato da Brancaccio su un atteggiamento gruppettaro e’ gia’ un fatto. Il paradosso poi e’ un gruppettaro pronto a sdoganare i fascisti che notoriamente sono contro i lavoratori mica solo contro i “froci”, come li chiamate voi. Siate piu’ umili.
Va bene l' umiltà ma tu devi essere corretto però: qui nessuno ha chiamato " frocio " nessuno.
Red Wolf ma sai leggere? Mai chiamato gli omosessuali con quel nome. Sei un essere miserabile se non mi provi che abbiamo utilizzato in un solo articolo o in un documento dell'ARS quella parola. Capito che sei un esseremiserabile perché menti sotto pseudonimo? E magari sei pure maggiorenne?
Me la trovi una frase in cui avremmo sdoganato i fascisti, mserabile? Fascista sei tu. Si vede da come parli. E' noto che i fascisti o sono fascisti o sono antifascisti. Tu sei chiaramente un antifascista fascista.
Questa è un'affermazione di Brancaccio del 2011: "Sia pure con estrema lentezza, i partiti eredi del movimento operaio stanno rivedendo in chiave critica le posizioni del passato. In Italia, l’attuale segreteria del Pd è impegnata nel tentativo di costruire una nuova piattaforma, condivisa tra i socialisti europei. È la strada giusta. Purtroppo i tedeschi della Spd non hanno ancora espresso una posizione netta sul futuro dell’Europa. Tuttavia la base di consenso della Spd potrebbe avere più di un motivo, ad esempio, per sostenere uno “standard retributivo” che rilanci i salari tedeschi. Il punto da comprendere è che la salvezza dell’euro e la tutela dei lavoratori sono obiettivi non contrastanti ma coincidenti. Partendo da questa consapevolezza si potrebbe creare un blocco sociale ampio, che sia in grado di spingere nella direzione delle riforme per lo sviluppo e per il riequilibrio dell’Unione."
http://temi.repubblica.it/micromega-online/brancaccio-%E2%80%9Cse-salta-la-moneta-unica-potrebbe-saltare-anche-il-mercato-unico%E2%80%9D/?printpage=undefined
Ora solo un fan può non essere in grado di capire che un pensatore, che ha compiuto i quaranta anni, che riflette su questo tema da anni e che credeva che l'europa fosse riformabile con lo standard retributivo europeo è politicamente un ingenuo (almeno fino ad adesso), che ovviamente non può in nessun caso essere una guida (salvo che dimostri di essere maturato).
Comunque nessuno che mi citi una frase in cui Brancaccio abbia scritto che bisogna distruggere l'Unione europea (il mercato unico).
Noi non sdoganiamo i fascisti e nemmeno la destra ma siccome siamo intelligenti sappiamo che è meglio un non fan di centro o un non fan di destra che un fan di sinistra. Noi abbiamo capito queste cose e perciò vi diamo fastidio. Perché vi mettiamo davanti alla vostra pochezza, alle vostra miseria intellettuale, perché sveliamo a voi stessi che alcuni di voi sono talmente piccoli, modesti e miserabili che governerebbero peggio di Renzi, della Merkel e di Hitler: sono nullità presuntuose. Noi abbiamo deciso di distruggere la presunzione stratosferica di chi crede di essere BUONO, BRAVO, NEL GIUSTO, ONESTO, PER I DIRITTI CIVILI, PER I DIRITTI UMANI e poi magari spara cazzate contro i padroncini. No, voi mentite; voi accusate falsamente; siete pieni di pregiudizi, siete reticenti, perché non vi soffermate a commentare quella frase di Brancaccio; voi offendete senza addurre fonti; voi siete dei miserabili fascisti, sareste violenti se solo ne aveste il potere, siete capitati tra gli antifascisti soltanto per tradizioni familiari o per casualità della vita. Tu appartieni ai quattro quinti dei votanti per rifondazione che non servono a un tubo. A me interessa soltanto l'altro quinto e perciò voglio mostrare a coloro che vi appartengono quanto siete piccoli voi che appartenete agli altri quattro quinti e quanto sono più profondi, onesti, giusti e seri i sovranisti.
Stefano il problema è questo : una volta riconosciuto che brancaccio è l’economista più vicino all’Ars e che l’ars so differenzia da lui (oltre per il fatto che lui non è sceso in campo) solo per una posizione più radicale nella stessa direzione, dire che brancaccio ha una posizione “sbagliatissima” è un atteggiamento incredibilmente settario. E quello che mi stupisce è che invece non si è così astiosi con movimenti come il Front National, che invece è su una linea esattamente diversa. Non solo per quanto riguarda i diritti civili (che tra l’altro non comprendono solo il matrimonio gay, ma anche diritti già acquisiti come aborto e divorzio), non solo per la posizione sugli immigrati che, non raccontiamoci balle, è chiaramente razzista e islamista, ma anche e soprattutto per il lavoro e i diritti sociali. Guardate che si può anche essere protezionisti ma al contempo liberisti all’interno del proprio paese… Cosa dice la le pen per i lavoratori dipendenti? Sul contratto nazionale, sul salario minimo? Cosa ne pensa dei sindacati? Perché si parla dell’alleanza con la lega che è chiaramente? Chiedo eh, magari non sono a conoscenza di qualcosa.
Gian marco, io veramento non capisco.
Intanto, bisogna smetterla – qui il discorso non riguarda solo te – di avere questo innamoramento per l'economia. Ci mancherebbe che dopo trenta anni di religione del liberismo instaurassimo trenta anni di religione di una o altra scuola di economia critica. Qui parliamo delle proposte politiche di Brancaccio. Non stiamo sottoponendo a critica un articolo di Brancaccio, contestando di non aver tenuto conto di uno o altro contributo o di aver fatto una certa affermazione senza aver considerato una certa variabile (non siamo economisti quindi non potremmo mai farlo). Insomma, nel discorso che stiamo facendo l'economia non c'entra un fico secco.
Per quale diavolo di ragione dovremmo essere astiosi contro un movimento politico straniero del quale non conosciamo quasi un tubo. Tu mi sai dire chi sono i 10 pensatori di rilievo del fronte National? Mi sai dire qual è la tendenza dentro il partito? Mi sai dire in che misura la gentaglia che si trova nella base e che si può constatare dalla pagina facebook della Le Pen trova rappresentanza nelle posizioni uffuciali e nella classe dirigente del partito? Io no. Dunque perché vuoi che giudichi un fenomeno che non interferisce minimamente con la mia azione e che non conosco. Che ci guadagnamo noi a contestare il Fronte nationale (sotto profili che non attengono ai nostri temi: sviluppo atomico, pena di morte). perché dovremmo contestare il fronte nationale e non tantissimi partiti simili della destra? Siamo contro la pena di morte. Non siamo per lo sviluppo atomico. Non siamo antislamici (anzi, per la mia passione per i mujahideen c'è chi ha scritto che sarei un "portavoce" degli islamisti, guarda un po'). A chi non si accontenta diciamo: vattene a quel paese.
