Si sta come gli schiavi, l'efficienza, il profitto…
C’era una volta l’occidente che si spartiva il mondo. Era il colonialismo posto in essere per mezzo delle armi, della superiorità militare. I potenti della Terra si riunivano per spartirsi i territori, cercando di evitare o limitare inutili guerre, ed in questi abominevoli congressi ognuno si arrecava tanto più territorio quanto più alto era il suo peso specifico, dettato dalla potenza bellica e dal suo PIL che, come oggi, si alimentavano a vicenda. La potenza bellica non era una variabile velata ed implicita, ma era il fulcro della questione, era predominante nei fatti e nella cognizione collettiva.
A differenza di oggi, dove i rapporti di potenza bellica vengono tenuti costanti ponendo limiti agli investimenti militari agli Stati, bisognava dimostrare la propria superiorità sul campo. Non esisteva l’ONU, non esisteva la NATO, non esistevano quegli organismi che gradiscono giustificazioni più o meno fondate per la guerra, per la dominazione, che richiedono una facciata che non ammette la potenza bellica come discriminante palese nella risoluzione delle contese, se non dietro “giustificazione”.
Era il colonialismo degli Stati forti contro gli Stati forti per colonizzare più Stati deboli possibili. Famoso il Congresso di Berlino del 1884 – mi basti dire che è anche detto “Conferenza dell’Africa Occidentale” per rendere chiara l’idea dell’umanità resa oggetto, resa mezzo per il profitto e non l’entità da tutelare e far progredire. Tutti abbiamo letto nei libri di storia il colonialismo di fine 800/primi del novecento, quello classico con dominazione diretta. La spinta a questa occupazione diretta fu data, a quel punto della storia, da una delle tante crisi del capitalismo, che aveva reso necessario integrare nuovi mercati e così, a suon di eserciti, gli Stati “progrediti” iniziarono ad occupare l’Africa, si dovettero esporre per accaparrarsi i mercati migliori (di materie prime, persone, merci o tutte le precedenti, fate voi).
Ma badate, la colonizzazione era già fatto compiuto, esisteva da secoli, fu solo un cambiamento di strategia, di modus operandi, ma a livello economico e, per ovvio nesso di causalità, sociale, la colonizzazione del mondo occidentale (per mano della sua componente capitalistica) verso il resto del mondo era già assodata da secoli.
E la colonizzazione inizia sempre dalla medesima questione: denominare (o creare) il debito dello Stato colonizzato in valuta estera. Questo io lo vedo come un ricatto, perché da quel giorno non posso più scegliere se avere a che fare con te colonizzatore o meno. Dal giorno in cui accetto o mi viene imposto un debito in valuta non mia, la mia improrogabile necessità sarà trovare la valuta con la quale pagare il debito, e dato che la stessa può essere da me fornita solo dal creditore/colonizzatore, io dovrò commerciare con esso o lavorare per esso, ma dovrò trovare il modo di reperire la valuta estera necessaria. Anche organizzazioni odierne poste come salvatori terzo mondo, vedi il FMI, hanno la medesima impostazione, la valuta è il dollaro e nessuno Stato del terzo mondo in cui il FMI è entrato in gioco si è mai rialzato o è mai progredito a livelli definibili accettabili. Ora si inizia a parlare di un alter ego del FMI per gli Stati Europei, e ciò è alquanto inquietante.
Comunque, nei secoli scorsi, data la predominanza della forza militare, il debito poteva tranquillamente essere imposto coercitivamente, ma ai nostri giorni tale soluzione non è praticabile, c’è l’ONU, c’è a NATO, c’è la forma e l’apparente pace da mantenere, ma non per questo il colonialismo capitalistico diventa impraticabile. Anche se occupazioni c.d. pacifiche sono a tutt’oggi più che praticate, voglio parlare della colonizzazione che stiamo subendo noi in occidente, noi patria stessa del capitalismo, per farvi capire che lo schema posto in essere è lo stesso, sebbene non essendo uno Stato ad occupare un altro Stato, ma l’economia finanziaria che colonizza l’economia reale, viene a mancare l’evidenza militare. Ed allora, non potendo occupare militarmente, qual’è stata la soluzione dei neo-liberisti-colonialisti? La soluzione è stata, oltre ad aver imposto in talune aree, vedi UE, il debito in valuta “straniera”, l’aver dato il controllo, creazione compresa, della moneta al creditore di quel debito, al colonizzatore stesso. Se consideriamo anche che la politica, ma potrei dire l’università o altri ambiti, è per lo più indirizzata da uomini con la medesima forma mentis del colonizzatore, si capisce come il mondo finanziario ha potuto rendere reali molte altre condizioni strutturali che allargano a macchia d’olio la potenza colonizzatrice e che, in fine di articolo ed almeno in parte, menzionerò.
