Se l’Italia non fosse mai entrata nell’Euro sarebbero stati guai per la Germania
Una simulazione sull’andamento dei cambi nell’ultimo quarto di secolo mostra come senza l’unione monetaria l’Italia sarebbe potuta emergere come potenza industriale in Europa, ruolo che invece è oggi saldamente in mano alla Germania
Non so se uno studio simile sia mai stato fatto in Italia e ancor di più se sia mai stato commissionato da qualche politico più dubbioso e scettico di altri: nonostante abbia letto diversi libri e migliaia di articoli sull’argomento euro e UE non ne ho trovato alcuna traccia.
Sembra che le monete, la linfa vitale di uno Stato autodeterminato, non abbiano mai incuriosito troppo neanche gli addetti ai lavori. L’unico che ha parlato diffusamente dell’argomento in più di una trasmissione televisiva è stato l’imprenditore Ernesto Preatoni: ricordo di averlo sentito la prima volta dopo un paio di mesi che scrissi il mio primo pezzo sull’argomento nel novembre del 2013 e mi piace pensare che sia stato proprio il mio articolo a dargli lo spunto iniziale.
Spero che molti altri notabili riprendano l’argomento che per la sua importanza è fondamentale allo scopo di discernere le ragioni ed eventualmente le responsabilità che indussero chi ci ha governati dal 1978 in poi, spingendoci ad entrare prima nello SME (1978), poi nello SME credibile (1987) ed infine (road show della Lira 1996) nel ristretto club –frega il tuo vicino- €uro, non tenendo in alcuna considerazione evidenze empiriche già più che manifeste nei primi anni ’80 e sempre più evidenti nel corso degli anni a venire, oltretutto anche molto semplici da comprendere.
Premessa
Con questo semplice studio vi invito a verificare il valore contro dollaro USA e Marco tedesco delle singole monete dopo che, il 15 agosto 1971, il presidente statunitense Nixon annunciò al mondo l’eliminazione della convertibilità in oro fisico del dollaro, dando il famoso “liberi tutti”.
I risultati potrebbero sorprendere non poco, facendo capire a chi legge molte cose sulla condizione odierna, di come non sia caduta dal cielo per volontà divina e della incapacità assoluta o della palese malafede di tutti quei governanti, politici ed “economisti” greci, portoghesi, italiani e spagnoli in primis che hanno accettato, senza peraltro sentire il parere popolare, di aderire al folle progetto della moneta comune.
Tale studio, se effettuato anche solo nel 1978, dopo soli 7 anni dalla decisione di Nixon (ma prima dello SME che altro non era che l’anticamera dell’€uro) avrebbe sicuramente lasciato capire cosa avrebbe provocato a quelli che oggi vengono intesi, con disprezzo, i PIIGS. Sicuramente lo fece, tra i tanti altri studi, il compianto prof. Federico Caffè, poiché nel 1981 ci lasciò una delle sue frasi più celebri e lungimiranti: “Siamo entrati (L’Italia ndr) nello SME con la stessa incoscienza con la quale a suo tempo dichiarammo guerra agli USA”.
Chiaramente i “se” e i “ma” lasciano il tempo che trovano però è di estrema importanza CAPIRE che l’€uro è stato costruito in provetta come un virus letale con lo scopo di trasferire la ricchezza dal ceto lavoratore a quello della rendita da capitale.
Oltre a dirlo molti nobel e tantissimi economisti sarebbe bastato una studio simile, prodotto magari anche nel 1995 per evitare tale siffatto come la peste bubbonica, e non è un caso che Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Norvegia e Svizzera se ne videro bene dall’aderirvi all’epoca, mentre Polonia, Ungheria, repubblica Ceca ecc abbiano del tutto bloccato le loro adesioni oggi. Probabilmente questi Paesi hanno effettuato questo ed altri studi più complessi che, guarda caso, hanno portato tutti nella stessa direzione: tenersi ben stretta la sovranità monetaria, e nel caso di Norvegia e Svizzera non aderire neppure alla UE.