Noi siamo impegnati in una campagna di reclutamento in un progetto. Chi è che può ostacolare questo progetto: Brancaccio, che vuole al più una rifondazione comunista sovranista, o la Le pen? Ecco la risposta è qua ed è semplice: Brancaccio. Se noi vogliamo costruire questo soggetto di 1500-2000 militanti, ed abbiamo ancora 18 mesi, Brancaccio, soprattutto quando svolge interventi come quello di Chianciano, è un ostacolo. Ed è soltanto questa la ragione per la quale dobbiamo dire: state attenti, è una posizione di retroguardia, ineffettuale, settaria, che vuole evitare contaminazioni indispensabili, che sta dentro la logica dei partitini legati al movimento operaio ormai morti.
Non siamo un circolo culturale. Ci interessiamo del fronte Nationale soltanto per sapere che forse tra quattro anni la Francia farà saltare il gioco. Per il resto gli avversari politici, in questa fase in cui il movimento sovranista ancora non esiste, sono tutti coloro che possono ostacolare una più veloce formazione di un movimento sovranista (dunque non un Renzi o un D'Alema – magari fossimo già al punto in cui gli avversari sono questi), bensì un Brancaccio, uno Zezza o un Cesaratto. Quando il movimento sovranista esisterà, allora gli avversari diverranno D'Alema, Renzi, Gasparri e così via.
Vabbe' D'Andrea, nella stessa intervista del 2011 che citi Brancaccio parla non solo di standard retributivo europeo ma anche di prepararsi a fare saltare il mercato unico europeo, oltre alla moneta unica. Nel 2002 parlava di protezionismo. Nel 1999 parlava di blocco dei movimenti di capitale in Europa. Ma tu nel 1999 che facevi???
Tu poi adesso parli di "distruggere" l'Unione europea. Parola divertente ma un pochetto pretenziosa, visto che poi scopriamo che tu intendi solo tornare al vecchio Mercato comune. Brancaccio da un pezzo va oltre.
Forse Redwolf è "falso" nel dire che voi appoggiate i fascisti (anche se qualche indizio ce lo avete dato). Ma tu sei altrettanto disonesto e tendenzioso nel descrivere in modo sballato un intellettuale di rango che tra l'altro non fila nemmeno di striscio queste discussioni farneticanti da "gruppettari".
Detto questo, stiamo al punto politico: per molti Le Pen non va votata perché rappresenta un pericolo per le libertà civili, associative e sindacali, e perché il rapporto dei fascisti coi lavoratori è sempre stato di dominio. Voi la vedete diversamente? Auguri ma da qui a dire che la vostra posizione crea la base di consenso più ampia ce ne passa. E' più probabile che vi troverete in coda a una opzione di uscita "gattopardesca" dall'euro, con una spruzzata di restrizioni sull'aborto, che per i neri non guasta mai…
Roberto
Roberto, nel 1999 quando l'Europa lasciava bombardare la Serbia dagli stati uniti capii che l'europa non era nulla e che andava distrutta (politicamente; scientificamente scrivevo la monografia sul contratto con parte soggettivamente complessa!). E decisi di non votare più per quello che mi sembrava a tutti gli effetti un partito unico (con finte varianti di estrema destra ed estrema sinistra). Quindi nel 2001 non votai. Da coloro che negli anni successivi hanno votato la sinistra radicale (che ha partecipato a un governo che ha emanato il pacchetto treu, ha proceduto a privatizzazioni e ha abrogato l'equo canone), non ho nulla da imparare politicamente.
Ripeto anche a te ciò che ho scritto a Gian Marco. Qui non stiamo commentando Brancaccio economista. Qui stiamo dicendo che le sue posizioni politiche sono maturate lentamente e che comunque a Chianciano, con l'accenno ai diritti civili, con l'accenno ai "compagni" e con l'offensivo ammonimento di non sdoganare la Le Pen ha preso una posizione che divide, di retroguardia e di ostacolo alla formazione del movimento sovranista. Al contrario, dobbiamo chiamarci compatrioti e non compagni; dobbiamo disinteressarci se un nostro compagno di battaglia ha posizioni più o meno chiuse su uno o altro diritto civile; dobbiamo riconoscere che, a prescindere da chi sia arrivato prima o dopo, dobbiamo fissare soltanto la barriera della democrazia, irrinunciabile, e del razzismo, inaccettabile.
Così secondo me, con calma, si può tentare di costruire qualche cosa; e non è detto che ci si riesca. L'impostazione di Brancaccio, a mio avviso, è del tutto ineffettuale e certamente perdente. Posso esprimere sul nostro blog questa tesi, senza che i fan di Brancaccio si risentano per lesa maestà?
Ma è così difficile capire che la Le Pen non c'entra nulla con le idee dell'ARS?
La posizione antiliberista dell'ARS è più che chiara, basta leggere i documenti ufficiali. Non c'è possobilità di equivoco: leggete il documento sulla repressione finanziaria e trovatemi una posizione più netta e analitica espressa negli utlimi anni.
Chiunque osi solo dubitare di questo sta parlando del nulla, che si chiami Brancaccio o altro.
Un punto ritengo inoltre da chiarire: l'Unione Europea è una mostruosità irriformabile. Modificarla nel senso auspicato da Brancaccio e anche da altri significherebbe rinnegare tutta la sua costruzione e il suo sviluppo.
Negli ultimi anni abbiamo letto ed ascoltato tanti fognatori, che parlavano di un'Europa diversa proprio mentre i governanti europei erano riuniti per la firma dei vari trattati capestro tipo MES e FISCAL COMPACT. Ora vediamo all'orizzonte mostruosità come l'Unione Bancaria e ancora qualcuno parla della possibilità di riformare questa Unione Europea: per me significa non voler capire!
Non credo sia un caso che le posizioni più nette contro la mostruosità dei Trattati vengano da giuristi!
