Per una democrazia teocentrica
Come i regimi teocratici, anche la secolarizzazione è un pericolo per la libertà dei popoli? [gm]
di GIUSEPPE MAZZINI
Venga il regno di Dio sulla terra, siccome è nel cielo: sia questa, o fratelli miei, meglio intesa e applicata che non fu per l’addietro, la vostra parola di fede, la vostra preghiera: ripetetela e operate perché si verifichi. Lasciate ch’altri tenti persuadervi la rassegnazione passiva, l’indifferenza alle cose terrene, la sottomissione ad ogni potere temporale anche ingiusto, replicandovi, male intesa, quell’altra parola: “Rendete a Cesare ciò ch’è di Cesare e ciò ch’è di Dio a Dio”. Possono dirvi cosa che non sia di Dio?
Nulla è di Cesare se non in quanto è conforme alla Legge Divina. Cesare, ossia il potere temporale, il governo civile, non è che il mandatario, l’esecutore, quanto le sue forze e i tempi concedono, del disegno di Dio : dove tradisce il mandato, è vostro, non diremo diritto, ma dovere, mutarlo. A che siete quaggiù se non per affaticarvi a sviluppare coi vostri mezzi e nella vostra sfera il concetto di Dio ?
A che professare di credere nell’unità del genere umano, conseguenza inevitabile dell’Unità di Dio, se non lavorate a verificarla, combattendo le divisioni arbitrarie, le inimicizie che separano tuttavia le diverse tribù formanti l’Umanità ? A che credere nella libertà umana, base della umana responsabilità, se non ci adoperiamo a distruggere tutti gli ostacoli che impediscono la prima e viziano la seconda? A che parlare di Fratellanza pur concedendo che i nostri fratelli siano ogni dì conculcati, avviliti, sprezzati? La terra è la nostra lavoreria: non bisogna maledirla; bisogna santificarla. Le forze materiali che ci troviamo d’intorno sono i nostri strumenti di lavoro, non bisogna ripudiarli, bisogna dirigerli al bene.
Ma questo, voi, senza Dio, non potete. V’ho parlato di Doveri: v’ho insegnato che la sola conoscenza dei vostri diritti non basta a guidarvi durevolmente sulle vie del bene: non basta a darvi quel miglioramento progressivo, continuo, nella vostra condizione, che voi cercate: ora, senza Dio, d’onde il Dovere? senza Dio, voi, a qualunque sistema civile vogliate appigliarvi, non potete trovare altra base che la Forza cieca, brutale, tirannica. Di qui non si esce. O lo sviluppo delle cose umane dipende da una legge di Provvidenza che noi tutti siamo incaricati di scoprire e di applicare, o è affidato al caso, alle circostanze del momento, all’uomo che sa meglio valersene.
O dobbiamo obbedire a Dio, o servire ad uomini, uno o più non importa. Se non regna una Mente suprema su tutte le menti umane, chi può salvarci dall’arbitrio dei nostri simili, quando si trovino più potenti di noi? Se non esiste una Legge santa inviolabile, non creata dagli uomini, quale norma avremo per giudicare se un atto è giusto o non lo è ? In nome di chi, in nome di che protesteremo contro l’oppressione e l’ineguaglianza?
Senza Dio, non v’è altro dominatore che il Fatto: il Fatto davanti al quale i materialisti s’inchinano sempre, abbia nome Rivoluzione o Bonaparte: il Fatto del quale i materialisti anch’oggi, in Italia ed altrove, si fanno scudo per giustificare l’inerzia, anche dove concordano teoricamente coi nostri principii. Ora comanderemo noi loro il sacrificio, il martirio in nome delle nostre opinioni individuali? Cangeremo, in virtù solamente de’ nostri interessi, la teorica in pratica, il principio astratto in azione? Disingannatevi. Finché parleremo individui, in nome di quanto il nostro intelletto individuale ci suggerisce, avremo quel ch’oggi abbiamo: adesione a parole, non opere.
Il grido che suonò in tutte grandi rivoluzioni, il grido Dio lo vuole, Dio lo vuole delle Crociate, può solo convertire gl’inerti in attivi, dar animo ai paurosi, entusiasmo di sacrificio ai calcolatori, fede a chi respinge col dubbio ogni umano concetto. Provate agli uomini che l’opera d’emancipazione e di sviluppo progressivo alla quale voi li chiamate, sta nel disegno di Dio: nessuno si ribellerà. Provate loro che l’opera terrestre da compiersi quaggiù è essenzialmente connessa colla loro vita immortale: tutti i calcoli del momento spariranno davanti all’importanza dell’avvenire. Senza Dio, voi potete imporre, non persuadere: potete essere tiranni alla volta vostra, non educatori ed Apostoli.
Dio lo vuole, Dio lo vuole! E’ grido di popolo, o fratelli; è grido del vostro popolo, grido nazionale Italiano. Non vi lasciate ingannare, o voi che lavorate con sincerità d’amore per la vostra Nazione, da chi vi dirà forse che la tendenza Italiana non è che tendenza politica, e che lo spirito religioso s’è dipartito da essa.