Qual’è quindi la nuova colonizzazione trasversale, chi invade chi, e come?
Oggi c’è il mondo globalizzato, ma pensiamoci bene, globalizzato solo nel mondo finanziario e nei mercati, e non anche nelle leggi, le quali sono specifiche e particolari a seconda della cultura e degli stili di vita dei popoli, a seconda delle nazioni che formano gli Stati. Questo mondo ibrido, unico dal lato del commercio ma non anche per il resto, è sostanzialmente della finanza, reale padrona dello stesso.
I grandi finanzieri, taluni anche a capo di importanti organismi, si riuniscono e non badano al fatto che siano italiani, francesi, americani o tedeschi, i grandi finanzieri si riuniscono e cercano di fare gli interessi della loro categoria sociale. Il neo-colonialismo, quello di cui parliamo, quello che va a incidere nelle vite dei loro stessi concittadini – le nostre – diventa in questo modo un colonialismo transnazionale, esce dallo schema in cui sono i popoli più potenti, sempre nella loro componente capitalistica, a colonizzare i popoli più deboli, e diventa un gioco in cui i contendenti sono i seguenti: da un lato c’è il capitale, nel nuncius di turno, dal fondo comune d’investimento, agli specialisti del debito fino ad arrivare a privati più o meno magnati, dall’altro c’è la persona fisica, unita nel proprio esercito composto dalle altre persone fisiche non capitaliste, ed ogni esercito è denominato, al secolo, Stato, in quanto nostra comunità, in quanto nostre leggi. Ciò che non lascia sereni è che gli Stati oggi sono per lo più gestiti da esponenti del mondo finanziario, di quel mondo che non bada al benessere delle persone fisiche, ma bada al mero profitto espresso nella valuta corrente, non importa come redistribuito, non importa neanche in quale Stato, non importa neanche se nel mondo fisico o nel mondo dei derivati in realtà, basta che quel numero sia positivo e con più zeri possibili, è il loro unico metro di misurazione della felicità, del benessere sociale. In questo modo lo Stato non è più comunità, ma veicolo attraverso il quale colonizzare.
E come si fa a rendere tutto ciò possibile? Entrando a casa della gente e rubando? No, o meglio anche, ma sarebbe palese e quindi stupido, non duraturo ed in quanto tale non definibile colonizzazione. La guerra quindi la si combatte a monte, facendo percepire a valle solo che l’acqua è inquinata, facendo percepire la necessità di costruire un depuratore, quando basterebbe far chiudere la fabbrica posta appena dopo la sorgente per avere acqua potabile a valle, nel villaggio di turno. Questa nuova colonizzazione neo-liberista/neo-modus operandi, è iniziata per noi italiani nel 1981 (anno della separazione tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro). E cos’è colonizzare se non togliere dignità alla persona, toglierle la speranza, porla nella condizione di “vivere per lavorare e non lavorare per vivere”? Senza addentrarci in discorsi troppo economici e matematici, andiamo ad analizzare i valori differenziali tra oggi ed il 1981, andiamo a vedere cosa è successo al nostro salario reale (il controvalore dei beni reali che potremmo comprare per soddisfare i nostri bisogni), e nel guardare il grafico consideriamo che non viene dato valore al tempo libero, alla serenità, al poter vivere la vita nei suoi valori non monetari. Vediamo dall’inizio della colonizzazione quanto siamo calati nella nostra ricchezza monetaria
Il grafico descrive la crescita del PIL e del salario reale dall’inizio della colonizzazione ad oggi, dal momento in cui il mondo finanziario ha iniziato a prendere il controllo della moneta, o più precisamente, dati i vari stadi in cui si è sviluppato il processo, il momento in cui lo Stato, il pubblico, ha iniziato a perderne il controllo.