Lorenzo ma è proprio quello che non capisco.. Brancaccio ha detto tre cose nel discorso di chianciano: ha messo in guardia da chi vuole uscire dall’Euro senza uscire dal mercato unico, e qui l’ars è anche avanti; ha messo in guardia dalla deriva alba dorata o front National, e qui mi pare che l’ars non debba sentirsi chiamata in causa, a parte forse qualche iscritto o simpatizzante; e allora mi volete dire che il problema è la terza cosa, cioè la parola compagni? Una parola che tra l’altro usavano anche i socialisti? Perché compatrioti va benee compagni no? chi lo decide visto che sul documento non c’è scritto niente a riguardo?
Aggiungo, per Stefano, che non capisco dove vedi la religione dell’economia: ho solo detto che brancaccio, tra gli economisti, è il più vicino all’Ars nei contenuti. Più di bagnai, molto più dell’mmt. Se per te è un nemico secondo me sei un po’ settario. Per me sono da considerare nemiche le derive reazionarie, nazionalistiche, mistiche, non certo l’equilibrato pensiero i brancaccio. Con tutti i suoi parziali errori.
Leggo solo ora tutti i commenti. aggiungo un solo pensiero.
Ammettiamo per ipotesi che prevalga la scelta di definirsi " compagni" .
Che significato assume l'obiettivo che ars si è data di costituirsi in Frazione di un fronte sovranista?
Può questa scelta lessicale produrre effetti che favoriscano, agevolino, la costituzione di un fronte?
Non ti sembra che l'uso del termine, in questo contesto, strida con il concetto di " fronte " che qui auspichiamo si costituisca?
Il termine Compagni ci aiuta forse ha definirci meglio? Chiarisce il nostro progetto? le nostre idee?
Facilita la comprensione da parte degli esterni di ciò che siamo? Ci posiziona meglio nel panorama delle forze politiche che vogliono esistere e crescere? Ci conferisce forse un senso di appartenenza a qualche forza politica più radicata?
Fa capire agli altri cosa vogliamo?
E cioè vogliamo quello che vogliono i "compagni"?. Questo farebbe chiarezza?
Ritieni ci aiuterebbe?
Poi non credo che utilizzare una parola nel contesto in cui è stata utilizzata sia solo una scelta lessicale. Voleva capire quanta della platea presente si riconoscesse oggi nel termine compagni.
E' legittimo. Ma è lontano dalle scelte fatte dall'Ars per i motivi più volti esposti.
Saluti
Antonio Bianchi
Non mi sembra che abbia messo in guardia dalla deriva di Alba dorata e del fronte nationale. Almeno spero di ricorare bene, perché tra alba dorata e il fronte nationale corre la differenza che passa tra Brancaccio e Cicchito; mi sembra un discorso troppo grossolano abbinare i due fenomeni. Sono due realtà completamente diverse. Sarebbe ancora più grave: dovremmo scrivergli una lettera e dirgli: "mi raccomando Brancaccio non sdoganare il FN e Alba Dorata". Non scherziamo.
Gian Marco, io non le trovo tutte queste persone che hanno piacere di essere chiamate "compagni". A parte che in queste cose non dvrebbe contare la maggioranza ma la minoranza. Se anche ci fosse una minoranza soltanto del 20% che non si sente a suo agio ad essere chiamata compagno, solo un fanatico o un impolitico che pensa esclusivamente a soddisfare se stesso proporrebbe la parola compagno. Ma non credo che sia solo una minoranza a preferire compatrioti a compagni.
Certo che non lo decido io. Basta che tu anche soltanto temi che il 10% degli iscritti all'ARS non ami la parola compagno e prendi atto che la parola patria è nominata più volte nel documento e che il progetto raccomanda sempre l'unanimità o quasi e allora logicamente e coerentemente proporrai compatrioti.
Brancaccio non è un nemico, ci mancherebbe. Chi lo ha scritto? Anzi spero che un giorno sia alleato. Semplicemente, a mio avviso, se svolge il ruolo di avvicinare a posizioni sovraniste una parte dei militanti della sinistra radicale – e di questo dobbiamo ringraziarlo – allo stesso modo, quando interviene in un ambiente un po' più ampio (dove infatti è costretto a dire "spero di poter usare la parola compagno") rischia di rallentare o ostacolare il nostro progetto e perciò bisogna rimarcare le differenze tra l'ARS e Brancaccio e sostenere che la prospettiva giusta è quella dell'ars, non quella di Brancaccio: che esiste anche il centro, che è molto più ampio della destra e della sinistra e che quindi bisogna evitare di utilizzare le parole destra e sinistra, tanto care ai fanatici che finiscono per buttare il centro (la maggioranza assoluta) dall'altra parte del proprio schieramento; che bisogna perseguire la massima unità e che quindi, visto tra l'altro che vogliamo ricostruire la patria o impedirne la disintegrazione, il nome compatrioti è un nome naturale, mentre il nome compagni è un nome del tutto innaturale; che in genere bisogna insospettirsi dinanzi a coloro che dividono e sottoporli a severa analisi e verifica; ecc. ecc.
“due colpe imperdonabili: l'aver promulgato le leggi razziali nel 1938, e l'aver messo a rischio l'unità della Nazione con la scelta di dar vita alla repubblica di Salò, schierandola al fianco della Germania nazista”
Tutto qua ?
Certo che no. La privazione della libertà è una colpa imperdonabile, sebbene a quel tempo anche il movimento comunista dove andava al potere limitava la libertà. Ma in Italia quella colpa l'ha avuta il fascismo e il movimento comunista, fin dal tempo dei fronti popolari, scelse la strada della democrazia progressiva.
Porta pazienza Stefano . Ma il bolscevismo russo avviene in un ambiente dove la contrattualistica individuale ( conseguenza del Medioevo ) non era conosciuta eccetera . Il concetto di libertà lì , nel ’17 , percorre altri piani rispetto a quello occidentale .
Non credo proprio che Gramsci avrebbe negato alcuna libertà ( ai grandi industriali certamente , al contrario di quello che fece Mussolini )
Tania, porta pazienza anche tu. Il comunismo arrivò anche dove c'erano stati gli asburgo e moto dopo il 17'. L'esproprio porta con se necessariamente la dittatura. Non si può volere l'esproprio senza dittatura. E' come volere gli stati uniti d'europa senza volere (affrontare) le guerre di secessione che ci sarebbero. A distanza di tanti anni questo si può dire.
L’impero austroungarico non ha conosciuto la contrattualistica occidentale . Era molto più simile all'impero zarista . La dittatura del proletariato non si è mai vista e non voleva dire uccidiamo e incarceriamo i compagni : voleva democrazia della maggioranza .