In quegli anni, nei PIIGS, si usò qualsiasi sistema per far andare al potere chi avrebbe sicuramente appoggiato la causa €uro-pea. In Italia con un maxi processo furono estromessi in un sol colpo i maggiori politici euro-scettici, prontamente rimpiazzati da quelli odierni che ben conosciamo: essi formarono un corpo unico ed omogeneo da destra a sinistra in grado di lasciar credere al popolo che fosse l’unica scelta possibile e negando allo stesso tempo un più che dovuto referendum sull’adozione o meno della moneta comune in Italia. (Craxi, che non era uno stinco di Santo, ebbe a dire dal rifugio di Amammeth “se tutto andrà bene, per l’Italia l’euro sarà un purgatorio. Ma se dovesse andar male sarà l’inferno”. Andreotti, invece, voleva così bene alla Germania da volerne DUE per sempre).
Una cavalcata lunga 26 anni
Dal 1953 (da quando sono disponibili i cambi storici) e sino a quel ferragosto del ‘71, escludendo le ovvie svalutazioni susseguenti una guerra (come per esempio accadde alla Francia nel 1957), atte a recuperare l’inflazione del periodo, il cambio delle principali valute contro il dollaro (e di conseguenza con l’oro fisico a cui le monete in definitiva erano ancora assoggettate) restava stabile. Vediamo cosa è accaduto in questi 26 anni.
Sono stato tacciato di pressapochismo poiché ci sono mila-ila-ila variabili che non sono state calcolate: a costoro, i NEGAZIONISTI di sempre, ricordo che in una dinamica di lungo periodo come quella presa in esame ne sono accadute milioni di “cose” imprevedibili, quali 2 gravi crisi petrolifere, un centinaio di guerre piccole o grandi, decine di colpi di stato, migliaia di attentati, disfacimenti di intere aree geopolitiche ed economiche tenute a forza con lo sputo, ricongiungimenti di nazioni prima separate, centinaia di interventi delle banche centrali, due gravi incidenti nucleari, 6 o 7 papi ecc.
Insomma tutto ciò che poteva accadere in 26 anni è accaduto in quei 26 anni.
Le dinamiche a questo servono: sono gli indicatori più precisi per poter azzardare previsioni a lungo termine. La scienza ci insegna che la dinamica temporale è l’unico metodo controfattuale che si può utilizzare a posteriori per capire il futuro: se in 25 anni i tumori del rione Tamburri di Taranto sono aumentati costantemente non sarà a causa del libeccio che ha tirato più forte ma di qualche altra cosa presente sul territorio più o meno dallo stesso periodo preso in esame. Qui non si parla di 3 o 5 o 10 anni ma di più di un quarto di secolo e considerando che l’avvento dell’era industriale ha festeggiato pressappoco il suo 200esimo compleanno si tratta comunque di un periodo non banale e pieno zeppo di avvenimenti che hanno segnato l’era contemporanea e il nostro vivere quotidiano.
