Il prometeico Enrico Mattei.
(Prometeico
Dal Dizionario della Lingua italiana.
Significato:
“1) Di Prometeo, mitologico titano che sottrasse il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini.
2) Che si caratterizza per un eroico e disperato spirito di sfida”).
Proprio in questo mese di sessantadue anni fa moriva Enrico Mattei.
La sua figura è stata volutamente abbandonata all’oblio. Infatti il disegno politico-economico di Mattei, che in larga parte realizzò, è ancora attualissimo e continua a dar fastidio, a più di mezzo secolo dalla sua scomparsa, in quanto toto coelo opposto all’odierna concezione neoliberista.
Non mi stupirei di scoprire che gran parte degli italiani non conoscano la storia affascinante, coeva al boom economico del nostro Paese, di questo uomo straordinario.
Senza di lui l’Italia non avrebbe mai raggiunto quell’alto livello di opulenza che adesso diamo per scontato e che fa tanto gola agli “squali” di Wall Street. Senza il coraggio e l’intraprendenza di Mattei l’Italia dei nostri giorni assomiglierebbe più alla Bulgaria o alla Romania che non alla Francia o alla Germania.
Enrico Mattei nasce ad Aqualagna, un paesino delle Marche, nell’aprile del 1906. Non termina gli studi ed inizia giovanissimo a lavorare prima come operaio e poi come imprenditore di una piccola fabbrica di emulsioni per concerie con due soli dipendenti. Non è una persona colta, ma ha quella perspicacia pragmatica e quel senso degli affari che sono proprie dei marchigiani. E’ un lavoratore zelante, sveglio, intelligente, carismatico e conquista le persone con cui entra in contatto con la sua indole ammaliante.
A trent’anni passati consegue il diploma di ragioneria frequentando una scuola serale e poi si iscrive alla facoltà di Scienze Politiche. Non conseguirà mai la laurea, ma questo periodo sarà molto importante perché gli permetterà di conoscere personaggi del calibro di Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira e Amintore Fanfani, personalità che gravitano nell’ambito universitario della Cattolica di Milano. In questo ambiente si avvicinerà alle teorie etiche dell’imprenditore cristiano e della sua “mission” sociale e alle dottrine di Keynes e Franklin Delano Roosvelt legate all’intervento pubblico nell’economia per correggere gli squilibri generati dal libero mercato.
Durante la guerra indossa la divisa dei partigiani bianchi del CLN.
Nel 1948 è eletto deputato nella DC e riceve il suo primo incarico pubblico: dismettere l’Agip.
L’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli) era stata istituita dal fascismo con l’obiettivo di “cercare, acquistare, trattare e commerciare petrolio”. In un clima post-bellico di reazione al fascismo il Parlamento ne aveva deliberato la chiusura, spianando la strada, di fatto, alla penetrazione commerciale del “cartello”petrolifero anglo-statunitense (meglio noto con il nome di “sette sorelle”) nel territorio italiano che avevano appena liberato.
Guarda caso arriva subito un’offerta di 60 milioni per acquistare l’Agip e Mattei pensa “se offrono tanto vuol dire che vale molto di più”. (Non proprio lo stesso tipo di ragionamento che fanno i politici italiani di oggi quando svendono pezzi di ENI!).
Mattei non si fa influenzare dall’ideologia antifascista imperante nell’Italia dell’immediato dopoguerra e sa bene che l’autonomia politica di un Paese passa necessariamente per la sua indipendenza energetica oltre che economica. Quindi senza remore prende contatti con il suo predecessore nel ruolo di direttore dell’Agip: Carlo Zanmatti, infischiandosene delle sue passate compromissioni con la Repubblica di Salò, affinché gli illustri meticolosamente i progetti in corso. Viene così in possesso di importanti documenti che attestano, sulla base dell’attività di ricerca svolta durante il “ventennio”, l’esistenza di forti indizi (studio del terreno, carotaggio, presenza di gas Metano usualmente correlata alla presenza di greggio) che avvalorano l’ipotesi della presenza del petrolio nel sottosuolo della Val Padana, al punto che il regime fascista era in procinto di cominciare le trivellazioni in quell’area.
Contrari alla chiusura dell’Agip erano, oltre, ovviamente, ai dipendenti, anche la corrente di sinistra della DC di Gronchi e Dossetti, ferventi oppositori dei grandi monopoli privati.
Mattei decide, quindi, in aperta violazione con gli ordini ministeriali ricevuti, di riprendere l’attività di scavo dell’Agip appellandosi all’allora Presidente del Consiglio Ferruccio Parri grazie al quale riesce a superare l’abulia del Governo.