Possiamo così notare che da un lato il PIL (ciò che consumiamo) è aumentato maggiormente di ciò che guadagniamo. La differenza, la forbice volendoci esprimere in termini economici, è data da minor risparmio privato o da più debito privato, credo sia lapalissiano quanto ovvio.
C’è chi dice che è colpa nostra che spendiamo troppo rispetto a quanto guadagniamo. Sono a rispondere con due significative riflessioni:
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Oggi, in generale, rispetto al “fino al 1981” si lavora in due in famiglia, o si lavora da soli ma si vive anche da soli, quindi, tenendo le proporzioni, ferme restando tutte le altre variabili e ponendo la famiglia come unità patrimoniale, dovremmo poter spendere molto di più senza accusare problema alcuno. Questo fattore, tra l’altro, a mio avviso è stato uno dei fattori fondamentali per far percepire l’abbassamento del salario reale in un tempo lontano dall’inizio della discesa, rendendo ancor più labile l’associazione tra causa-effetto, tra la nuova impostazione del mondo e i suoi nuovi problemi, il suo neo-colonialismo;
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L’età media in cui uno entra nel mondo lavorativo RETRIBUITO si è notevolmente alzata, abbiamo meno anni per spendere, posto che una persona per lo più spende all’inizio e poi per lo più risparmia. In merito all’età lavorativa ci sarebbe da fare un’ulteriore considerazione. La stessa è traslata, iniziamo più tardi e finiamo più tardi. Questo processo, andrà più veloce dell’aumentare della vita media, perché lavorare dai 20 ai 60 non è la stessa cosa di lavorare dai 30 ai 70, e questo è un altro furto al reddito reale che non è contemplato nel grafico (senza voler considerate il minor assistenzialismo che i nonni potranno dare ai nipoti, data l’accorciata durata e il ridotto ammontare della loro pensione). Porre anche la pensione come reddito dell’individuo e alla sua morte ponderarla, rispetto agli anni, al reddito medio percepito durante gli anni di vita lavorativa RETRIBUITA, è un discorso che sta più che in piedi, e posto che le pensioni saranno più basse e percepite per un tempo minore, non è difficile immaginare il risultato.
Spero sia chiaro che “la crisi” non è casualità, ma causalità, e per questo vorrei fornire spunti riflessivi che continuano la discussione in merito alla costante tendenza alla diminuzione del nostro reddito, all’attuale colonizzazione che stiamo subendo, senza soffermarmi sulle questioni più personali, che rilevano nella qualità della vita e peggiorate anch’esse, ma troppo personali per essere rese oggettive.
Punto uno: la disoccupazione non è una brutta cosa per il colonizzatore. Tra l’altro, per parlare dell’attuale tendenza alla deflazione salariale, qualsiasi economista sa che a salari reali più bassi è associata una disoccupazione strutturale più alta, quindi non vedo come possa essere una tattica vincente per la collettività puntare, come invece fa il job act, sulla deflazione salariale. Tattica ascrivibile a “resistenza”, dato che l’UE è impostata in questo malsano modo? Forse, ma per la collettività è comunque sbagliato, magari va cambiata la malsana impostazione. O forse l’obiettivo è semplicemente tenere la disoccupazione alta e abbassare le pretese di tutti, costretti per semplice necessità di sopravvivenza a fare qualsiasi cosa; velato, meno cruento, ma sempre schiavismo, ferme le proporzioni con lo schiavismo subito da altri.
Punto due: il prossimo passo, così come non siamo riusciti a dissetare l’Africa nel corso dei secoli, sarà cercare di privatizzare i servizi essenziali, perché gestire la sete di un popolo non è un’arma veniale. Tra l’altro, la domanda di beni primari è quantomeno costante, a prescindere dal livello di povertà e prezzi, ed è terra fertile per gli oligopolisti di turno. Per questo verrà posta in essere la riforma del titolo V della Costituzione (per privatizzare le municipalizzate), e per questo è stato posto in essere il QE della BCE, cioè creare moneta dal nulla, comprarsi il debito degli Stati con il fine quasi certo di girarlo all’alter ego del FMI europeo che verrà creato, debito a fronte del quale gli Stati Europei dovranno ipotecare qualcosa che non sia il Colosseo, per garantire i capitalisti. Qui entrano in gioco le municipalizzate, il cui valore, sommato al valore di ENI, FINMECCANICA ed ENEL, raggiunge un congruo importo per il Signor Finanza.
