Gli insegnanti e il Partito Democratico
Molti saranno gli argomenti che opporranno a giustificazione di questa capriola politica. Diranno che non è civile astenersi, anche se non si sentono più rappresentati da alcun partito o peggio si sentono traditi dal proprio; diranno che votano il male minore, di gran lunga preferibile al ritorno al governo di Forza Italia o peggio al populismo xenofobo della Lega Nord; diranno che non c’è alternativa, tanto sul piano nazionale che su quello internazionale, alla figura di Renzi, il solo capace di resistere nelle sedi istituzionali dell’Unione Europea; diranno che la proposta sovranista è una minaccia alla pace conquistata e garantita dall’Unione Europea, rifiutando però di vedere qual è il costo politico, economico, sociale e culturale di una pace che dobbiamo storicamente, per quanto paradossale, al meccanismo di deterrenza della Guerra fredda anziché all’unificazione, finora solo monetaria, dell’Europa, che invece sta riaccelerando le fibrillazioni tra gli stati e all’interno degli stati.
Diranno di tutto ma alla fine, per come li conosco e per l’esperienza che ho, più della metà degli insegnanti tornerà all’ovile. Nonostante la “Buona scuola”. Le ragioni sono diverse e neanche tanto difficili da decifrare, una però è particolarmente indicativa. Dell’intero patrimonio di eredità del vecchio Partito Comunista, se ne conservano e osservano solo alcune, le peggiori, tutte di matrice intrinsecamente sovietica, fra queste l’obbedienza cieca al partito, in fede alla massima di Giancarlo Pajetta: «è meglio aver torto stando nel partito che avere ragione stando fuori».
Ammesso che nel 2018 mi sarà ancora data la possibilità di fare questo mestiere, avviso ufficialmente i colleghi che dovessero assumere questa condotta di non parlare mai più, tanto meno per lamentarsi, di politiche scolastiche, di riforma dell’educazione pubblica nazionale o di politica tout court in mia presenza. Potrebbero risvegliarsi in una camera d’ospedale. Lo so, la gran parte degli insegnanti, soprattutto della scuola dell’obbligo, sono donne ma è importante saper distinguere tra la femminilità come valore da rispettare e omaggiare e la femminilità come alibi.
Ricordo con divertita nostalgia i tempi del liceo e poi anche quelli dell’università, dove chi avrebbe dovuto formarci, fare di noi uomini, cittadini, futuri padri e madri, era nella stragrande maggioranza (ovvero quasi totalità) un paraculato comunista pilotato lì dalla CGIL ed incapace fino allo sfinimento.
Questo al liceo, e nella più rossa delle città d’Italia magari ci può anche stare.
All’università, a Bologna, il parco buoi si differenzia: da una parte i comunisti (nelle loro varie incarnazioni metamorfiche), dall’altra i massoni legati soprattutto all’ambiente di medicina.
Non erano il massimo, ma meglio dei primi, e soprattutto non ti bocciavano se avevi fama di “eresialca”.
Tutti a prescindere schierati contro l’Italia e gli Italiani, nella migliore tradizione.
Non sono come Bagnai che esplocitamente gode del massacro sociale che gli si prospetta, perchè il risentimento appartiene ad altre famiglie.
Prendo atto che mi piacerebbe tornare a scuola per vederli tutti.
Caro Matteo,
mi sembra un ragionamento poco ragionato e poco fondato sul piano statistico, nel senso che si tratta della sua esperienza, pertanto non generalizzabile come rappresentativa dell’intero corpo docente della scuola pubblica italiana.
Il mio brevissimo pezzullo non voleva affrontare la questione delle idee e delle simpatie politiche degli insegnanti italiani: non è questo il punto. Mi limitavo semplicemente a condividere un’amara riflessione, vale a dire il presentimento che, nell’ambito di quella parte considerevole di insegnanti simpatizzanti o elettori del Partito Democratico, tra coloro che hanno criticato la controriforma della “Buona scuola”, che costituiscono per quanto ho avuto modo di constatare almeno il 70%, una buona parte finirà per rientrare nei ranghi. Questo ho detto: niente di più, niente di meno. E, ribadisco, si trattava di un presentimento pessimistico, quindi privo di fondamento analitico.
Chi scrive, per intenderci, è sì un sovranista ma si è formato attraverso un’educazione marxiana elaborata via via all’insegna di un socialismo moderno ma non per questo meno radicale.
Sono (o tento di essere) un uomo di scienza, caro Di Russo ma ancor prima della scienza, vale la logica e quindi l’inferenza.
Di fatto, non ho detto nulla di diverso di quanto hai detto tu.
Tu dici che “a pelle” il 70% del corpo docenti italiano è di quella parte lì.
Benissimo: sono perfettamente d’accordo.
Caro Matteo,
non ci siamo capiti o forse non mi sono spiegato bene.
Ho detto che almeno il 70% dei colleghi coi quali mi sono confrontato ha disapprovato o addirittura criticato la Legge 107 sulla “Buona scuola”, non che almeno il 70% degli insegnanti vota per il Partito Democratico.
