Viva l'economia digitale!
Voglio condividere qui con voi la lettura di un libretto interessante di Jean-Baptiste Malet: En Amazonie. Il giornalista francese voleva fare un’inchiesta su Amazon in Francia e, vista l’assoluta reticenza nel fornire informazioni sulle condizioni di lavoro all’interno dei magazzini da parte della multinazionale, si è finto un operaio e si è infiltrato nello stabilimento per qualche settimana. Il libro racconta appunto il suo lavoro per Amazon. A noi invece offre spunti per cercare di capire dove ci porteranno le nuove tecnologie e le loro dinamiche lavorative nel prossimo futuro.
Amazon, ditta di vendita on-line del magnate statunitense Jeff Bezos, vanta più di 80 miliardi di dollari di fatturato annuo e qualcosa come 80.000 operai nel mondo (senza ovviamente contare i lavoratori interinali, di cui fa largo uso).
Qui parleremo della condizione in Francia, ma facendo ricerche su internet si può vedere come la situazione sia la stessa almeno in Inghilterra e Germania. In Italia esiste per ora solo un magazzino Amazon di 70.000 metri quadrati (9 campi di calcio), a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. Presto ne dovrebbe aprire uno nei dintorni di Roma.
Come dice Malet, lo stabilimento non produce merci ma letteralmente pacchi. Nel magazzino arrivano i prodotti di tutti i rivenditori presenti nel catalogo on-line e gli operai, divisi per specifiche mansioni, devono stoccarli, identificarli, prelevarli, impacchettarli e spedirli. Tutto a ritmi vertiginosi. Questo per assicurare al cliente l’eccellenza: infatti il solo sito francese di Amazon vende qualcosa come 300 articoli al secondo e più dell’8% di tutti i libri venduti nel Paese. Nonostante sia pesantemente sovvenzionata dallo Stato francese per la creazione di posti di lavoro (5500 Euro per ogni posto di lavoro), Amazon non paga nessuna tassa perché ha la sede (e il denaro) in Lussemburgo. Il suo volume di affari cresce del 40% annuo, una crescita inarrestabile e spaventosa se si pensa che il commercio on-line è praticato ancora da una fetta esigua della popolazione. Potrebbe essere una cosa positiva in un momento di forte disoccupazione, ma quando si entra nel merito della questione si scopre che per ogni posto di lavoro creato, Amazon ne distrugge 18 dell’economia locale, ad oggi soprattutto librerie di piccole e medie dimensioni. Gli economisti chiamano questo fenomeno del capitalismo moderno distruzione creatrice, proprio perché si distrugge un intero settore produttivo e lo sostituisce con un altro digitale a minori tutele.
Passiamo ora ad analizzare le condizioni di lavoro nello stabilimento francese: a Montélimar lavorano 350 dipendenti a tempo indeterminato a cui si aggiungono 1200 lavoratori interinali nel periodo di Natale. Le assunzioni passano quasi tutte attraverso l’Adecco, leader mondiale delle risorse umane che gestisce 100.000 lavoratori interinali nella sola Francia. Se si passano tre test, si è dentro. Il contratto viene rinnovato ogni settimana, in base alla crescita della produttività individuale, che viene controllata da un sofisticato software collegato ad un braccialetto wi-fi che indossa ogni operaio, in modo da controllare continuamente tutti i movimenti all’interno del magazzino. La paga è di 9,725 Euro l’ora. Ci sono 3 turni lavorativi, mattino, pomeriggio e notte. Il turno di notte prevede 8 ore di lavoro per 5 giorni di seguito senza turnazione alternata. All’entrata e all’uscita dalla zona lavoro, anche durante le pause, si è sempre controllati dalla sicurezza per evitare furti. Ad un magazziniere viene richiesto di occuparsi di 100 articoli all’ora. Per reggere il ritmo dovrà camminare a velocità sostenuta per tutte le 8 ore percorrendo più di 20 chilometri al giorno. Il computer centrale conosce l’esatta posizione dell’operaio nel magazzino e gli comunica in tempo reale che articolo deve prendere dagli scaffali. Tra un articolo e l’altro devono passare poche decine di secondi. Ogni lavoratore prima di iniziare firma un accordo di riservatezza che prevede sanzioni in caso di qualsiasi fuga di notizie da Amazon; è vietato parlarne anche ai familiari.
Questo tipo di lavoro, oltre a essere usurante, cambia anche la socialità dell’operaio. Infatti, all’interno del sito è praticamente impossibile che si creino legami tra le persone, visto il ritmo forsennato di lavoro e questo inibisce qualsiasi politica dal basso. Anche per questo l’azienda è da sempre ostile ai sindacati. Si è incitati a denunciare i propri colleghi non produttivi. Malet parla di un vero e proprio patriottismo amazzoniano!
La fatica colpisce l’umore, la sensibilità e l’emotività. Fuori dall’orario di lavoro non si fa altro che dormire e si è esauriti. Diventa difficile avere una vita sociale, Amazon diventa un villaggio che rimodella i rapporti sociali dei dipendenti.
Uomini e donne che camminano meglio dei robot e sono più produttivi, si possono rimpiazzare facilmente quando sono esauriti andando ad attingere alla riserva dei disoccupati. ( al contrario di qualche sedicente grillino che afferma che il lavoro è finito perché fanno tutto le macchine…)
Tutto è in vendita su Amazon. Anche il suo contrario. (Anche il libro di Malet!). L’unica cosa che conta è il profitto per questa azienda multinazionale che rappresenta un vero stato all’interno degli Stati nazionali. Dove le leggi sul lavoro non si applicano e non vengono rispettate.
Ma la cosa peggiore è che questo modello di efficienza aziendale si sta diffondendo rapidamente nel mondo. Stiamo andando verso un nuovo tipo di schiavitù e purtroppo non ce ne rendiamo conto.
WORK HARD
HAVE FUN
MAKE HISTORY
(slogan aziendale)
Davide Visigalli
ARS-Liguria
PS: questo link porta alla pagina Fb dei lavoratori di Amazon italiani. Per approfondire…
orrore. orrore. orrore.
da far leggere ai 5S.
Proprio oggi discutevo con un amico (“areale” PD) che se n’era uscito con un’osservazione critica sul nostro modello distributivo, a suo dire antiquato e inefficiente.
Il modello di riferimento per lui era quello della grande distribuzione, appunto. Amazon è proprio una delle punte di diamante di questo modello, un’organizzazione a cui idealmente ogni altra dovrebbe tendere.
Nessuna possibilità di fargli capire, in termini occupazionali e distruttivi del tessuto urbano e sociale, i disastri che questo modello comporta.