Lo spirito religioso non si dipartì mai dall’Italia, finché l’Italia, comunque divisa, fu grande ed attiva; si dipartì, quando nel secolo decimosesto, caduta Firenze, caduta sotto le armi straniere di Carlo V, e sotto i raggiri dei Papi ogni libertà di vita Italiana, noi cominciammo a perdere tendenze nazionali e a vivere spagnuoli, tedeschi, e francesi.
Allora i nostri letterati incominciarono a far da buffoni di principi e ad accarezzare la svogliatezza dei padroni, ridendo di tutti e di tutto. Allora i nostri preti vedendo impossibile ogni applicazione di verità religiosa cominciarono a far bottega del culto, e a pensare a se stessi, non al popolo ch’essi dovevano illuminare e proteggere.
E allora, il popolo, sprezzato dai letterati, tradito spolpato dai preti, esiliato da ogni influenza nelle cose pubbliche, cominciò a vendicarsi ridendo dei letterati, diffidando dei preti, ribellandosi a tutte le credenze, poiché vedeva corrotta l’antica e non poteva presentire più in là. Da quel tempo in poi noi ci trasciniamo tra le superstizioni comandate dall’abitudine o dai governi e la incredulità, abbietti e impotenti.
Ma noi vogliamo risorgere grandi e onorati. E ricorderemo la tradizione Nazionale. Ricorderemo che col nome di Dio sulla bocca e colle insegne della loro fede nel centro della battaglia, i nostri fratelli lombardi vincevano, nel dodicesimo secolo, gl’invasori tedeschi, e riconquistavano le loro libertà manomesse.
Ricorderemo che i repubblicani delle città toscane si radunavano a parlamento nei tempi. Ricorderemo gli Artigiani Fiorentini che, respingendo il partito di sottomettere all’impero della famiglia Medici la loro libertà democratica, elessero, per voto solenne, Cristo capo della Repubblica – e il frate Savonarola predicante a un tempo il dogma di Dio e quello del Popolo – i Genovesi del 1746 liberatori, a furia di sassate, nel nome di Maria protettrice, della loro città dall’esercito tedesco che la occupava – e una catena d’altri fatti simili a questi nei quali il pensiero religioso protesse e fecondò il pensiero popolare Italiano.
E il pensiero religioso dorme, aspettando sviluppo, nel nostro popolo: chi saprà suscitarlo, avrà più fatto per la Nazione che non con venti sètte politiche. Forse all’assenza di questo pensiero negli imitatori delle costituzioni e tattiche monarchiche forestiere che condussero i tentativi passati d’insurrezione in Italia tanto quanto all’assenza d’uno scopo apertamente popolare è dovuta la freddezza con che il popolo guardò finora a quei tentativi. Predicate dunque, o fratelli, in nome di Dio. Chi ha core Italiano, vi seguirà.
Predicate in nome di Dio. I letterati sorrideranno? Ebbene domandate ai letterati che cosa hanno fatto per la loro patria. I preti vi scomunicheranno: dite ai preti che voi conoscete Dio più ch’essi tutti non fanno, e che tra Dio, e la sua Legge, voi non avete bisogno d’intermediari. Il popolo vi intenderà e ripeterà con voi: Crediamo in Dio Padre, Intelletto ed Amore, Creatore ed Educatore dell’Umanità.
E in quella parola, voi e il Popolo vincerete.
[da I doveri dell’uomo, 1860]
Dio inteso come “principio etico” (scrivo minuscolo affinché non ci siano equivoci: Mazzini stesso, da buon massone, si riferiva, probabilmente, a qualcosa di simile) e soggetto alla comprensione e condivisione di tutti (ovvero frutto di “mediazione democratica” fra le diverse opinioni a garanzia di tutte), non certo divinità trascendente a cui riferire il diritto e da cui far ricadere il mandato. Discorso storicamente interessante, ma da interpretare secondo le moderne sensibilità e aggiornare con le numerose, anche se spesso fallimentari, esperienze fatte.
Esatto. La cosa strana è che il discorso appare interessante, a testimonianza della lungimiranza di Mazzini.
Purtroppo non soltanto da interpretare ma da verificare nella idoneità a radicarsi almeno in minoranze. Per ora è semplicemente una ipotesi culturale.
Grazie Mirco per le osservazioni. Chissà, forse qui Mazzini aveva in mente il Cacciaguida di Dante, di cui era appassionato studioso. Il padre Dante, appunto: un giorno sarà proprio lui a condurci fuori dalla selva oscura della globalizzazione?
Non ci giurerei… Non tanto per le originali intenzioni del Mazzini, che ormai appartengono ad altro ente, quanto per l’uso che i suoi (pretesi) eredi intendono farne. Ho avuto notizia di un carteggio fra Mazzini e Pike (non ho avuto modo di approfondire la questione) e non mi stupirei se certi sviluppi nella società fossero stati pianificati da tempo e fosse davvero in atto una Agenda “non democratica” (ma che siamo qui a fare?) Per fortuna, le Idee non sono serve delle menti che le partoriscono e possono sostenere principi non previsti. Perdonate l’involontaria polemica: sono psicologicamente prevenuto nei confronti di ogni elemento che abbia una qualsiasi ombra di ambiguità, un po’ come un contadino ignorante, che fa fatica a far di conto, nei confronti del mercante di città…