Tab A
USD (dollaro USA) contro:
Valuta …… …16-08-1971…….1-1-1997……..…svalutaz % ….. svalut % annua
1) Dracma …….30,00………..247……………….725%…………….27,880%
2) Escudo……….28,43………….…156,4…….…….450%…………….17,300%
3) Lira………….627………………….1520………………..142,5%……………5,480%
4) Peseta……..69,41……………..130,13…………87,5%…………….3,360%
5) Sterlina………..0,4134……………0,5884……….42,3%…………….1,627%
6) Corona sve…..5,155…………6,886………33,5%…………….1,288%
7) Marco finl…….4,213…….………4,607……….9,3%…………….0,357%
8) Franco fran….5,505…….………5,192………-5,6%……………-0,215%
9) Corona nor…..7,077……….6,443………..-8,9%……………-0,342%
10)Corona DK …..7,49……………….5,85………-20,5%……………-0,788%
11)Franco B……49,6……….……….31,8………..-35,9%……………-1,380%
12)Fiorino NL…..3,44………………..1,73……….-49,6%……………-1,907%
13)Scellino A….24,87……………..10,85……….-56,6%……………-2,176%
14)Marco D……….3,833……………..1,539………-60%……………..-2,307%
15)Franco CH……4,050……………..1,350…….-66,67%…………..-2,564%
16)Yen Jap……357,42…………116,40……..-67,4%……………-2,592%
Tab B
DEM (Marco tedesco) contro:
Valuta ………. 16-08-1971……….1-1-1997….…svalutaz % ….. svalut % annua
1)Dracma ……….7,826……………….160,5……………1954%………….75,150%
2)Escudo ……….7,417….………….101,62…………..1270%………….48,840%
3)Lira …………163,58………………987,65……………504%………….19,384%
4)Peseta……….18,1………….………..84,55……………366%………….14,077%
5)Sterlina………..0,1078………………..0,3823………..257%…………..9,885%
6)Corona SK …..1,345…………………4,474……..….233%…………..8,961%
7)Marco finla….1,0991…….………….2,9935………..172%…………..6,615%
8)Dollaro USA….0,260……………….0,630…………150%…………..5,769%
9)Franco fran….1,436…………………3,374….……..135%…………..5,192%
10)Corona nor….1,8463…………….4,1865…..……127%…………..4,885%
11)Corona dan….1,954……………..3,866……………97%…………..3,730%
12)Franco bel…12,94…………………20,66…………….58%…………..2,230%
13)Fiorino NL….0,8975…………..….1,124……………26%…………..1,000%
14)Scellino A….6,488……………….7,050…………….8,6%…………0,330%
15)Franco CH…….1,056…………………0,877……….-17%………….-0,654%
16)Yen giap…….93,248…………….75,633…………-19%………….-0,730%
Dal confronto delle due tabelle possiamo notare che:
1) Nella Tab A il USD si è rivalutato verso 7 monete, molto pesantemente (più del 50%) verso Dracma, Escudo, Lira e Peseta, mentre si è svalutato verso le altre 9, molto pesantemente (intorno al 50%) contro Yen, franco svizzero, marco tedesco, scellino austriaco e fiorino olandese.
2) Nella Tab B il DEM si è rivalutato quasi contro tutti, diventando un vero rullo compressore contro Dracma, escudo, Lira, peseta, sterlina e corona svedese, mentre contro marco svedese, dollaro, franco francese e corona norvegese e danese si è apprezzato “solo” di una percentuale che parte dal +172% contro la valuta finlandese e rasenta il 100% verso la moneta danese.
3) In entrambe le Tab notiamo che le uniche vere antagoniste del marco sono franco svizzero e yen giapponese.
4) Le uniche che seguono più o meno a ruota sono lo scellino austriaco, il fiorino olandese e a stento il franco belga. Che poi, guarda caso, sono tutti Paesi con tradizioni, religione, comportamenti di massa, economie e lingua quasi simili, insomma una vera “AVO” (Area Valutaria Ottimale), penso l’unica possibile nell’intero vecchio continente. Ed infatti era riconosciuta unilateralmente come “zona marco-centrica” (ZMC).
5) La disomogeneità con le altre monete (ma anche tra le altre stesse escludendo quelle della ZMC) è IMBARAZZANTE. Soprattutto le svalutazioni a 4 cifre della dracma e dell’escudo e nondimeno quelle a 3 cifre della lira e della peseta avrebbero dovuto far riflettere non poco gli avventati economisti dei rispettivi governi.
6) I forti dubbi espressi dal governo inglese dell’epoca divennero certezze inconfutabili nel 1992: la Sterlina (insieme alla nostra lira) subì l’attacco speculativo che costrinse la Thatcher a svalutare del 40% ca la valuta britannica (la Lira svalutò del 30% ca), facendo abbandonare del tutto la malsana idea di partecipare all’€uro. (Invece -e purtroppo- come ben sappiamo, nonostante la batosta che ci inflisse Soros e l’allegra banda di speculatori che prese di mira la Lira, l’Italia fece letteralmente CARTE FALSE per entrarci, truccando visibilmente i bilanci.)
