Della strage di Piazza Fontana si è tornato a parlare in questi giorni in relazione all'uscita nelle sale cinematografiche di un film, "Romanzo di una strage", che si ispira al libro di Paolo Cucchiarelli "Il segreto di Piazza Fontana". Parlare di riconquista della sovranità nazionale significa parlare della Storia di questo Paese, una Storia con cui ancora 'fare i conti', per capire anche la fase attuale e, con cognizione di causa, 'tarare' ed indirizzare l'impegno politico.
PIAZZA FONTANA QUARANT'ANNI DOPO: SEGRETI SVELATI
ED UNA LEZIONE NON ANCORA TRATTA (prima parte)
Il 12 dicembre 1969, nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana, a Milano, una devastante esplosione causa la morte di 17 persone ed il ferimento di 88. Altri 3 ordigni scoppiano contemporaneamente a Roma (due all’Altare della Patria ed uno alla Banca Commerciale) senza provocare vittime. Un'altra bomba viene trovata inesplosa, a Milano, alla Banca Commerciale. Quali le ragioni della strage? Chi gli esecutori ed i mandanti degli attentati? Sono quesiti a cui prova a rispondere Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’ANSA. L'opera "Il segreto di Piazza Fontana" è tanto complessa quanto stimolante. Il lavoro è diviso in quattro dense e documentatissime parti. Nella prima parte il giornalista ci introduce agli oggetti mancanti, dimenticati, dispersi o occultati, che hanno reso impossibile giungere alla verità giudiziaria e condannare i veri responsabili della strage. Nella seconda si riesamina in particolare tutta la vicenda di Pinelli e della sua morte alla Questura di Milano (14 dicembre 1969). Nella terza viene analizzata la strategia dell’infiltrazione e della provocazione che la destra radicale di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale effettuò nei confronti degli anarchici e della sinistra marxista-leninista. I neofascisti erano i registi e bracci operativi determinanti per realizzare attentati da addebitare ad altri. Nella quarta ed ultima parte l’autore esamina il quadro internazionale e le preoccupazioni geopolitiche statunitensi. Gli USA avevano dato semaforo verde ad una strategia che nelle speranze neofasciste voleva portare all'instaurazione di una dittatura sul modello dei Colonnelli greci.
A quarant’anni di distanza si lamentano ancora la mancanza di una verità giudiziaria sulla strage di piazza Fontana, il perdurare del “segreto sugli autori e sul perché”. C’è chi chiede, alle massime autorità di questo Stato, di “spalancare le porte degli archivi”. Ma esiste una verità politica che emerge dalla storia e dal presente politico di questo paese, ed anche dalle carte giudiziarie per chi le ha sottoposte ad un’attenta analisi. Il segreto è svelato, perché esso sta, a livello politico, nelle centrali estere (gli Stati Uniti, tramite la CIA e la sua “Operazione Chaos”, con relative diramazioni) che hanno promosso le stragi italiane, negli scopi per cui le hanno promosse, e nelle relative catene di comando. Il segreto è svelato anche a livello esecutivo, nell'azione dei gruppi neofascisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, collegati per i propri specifici scopi con la Grecia dei colonnelli, ed operanti d'intesa con l'Ufficio Affari Riservati del ministero dell'Interno e per mezzo di attivisti anarchici da incastrare, con –sullo sfondo- estese complicità nelle istituzioni e l'impunità dei criminali in esse insediati, che hanno avuto addirittura la possibilità di depistare e impedire le indagini.
La lezione più importante e ancora drammaticamente attuale della strage di piazza Fontana non è però stata ancora tratta. Questa strage ha attualizzato tutte le potenzialità negative di un dato di fatto di cui si sono sempre annebbiati i termini e stemperate le implicazioni, e cioè che l'occupazione militare alleata con cui si è conclusa la seconda guerra mondiale è stata utilizzata anche per legare ad una stretta dipendenza esterna uomini ed apparati italiani. All'Italia manca l'indipendenza nazionale, perché servizi segreti, centri operativi militari, gruppi economici e uomini politici sono in parte non irrilevante agganciati ad un comando internazionale straniero. Non si è neppure tentato di estirpare questo bubbone purulento quando un qualsiasi Nixon, un qualsiasi Kissinger ed un qualsiasi Serac hanno potuto decidere di sconvolgere la vita italiana con le stragi, avendo in Italia tutte le leve necessarie per attuare le loro decisioni.
