L'uomo moderno e l'uomo antimoderno
di Stefano D'Andrea
L'uomo moderno, il modo generale di essere in questo momento storico – parlo naturalmente dell'uomo occidentale – può essere conosciuto soltanto valutando la relazione con alcuni oggetti: le automobili, la televisione, il video-computer, il telefonino; nonché la relazione, che è sempre di soggezione, con alcune attività: la pubblicità e il credito.
La conoscenza di questi “rapporti” – che sono rapporti tra uomo e cose (nel fondo ciò è vero anche per la relazione di soggezione tra l’uomo e la pubblicità) – può condurre alla critica radicale. Il critico radicale di queste relazioni è l’uomo antimoderno, la cui essenza è incompatibile con la soggezione a quegli oggetti e a quelle attività.
Com’è quest’uomo? E' un uomo che non avverte il bisogno generale di consumare; che riconosce l’utilità e talvolta la necessità di produrre, e comunque svolge attività: non conosce l'inedia. Esso non gioca, se non di tanto in tanto, accettando l’occasione. Non si indebita (parlo dell'uomo, non dell'impresa che eventualmente gestisce) e perciò sacrifica il consumo di cose, di luoghi o di “esperienze” . Non soddisfa i capricci dei figli e della moglie, se non con doni che devono essere rari. Limita il numero delle persone delle quali è cliente e cerca di conoscere quelle persone con una certa profondità. Ha la forza di godere della solitudine, del silenzio e della natura. Non sa ciò che i media gli dicono, perché non li ascolta; conosce, invece, soltanto ciò di cui va alla ricerca. Trova il tempo per la lettura ed eventualmente tenta la scrittura. E’ questa l'essenza dell'uomo antimoderno.
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