Devo andare , ciao
Va beh c'è stata la DDR.
E' logico e indiscutibile che se espropri e impedisci di accumulare devi volere la dittatura Tania.
Ma no , nemmeno la DDR : era solo una colonia , sulla frontiera per di più , di un capitalismo di stato . Insisto , la dittatura bel proletario non è mai esistita e non può più logicamente esistere . Può invece esistere l’esproprio degli espropriatori .E ci mancherebbe anche che gli espropriatori non debbano essare espropriati . Ma io la chiamo libertà .
Beh però andiamoci piano col fatto che per espropriare ci vuole una dittatura. L'articolo 42 della Costituzione italiana mi pare preveda l'esproprio per fini di interesse generale. Questo non significa che bisogna espropriare tutto secondo me, anzi credo che la piccola proprietà privata sia anche benefica. Però si sa che se un'azienda è molto grande i suoi interessi potrebbero entrare in contrasto con quelli della maggior parte dei cittadini (vedi la FIAT che dopo tutti i soldi che ha preso dallo stato qualche anno fa ha vinto il referendum contro i lavoratori di Mirafiori minacciandoli di delocalizzare), penetrando anche nelle istituzioni (vedi De Benedetti che è prima tessera del PD, o Berlusconi che è ovviamente prima tessera del PDL), e a un certo punto è probabile che sia più utile per i cittadini la nazionalizzazione di certe grandi imprese. Non c'è nulla di male o di "dittatoriale" nell'esproprio di grandi imprese (e anzi è uno dei punti del volantino dell'Ars del 9 dicembre, se non sbaglio).
Gian marco, quell'articolo prevede "può", non "deve" e prevede la possibilità di esproprio soltanto per le tre situazioni contemplate.
Parlavamo di altro, ossia di un sistema che nega la possibilità di accumulazione e in generale di acquistare mezzi di produzione con il risparmio (magari derivante da lavoro).
Qui non è soltanto la storia a dirci che devi instaurare la dittatura e eventualmente affrontare e vincere la guerra civile per farlo (sia chiaro che io non voglio farlo), è la logica.
Possibile che non ci capiamo mai? Qui stiamo asserendo che i comunisti comunisti, contrari alla libera iniziativa privata, se sono contrari alla dittatura, sono ipocriti (è la recente moda di essere umani, buoni, giusti, pacifici – moda che ovviamente non ha nulla a che vedere con il comunismo storicamente realizzato, il quale è stato violento, di classe – altro che giusto – cattivo e talvolta ai limiti dell'umano). Io riesco ad apprezzare soltanto coloro che sono comunisti in questo secondo senso, realistico, sincero , schietto, storico, sebbene io la pensi diversamente.
No, adesso ci siamo capiti. Mi sembrava di aver capito che fossi contro le nazionalizzazioni in generale.
Stefano tu puoi continuare a disprezzare e insultare chi vuoi ma il “comunismo realmente esitito” è un’espressione senza senso . Forse avrebbe più senso l’espressione “socialismo realmente esistito” ( con relativa momentanea dittatura del proletariato eccetera ) , ma anche qui devo dire che non so veramente cosa significhi “socialismo reale” . Anzi credo che non lo sapesse nemmeno Stalin che si era inventato quella formula . Per Marx il comunismo era "un'incognita da sperimentare" ma comunque per lui e per tutti i comunisti la “realizzazione” era solo il comunismo . Il socialismo era una tappa intermedia assolutamente incerta : per cui dire di aver “realizzato” una tappa incerta era veramente un formula quasi senza senso . Comunque il comunismo è la fase successiva al capitalismo , con relativa estinzione degli Stati e tutto il resto , e la rivoluzione in Marx non è certo una cesura che spacca il mondo , ma una spintarella che completa dei processi già maturi . L’Ottobre ha molto più a che fare con il pensiero decostruzionista che con Marx .: Nietzsche è a-politico , non è un pensatore politico , non mi riferisco quindi ai contenuti . Però , rischiando di semplificare : se l’Ottobre invece di Lenin l’avesse fatto Nietzsche , al posto di “rivoluzione” avremmo parlato di “volontà di potenza” . Comunque , in sintesi , quello “realmente esistito” è stato un capitalismo di Stato . Il comunismo si dà una razionalità storica , non di governo . Punto .
Scusa Tania, ma io ho scritto "tra le altre, due colpe imperdonabili". Ti dovevo fare l'elenco? Io già non ne posso francamente più dei commentatori che vengono a cercare il pelo nell'uovo, ma addirittura dovermi preoccupare di quelli che estrapolano come caxio je pare…!!!
E daje!
Hai ragione e mi scuso .
Il fatto è che sul momento , quando ho visto quel grassetto , ho pensato che per te l’unità della nazione fosse più importante di uccisioni , incarcerazioni , mancanza di libertà eccetera .
Ma è evidente che ho interpretato male io e mi scuso di nuovo .
@Tania
Sì, capita anche a me di leggere in fretta e di interpretare secondo i miei pregiudizi o i miei timori. A causa di ciò, una volta ho fatto una figura che, ancora adesso quando ci ripenso, mi andrei a nascondere sotto terra…
Scuse accettate.
Salve a tutti. Dico la mia.
Il prof. Brancaccio per quanto mi riguarda é forse il miglior economista italiano attuale ed un intellettuale raffinato e lungimirante. Sempre su posizioni di mediazione e mai una parola di troppo, che volendo vedere il pelo nell'uovo é anche il suo difetto a volte :)
Ciò detto, non vedo lo scopo di litigare su quest'argomento. Proprio perché Brancaccio ha sempre tenuto un basso profilo politicamente parlando e ha lavorato egregiamente come economista fin da fine anni '90 con previsioni molto puntuali e profetiche, credo che nessuno possa seriamente negargli la palma che si merita di economista eterodosso di assoluta avanguardia. Economista, non politico. O per meglio dire, lui ha sempre cercato di riportare le forze politiche esistenti di sinistra sul terreno virtuoso, e questa (per quanto senza speranza o quasi imo) era razionalmente la mossa migliore dal suo punto di vista. Quando un autobus va verso un burrone, la prima cosa da fare é cercare di influenzare o dirigere il pilota, non vi pare? Il suo tentativo é stato encomiabile, ma anche lui alla fine si sta arrendendo all'evidenza…
D'altra parte ARS si occupa da sempre di politica. Discutere di rapporti fra sovranità nazionale, unione europea e costituzione é un atto politico, ed é sempre stato il pane e il burro dell'associazione. E dal punto di vista politico non si può negare ad ARS il ruolo di avanguardia sul discorso della riconquista dello spazio sovrano italiano, come unica via per tornare a rimettere la politica sopra l'economia e implementare il modello costituzionale che ci appartiene dal 1948. Ad ognuno il suo insomma.
