Il sistema delle autonomie locali della Sardegna
di LUCA CANCELLIERE (ARS Sardegna)
Al termine di un lungo e travagliato procedimento legislativo, il 4 febbraio 2016 è stata promulgata l’attesa legge regionale n. 2/2016 sul riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna. Questa legge ha finalmente chiuso una lunga e travagliata fase transitoria iniziata il 6 maggio 2012 e segna senz’altro un momento di particolare importanza storica nella storia politica e amministrativa della Sardegna.
Le autonomie locali nella storia della Sardegna
Non è privo di interesse, in questa sede, un breve riepilogo sulle vicende del sistema delle autonomie locali nella storia della Sardegna.
La prima grande riforma in materia di autonomie locali fu adottata da Giambattista Lorenzo Bogino, Ministro per gli Affari di Sardegna dal 1759 al 1773, che nel 1771 istituì in tutti i paesi dell’Isola i “Consigli Comunitativi”, presieduti da un Sindaco eletto a turno nei tre ordini di cittadini: primo, mezzano e infimo. Per la prima volta, i sudditi dei feudi venivano coinvolti nella vita politica. Questa fu una novità epocale, poiché sino ad allora le sole città regie di Cagliari, Iglesias, Oristano, Bosa, Alghero, Castelsardo e Sassari godevano di un diritto municipale proprio e non erano soggette al sistema feudale istituito dagli Aragonesi, oltre a essere rappresentate nello Stamento c.d. “regio” (che si affiancava agli altri due stamenti, quello “militare” degli aristocratici e quello “ecclesiastico” del clero).
Con l’editto del 7 ottobre 1814 (poi modificato dai successivi editti del 27 ottobre 1815 e 10 novembre 1818), il sistema degli enti locali venne articolato dal Re di Sardegna Vittorio Emanuele I di Savoia su quattro livelli amministrativi: divisione, provincia, mandamento e comune. In Sardegna furono istituite le divisioni di Sassari (con le province di Sassari, Alghero, Cuglieri, Ozieri e Tempio) e Cagliari (con le province di Cagliari, Iglesias, Isili, Lanusei, Nuoro e Busachi).
Nell’ottobre del 1847, Re Carlo Alberto di Savoia accolse la richiesta di “Fusione perfetta” tra la Sardegna e gli Stati di Terraferma, uniti fino ad allora soltanto dalla persona del Re. In tal modo il Regno di Sardegna, da Stato “composto”, divenne Stato “unitario” e conseguentemente furono abolite la carica viceregia e gli antichi Stamenti del Regno. Con il “Regio editto per l’Amministrazione dei Comuni e delle Provincie” del 27 novembre 1847, fu esteso il sistema amministrativo piemontese all’isola. Divisione e Provincia furono dotati di consigli elettivi.
L’Isola fu ripartita amministrativamente in tre divisioni: Cagliari (con le province di Cagliari, Oristano, Iglesias e Isili), Nuoro (con le province di Nuoro, Cuglieri e Lanusei) e Sassari (con le province di Sassari, Alghero, Ozieri e Tempio). La legge Rattazzi del 23 ottobre 1859 abolì la ripartizione in divisioni introducendo l’ordinamento provinciale, che poi sarebbe stato esteso a tutta l’Italia unita. In Sardegna furono istituite le due province di Cagliari (con i circondari di Cagliari, Iglesias, Lanusei e Oristano) e Sassari (con i circondari di Sassari, Alghero, Nuoro, Ozieri e Tempio).
Il Regio Decreto n. 1 del 2 gennaio 1927 abolì i circondari istituendo la Provincia di Nuoro, alla quale venivano assegnati i comuni già appartenenti ai circondari di Nuoro e Lanusei. Lo Statuto Speciale di Autonomia della Regione Sardegna approvato con Legge Costituzionale n. 3 del 26 febbraio 1948, all’art. 3 b), come modificato dall´art. 4 della Legge Costituzionale n. 2 del 23 settembre 1993, riconobbe alla Regione Autonoma competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni”. Con legge statale 16 luglio 1974, n. 306 veniva istituita la quarta provincia sarda, Oristano.
Infine, con un procedimento avviato con la legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 e concluso con la legge regionale 12 luglio 2001, n. 9, veniva istituite quattro nuove province: Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio, in aggiunta alle quattro preesistenti province di istituzione statale. E’ il caso di rammentare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 230 del 6 luglio 2001, aveva dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale relativa alla presunta incompetenza della Regione Sardegna a istituire nuove province nel suo territorio, precisando che non esisteva però alcun nesso necessario tra l’istituzione di una provincia e l’istituzione di uffici statali decentrati nel suo territorio, materia rientrante nella discrezionalità del legislatore statale.
Con il referendum abrogativo (per quanto concerne le quattro province istituite con legge regionale: Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio) e consultivo (per quanto concerne le quattro province istituite con legge statale: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) del 6 maggio 2012, i cittadini sardi esprimevano una volontà favorevole all’abolizione di tutte le province esistenti in Sardegna. La volontà dell’elettorato veniva immediatamente recepita dal legislatore regionale con la legge regionale 25 maggio 2012, n. 11 che avviava un procedimento di riforma del sistema delle autonomie locali che però si è concluso con quasi quattro anni di ritardo.