Così, se ancora nel 2003 ci siamo trovati a vedere il rapimento in Italia di Abu Omar ad opera di agenti della CIA con la collaborazione servile di agenti dei servizi italiani, e la copertura delle responsabilità con l'apposizione del segreto di Stato da parte prima di Berlusconi e poi di Prodi, ciò è ancora l'eredità del modo in cui venne politicamente gestita la strage del 1969. Il segreto di piazza Fontana ci dice, prima di tutto, che abbiamo bisogno di porci l'obiettivo dell'indipendenza nazionale se vogliamo affrontare davvero tutti gli altri nostri problemi.
———-
Abbiamo a che fare con un libro-inchiesta di valore eccezionale. L'autore, che da vent'anni è giornalista parlamentare dell'agenzia ANSA, ha seguito per tutto questo tempo i lavori delle commissioni parlamentari di inchiesta su stragi e terrorismo, studiandone a fondo le relazioni, ed ha inoltre esaminato attentamente tutta quanta la documentazione dell'intera, lunghissima storia processuale relativa agli attentati del 1969, integrandola con indagini e raccolte personali di nuove testimonianze. Il frutto di questa enorme mole di ricerche è questo libro con cui l'autore prova ad individuare, spiegandoli nel dettaglio, contesto storico, effetti politici, specifiche responsabilità esecutive (compresi modi, mezzi, itinerari e tempi) delle bombe del 12 dicembre 1969. Alcuni elementi della sua ricostruzione dei fatti non appaiono così incontrovertibili come vengono presentati. Va detto, d'altra parte, a merito del libro, che anche le sue tesi non incontrovertibili hanno sempre il supporto di indizi ed argomenti, e, come non possono essere date per certe, così non possono essere confutate in maniera certa. Il vero segreto di Piazza Fontana è però la catena di comando che porta alle bombe del 12 dicembre 1969 e lo scopo perseguito dal centro decisionale da cui promana. Le densissime 648 pagine del libro fanno emergere progressivamente, dall'esame sempre più approfondito dei fatti sviscerati, tale segreto, che si nasconde dietro gli attentati del 1969. Non possiamo naturalmente ripercorrerle in questo modo, per cui partiamo dalla fine, esponendo sinteticamente le verità cruciali sicure che il libro alla fine fa emergere. La nostra esposizione muoverà quindi da una premessa storica nella quale si inquadrano le decisioni e le catene di comando che hanno portato alla strage del 1969. Questa premessa storica è il vero segreto di piazza Fontana, che permette di illuminare di significato i fatti esecutivi che ne discendono, anche nei loro aspetti pratici dubbi, che non è poi così essenziale sciogliere con sicurezza, una volta che ne sia chiaro il significato essenziale.
Cominciamo allora da un esame di taluni aspetti della situazione internazionale attorno alla metà degli anni Sessanta. Nel 1964 la Francia, per iniziativa del suo presidente generale De Gaulle, esce dal comando integrato della NATO, una scelta, possiamo dire oggi, volta a garantire alla Francia maggiore libertà di manovra all'interno dell'Alleanza Atlantica, in particolare in materia nucleare. Nel 1966, alla conferenza di Bucarest del patto di Varsavia, il presidente rumeno Nicolae Ceausescu, con un clamoroso atto di indipendenza dall'Unione sovietica fa la proposta, collegata alla politica di De Gaulle, di uno scioglimento progressivo e parallelo delle forze della NATO e del Patto di Varsavia. Nello stesso anno spostamenti elettorali a sinistra conducono in Inghilterra ad un'ampia maggioranza laburista alla Camera dei Comuni, in Italia ad un nuovo governo di centrosinistra, basato sull'accordo tra la Democrazia cristiana ed il nuovo partito socialista unificato, sotto la guida di Aldo Moro, ed in Germania ad un governo di cosiddetta grande coalizione, includente per la prima volta nel dopoguerra i socialdemocratici, sotto la guida del cristiano sociale Kurt Kiesinger. Ministro degli esteri di Kiesinger è il popolare ex sindaco di Berlino Ovest Willy Brandt, che nel 1967 progetta la cosiddetta Ostpolitik, cioè una nuova politica estera di dialogo con il mondo comunista, ed in particolare con la Germania Est, per la quale chiede la mediazione dei comunisti italiani, tanto che ne nascono contatti fittissimi tra SPD e PCI.