Dopodiché ho aggiunto che, fra questo 70% di insegnanti critici della “Buona scuola”, una buona parte, quanto meno la metà, sono simpatizzanti o elettori del PD. E ho condiviso l’impressione che la gran parte di questi insegnanti critici della “Buona scuola” che in passato hanno simpatizzato o votato per il PD finiranno per rientrare nei ranghi e rivotare PD accampando le più diverse scuse.
Questo ho detto.
Non ho avuto professori comunisti al liceo (anzi si, uno di storia dell’arte, competente ma non bravo come professore) ma mia padre comunista e professore di scuole medie secondarie ha influito molto sulla mia formazione ed era, credo, molto bravo anche se non era giustamente severo (e questo, ex post lo considero un dato negativo).
Al liceo ho avuto un bravo professore di Italiano socialista; una brava professoressa di matematica democristiana; e un bravo professore di latino e greco, conservatore, che tuttavia non ha mai pronunciato una sola parola che potesse lasciar intendere le sue posizioni politiche.
Al ginnasio ho avuto una brava professoressa di latino, greco, italiano, storia e geografia che, ugualmente, non ha mai lasciato trapelare minimamente le sue opinioni politiche (ma si diceva che fosse “di famiglia” democristiana).
Bato te, io sono di Modena, ed i licei pubblici erano (sono? Non lo so, non ho figli) un assoluto monopolio della CGIL.
Ovviamente, con le dovute eccezioni.
Ho avuto una prof di filosofia per un anno (poverella, è morta quell’estate) che era palesemente una cattolica abbastanza intransigente, ed ho avuto una professoressa di inglese (bravissima) ostentatamente radicale con cui comunque andavo molto d’accordo (per lei ero “sweet blacky”).
Per il resto non ricordo molte altre eccezioni.
“La femminilità come alibi”?
Discorso alquanto “talebano”.
E’ la stessa dipendenza degli anziani sottoposti alla martellante propaganda televisiva.
Gli anziani sono molti di più degli insegnanti (gli insegnanti sono circa 700.000).
Il 30% dei voti italiani-i voti del PD- sono circa 17.000.000 di voti.
Quindi anche se si pestassero tutte le professoresse italiane le variazioni percentuali sarebbero minime.
Cara Gabriella,
nulla di talebano. Intendevo solo dire che la mia ira non guarderà in faccia a nessuno e, dato che gli insegnanti, soprattutto nella scuola dell’obbligo, sono in larghissima parte donne, la mia rabbia di fronte a un voto di rassegnazione per il PD anche da parte di coloro che hanno criticato e criticano la controriforma della “Buona scuola” non osserverà la massima secondo cui «le donne non si toccano nemmeno con un fiore». Non ho nulla contro le donne, che anzi mi piacciono assai, anche se non le capisco (ma forse mi piacciono anche per questo). Tuttavia, di fronte alla rassegnazione per il PD mi dimenticherò della cavalleria e sarò implacabile.
Il confronto coi voti degli anziani, dunque, non ha niente a che vedere con il ragionamento che ho fatto. Non si tratta di capire quale categoria di lavoratori abbia maggiore peso specifico nell’elettorato del Partito Democratico.
Ad ogni modo, mi creda, non è mia intenzione progettare il pestaggio di tutte le insegnanti italiane. La invito a non travisare quanto ho scritto che, del resto, mi pare abbastanza chiaro e non travisabile.
da tempo non visitavo il vostro sito, mi ha incuriosito il titolo del post, e l’ho letto tutto; non mi sorprenderebbe affatto che gli insegnanti votassero di nuovo per mamma pd-dc non disdegnando affatto di farsi avvolgere dal suo mantello; dico la mia da vetero comunista ed orgoglioso di esserlo; gli insegnanti non sono la vecchia classe operaia con una coscienza di classe, forti della quale hanno voluto cambiare lo stato presente delle cose, anche se purtroppo non si è riusciti nell’impresa; in sicilia, endemicamente democristiana sempre, anche quando imperava forza italia ed oggi con mamma pd-dc, il malcontento antigovernativo come prassi quotidiana, si scioglieva come neve al sole al momento della scelta elettorale; il sistema di potere politico democristiano veniva riconfermato con schiacciante maggioranza, anche quando negli anni 70 il pci superava il 20%; la sicilia purtroppo è rimasta annientata da una prassi di disvalori che mettono al primo posto gli interessi personali immediati, salvo poi lamentarsi come avviene oggi che il sistema sanitario regionale viene smantellato sistematicamente; i raporti di forza politico elettorali però rimarranno sempre dominati da mamma dc perchè troppo estese e profonde sono le radici dalle quali sorgono gli alberi che garantiscono il quotidiano vivere della maggioranza della popolazione; un sistema di potere granitico dal quale non ci si dovrebbe sorprendere se alle prossime politiche scaturisse un verdetto parente del 61 a zero del’era berlusconiana, verdetto politico di marca mamma pd-dc.