La notizia che Mattei ha trovato il petrolio in Italia non sfugge alle “sette sorelle” che aumentano le pressioni politiche nel tentativo di accaparrarselo. In realtà si scoprirà presto che il petrolio di Cortemaggiore, che l’apologetico Mattei abilmente sfrutterà al massimo in termini di ritorno d’immagine per difendere l’utilità dell’Agip, sgorga davvero in quantità esigua. In Val Padana non c’è petrolio, però abbonda il metano. Mattei, reso edotto da Zanmatti sulle enormi potenzialità di questa fonte gassosa di energia, decide di puntarci. Le maestranze dell’Agip galvanizzate dal carisma del proprio leader lavorano alacremente. La strategia è quella di mettere le amministrazioni di fronte al fatto compiuto: i suoi tecnici scavano, mettono i tubi e ricoprono il terreno nottetempo, l’indomani Mattei calma gli animi indennizzando tutti i danneggiati (proprietari terrieri, contadini, il sindaco, il maresciallo dei carabinieri, il prete) offrendo loro: denaro, un posto fisso, la gestione di una pompa Agip, il restauro della chiesa. Il Manager dell’Agip si vanterà di aver violato oltre 8.000 Leggi e Regolamenti. Ma nel giro di pochi mesi, con questo sistema non proprio ortodosso, un fitto reticolato di metanodotti si snoda da nord a sud in lungo e in largo attraverso tutta la penisola svecchiando completamente il Paese. Nelle case degli italiani arriva il metano (direttamente dai gasdotti o dalle bombole di stoccaggio portatili). Le vecchie stufe a legna, con il loro lezzo caratteristico, sono rimpiazzate dalle moderne caldaie a gas. Ancora oggi il metano giunge nelle nostre abitazioni dopo aver percorso migliaia di chilometri all’interno dell’affascinante dedalo dei gasdotti di Mattei!
Nonostante il successo epocale ottenuto con il metano, i detrattori in patria deridono Mattei sulle maggiori testate giornalistiche italiane (copiosamente finanziate dalle “sette sorelle”) affibbiandogli l’appellativo ingiurioso di “Petroliere senza petrolio” alludendo al suo insuccesso in Val Padana e mettendo in luce il suo tallone d’Achille. Al contempo inizia una vera e propria campagna diffamatoria incentrata, tanto per cambiare, (le correnti liberiste non brillano certo per fantasia), sulla corruzione.
Ma l’“incorruttibile corruttore” (come lo definirà Indro Montanelli) con gli ingenti introiti del metano, di cui non trattiene nulla né per sé né per la sua famiglia, fonda “il Giorno” un quotidiano che in poco tempo arriva alla eccezionale tiratura di duecentocinquantamila copie. Dalle sue colonne si difende dalla più svariate accuse mosse dai suoi nemici e in particolare risponde a chi lo accusa di corruzione. Una sua frase lapidaria è rimasta celebre: “mi servo dei partiti politici come dei taxi, mi faccio portare a destinazione e pago la corsa” dirà con spudorata baldanza.
Ma quel nomignolo dispregiativo: “petroliere senza petrolio” riecheggia nella mente di Mattei e lo logora perché sa che è vero.
L’imprenditore di Aqualagna, onusto di risentimento, vuole vendicarsi: “se il petrolio in Italia non si trova, bisogna prenderlo nei Paesi in cui abbonda”. Dovrà faticare non poco a Roma per contrastare i suoi nemici sempre più numerosi, ma finalmente nel 1952 riesce a raggiungere l’obiettivo che si era prefisso e fonda l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi). Si dimette da Deputato per dedicarsi completamente alle “sue” aziende. Con l’aereo dell’ENI si libra veloce da una parte all’altra del globo per incontrare Capi di Stato, Presidenti, Re o dittatori che siano, dei Paesi esportatori di petrolio e conclude accordi direttamente con loro bypassando completamente il cartello delle compagnie petrolifere. Mattei si rapporta ai Paesi produttori come un partner leale e sincero, inaugura gli accordi contrattuali incentrati sul c.d. “fifty-fifty”: costruisce le sue imprese di estrazione e di raffinazione di cui sopporta da solo rischi e costi per poi dividere in parti uguali gli utili. I Paesi produttori trovano in lui un interlocutore di gran lunga preferibile rispetto alle compagnie con le quali erano abituate a trattare, non soltanto perché per la prima volta non si sentono sfruttati e trattati con inferiorità, ma anche perché offre loro concrete opportunità di guadagno senza addossargli alcun rischio di impresa. Mattei però ha anche un’altra freccia nel suo arco per accattivarsi le simpatie dei Paesi esportatori: oltre ad offrire loro contratti estremamente vantaggiosi che mai avrebbero potuto immaginare di concludere con le “Sette sorelle”, sfrutta abilmente a suo vantaggio anche il recente passato storico dell’Italia che, fondamentalmente, non è mai stata una Nazione colonizzatrice a differenza di Inghilterra e Francia. Questo fenomeno, noto agli storici con il nome di “neoatlantismo”, dà all’Italia un vantaggio enorme facendole assurgere il ruolo incontrastato di partner privilegiato rispetto alle altre Nazioni verso le quali, al contrario, permane un’ancestrale e latente diffidenza da parte dei Paesi produttori (in larga parte costituiti da ex-colonie).
