Un mois normal – Un mese normale
In Francia non vanno tutti in vacanza nel mese di agosto come in Italia, ma quasi tutte le aziende organizzano turni per le vacanze dei propri impiegati, spalmati su giugno, luglio, agosto e settembre. E, forse complici i quattro ponti del mese di maggio, l’attualità dell’ultimo mese non è stata così incandescente.
Il nuovo partito, almeno di nome, dei “republicains” indice il suo primo congresso, destando non poche polemiche. Il titolo? Semplice: “L’Islam”, senza niente aggiungere. Ovviamente tutte le associazioni antirazzismo si son messe sulle barricate; morale: il primo congresso sarà a porte chiuse senza partecipazione dei giornalisti. L’unione degli imam di Francia ha rifiutato la partecipazione al seminario. Strana la storia di questa istituzione, fondata da Sarkozy quand’era presidente: veniva sentita dal governo una volta al mese, per qualsiasi progetto di legge (alla faccia del rispetto di ogni laicità). Poi però, dopo gli attentati dell’11 gennaio, Sarkozy che denunciava in ogni dove il comunitarismo, che lui più di ogni altro ha promosso, ammise che la fondazione di tale istituzione fu uno dei suoi più grandi errori e che, se di nuovo eletto, l’avrebbe fatta sciogliere immediatamente.
Eccoci però, a distanza di tre mesi, ridare nuova credibilità a tale ente invitandolo niente propiro di meno che al primo congresso. Laicità a geometria variabile. Diciamo che come republicani iniziano male. Rimanendo nei paraggi, sempre più sondaggi danno come miglior candidato della destra Alain Juppé, il sindaco di Bordeaux, antagonista da sempre di Sarkozy, ma da sempre obbligato a cedergli il passo dai tempi di Chirac. Nonostante questi riconoscesse che Juppé era “le meilleur d’entre nous” alla fine veniva sempre preferitogli Sarkozy (i legami con certi potentati dell’avvocato Sarkozy possono modificare le volontà di un presidente della repubblica. In ogni caso una cosa è certa: la ricandidatura di Sarkozy non è mai stata in dubbio come adesso, non tanto per sgambetti o mosse dei suoi avversari, quanto per la disaffezione cresente dei suoi militanti (mentre i francesi, in generale, già nel 2012 avevano abbandonato lo sceriffo di Francia).
Nel Partito Socialista, a parte la sentenza che annulla il procedimento contro Dominique Strauss Kahn per lo scandalo dei giri di prostituzione a Lilla, è la calma prima della tempesta. Ambienti vicinissimi a Valls davano per sicuro un reimpasto di governo per inizio giugno, ma di fatto nulla è cambiato (forse è ancora troppo presto per bruciarsi in vista del 2017). Hollande è già in campagna per le presidenziali, la sua tattica ormai è chiara: evitare di intervenire su qualsiasi dibattito o fatti di attualità per evitare gaffe e mettersi contro l’opinione pubblica. Quindi naviga in immersione sott’acqua fino al 2016 per riemergere a gennaio 2017. All’estrema sinistra, Melanchon cerca di smuovere le realtà locali, perse ormai da un decennio, con delle manifestazioni per il mantenimento del servizio pubblico nelle zone rurali, ma senza mai parlare né dell’Europa né dell’austerità che impone tali chiusure.
Dove certo non mancano le emozioni forti è il Front National. Continua la querelle tra Marine Le Pen e Jean-Marie. Quest’ultimo, dopo essere stato escluso dal partito dalla figlia, ha fatto ricorso al tribunale di Nanterre. Poiché infatti lo statuto di presidente d’onore è stato votato da un’assemblea generale, la sua revoca dovrebbe essere espressa da un’altra assemblea: questione di parallelismo delle forme. Dal canto suo Marine continua l’estromissione di ulteriori quadri fedeli a suo padre. La sfida è grande, in questo momento, per un partito che toccava da solo il 30% dei voti. Io ho sempre pensato che un pericolo per il Front non poteva arrivare da sinistra, ma dalla sua destra.
Fossi Hollande, farei né più né meno quello che fece Mitterand negli anni ’80. Quasi sicuro di perdere contro il partito di centrodestra, aiutò il Front National a fare campagna e a ottenere seggi e finanziamenti modificando la legge elettorale. Riusci così, di fatto, a togliere voti al centrodestra. Un po’ come il PCI, quando votò per il mantenimento del MSI perché toglieva voti alla DC. Mai nessuno, però, avrebbbe pensato che a creare questo partito a destra del Front National sarebbe stato Jean-Marie Le Pen, come minaccia in effetti di fare. Marine e Philippot prendono tale fatto molto alla leggera. Per loro il fondatore ormai è solo una zavorra che impedisce al partito di andare verso i voti della sinistra e dei moderati. Dimenticano, però, che quasi il 70% dell’elettorato di Marine è lo stesso che votava il padre e, soprattutto, che ultimamente la società francese in genere si è molto più “destrizzata” o droitisé, come si dice Oltralpe. Philippot parla di una formazione che potrebbe togliere un massimo del 2% di fronte a un guadagno minimo in ritorno di immagine del 4%. Chi vivrà vedrà.
Per quanto riguarda l’economia, i dati su occupazione e crescita ristagnano (ciò che rispetto al continuo declino è gia un successo) ma, considerato che le aziende francesi avrebbero dovuto beneficiare della svalutazione dell’euro su dollaro, franco svizzero e sterlina, come ogni macroeconomista suggerirebbe, qui nulla si muove. Il che vuol dire che, una volta finito l’effetto a medio termine della svalutazione, che perfino in Italia ha fatto rialzare molti indici economici, il re scoprirà di essere nudo.
La vera crisi arriva in questo momento. Fino all’ultimo, nonostante i tagli nazionali, si è cercato di salvare i fondi delle collettività locali per i lavori ordinari e straordinari: tali risorse, però, vengono decimate nell’ultima finanziaria. E quindi tutto quel tessuto di piccole medie imprese che rappresentano il 35% del PIL nazionale e che comunque vivacchivano con gli appalti di comuni e province nonostante la crisi, da dopo l’estate vedrà prosciugarsi il mercato. Questo dopo il recente quasi raddoppio delle imposte sociali sugli autonomi, potrebbe segnare il collasso del sistema delle piccole e medie imprese.
Considerando che le grandi società stanno già studiando piani per trasferire le sedi legali dalla Defense di Parigi alla Corea o agli Stait Uniti passando per il Qatar, i mesi che arriveranno non saranno facili . Hollande lo sa benissimo: infatti ha proposto di cambiare il sistema di tassazione nazionale, ovvero di passare a un prelievo alla sorgente come in Italia, anziché versare gli stipendi in lordo e poi applicare le imposte l’anno successivo. Ma ciò comporterà il rischio per i Francesi di pagare nel 2016 due anni di imposte. Sorprende la rapidità con la quale il governo vuole compiere questa svolta poiché, guarda caso, la riforma entrerà in vigore un anno prima delle presidenziali, in modo che l’esecutivo possa allargare i cordoni della borsa rispettando i paletti di Bruxelles proprio a ridosso della campagna elettorale. Poi dicono che gli Italiani sono machiavellici.
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