Dopo quasi quattro anni, il processo si è concluso con la legge regionale 4 febbraio 2016 n. 2. Le legge regionale 4 febbraio 2016 n. 2 La nuova legge regionale di riordino del sistema delle autonomie locali richiama espressamente l’ipotesi di abolizione delle province oggetto del relativo disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa. Il territorio regionale viene pertanto diviso, in via provvisoria e all’esito dell’intervenuta abrogazione delle quattro province istituite con legge regionale, tra le quattro circoscrizioni provinciali corrispondenti alle quattro province istituite con legge statale e la città metropolitana di Cagliari di nuova istituzione.
Quest’ultima viene ad includere il comune di Cagliari e altri 16 comuni limitrofi, assumendo le competenze previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56. Ferma restando la possibilità per la città metropolitana di Cagliari di prevedere nel proprio Statuto l’elezione diretta del sindaco metropolitano, le suddette funzioni vengono assunte in via transitoria dal sindaco di Cagliari. Gli altri organi della città metropolitana sono la conferenza metropolitana (composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede, e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana) e il consiglio metropolitano (eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana).
Città metropolitana a parte, le quattro province della Sardegna saranno pertanto quelle di Sassari (cui sono uniti l’ex provincia di Olbia-Tempio e i comuni di San Teodoro e Budoni), Nuoro (cui è unita l’Ogliastra), Oristano (cui sono uniti Laconi, Bosa e gli altri comuni della Planargia) e la neo-costituita “provincia del Sud Sardegna”, costituita dai territori già appartenenti alle province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano e Cagliari (con l’eccezione dei 17 comuni entrati a far parte della città metropolitana di Cagliari), più i comuni di Escalaplano, Escolca, Esterzili, Gergei, Isili, Nuragus, Nurallao, Nurri, Orroli, Sadali, Serri, Seulo, Seui, Genoni e Villanovatulo. Secondo quanto già previsto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 e dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, presidente della provincia e consiglio provinciale sono organi di secondo grado, eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali della provincia.
In particolare la legge regionale sul riordino delle autonomie locali prevede la ripartizione delle province scaturite dalla confluenza di più province soppresse in “zone omogenee” come ambito operativo dei servizi provinciali e circoscrizioni per l’elezione dei consigli provinciali, fino alla definitiva soppressione delle province. Dopo la soppressione delle province la regione istituirà “ambiti territoriali strategici”ai fini del programma regionale di sviluppo e per esercitare funzioni di area vasta direttamente, per il tramite di enti o agenzie o mediante delega a comuni e unioni di comuni.
L’organo su cui la legge sul riordino delle autonomie locali affida un ruolo propulsivo nel nuovo assetto ordina mentale è però l’unione dei comuni, i cui “ambiti territoriali ottimali” sono determinati dal piano di riordino territoriale regionale. Sono organi dell’unione di comuni, conformemente alla legislazione statale, l’assemblea dei sindaci, il presidente e la giunta. Tutti i comuni della Sardegna sono obbligati ad aderire a un’unione di comuni, che può essere costituita secondo le tre seguenti modalità:
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da quattro o più comuni contermini, con popolazione complessiva non inferiore a 10.000 abitanti, fatte salve le unioni di comuni con popolazione inferiore già costituite alla data dell’entrata in vigore della legge;
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da una “città media” (comune con più di 30.000 abitanti) e da un comune contermine, con popolazione complessiva di almeno 50.000 abitanti, assumendo in tal caso il nome di “rete urbana”;
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da almeno due “città medie” contermini, con popolazione complessiva di almeno 150.000 abitanti e e nel cui territorio siano presenti sistemi di trasporto, quali porti e aeroporti, di interesse nazionale, assumendo in tal caso il nome di “rete metropolitana”.
Fermo restando che le province, fino alla loro soppressione, continueranno a svolgere le funzioni loro attribuite dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 e dalla legge regionale, la legge sul riordino delle autonomie locali prevede sin d’ora il trasferimento alle unioni di comuni o alla regione di alcune competenze provinciali. Alle unioni di comuni passeranno funzioni già conferite alle province nei seguenti settori: industria, energia, fiere e commercio, turismo, agricoltura, risorse idriche, istruzione, spettacolo e attività culturali, sport, cultura e lingua sarda, beni culturali. Alla Regione, invece, passeranno funzioni di programmazione già conferite alle province nei seguenti settori: artigianato, industria, miniere e risorse geotermiche, fiere e commercio, turismo, trasporti, formazione professionale e sport.
La legge regionale sul riordino delle autonomie locali prevede infine norme transitorie per il trasferimento di funzioni, beni e personale dalle province agli enti subentranti, per la nomina degli amministratori straordinari delle province di Sassari, Nuoro e Oristano e del Sud Sardegna e per l’adozione dell’atto costitutivo e dello statuto della Città Metropolitana di Cagliari, fino all’entrata a regime degli organi istituzionali previsti dalla legge di riforma.
Abbiamo avuto l’ennesima presa in giro, perchè tutto ciò è stato fatto per la riduzione dei costi, ma alla fine tutto è rimasto come prima, solo che al posto dei consigli provinciali esistono dei commissari e addiritura dei sub commissari, continuiamo ad utilizzare ancora le sigle provinciali di Medio-Campidano, olbia-tempio-ogliastra ad avere uffici tipo il PRA che gestisce i soldi dell’imposta provinciale dei trasferimenti di proprietà dei veicoli e così via