Punto tre: a proposito di servizi essenziali, le ASL non hanno garantito il LEA (livelli essenziali d’assistenza) per l’anno in corso, posto i tagli subiti e gli standard richiesti. Il reddito del cittadino è diminuito anche in questo, perché se vale il principio del lucro emergente e danno cessante, tutto ciò che lo Stato mi garantisce, senza spesa o a prezzi calmierati (sanità, istruzione, qualsiasi servizio esso sia), è per me reddito in quanto mancata spesa sostenuta, ed anche questo non è contemplato nel grafico del salario reale sopra postato. L’importante, però, fermi restando i problemi di corruzione varia, è capire che se lo Stato taglia la spesa non è per colpa della corruzione, ma è colpa di un debito espresso in moneta estera, del primo gennaio di qualsiasi anno da qui in avanti, in cui il governo italiano di turno si sveglierà con almeno una quarantina di miliardi di euro di interessi sul debito da pagare agli oligopolisti dello stesso, e l’art. 81 che ha posto il VINCOLO del pareggio di bilancio. Perché ci siamo imposti tale vincolo? Per quale fine economico che sia minimamente sociale tale vincolo potrà essere in futuro utile? L’autodeterminazione dei popoli dovrebbe essere usata nel bene degli stessi, ed invece abbiamo indetto una gara a porci limiti insensati che rendono effimero qualsiasi sforzo privato. Pare che il moltiplicatore Keynesiano della spesa pubblica non sia mai esistito, incomprensibile.
Punto quattro: come ogni colonizzazione che si rispetti, si cerca di non far più produrre gli Stati colonizzati, ma li si favorisce nell’acquisto, nel più debito o minor risparmio. In Africa non c’era bisogno di distruggere alcun tessuto industriale, ma il risultato di una serie di fattori sta portando allo stesso risultato anche dalle nostre parti. E così si dismettono intere produzioni iniziando a dipendere dall’estero; l’euro forte dalla sua nascita ad oggi ha più che accentuato questa tendenza all’acquisto piuttosto che alla produzione.
Punto cinque: se crei un mercato unico, se crei un mercato immenso, è naturale che entrano in gioco le economie di scala, l’efficienza. E’ ovvio che vinceranno le grandi strutture e che di conseguenza andranno a morire le particolarità, sia della piccola impresa che delle capacità dei singoli dipendenti, in nome di procedure meramente eseguite. Dobbiamo capire che l’unità non la fà l’omologazione, ma la comunità, con le sue diversità, e questo vale sia che si parli di rapporti all’interno di uno Stato che di rapporti tra gli Stati.
Punto sei: la liquidità o meno, oggi purtroppo “meno” – data la difficoltà a reperire finanziamenti da parte delle imprese – deriva dalla quantità di moneta che circola nell’economia di cui si parla. Oggi esistono due economie, finanziaria e reale. Noi viviamo di economia reale, i colonizzatori di economia finanziaria. Fino ad un certo punto della storia gli intermediari, coloro i quali prendono soldi dai risparmiatori e prestano gli stessi agli investitori, potevano agire o in un’economia o nell’altra, non era loro facoltà dirottare base monetaria da un’economia all’altra. Dal neo-colonialismo-liberismo in poi, in Italia direi dalla riforma del 1992 del sistema bancario, di fatto l’osmosi tra i due tipi di intermediari è divenuta realtà. Quindi la BCE potrà immettere quanta moneta volete, ma al primo passaggio in qualche banca quella stessa moneta potrà essere indirizzata all’incremento della massa di moneta che staziona nell’economia finanziaria (la quale vive più di aumento di massa monetaria che di qualità della stessa), a maggior ragione oggi dato il fatto che il tasso di interesse reale (tasso di interesse percepito per prestiti monetari meno tasso d’inflazione) è costantemente positivo, come mai era avvenuto nella storia.
Basta punti, ma vi invito a riflette, e a sentirvi colonizzati, perché questo, al momento attuale della storia, siamo.
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