Ma poi, ha un qualche senso interrogarsi su "chi sia arrivato per prima" e "chi si é avvicinato a chi?" A me pare che la grande e positiva novità sia che FINALMENTE SIAMO VICINI, dopo anni di sospetti, divisioni e parrocchiette litigiose. E questa é una grande opportunità per concretizzare azioni comuni e collaborazioni.
Detto ciò, mi spiacciono le consuete accuse/sospetti di fascismo o di tendenze del genere da parte nostra. La nostra costituzione (titolo XII) si esprime chiaramente in chiave antifascista, e noi abbiamo fatto nostro tale messaggio in toto. Idem, la nostra costituzione é assolutamente esplicita su pari diritti e opportunità per tutti indipendentemente da razza genere e classe sociale, e di questo faremo un altro nostro punto di forza. In tal senso, prendiamo le distanze con forza dalle tendenze xenofobe della Le Pen. Proprio non ci appartengono. PARIMENTI non riteniamo corretto essere accusati di fascismo o almeno di "lontanza politica dalla sinistra" per il nostro desiderio di recupero dello spazio sovrano nazionale. Come ha sottolineato di recente il prof. Bagnai in un suo pezzo, citando dal Manifesto del Partito Comunista:
Dovrebbe essere questa:
"Se non nel contenuto, senz'altro formalmente la lotta del proletariato contro la borghesia è in un primo momento una lotta nazionale. Va da sé che il proletariato di ciascun paese deve vedersela in primo luogo con la propria borghesia"
E aggiungo dalla prefazione di Engels al lettore italiano del 1893:
"Se ciascuna nazione non avesse riacquistato la propria autonomia e unità, non si sarebbero potute compiere né l'unione internazionale del proletariato, né la tranquilla e intelligente cooperazione di queste nazioni per il raggiungimento di scopi comuni. Cercate solo d'immaginare un'azione internazionale comune degli operai italiani, ungheresi, tedeschi, polacchi, russi nelle condizioni politiche precedenti il 1848!"
Capite? Noi stiamo semplicemente cercando di condurre il nuovo proletariato nazionale, che comprende ANCHE la piccola e media impresa che non vogliamo certo abbandonare, alla lotta politica unito contro il grande capitale sfrenato e il liberismo europeo e mondiale, rappresentato dal sisema di lobby e finanziarie dietro la Troika. Chiamatela se volete lotta di classe 2.0
Come fascisti non siamo questo granché. :)
Quello di Marx è un pensiero dialettico , non determinista ( come noto Marx criticava i Testi Rivelati ) : Il Manifesto è stato scritto per le irripetibili contingenze storiche dell’Europa Occidentale del 1848 . Un milione d’anni fa in una galassia lontana.. E già allora , per Marx , la rivoluzione non era un semplice aggregato di trasformazioni nazionali : era un fenomeno internazionale , così come essenzialmente internazionale era la loro strategia . “L’indirizzo inaugurale” di Marx alla Prima Internazionale è un’esortazione alle classi lavoratrici affinché penetrino i “misteri della politica internazionale” e vi prendano parte attiva .
Tra l'altro questa cosa di pescare chirurgicamente pezzetti di Marx , decontestualizzati , a proprio uso e consumo , è ancora più strana quando si vuole proteggere e facilitare le esportazioni del capitalismo italiano .
Tania, sei naturalmente libera di credere che un "proletariato internazionale", ammesso che esista, possa contrastare il grande capitale. Io non lo penso. Non ancora almeno. Non é che l'avvenuta globalizzazione abbia reso rispetto a due secoli fa MENO vero che per organizzare una controoffensiva al neoliberismo ANZITUTTO vada modificata la rotta a livello nazionale. Perché solo i nostri organi di governo nazionali possono poi farsi sentire nelle sedi competenti internazionali (come l'UE) e pretendere modifiche dello status quo. Un semplice movimento operaio imo non può. A maggior ragione in un contesto europeo dove i proletari dei vari paesi vengono messi gli uni contro gli altri armati da una narrativa tossica ed errata dei media, sul genere dei "tedeschi nazisti, italiani fannulloni". Gli uni credono ora che la causa dei propri sacrifici siano le colpe degli altri, auguri per una loro collaborazione. E non parliamo di cosa i cittadini greci pensino dei colleghi europei che assistono bene che vada immobili alla loro rovina.
Il capitale é intrinsecamente internazionale, e si muove in tempo reale su decisione di un ristrattissimo numero di lobby, che influenzano a piacimento la governance europea. Un esempio? Vedi qui. I tempi tecnici di relalizzazione di un simile movimento internazionalista, ammesso sia fattibile in questa contingenza storica CONTRARIA, sono ben oltre ciò che l'Italia si possa permettere prima di crollare.
Sono contento che Mattia abbia portato un po' di ragionevolezza nella discussione su Brancaccio. Accanirsi contro di lui è un errore, e questo, caro Stefano, devi accettarlo. Brancaccio va preso per quello che è, un economista di sinistra, che è stato molto utile e forse sarà molto utile a veicolare certe idee, in particolare per il fatto di non considerare il protezionismo e il controllo del movimento dei capitali come una bestemmia.
Sono d'accordo anche sulla questione dell'alleanza tra salariati, autonomi e piccoli e medi imprenditori, ma con due precisazioni: prima di tutto bisogna aver presente che nel cosiddetto grande capitale internazionale c'è anche del capitale italiano, e quello, anche se italiano, non va considerato come alleato, perché effettivamente non ha alcun interesse in Italia se non i profitti che fa; l'altra postilla è che gli imprenditori se vogliono stare in un fronte devono cedere a parte dei loro interessi, devono capire che il capitalismo con cui si sono arricchiti fino a ieri va fortemente limitato, e devono mettere da parte il modello di stato che hanno in mente (cioè quello che dovrebbe servire solo per mantenere l'ordine pubblico). E' importante questa seconda puntualizzazione perché spesso sento parlare imprenditori che fino a ieri godevano come matti, e anzi insultavano quelli che andavano in piazza (me li ricordo gli articoli del Giornale contro chi scendeva in piazza contro la terribile riforma Gelmini), e invece adesso che le cose versano male si lamentano e vorrebbero una rivoluzione immediata. Preciso che non è una colpa degli imprenditori e che non intendo assolutamente fare una considerazione moralistica, ma solo una constatazione di un atteggiamento che è naturale che prenda piede nella piccola borghesia.