Con quest’ultimi l’Italia di Mattei instaura, dunque, un rapporto di stima, fiducia e rispetto reciproco che porta alla sottoscrizioni di contratti redditizi per ambo i contraenti.
Spesso il ruolo di Mattei va ben oltre il mero approccio economico sfociando addirittura in caldeggiamenti di cause più prettamente politiche, per non dire polemologiche, aventi ad oggetto in particolare il processo di “decolonizzazione”. Solo per dirne una: Mattei finanzia, tra gli altri, il Fronte di liberazione Nazionale Algerino. Questa sua intraprendenza spesso mette in imbarazzo il Governo italiano che sovente si trova coinvolto in operazioni economiche, e non solo, in contrasto con gli interessi degli “alleati” anglo americani.
Nella sua grande visione Mattei arriva a sognare perfino un’associazione per lo sviluppo e la cooperazione tra i Paesi rivieraschi del Mediterraneo che coinvolgesse anche l’America e la Russia, pur riservando all’Italia l’incontrastata funzione di leadership.
Mattei, a modo suo e probabilmente inconsapevolmente, era giunto a mettere in discussione l’ordine mondiale che al tempo si fondava sul principio dei “ due grandi blocchi contrapposti”. Esattamente come Moro quindici anni più tardi.
Anche la costituzione dell’OPEC, che ha causato danni enormi al “cartello” delle compagnie petrolifere, è scaturita dalla presa di coscienza, a seguito dell’”effetto Mattei”, dell’importanza rivestita dai Paesi produttori.
Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Somalia, Egitto, Sudan, e in un secondo momento Costa d’Avorio, Ghana, India, Giordania, Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Iran e perfino Russia (con manifesto disappunto dell’America)… Alle soglie del 1960 l’ENI è ovunque nel Mondo e contestualmente l’Italia viene inondata da idrocarburi a basso costo (anche il 20% in meno rispetto al prezzo di mercato) che faranno da volano all’imminente boom economico. Ma a Mattei non basta. L’onniveggente imprenditore guarda oltre: il petrolio (ora che ne ha quanto ne vuole) è già una fonte energetica che presto apparterrà al passato, l’energia del futuro sarà quella nucleare. Nemmeno il tempo di avere questa avveniristica intuizione che la costruzione della prima centrale nucleare a Latina diviene realtà. (Anche se non entrerà mai in funzione a causa della sua scomparsa prematura).
Mattei muore il 27 ottobre 1962 in un incidente aereo, le cui cause sono tutt’oggi circondate da un fitto mistero.
Mattei è stato un imprenditore, un partigiano, un politico e un manager pubblico. Ma, soprattutto, Mattei è stato un patriota.
A.R.
Una notte d’estate del 1962 il giornalista Italo Pietra racconta così il suo ultimo incontro con Mattei: “siamo su piccolo aereo in volo da Roma per Gela: lui a destra del pilota, Irnerio Bertuzzi, e io alle loro spalle. Al di sopra della cupola trasparente di plexiglas, vediamo la luna navigare i golfi del cielo, e sembra vicina”. Mattei sospira: “Siamo troppo vecchi per la luna. Ce ne saremo già andati quando l’uomo arriverà lassù”.
Riguardo all’affermazione: “Mattei muore il 27 ottobre 1962 in un incidente aereo, le cui cause sono tutt’oggi circondate da un fitto mistero. “.
“Will signor Mattei have to go?”. Financial Times, 25 ottobre 1962. 2 giorni prima della morte di Mattei.
“ [la carica di esplosivo] fu verosimilmente sistemata dietro il cruscotto dell’aereo, a una distanza di circa 10-15 cm dalla mano sinistra di Mattei”. “La programmazione e l’esecuzione dell’attentato furono complesse e comportarono il coinvolgimento di uomini inseriti nello stesso ente petrolifero e negli organi di sicurezza dello Stato con responsabilità non di secondo piano”. Inchiesta del PM Vincenzo Calia, 2003, 41 anni dopo l’omicidio.