Tutti questi sviluppi appaiono alle forze di destra degli Stati Uniti d'America altrettanti segni di un indebolimento della NATO e di uno smottamento dell'Europa occidentale dalla ferrea dipendenza dagli Stati Uniti dall'epoca della Guerra Fredda, da contrastare con ogni mezzo. Così all'interno della CIA viene varato nel marzo 1967 un piano denominato «Operazione Chaos», che prevede una serie ininterrotta di attentati, disordini e sabotaggi, promossi e finanziati dall'agenzia, in Germania Ovest, Italia e Francia, come forma di pressione intimidatoria volta ad indurre quei paesi a correggere le loro politiche. La CIA può avvalersi, a questo scopo, dei servizi segreti della Germani Ovest, che sono in pratica una sua appendice. Li dirige infatti l'ex generale nazista e responsabile ai tempi di Hitler di un'organizzazione di spionaggio e sterminio nei territori occupati dell'Unione sovietica, Reinhard Gehlen, che il presidente americano Truman aveva sottratto nel 1946 ai processi per crimini di guerra ed aveva messo a capo del nuovo servizio segreto tedesco-occidentale, fino al 1954 dipendente anche formalmente dalla CIA.
Gehlen innesta sulla «Operazione Chaos» della CIA una sua «Operazione Alarico», volta ad agire in Italia, monitorando costantemente i rapporti tra PCI ed SPD, per contrastare con atti di forza un suo eventuale indebolimento dei vincoli del paese con la NATO («Operazione Alarico» era stata anche la denominazione del piano segreto nazista per contrastare nel 1943 una eventuale defezione dell'Italia dall'Asse, che vi fu, dando così luogo all'esecuzione del piano dopo l'8 settembre).
Nello stesso marzo 1967 in cui sono varati i piani «Chaos» negli Stati Uniti e «Alarico» in Germania, viene avviato in Grecia il piano cosiddetto «Prometeo». Esso prevede una fitta serie di attentati e disordini per spingere re Costantino ed il suo primo ministro conservatore Kanellopoulos a proclamare lo stato di emergenza e rinviare così le elezioni di maggio, nelle quali è prevista da tutti i sondaggi una piena vittoria della sinistra socialista di Andreas Papandreu e un'avanzata dei comunisti.
Il piano «Prometeo» è concepito da un gruppo misto di ufficiali USA della NATO, che ne assicurano il finanziamento, e di uomini del KYR, il servizio segreto greco, e la sua esecuzione è affidata al generale Papadopoulos, capo del KYR e nello stesso tempo agente segreto della CIA. Papadopoulos è in grado di passare rapidissimamente, già in marzo, alla fase operativa, durante la quale mette però in atto, sotto l'apparenza di un'esecuzione del piano «Prometeo», un diverso piano concordato con un gruppo di colonnelli dell'esercito greco, denominato «Avvoltoio».
Il piano «Avvoltoio» differisce dal «Prometeo» su due punti: in primo luogo, gli atti terroristici compiuti in tutta la Grecia sono concepiti non soltanto per creare un disordine che giustifichi lo stato di emergenza e l'annullamento delle elezioni, ma anche per farli credere opera di comunisti ed anarchici, e suscitare così una paura diffusa di un incombente e misterioso pericolo anarcocomunista; in secondo luogo lo stato di emergenza è concepito come presa diretta del potere da parte del gruppo dei colonnelli, con conseguente allontanamento di Kanelloupolos e dello stesso re. Così infatti accade, ed il potere passa il 21 aprile 1967 al generale Papadoupolos ed alla sua giunta di colonnelli, mentre re Costantino, inizialmente convinto di essere il beneficiario del pronunciamento militare, è costretto a prendere la via dell'esilio.
