Il limes germanico ferita e destino d’Italia (1a parte)
di DARIO FABBRI e FEDERICO PETRONI
Una parte d’Italia tende fisiologicamente alla Germania senza essere consapevole del signifcato geopolitico della sua estroversione. La forza magnetica esercitata dal mercato teutonico sul nostro pulviscolare tessuto manifatturiero determina – in un’area in gran parte coincidente con il Settentrione – la nascita di una sfera d’attrazione tedesca. Diversa dalla sfera d’infuenza in quanto quest’ultima presupporrebbe l’intento di Berlino di esercitare un controllo indiretto sui propri satelliti – è ciò che avviene per esempio con i Paesi Bassi. Mentre è soprattutto il Nord Italia ad anelare alla simbiosi con la Germania, della cui fliera produttiva ormai fa parte. Non per scelta valoriale, ma per necessità in tempi di vacche magre.
Tale tensione incide nel nostro paese una faglia geopolitica, secando la penisola da est a ovest. Il limes germanico corre, con tutte le sfumature del caso, sull’Appennino ligure e tosco-emiliano. A nord di esso si stende un’Italia transappenninica, padana e pedemontana, la più sviluppata del paese. Cui la Germania attribuisce un alto valore economico a causa delle piccole e medie imprese capaci di competere alla pari in più di un settore con i concorrenti renani. A sud, si apre invece un’Italia centro-meridionale, mediterranea. Certo assai meno sviluppata, ma anche meno dipendente dall’economia tedesca, dotata di più punti di riferimento. A suggellare simbolicamente la partizione è il cimitero militare germanico del Passo della Futa, spartiacque fra Firenze e Bologna, fra Italia mediterranea e cisalpina. Qui riposano oltre 31 mila soldati tedeschi caduti nella seconda guerra mondiale a cavallo degli Appennini cinti dalla linea gotica.
Storicamente, dal crollo dell’impero romano d’Occidente, sulla penisola italica corre con ricorrenza carsica un limes germanico. O comunque un confne più o meno informale cui si spinge l’attore dominante del continente. È successo con il regno longobardo e l’esarcato bizantino; con l’impero di Carlo Magno; con il Sacro Romano Impero e il suo Reichsitalien (Regnum Italicum) in cui s’andavano autonomizzando i Comuni; con il regno lombardo-veneto d’asburgica memoria; e, infne, con la Repubblica Sociale Italiana, satellite del Terzo Reich che, per difenderla dagli alleati, eresse la linea gotica. Promemoria di come una parte d’Italia sia un ring di competizione della geopolitica dell’Europa continentale.
Tuttavia, l’intensità dei rapporti italo-tedeschi registrata nel settore degli affari non corrisponde a una più ampia ed equivalente affnità fra i due popoli. Soprattutto, la pulsione settentrionale verso una Germania intenzionata a percorrere la via dell’Europa a più velocità rischia di generare tensioni insostenibili per la tenuta del paese. O quantomeno di imporgli la permanenza in un’area che esporta defazione. Oltre a una netta scelta di campo nell’imminente scontro fra Berlino e Washington.
La simbiosi economica fra Nord Italia e Germania si esplica nell’interscambio commerciale e negli investimenti, corroborati dalla distribuzione del turismo, delle infrastrutture viarie, dell’emigrazione e dell’insegnamento del tedesco. La Germania è stata nel 2016 il primo partner commerciale d’Italia, con 112 miliardi di euro di interscambio, mentre il nostro paese è sesto nella stessa classifca vista dal punto di vista tedesco 1. Di questi, 87,6 si concentrano nel Nord, 15 nel Centro (Toscana, Marche, Umbria, Lazio) e 7,4 nel Sud. Anche l’importanza relativa del paese teutonico sfuma al variare della latitudine: primo partner per 36 province settentrionali su 47 – prevalenza precedente all’adozione dell’euro, oggi solo lievemente approfondita – già in Toscana cede il passo a Francia e Stati Uniti, scendendo al quinto posto nelle isole, sopravanzata pure da Spagna e Russia. Anche nella Repubblica Federale esiste un’asimmetria locale: Baviera (20% dell’interscambio), Baden-Württemberg (19%) e Renania Settentrionale-Vestfalia (17%) sono i partner principali.
Non di solo commercio vive l’attrazione del Nord Italia. Azionisti tedeschi controllano direttamente diverse imprese italiane, quando non vi sono fsicamente presenti con fliali dei propri campioni – Allianz, Volkswagen, Siemens fra i più visibili. La Germania è seconda solo agli Stati Uniti per fatturato controllato nel nostro paese (86 miliardi di euro contro 93) e prima di fatto per numero di società con azionista di riferimento tedesco (2.391 contro le 2.407 del Lussemburgo, il cui primato è tuttavia fttizio in quanto dovuto a mere convenienze fscali). Spia di come gli investimenti germanici non si concentrino su grandi colossi isolati, ma realizzino – probabilmente in modo involontario – una penetrazione più solida proprio perché più diffusa.