Faccio queste due precisazioni perché c'è una conseguenza pratica immediata: credo infatti che un tale fronte allargato, una tale alleanza di classi, possa esistere solo con dei paletti imprescindibili (paralleli a quelli che sono molto chiari nel programma dell'Ars: protezionismo, controllo dello stato sulla banca centrale, controllo dei movimenti di capitale), e cioè il contratto nazionale di categoria, l'orario di lavoro minimo (questi due punti ci sono nel documento sul lavoro Ars) e soprattutto il salario minimo e l'indicizzazione dei salari all'inflazione, in particolare nel momento di uscita dalla moneta unica (questi due punti invece mi pare non ci siano).
Chi non vuole questi provvedimenti non può dirsi socialista, e l'Ars deve assolutamente imboccare la strada di un sovranismo esplicitamente socialista, altrimenti non avrà mai una sua identità.
@Mattia.Corsini , in realtà ti ho solo contesto l’uso strumentale di Marx : prenderne pezzetti decontestualizzati è un’operazione facile ma scorretta , alla portata di tutti , anche magari da parte di chi vuole sostenere le esportazioni del capitalismo nazionale . O da parte di qualche nazionalista . Marx apparteneva alla Sinistra Hegeliana e mette al centro della sua opera omnia la liberazione dell’essere umano , non certo la nazione ( termine , quest’ultimo , che tra l’altro usava interscambiabilmente con quello di società , ignorandone la differenza : la sociologia specifica sul tema inizia ai primi del Novecento ).
Poi , circa il “sei libera di credere che il proletariato mondiale… ” eccetera , di cui non ti ho accennato nulla , credo che il discorso sia un pochino più complesso di come me lo presenti . Ora , analizzando la struttura dell’economia mondo capitalista e ragionando in termini dialettici ( se vogliamo prendere seriamente Marx ) , “il proletariato mondiale” di oggi , ore 0.24 , in realtà non sono più i dipendenti tedeschi e italiani “che litigano tra loro” . Questi , anche se sulla carta d’identità si qualificano come “operai” , dal punto di vista marxiano non sono più esattamente i proletari di Marx . Non lo sono perché ottengono parte di plus valore da loro non creato . E lo ottengono dai veri proletari in senso marxiano : chi non vive sottraendo plus valore a nessuno al mondo , ma solo della sua forza lavoro : circa 3 miliardi di persone sparse per il mondo che magari in questo momento , a 2 € al giorno , stanno costruendo questi t-a-s-t-i e tutto quello , materiale o immateriale , che ci avvolge . Occorrebbe anche aggiungere che il sistema capitalistico mondiale non si fonda esclusivamente sull’antinomia capitale-lavoro, che è certo permanente e fondamentale, ma su una complessa gerarchia all’interno dell’elemento lavoro, che comprende i cosiddetti “aggregati domestici” , che a loro volta implicano il sessismo , in particolare nelle periferie del sistema mondo . Poi in realtà i nazionalismi sono la linfa vitale del sistema mondo capitalista eccetera eccetera.. Ok basta cosi
Ora immagino che arriveremo al “che fare ?” . La mia risposta è : Non ne ho la più pallida idea . Di certo non agisco per agire , per l’azione fine a se stessa , per liberare tossine : la mattina appena alzata vado a correre , ogni tanto gioco a pallavolo , e mi basta ( non ce l’ho con te , ma con l’amministratore di questo blog che mi accusa di essere “contemplativa” , mentre lui sarebbe per l’azione ) . Di certo della “sovranità nazionale” non mi interessa nulla . Nell’immediato forse sosterrò la candidatura di Tsipras con relativa modifica del Trattato di Lisbona , dello statuto della BCE eccetera eccetera
Che significa " chi vuole sostenere le esportazioni del capitalismo nazionale?" Non ti sembra un po' incompleto e ingiusto il giudizio che dai su ARS? Un movimento che vuole una politica industriale nazionale con intervento pubblico, uno sviluppo basato anche sulla domanda interna, l' indicizzazione dei salari… è secondo te un gruppo che pensa solo alle " esportazioni del capitalismo nazionale?"
ARS sta proprio cercando di dare una risposta al " che fare". Che cosa sta portando il processo di " ristrutturazione capitalistica in europa" o di " concentrazione dei capitali verso il centro europa"? Risposta: la mezzogiornificazione del mediterraneo, e quindi anche dell' Italia. Chi ci guadagna? Il proletariato? no. il piccolo imprenditore? oggi nemmeno lui. Lo stato inteso come " bene pubblico"? Nemmeno perché stiamo svendendo tutto e stiamo continuamente modificando la Costituzione. E' un processo finalizzato alla costituzione degli stai uniti d' europa? No. I socialisti tedeschi sono d' accordo coi soscialisti francesi no? L' eventuale stop al Fiscal Compact serve a fermare le asimetrie presenti in Europa derivanti sopratutto da un modello industriale tedesco a cui anche i socialisti e sindacati tedeschi ( legittimamente, sia chiaro) non vogliono rinunciare? No. Ecco tutte queste domande contribuiscono a dare la risposta " al che fare". ARS ha cercato di dare risposta a queste domande. Ponendo due anni fa un quesito semplice " O la Costituzione Italiana o l' Unione Europea". Non si è alzata una mattina dal letto per dire " riconquistiamo la sovranità punto e basta perché dobbiamo esportare di più dei tedeschi".
Ci si lamenta che il parlamento nazionale sia sempre più esautorato dai propri poteri in favore di governo e presidente della repubblica? Ci si stupisce delle riforme elettorali sempre più maggioritarie? Anche questo è frutto del processo di integrazione eurista. Quanto più di inter – governativo e anti democratico possa esistere. Dire " bisogna dare più poteri al parlamento europeo" è solo una fuga in avanti. Il parlamento europeo esisteva prima di Maastricht e dell' Euro.
Dunque riconquistare la sovranità nazionale per riconquistare la centralità del parlamento nazionale e della sovranità popolare, come scritto nella Costituzione.
PS: tra l' altro dire che servono anche ( e non ovviamente sacrificarci tutto come " riforme struttuali" impongono, vedi spagna) le esportazioni non è nazionalismo ma un fatto banale per un paese che importa materie prime.