7) Danimarca e Svezia restarono impressionate e seguirono tramite referendum la strada inglese. La Norvegia nel 1972 e poi nel 1994, tramite due referendum popolari, decise di non far parte della UE. Anche la Svizzera nel 1986, sempre tramite referendum popolare, decise di non entrare nella UE.
Tab C
Inflazione di periodo nelle economie avanzate occidentali componenti il G7 al culmine delle 2 crisi petrolifere (1974 e 1980);
– 1974:
USA 14%; Giappone 25%; Germania 8%; Francia 15%; Gran Bretagna 27%; Italia 19,2%;
– 1980:
USA 15%; Giappone 8,5%; Germania 7,5%; Francia 14%; Italia 21,2%; Gran Bretagna 22%;
Come si può osservare la sola Germania è rimasta ben sotto il 10%, ovvero meno della metà della media delle altre 5; il Giappone nel 1980 imita la Germania, mentre la media delle altre resta abbondantemente ad un disarmante +100%.
Possibile che la Germania (e nel 1980 anche il Giappone) fosse al di fuori dall’inflazione importata derivante dall’ABOMINEVOLE rialzo di energia e petrolio?
All’epoca, soprattutto nel 1973/74, tutti i Paesi industrializzati dipendevano dal petrolio per una variabile del 40% come in Francia e sino al 73% del Giappone; il resto era dato dal carbone e in minima parte del nucleare (le prime centrali funzionavano da pochi anni e solo negli USA e nell’URSS da più di un decennio) e infatti, come abbiamo visto nella Tab C, l’inflazione era più che sostenuta: il petrolio, divenuto di colpo più che “marginalmente raro” (triplicò il suo prezzo a partire dal 1973) portò a rialzi indiscriminati dei prezzi di qualsiasi prodotto e tale dinamica non risparmiò di certo la Germania che per limitare l’inflazione importata scelse un’altra strada: preferì fare deflazione interna non aumentando i salari nella stessa misura dell’inflazione, anzi riducendoli di circa un terzo come potere d’acquisto. I giapponesi trassero un prezioso insegnamento e nell’altra crisi scoppiata nel 1979 quasi superarono i maestri.
Del resto, far pagare il prezzo ai lavoratori è stata sempre la via più semplice. In Italia, la brutta italietta della “svalutazione competitiva” e dei politici spendaccioni, nel 1975, fu varata l’indicizzazione dei salari all’inflazione, meglio conosciuta come “Scala Mobile”, lo strumento tanto odiato da industriali e capitalisti che permise agli operai di mantenere il potere d’acquisto.
Nello stesso tempo il governo italiano, grazie a TASSI REALI NEGATIVI mediamente del -5% dal 1971 al 1980 (in quel decennio i tassi di sconto della BdI si mantennero costantemente inferiori del -5,5% all’inflazione di periodo), riusciva a finanziare tranquillamente le immense opere infrastrutturali, cominciando addirittura a colmare il divario di benessere tra il nord industriale e ricco ed il poverissimo sud che spezzava in due il Paese. Nel 1980 il rapporto debito/PIL dell’Italia era pari al 58%.
Nel marzo del 1981, dopo il “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia (obbligò la BdI a non acquistare l’invenduto delle aste dei titoli di Stato BOT, CCT ecc), i rendimenti NETTI (tasso d’interesse – inflazione) esplosero ad un +5% e continuarono sulla stessa falsariga sino al 1996, facendo arrivare il rapporto debito/PIL a superare velocemente il 100%.