Altri fattori oltre al crudo computo economicistico suffragano l’esistenza del limes germanico. Anzi, quello delle infrastrutture viarie addirittura la permette. Il Nord Italia gravita verso il mondo teutonico perché vi è connesso. Al contrario, la rarefazione di comode autostrade e rotaie oltre l’Appennino tosco-emiliano rispetto al ftto reticolo padano contribuisce ad approfondire la distanza tra mondo germanico e Meridione. Due assi autostradali europei di classe A uniscono i gangli vitali dei due paesi. La E35 connette Firenze, Bologna e Milano alla Svizzera tedesca e alla Renania, sboccando su Amsterdam. La E45 mette in comunicazione il Nord-Est con Tirolo e Baviera, facendo perno sul Brennero. L’importanza di Genova sarà destinata a crescere con il futuro completamento dell’asse ferroviario con Rotterdam via San Gottardo.
A confermare la fsiologica tensione del Nord verso la Germania è l’insegnamento della lingua tedesca. Dei 392.944 studenti fra istruzione primaria, di I e II grado che nel 2015-16 hanno seguito lezioni di lingua curricolari, il 75% appartiene a regioni settentrionali, con una netta concentrazione in Veneto (82.775), Lombardia (74.471) e Trentino (54.130, per Bolzano i dati non sono disponibili ma coincidono con il totale degli scolari). La Toscana, con 22.654 studenti, sopravanza il Piemonte ma insegue Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. La lingua di Goethe resta comunque trascurata nella scuola italiana, a dispetto della sempre maggiore richiesta nelle offerte di lavoro, soprattutto in campo aziendale e turistico.
L’accenno al turismo introduce un’altra dimensione cruciale del rapporto biunivoco fra Italia e Germania. Nel 2015, 10,86 milioni di visitatori tedeschi hanno soggiornato nel nostro paese, per un totale di 53 milioni di pernottamenti e una spesa di 5,4 miliardi di euro. Il Belpaese è la seconda meta preferita all’estero dai tedeschi: 8,8% contro il 14,2% riservato alla Spagna. Le prime cinque destinazioni in Italia sono, nell’ordine: Trentino-Alto Adige, Veneto, Lombardia, Toscana e Lazio. Tuttavia, proprio in quest’ultima regione la Germania è solo la quinta nazione d’origine dei turisti, basso peso relativo ineguagliato nelle altre regioni italiane. Viceversa, secondo i dati Istat, i visitatori tedeschi sono la prima nazionalità in 11 regioni. Fra cui fgurano le più importanti del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna), oltre a quelle adriatiche centro-meridionali, preferite a quelle tirreniche in virtù della A14, fattore non secondario per chi come i tedeschi preferisce viaggiare in auto o in camper.
Fra Milano, Brescia, Bergamo e Monza si concentrano un quarto degli scambi italo-tedeschi e il 52% del fatturato delle imprese controllate da azionisti germanici nel nostro paese. Specchio di una Lombardia che da sola quasi eguaglia i commerci fra la Germania e una potenza dell’export come il Giappone (39,4 miliardi di euro contro 40,3). Se Milano è il cuore, l’autostrada del Brennero è sicuramente l’arteria della sfera d’attrazione germanica. Con i suoi 1.344 metri sul livello del mare, il valico alpino è il laccio che lega la penisola al nucleo del continente: per esso transita il 40% dei traffci merci transalpini che hanno come origine o approdo l’Italia. Non stupisce che l’adiacente ferrovia abbia raggiunto il punto di saturazione e sotto lo storico passo d’ingresso degli imperatori della nazione germanica sia in corso la realizzazione del traforo più lungo del mondo.
Se Torino conserva un ruolo di primo piano grazie al terzo posto fra le province con il maggiore interscambio, a rivestire maggiore importanza è un altro polo pedemontano, quello fra Verona e Treviso. Nella città scaligera, secondo partner commerciale teutonico in Italia, il 65% del fatturato delle società controllate dall’estero è in mano ad azionisti tedeschi. A trainare uno spazio che raccoglie il 13,5% degli scambi con la Germania. Sempre al Nord-Est sono poi le due maggiori aree gravitazionali del turismo tedesco nel Nord (ovvietà altoatesina esclusa). Primo, il lago di Garda: nella provincia di Brescia si concentra la metà dei visitatori germanici in Lombardia e a Salò molte indicazioni stradali per turisti sono scritte solo nella lingua di Goethe. Secondo, il litorale adriatico Grado-Senigallia, dove la prima nazionalità, se non è tedesca, è austriaca.
[da “Limes”, 4/2017 – continua]
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