Tania però dire che i lavoratori dipendenti italiani non sono proletari nel senso marxiano è, prima di tutto, un'affermazione tutta da dimostrare. Mi sai quantificare il plusvalore che estraggono i lavoratori italiani da quelli in India? In secondo luogo, si tratta anche di un'affermazione inutile, perché non si capisce che implicazione pratica avrebbe. Dove vuoi arrivare? I lavoratori italiani non hanno il diritto di ribellarsi coi loro padroni perché c'è chi invece è più proletario di loro?
Mi sembra che con questa idea, per cercare di essere marxista ortodossa, dimentichi lo spirito con cui Marx si era messo al lavoro, e cioè di trovare il punto chiave su cui fare leva per l'emancipazione delle classi subalterne. E mi pare che i lavoratori dipendenti italiani, e ci metterei anche molti autonomi, siano una classe subalterna (cioè che sta risentendo in modo negativo di questa fase del capitalismo).
Paride ,
"chi vuole sostenere le esportazioni del capitalismo nazionale?" è l’economista citato sopra da Mattia.Corsini . ( Spero di non fare una gaffe , perchè l’avrò letto forse un paio di volte , e magari ricordo male . Ricordo però che usava molto impropriamente i termini “Sinitra” , “Fascismo” eccetera . E qui strumentalizza goffamente anche Marx )
Non mi riferivo ad ARS .
Gian Marco ,
Però è così . Se si vuole prendere Marx occorre mettere al centro l’essere umano , non certo reificare un’invenzione del capitalismo come la Nazione ; occorre ragionare in termini dialettici osservando la struttura , e non certo ragionare in terminini determnisti e per di più adeguandoci alle sovrastrutture che ci ha donato l’economia mondo capitalista . Occorre cioè vedere chi sono oggi i proletari marxiani e non certo piegare ai tuoi desiderata pezzettini di frasi di un testo , scritto per particolari contingenze storiche , con termini per altro usati con accezioni diverse eccetera solo perchè per esempio , tu vivi nel nuovo Stato chiamato Padania , Prussia , Israele o Lesotho ( Stati che a quel punto avranno imposto una loro lingua , loro tradizioni e “radici” inventate eccetera ) e quindi solo perchè politicamente ti è legalmente concesso di agire solo dentro i recenti che ti ha concesso il nuovo Stato che l’economia mondo capitalista ha prodotto . Chi ragiona cosi non osserva la struttuara dei rapporti materiali di produzione , ma si adegua e reifica le sovrastrutture prodotte dal capitale . Chi ragiona così è comunsita come lo erano Enrico Corradini o Charles Maurras o come Marine Le Pen .
Detto questo io non disprezzo a prescindere i diritti politici che mi ha concesso lo Stato dove casualmente vivo ( che si tratti di voto o di lotte/manifestazioni di dissenso eccetera ) . Cerco anch’io di sfruttarli come posso .
Sono d'accordo che l'estrapolazione di alcune frasi di Marx è un'operazione un po' rischiosa: in questo caso è vero che in quel passo Marx parla di proletariato nazionale, ma non so in quanti altri punti si sia avvicinato a questa questione.
Semplicemente credo che Marx non abbia indagato questo problema a fondo, come in generale non si è occupato molto del modo pratico di abbattere il capitalismo, cioè di quali provvedimenti adottare, di quali alleanze sociali fare, di come considerare i rapporti tra stati. Non si tratta di fargliene una colpa, perché Marx era un filosofo-economista che ha cercato di evidenziare il meccanismo fondamentale alla base del capitalismo (e ricordiamo che lui ragiona soprattutto pensando all'Inghilterra dell'epoca), ma non era un politico. Comunque, però, qualcosa sui passi da compiere per ribaltare il capitalismo Marx l'ha pur detta, e non un libretto dimenticato, ma ancora nel Manifesto:
"Abbiamo già visto sopra che il primo passo nella rivoluzione dei lavoratori è l'elevazione del proletariato a classe
dominante, la conquista della democrazia.
Il proletariato userà il suo potere politico per strappare progressivamente alla borghesia tutti i suoi capitali, per
centralizzare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, dunque del proletariato organizzato in classe
dominante, e per moltiplicare il più rapidamente possibile la massa delle forze produttive.
In un primo momento ciò può accadere solo per mezzo di interventi dispotici sul diritto di proprietà e sui rapporti di
produzione borghesi, insomma attraverso misure che appaiono economicamente insufficienti e inconsistenti, ma che nel
corso del movimento si spingono oltre i propri limiti e sono inevitabili strumenti di trasformazione dell'intero modo di
produzione.
Queste misure saranno naturalmente differenti da paese a paese.
Per i paesi più sviluppati potranno comunque essere molto generalmente prese le misure seguenti:
1) Espropriazione della proprietà fondiaria e impiego della proprietà fondiaria per le spese dello Stato.
2) Forte imposta progressiva.
3) Abolizione del diritto di successione.
4) Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli.
5) Centralizzazione del credito nelle mani dello Stato attraverso una banca nazionale dotata di capitale di Stato e
monopolio assoluto.
6) Centralizzazione di ogni mezzo di trasporto nelle mani dello Stato.
7) Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei
terreni secondo un piano sociale.
8) Uguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti industriali, specialmente per l'agricoltura.
9) Unificazione dell'esercizio dell'agricoltura e dell'industria, misure volte ad abolire gradualmente la
contrapposizione26 di città e campagna.
10) Educazione pubblica e gratuita di tutti i bambini. Abolizione del lavoro dei bambini nelle fabbriche nella sua
forma attuale. Fusione di educazione e produzione materiale, ecc., ecc".
Da questo passo sembra evidente che Marx pensava a una concentrazione di potere nelle mani dello Stato ("centralizzare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, dunque del proletariato organizzato in classe
dominante") e soprattutto pensava a percorsi differenti nei vari paesi ("Queste misure saranno naturalmente differenti da paese a paese"). Certamente si può dire che questo non è un punto rilevante in Marx, per il fatto che non tende a sottolinearlo, per il fatto che il nucleo del suo pensiero è basato sull'opposizione delle due classi in conflitto, ma questo è quanto diceva Marx.
Però il mio punto è un altro, e riguarda la sfera pratica, il che fare: sinceramente non mi interessa cosa abbia detto Marx sulla rivoluzione in un singolo stato o mondiale, appurato che non lo ha approfondito più di tanto; il punto è che tutte le rivoluzioni socialiste storicamente realizzatesi sono avvenute all'interno di un singolo stato. Tutti quelli che si sono trovati al problema di far saltare il sistema hanno agito all'interno dei confini nazionali, pur con una mentalità internazionalista. Castro e Guevara non si sono posti molte domande, c'era una dittatura, appoggiata dagli Stati Uniti, che teneva il popolo in condizioni schifose, e hanno capito che l'unico modo per cacciarli era imbracciare i fucili e prendere il potere nel loro paese, a Cuba. C'è poco da discutere secondo me.