Conosco solo DUE MODI per scaricare l’inflazione e rimettere il Paese nelle condizioni di poter tornare ad essere competitivo e crescere:
1) il primo è sul cambio della valuta (svalutando la moneta nazionale si rendono più attrattivi i prodotti e servizi verso l’estero e ancor di più indigesti i prodotti e servizi provenienti dall’estero che ai residenti costerebbero molto di più). Tale operazione implica la perdita di valore della tua moneta ed è ciò che è accaduto in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia ecc ecc. chiaramente la spesa per petrolio, materie prime e tutto ciò che viene acquistato in valuta pregiata costa di più. Però è anche vero che in un’economia matura come più di ogni altra l’Italia, il costo maggiore di un prodotto finito deriva proprio dal costo della manodopera. L’Italia ad ogni buon conto è cresciuta come mai potrà più accadere restando in regime di vincolo fisso –leggasi €uro- (non puoi svalutare la moneta e quindi devi svalutare i salari) proprio in quel modo e proprio in quegli anni dove accumulavamo la mostruosa svalutazione del 500% rispetto al DEM e del 142% rispetto allo USD. In quei fantastici anni abbiamo accumulato una ricchezza privata pari a 5000 miliardi di euro attualizzati, ovvero più del 200% dell’intero PIL italiano 2011 che ci hanno portati ad essere i maggiori possessori di immobili di proprietà (circa 80%).
La balla della SPESA PUBBLICA deve essere sdoganata una volta per tutte: ad ammazzarci non è stato il debito pubblico ma la SPESA PER INTERESSI SUL DEBITO PUBBLICO. E questa volta NON AMMETTO DINIEGHI: basta fare i conti della serva per scoprirlo. Altra cosa è fare “buona spesa” o “cattiva spesa”; in ogni modo, per fugare qualsiasi dubbio residuo, oggi l’Italia non può fare ne luna e ne l’altra. In troppi non sanno che la spesa pubblica italiana è al di SOTTO della MEDIA UE, anche per sanità, istruzione e welfare. La nostra spesa pubblica -quasi il 50% del PIL 2011- (800 miliardi di euro circa nel 2014) negli ultimi 35 anni è stata utilizzata per oltre la metà (400 mld) per foraggiare super-pensioni, prebende e tutto ciò che si è potuto inventare una CLASSE POLITICA INDEGNA e CORROTTA che mai ha inteso appianare i propri privilegi verso i lavoratori, non pensando altro che alle proprie carriere e ai prorpi personalissimi interessi privati.
2) Il secondo è facendo deflazione interna (non si svaluta la moneta ma si svalutano i salari, magari non aumentandoli o aumentandoli in modo irrisorio rispetto all’inflazione di periodo, ciò non permetterà alle famiglie –o lo farà in modo scarso- di comprare beni e prodotti provenienti dall’estero e in molti casi neanche quelli nazionali. Tale compressione salariale ti permette di tenere a bada l’inflazione che non potrà MAI alzarsi se le famiglie non consumano e per far si che ciò avvenga gli si da poco più del minimo necessario per vivere). Avrai una moneta forte che varrà oro sui mercati internazionali ma il tuo popolo farà la fame o quasi, a tutto vantaggio delle industrie e della rendita da capitale. Questa è la strada che ha preso la Germania nel 1973 e il Giappone nel 1980 e che con molta probabilità contribuì alla creazione della bolla immobiliare del 1986 (quando c’è deflazione ci si attende un calo continuo dei prezzi che crea la cosiddetta “trappola della liquidità”). Tale immensa liquidità venne investita nel mattone e in borsa, gonfiando l’immensa bolla che esplose nel 1991, regalando ai nipponici l’inizio del ventennio perduto. La guida tedesca dell’euro-zona ci ha fatto imboccare la stessa strada che ha percorso il Giappone: tutta l’area è in deflazione conclamata e con immane liquidità in aumento in cerca di investimenti redditizi che con ogni probabilità andranno a gonfiare varie bolle borsistiche.
Se perdurasse tale situazione, così come sembra debba essere, si potrebbe trasformare presto in stagdeflazione. In diversi Paesi di €Z i sintomi già ci sono tutti.
Ma torniamo a noi. Come avrebbero mai potuto recuperare i PIIGS tale incredibile svantaggio inflattivo eliminando la libera fluttuazione delle proprie monete nazionali? Come hanno potuto pensare che di colpo, come per volontà divina, tutti i cittadini europei all’unisono diventassero, pensassero e agissero come tedeschi, olandesi o austriaci?
