Stato Islamico, cos'era, cos'è, cosa sarà: un esperimento di maoismo islamista
di KYLE ORTON (traduzione di Federico Monegaglia, FSI Trento)
Only the dead (Solo i morti) documenta l’esperienza di Michael Ware, giornalista australiano giunto agli inizi del 2003 in Iraq, nel quale ha trascorso undici mesi all’anno per sette anni. Poco dopo la caduta di Saddam Hussein, Ware riuscì a prendere contatti con i resistenti al nuovo ordine, nel periodo in cui gli americani ancora faticavano a mapparli.
Ware riuscì dunque a stabilire una rete di comunicazione con quelle componenti dei ribelli maggiormente nazionaliste ed islamiste. Una volta inseritosi nell’ambiente, lo trovarono i jihadisti globalisti, che lavoravano nell’ombra, una piccola forza dominata da stranieri della quale diffidavano anche molti insorti. Per Ware il leader dei jihadisti Ahmad al-Khalayleh divenne una specie di ossessione nel momento in cui, sotto lo pseudonimo di Abu Musab al-Zarqawi, entrò con le sue tattiche atroci sullo scenario mondiale. Zarqawi, lo “sceicco dei macellai”, avrebbe fondato un’organizzazione che sarebbe divenuta un movimento e poi avrebbe fatto esplodere le frontiere iraqene, che oggi conosciamo con il nome di Stato Islamico (IS).
Seguendo Zarqawi ed i suoi uomini, Ware ci presenta incredibili riprese e ci dà alcuni spaccati dei giorni affascinanti, i cui effetti avvertiamo ancora oggi, nei quali la ribellione iraqena andava radicandosi.
IL FILM
Strutturato essenzialmente come video-saggio o video-diario, il film ci dà accesso alle riprese realizzate da Ware grossomodo nell’ordine in cui furono effettuate. “Ho assistito alla nascita di quello che è oggi lo Stato Islamico”, afferma Ware. L’affermazione non è del tutto corretta —l’organizzazione è infatti nata tre anni prima in un campo nell’Afghanistan talebano, ed è arrivata sul suolo iraqeno nell’aprile del 2002. Ma Ware è stato nel posto adatto per vedere alcuni dei passi fondamentali verso il califfato compiuti dall’organizzazione.
Da tenace giornalista qual è, Ware si fece strada tra intermediari e continuò a farlo fino a prendere contatto con i ribelli. Quelli in cui si era imbattuto erano inizialmente islamisti localizzati: residui del regime, Fratelli Musulmani e altri islamisti indipendenti, oltre a gruppi tribali che sotto al nuovo ordine avevano perso le loro fonti di guadagno (tra cui il contrabbando). Col tempo si trovò ricercato dall’altro elemento della ribellione: i jihadisti-salafiti globalisti.
Ware ci mostra quello che probabilmente è il primo video di un attacco di ribelli nel periodo seguente la caduta di Saddam:
LINK VIDEO: [Ribelli dopo l’attacco ad una base USA, inizio 2003]
Ware è entrato in possesso anche delle prime riprese fatte dai militanti dell’IS di un attacco suicida in Iraq:
LINK VIDEO: [Giovane durante la cerimonia precedente il primo attacco kamikaze videoregistrato dell’IS, 2003]
Ware era sul campo quando i jihadisti di Zarqawi si mossero per dominare la ribellione, a partire dai tre “spettacolari” attacchi terroristici a Baghdad nell’agosto del 2003. Preso atto di questo pericolo, nel luglio del 2004 la taglia degli USA per la cattura o l’uccisione di Zarqawi fu aumentata a 25 milioni di dollari, pari a quella pendente sulla figura di Osama Bin Laden. Il tratto più drammatico del documentario deriva proprio da questa dinamica.
Nel settembre del 2004 le forze di Zarqawi cacciarono i ribelli locali fuori da Haifa Street a Baghdad. La zona costituiva una roccaforte per il regime sconfitto: molti dei clan di Tikriti vi si erano trasferiti a seguito della presa del potere da parte del partito ba’athista, e molti di essi erano entrati nei servizi militari e di intelligence. Ware si espose ad un rischio enorme visitando il luogo dopo la presa di potere da parte delle forze di Zarqawi e per poco non restò ucciso.
LINK VIDEO: [Michael Ware guida sulla strada di Haifa a Baghdad, controllata dall’IS, nel 2004]
A questo punto molti si sarebbero presi una pausa dall’Iraq, ma non Ware. Ware si trovò nel bel mezzo dell’operazione Phantom Fury durante la seconda battaglia di Fallujah, nel 2004:
LINK VIDEO: [I soldati si muovono di casa in casa durante la seconda battaglia di Fallujah, novembre 2004]
Quella che ne seguì si rivelò essere una vittoria di Pirro: seppur decisiva in termini militari, sul piano politico provocò danni ingenti alla coalizione guidata dagli Stati Uniti; inoltre la gran parte delle forze dello Stato Islamico avevano abbandonato la città prima ancora che la battaglia avesse inizio, trasferendosi a Mosul. Approfittando dello schieramento della coalizione guidata dagli USA rispetto a Mosul, l’IS riuscì ad occupare vaste aree di Mosul per diverse settimane prima di essere costretto ad abbandonarle.