Appena saliti al potere i colonnelli greci, instauratori di un terribile regime di libertà negate, torture ad assassinii, nominano un ufficiale di collegamento tra la loro giunta ed il neofascismo italiano nella persona di Kostas Plevris. Questo colonnello trasforma l'ambasciata greca a Roma, diretta da Dimitrios Pampuras, in un centro di eversione del paese che la ospita, prendendo contatti con tre gruppi dell'eversione neofascista, Ordine Nuovo di Pino Rauti, Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie, ed Europa Civiltà di Stefano Serpieri. Numerosi militanti di questi tre gruppi compiono diversi viaggi in Grecia, dove sono ricevuti dal colonnello Dimitrios Ioannidis, sanguinario capo della polizia politica del nuovo regime.
I gruppi dell'eversione neofascista italiana prendono da allora la Grecia come modello di regime politico da instaurare, ed anche come ispiratrice dello schema operativo con cui arrivare ad instaurarlo. Kostas Plevris insegna loro come infiltrare loro uomini nei gruppi di estrema sinistra, e come promuovere, attraverso gli infiltrati, attentati da attribuire all'estrema sinistra, raccontando come i suoi uomini fossero riusciti a far scoppiare varie bombe ad Atene dal 29 al 31 marzo 1967, ed a farle attribuire ai comunisti, creando così una paura del comunismo che aveva facilitato il colpo di Stato del successivo 21 aprile. La presenza di molti studenti greci in Italia, in parte reazionari sostenitori della dittatura dei colonnelli, in parte suoi oppositori rivoluzionari, rende possibile a militanti del neofascismo eversivo di infiltrarsi in gruppi anarchici italiani, dato che gli uni e gli altri si ritrovano, con opposti intendimenti, a frequentare le sedi degli studenti greci. Riuscita l'infiltrazione, i gruppi dell'eversione neofascista, anche se molto bene organizzati, non sono per il momento in grado di replicare in Italia lo schema operativo che aveva portato al golpe greco, a causa della loro pochezza numerica.
Le cose cambiano però a partire dal novembre del 1968. L'Italia è allora investita, come tutta l'Europa, dal tumultuoso movimento giovanile e studentesco appunto del Sessantotto, a fronte del quale le elezioni politiche hanno visto il netto arretramento del partito socialista unificato ed una ulteriore avanzata del partito comunista, che, condannando l'invasione sovietica della Cecoslovacchia e nello stesso tempo gli estremismi sessantottini, cerca di legittimarsi come adatto a partecipare al governo del paese. Ne prende atto Aldo Moro, che il suo partito, la DC, ha estromesso dalla guida del centro – sinistra, affidata a Mariano Rumor, e quasi emarginato al suo interno, e che, prendendo la parola al consiglio nazionale democristiano, appunto nel novembre 1968, si propone come alfiere di una nuova stagione politica, basata sulla cosiddetta «strategia dell'attenzione» verso il PCI, per coinvolgerlo nella responsabilità di riportare il paese all'ordine.
La nuova linea di Moro dell'apertura al PCI suscita la massima contrarietà del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, del capo del governo Mariano Rumor, del segretario della DC Flaminio Piccoli, e del capo della destra democristiana Giulio Andreotti, tutti convinti che una simile linea avrebbe avvantaggiato solo il PCI e fatto perdere potere ai loro partiti.