E' vero che non esiste secondo me un'identità nazionale fissa e immutabile, esiste una certa cultura e una storia in parte comune (ma si tratta di concetti comunque vaghi e non valutabili giuridicamente) e sono anche in disaccordo con D'Andrea quando vuole far leva sul concetto di nazione, ma gli stati esistono, gli stati in quanto insieme di cittadini che si identificano in uno stesso sistema di leggi; gli stati possono mutare costituzione e confini ma non si può cancellarli, e anzi sono l'unico modo che l'uomo ha per controllare il capitale. Bisogna pensare a cambiare le cose in Italia, perchè è l'unico modo in cui abbiamo potere di fare qualcosa (d'altronde il processo che sta avvenendo in Sud America, con le vittorie di partiti socialisti in diversi stati, è un esempio importante).
Gian Marco ,
Quando entro in una libreria e vedo che di Marx c’è sempre in vendita Il Manifesto del partito Comunista e non , per dire , la “Critica della filosofia del diritto di Hegel” ho sempre paura che il lettore( non mi riferisco a te ovviamente , parlo in generale ) si faccia un’idea sbagliata .Che Marx volesse estinguere gli Stati , confinarli “ meramente all’amministrazione delle cose , quindi non più Stati” non ci sono dubbi . Mi dispiace insistere , ma ribadisco che occorre distinguere dalle frasi scritte ad hoc , per la situazioni particolari del 1848 , dal pensiero di Marx . Il quale non si è mai preoccupato di fissare una teoria dello Stato perchè , per usare le sue parole “è soprattutto questa apparenza di una costituzione di una storia indipendente delle costituzioni degli Stati ,dei sistemi giuridici , delle rappresentazioni ideologiche in ogni campo specifico , che acceca la maggior parte della gente” ( in “Opere” , vol.50 , pag 109 ) . Per essere più chiari : “I rapporti giuridici , come le forme Statali , non posso essere compresi per se stessi , ma affondano le loro radici nei rapporti materiali di vita” ( qui sono andata a memoria , comunque è un famoso passaggio , stella polare del suo pensiero , che trovi in “Per la Critica dell’Economia Politica” ) .
Detto questo capisco il tuo punto di vista e ho la sensazione che su un pò di cose ( non su tutto ovviamente ) siamo politicamente vicini .
Non entro nel merito di tutte le questioni sollevate nei commenti, anche se avrei molto da dire.
Mi attengo al tema principale del post: "gli interventi politici" degli economisti.
A me di economisti che hanno vestito i panni dei politici, in virtù del loro ruolo accademico, mi sono bastati Beniamino Andreatta (non è un caso che lo metta al primo posto) Romano Prodi, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa e Antonio Martino. Giusto per fare 5 nomi – ne avrei una lunga lista in realtà – che hanno contribuito per la maggiore a farci camminare sulle macerie.
Personalmente non sento il bisogno di avere una "guida spirituale" che illumini il mio cammino politico. Conduco una personale lotta contro tutti i tipi di idoli e di guru che la nostra società sente il bisogno di creare per renderci fanatici e inoffensivi (http://storify.com/AndreaFrances15/a-a-a-patrioti-cercasi-astenersi-follower-fan-bomb) e i guru economici li tratto nella stessa misura.
Ovviamente ciò non significa non voler riconoscere i dovuti meriti. Se qualcuno è precursore rispetto alle altre voci, gli si deve rendere merito e riconoscergli lungimiranza o talento. Allo stesso modo, però, va disprezzato colui che, non avendo avuto né lugimiranza, né talento, invece di ammettere i propri limiti e riconoscere i propri errori (grande segno di maturità dell'uomo), cerca di mutare pensiero alla chetichella per non deludere eventuali "fanboy".
Per vincere abbiamo bisogno di uomini, non di idoli.
Un "gattopardo" come Borghi, amico di Bagnai, fino al 2010 era favorevole a restare nell'euro. E Bagnai nel 1997 sosteneva la precarizzazione del lavoro. Di questi "guru" anti-euro sicuramente si può fare a meno. Però mi sembra anche ingenua una certa diffidenza demagogica verso gli studiosi. Gli intellettuali sono assolutamente necessari, non certo per decidere, che non spetta a loro, ma per contribuire a rendere razionale la discussione. Io apprezzo quegli studiosi che si misurano con la politica con rigore scientifico e consapevolezza del limite del loro ruolo. Quindi ben vengano iniziative come l'ottimo "monito degli economisti" che Brancaccio ha pubblicato sul FT. E mi sta pure bene che lui ribadisca il suo antifascismo. Invece trovo insignificante un discorso come quello di Cesaratto su Tsipras. E' una caduta di stile ed è un peccato, Cesaratto è pure bravo. Ma gli intellettuali per essere tali devono essere rigorosissimi sul piano scientifico e non devono gettarsi nelle braccia della prima lista elettorale che capita.
"Però mi sembra anche ingenua una certa diffidenza demagogica verso gli studiosi."
Scusa Danko, ma dove la leggi la mia diffidenza demagogica?
Demagogica cosa? Di solito tronco ogni dialogo con chi usa questa parola abusata come il prezzemolo in cucina.
La mia unica diffidenza, tuttaltro che demagogica, è rivolta a chi aspira al ruolo di idolo.
Quando dico :"Ovviamente ciò non significa non voler riconoscere i dovuti meriti. Se qualcuno è precursore rispetto alle altre voci, gli si deve rendere merito e riconoscergli lungimiranza o talento " secondo te diffido degli studiosi o respingo il contributo degli intellettuali? Oppure sto apprezzando i contributi dell'accademia?
Rispedisco al mittente ingenuità e demagogia.
Beh, se la tua diffidenza è rivolta a chi aspira al "ruolo di idolo", non si può fare altro che pensare al narcisista patologico Bagnai. Io però penso che anche lui abbia dato un contributo divulgativo. Sul piano politico Bagnai è un analfabeta, sul piano psicologico una catastrofe ambulante e sul piano scientifico non penso che valga nemmeno la suola delle scarpe di Brancaccio. Ma la divulgazione sulla crisi dell'euro la dobbiamo anche a Bagnai. Gli intellettuali sono sempre preziosissimi, anche quando le loro ambizioni personali sono ridicole.