Il disagio della civiltà
di PIERLUIGI BIANCO (ARS Puglia)
«L’egoismo è tra gli impulsi più potenti per quasi tutti gli esseri umani , ma non è l’unico, ne molto spesso il più forte. In realtà, se il mondo fosse pieno degli individui egoisti che popolano i testi di economia si bloccherebbe, perché passeremmo gran parte del tempo a truffare, cercare di arrestare i truffatori e punire gli arrestati. Il mondo funziona solo perché le persone non sono quei soggetti autointeressati che la scienza economica liberista dipinge. Contrariamente all’affermazione di Mrs. Tatcher, secondo cui la società non esiste, ma vi sono uomini, donne e famiglie, gli esseri umani non sono mai esistiti come entità atomizzate ed egoistiche , slegate da qualsiasi contesto. Nasciamo in una società con determinati codici morali e veniamo educati a interiorizzarli. »
Ha-Joon Chang
Il disagio della civiltà è un libro scritto da Sigmund Freud nel 1929.
Nel saggio sociopolitico l’autore propone il suo punto di vista su ciò che egli definisce la tensione fondamentale tra civiltà ed individui.
Il conflitto principale nasce tra l’impulso a lasciarsi dominare dagli istinti e la necessità di vivere in gruppo, che richiede uno sforzo contrario, ovvero una limitazione della propria libertà istintuale.
Molti istinti primitivi e per nulla sopiti degli esseri umani sono chiaramente dannosi per il funzionamento di una comunità umana. Perciò le società adottano codici morali e leggi che inibiscono tali istinti.
Questo processo, sostiene Freud, è una caratteristica intrinseca e necessaria al processo di civilizzazione che, però, inevitabilmente, mette l’uomo di fronte a scelte che possono generare in lui un costante disagio.
La teoria esposta in questo libro si basa dunque sulla nozione che gli esseri umani hanno istinti caratteristici e, per essere parte integrante di una civiltà, rinunciano consapevolmente a perseguire ciecamente il principio del piacere.
Il principio di realtà diviene così il principio dominante nella vita psichica dell’adulto, successivo, nello sviluppo psichico dell’individuo, al principio di piacere che domina invece la vita psichica nei primi anni di vita.
Il principio di realtà richiede l’accettazione di uno stato di tensione in cambio di un vantaggio maggiore o di un svantaggio minore nel medio-lungo periodo.
Il principio di realtà e quello di piacere non sono tuttavia da considerarsi antitetici e non agiscono in contrapposizione fra loro.
Piuttosto il primo contribuisce a ridimensionare il secondo, costringendolo a tener conto di quelle che sono le condizioni reali di azione. Il principio di realtà non vieta al principio di piacere di esprimersi del tutto ma lo riporta entro certi limiti di azione.
Mentre il principio di piacere cerca la soddisfazione immediata del bisogno in modo completamente irrazionale, il principio di realtà persegue l’appagamento del desiderio ponendosi obiettivi estesi nel tempo e sublimando l’impossibile appagamento immediato in rappresentazioni sostitutive.
Riassumendo:
Il principio del piacere è un principio che ha per scopo quello della gratificazione immediata, ovvero, di evitare il dispiacere e di procurare piacere.
Il principio di realtà è un principio regolatore, ha lo scopo di rinviare la gratificazione o mitigare la delusione in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno.
Tutto ciò, nella recente evoluzione (o meglio involuzione) di certe dinamiche, può suonare familiare ai più attenti osservatori e ci riconduce alle problematiche inerenti al modello di società che oggi si vorrebbe far passare come l’unico possibile.
Ne siamo così sicuri?
«Poiché il mercato è una creazione umana, l’intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento di per sé distorsivo e vessatorio. Non si può non prendere atto di un recente riflusso neoliberista, ma è difficile individuarvi un apporto intellettuale innovatore. È molto frequente nelle discussioni correnti rilevare un’insistenza metodica sui vantaggi operativi del sistema mercato, e magari su tutto ciò che ne intralci lo “spontaneo” meccanismo, senza alcuna contestuale avvertenza sui connaturali difetti del meccanismo stesso. »
Federico Caffè
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