Si badi bene: qui nessuno nega la differenza sostanziale di pensare innanzitutto al bene della collettività piuttosto che ai propri personalissimi interessi che da molto tempo contraddistingue i politici dei PIIGS da quelli della ex ZMC ma, vi ASSICURO, che in questa situazione la MIGLIORE CLASSE POLITICA in ASSOLUTO nulla potrebbe fare ugualmente, magari riuscirebbe solo a resistere qualche anno in più. Syriza in Grecia potrebbe essere l’ennesimo esempio.
Oggi il livello è ben più che economico è sociale: è in discussione la democrazia stessa. O meglio, anche quella parvenza di democrazia che in tutta Europa sembrava essere cosa acquisita, potrebbe esserci negata.
Come una malattia sconfitta e dimenticata da 50 anni potrebbe tornare a seminare distruzione così la UE e l’€uro potrebbero risvegliare storie assopite e quasi dimenticate che sposterebbero le lancette del tempo indietro di circa 85 anni, allorquando una crisi mondiale risvegliò il nazionalismo estremo in una vecchia Europa che non seppe evitare una seconda catastrofe annunciata.
Adesso, partendo da quei numeri, facciamo un gioco tenendo in considerazione proprio le dinamiche monetarie.
Mi sono sempre chiesto che fine avrebbe fatto la nostra amata Liretta se l’Italia, per assurdo, nel 1996 non avesse aderito anima e corpo al progetto €uro (che con molta probabilità non sarebbe affatto partito senza che il nostro Paese vi avesse aderito).
Incrociando i numeri e le variabili che non sarebbero state poi così diverse da quelle che sono effettivamente accadute, tenendo in considerazione la media svalutativa di quei 26 anni, la lira oggi avrebbe grosso modo queste valutazioni:
£ 3277 per un singolo USD;
£ 525 contro lo Yuan cinese;
£ 27,5 contro Yen giapponese;
£ 4750 contro marco tedesco;
£ 3,02 contro Won coreano;
l’ordine dato non è casuale: gli USA posseggono l’emissione della valuta di riserva mondiale, la Cina, il Giappone, la Germania e la Corea sono nell’ordine le nazioni che ci sopravanzano nel manifatturiero mondiale (pensate, nonostante tutto siamo ancora la 5° potenza manifatturiera al mondo e stacchiamo il Brasile di parecchi miliardi).
Come potete facilmente intuire un litro di super ci sarebbe costato anche meno di oggi (si tenga in grande considerazione che molte delle accise che pesano per il 60% del prezzo alla pompa non sarebbero mai state aggiunte) e sicuramente avremmo avuto un peso ben più rilevante nelle economie del G20, magari occupando la 4°, 5° o al massimo 6° posizione.
Ma soprattutto avremmo polverizzato la Germania e la Corea come manifatturiero, giocandocela ad armi pari con Giappone e anche con la Cina e gli altri emergenti.
Come appena detto, sono convinto che senza la partecipazione dell’Italia l’€uro non sarebbe mai nato ed è ciò che è scritto nel libro del prof Nino Galloni ed altri autori euro-scettici: la Germania ha voluto con forza il nostro Paese nell’euro altrimenti non se ne sarebbe fatto nulla.
Evidentemente i tedeschi fecero le mie stesse semplicissime simulazioni, traendone le stesse conclusioni: l’Italia li avrebbe scalzati in un decennio.
La Francia, che ancora oggi rappresenta la maggiore potenza militare d’Europa, volendo emulare gli USA, ha sinora appoggiato passo dopo passo la politica tedesca, ma presto i nodi verranno al pettine e volenti o nolenti saranno costretti a svincolarsi dal nuovo patto d’acciaio firmato nei primi anni ’50. Nonostante i francesi non abbiano mai rispettato negli ultimi anni il rapporto deficit/Pil imposto (ai fessi come noi che l’hanno sempre onorato) dalla UE la loro economia sta andando a rotoli: anche per loro si avvicina sempre più velocemente il punto di non ritorno e, statene certi, qualcosa accadrà al di là delle Alpi.
Roberto Nardella, ARS Puglia
http://www.forexinfo.it/Se-l-Italia-non-fosse-mai-entrata
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