Nel novembre 1968, mentre in Italia Moro propone la sua nuova linea politica e suscita le aspre contrarietà di cui si è detto, negli Stati Uniti si tengono le elezioni presidenziali, vinte da Richard Nixon. Il nuovo presidente manda subito come ambasciatore a Roma un uomo di estrema destra, Graham Martin, dandogli carta bianca per impedire con qualsiasi mezzo, anche violento, e con qualsiasi collaborazione, anche quella dei gruppi dell'eversione neofascista, che l'Italia scivoli a sinistra. L'incubo di Nixon è quello che Moro arrivi a guidare un nuovo governo a maggioranza democristiano – socialista – comunista, che con l'appoggio del Settanta per cento del parlamento italiano sarebbe poi difficilmente scalzabile, e che venga poi eletto presidente della Repubblica, con l'opportunità di avvalersi di tale carica per consolidare lo spostamento a sinistra della politica italiana. Per prevenire simili sviluppi Nixon promuove subito, contro la strategia dell'attenzione di Moro, una strategia della tensione che con pressioni violente di vario genere faccia rinculare a destra l'asse politico italiano.
Come conseguenza di tutto questo, fin dall'inizio del fatidico anno 1969, che vedrà la strage di Piazza Fontana, si distende sull'Italia una rete di trame di violenza eversiva. La decisione politica di attivare nel nostro paese questa strategia della tensione viene presa dal presidente degli Stati Uniti Richard Nixon e dal suo consigliere per la sicurezza nazionale nonché strettissimo collaboratore Henry Kissinger. La mente organizzativa dell'attuazione pratica di questa decisione politica è, per delega della CIA, l'Aginter Press, che, sotto la veste esteriore di un'Agenzia di informazioni, è in realtà una potente organizzazione militare e spionistica segreta, con sede a Lisbona. La guida il francese Guerin Serac, ex combattente dell'OAS (l'organizzazione clandestina terroristica dei coloni francesi d'Algeria), trasferitosi, dopo che De Gaulle ha dato l'indipendenza all'Algeria, nella capitale portoghese, dove ha costruito la sua organizzazione addestrando, con il sostegno del governo di Lisbona, i corpi speciali di repressione delle rivolte coloniali. L'organizzazione di Serac, nata reclutando alcune cellule dell'OAS e addestrando mercenari colonialisti portoghesi dell'Angola e belgi del Congo, diventa però militarmente efficace quando va ad inquadrarsi in essa la rete dei servizi segreti di Gehlen, man mano che Brandt la smantella in Germania per sostituirla con un servizio segreto effettivamente nazionale (tanto che Gehlen va in pensione), e diventa politicamente efficace quando Nixon e Kissinger ne fanno lo strumento eversivo della lor politica internazionale.
L'Aginter Press di Serac si avvale, per mettere in movimento il neofascismo italiano in funzione del suo piano di eversione nel nostro paese, di due canali. Uno è la costellazione di organizzazioni che fanno capo al governatore della Baviera Franz Josef Strauss, che, data la struttura federale della Germania, può prescindere nell'amministrazione del suo Land dalla politica di Bonn (allora capitale tedesco – occidentale) e del suo ministro degli esteri Brandt, e che è autonomo dal suo stesso partito cristiano – sociale, la cui articolazione bavarese è un partito distinto, la CSU. Ebbene: attorno a Strauss ci sono organizzazioni terroristiche di esuli dei partiti socialisti, ufficiali della NATO che le promuovono, gruppi editoriali di estrema destra, e gruppi di reduci di guerra nazisti collegati da un lato, attraverso pensionati della rete Gehlen e reduci dell'OAS, all'Agintern Press di Lisbona, e dall'altro al gruppo neofascista italiano dell'Ordine Nuovo.
Un altro canale di cui si avvale l'Agintern Press per suscitare la violenza eversiva in Italia è l'Ufficio affari riservati del ministero degli Interni, istituito al tempo della Guerra Fredda dal DC Scelba come centro direzionale di uffici paralleli delle questure incaricati di controllare le indagini politicamente delicate. Lo dirige, ora, Umberto Federico D'Amato, ex fascista prezzolato dalla CIA, attraverso la quale è in stretto contatto con Serac, e amico del capo indiscusso del gruppo neofascista Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie. (continua)
Eratostene
("Indipendenza", n. 27, novembre/dicembre 2009)
Iscriviti al nostro canale Telegram
http://www.43anni.it/43anni.pdf Adriano Sofri smonta senza molta fatica le fantasiose ipotesi di Cucchiarelli.