L’accusa più feroce del film alla condotta della coalizione prima dell’attacco arriva mentre Ware si trova al seguito delle truppe a Ramadi, nell’agosto del 2005. C’erano cinque basi nella città, nelle quali i soldati americani aspettavano letteralmente di essere attaccati. Questa “difesa statica” provocava grandi livelli di stress tra i soldati ed un elevato numero di vittime.
LINK VIDEO: [Soldati americani sotto assedio all’interno di una base di Ramadi, estate 2005]
Ovviamente, ciò significava anche che Zarqawi aveva totale libertà d’iniziativa: poteva reclutare uomini, dominare la campagna e all’interno della città. Le strade erano sotto il suo controllo, come mostra il video:
LINK VIDEO: [L’IS esegue la condanna a morte di una “spia”, tra le proteste locali, in Anbar, tra il 2004 e il 2005]
Non era necessario che la popolazione simpatizzasse in massa per lo Stato Islamico; era sufficiente che vi trovasse interessi comuni e fosse sufficientemente spaventata, scenario plausibile perché pochi uomini coi fucili possono sopraffare molta gente disarmata.
Nell’Anbar il risentimento degli americani era alle stelle, e l’IS offrì un modo per mandare indietro l’orologio. In più, come già detto, gli americani non rendevano le cose facili alle persone che volevano parteggiare per loro contro i jihadisti: la sicurezza è la priorità di ciascuno, e dunque era l’IS che andava placato, non gli americani. In questa dinamica si è risolta l’ondata suscitata dalla scelta strategica di voler ottenere la fiducia della popolazione.
La scena conclusiva è decisamente quella più inquietante. Nel 2007, Ware si trova al seguito di un raid dei soldati americani, quando un cecchino intercetta un ribelle mentre questi cercava di tendere loro un’imboscata. Il ribelle, ferito a morte ma vivo, avrebbe per legge dovuto ricevere assistenza medica, che invece non gli fu fornita. “Dovevo solo dire qualcosa. Qualsiasi cosa. Bastava schiarirmi la gola per spingere i soldati a fornirgli l’assistenza medica cui erano tenuti. Ma non l’ho fatto. Ho lasciato che succedesse” dice Ware.
Il titolo del film deriva da una citazione, generalmente attribuita a Platone, che dice: “solo i morti hanno visto la fine della guerra”. Ware ha lottato con gli effetti postumi delle sue esperienze e conclude: “Ogni guerra è senza scopo”. Le registrazioni di Ware non consentiranno evidentemente di risolvere il dibattito sul pacifismo, tuttavia sono tutt’altro che senza scopo: esse ci forniscono, in un avvincente resoconto, immagini di eventi che ancor’oggi fanno sentire la loro eco.
L’EREDITA’ DI ZARQAWI
Aspetto particolarmente rilevante delle riprese dell’esperienza di Ware è il fatto che esse mostrano le azioni degli uomini di Zarqawi, le modalità secondo le quali hanno scelto di condurre la guerra per espellere gli americani e costruito il loro Stato Islamico. Inoltre, l’esperienza di Ware ha fornito prove ad un articolo di Craig Whiteside, in cui l’IS viene esaminato attraverso il prisma della guerra a tre fasi di Mao Zedong: costruire e preservare una rete centrale di ideologi; espanderla a livello nazionale e diventare un’organizzazione matura e burocratica; compiere le mosse decisive per sconfiggere il vecchio ordine nelle sue aree centrali e stabilire quindi il califfato.
Il potere di emettere sentenze di morte ed eseguirle nelle strade di Anbar consente allo Stato Islamico, come mostra il film, di esercitare una certa influenza sulla società anche senza il controllo territoriale. In uno stile tipicamente maoista l’IS ha portato la sua azione ad un livello di violenza tale per cui le norme sociali sono scomparse e ha alimentato le “controversie” (in questo caso il settarismo) al fine di attirare a sé le comunità a cui mirava, ed in questo caos ha introdotto delle strutture parallele che hanno imposto più obbedienza rispetto allo stato, lasciando quest’ultimo a far fronte alle situazioni per gestire le quali l’IS non era ancora sufficientemente maturo.
Tutto ciò era sotto gli occhi di Ware: nonostante le loro statistiche apparissero a più riprese ottimistiche, gli americani stavano perdendo il controllo. Le tattiche non cambiarono: l’IS era un’autorità-ombra a Mosul, la sua rocca residua dopo la sconfitta strategica del 2008, prima che la città venisse definitivamente conquistata nel giugno 2014.
Il giuramento di fedeltà nei confronti di al-Qaeda del tardo 2004 da parte di Zarqawi era qualcosa ch’egli aveva sempre cercato di evitare, ma dissolse presto le condizioni che gliel’avevano imposto. Mediante la rete di estorsione (“tasse”), il commercio del petrolio e gli strumenti militari di cui era riuscito ad entrare in possesso, l’IS diventò autosufficiente a partire dal 2005, e presto iniziarono le sue tensioni con al-Qaeda che si sarebbero poi protratte indefinitamente.
L’IS aveva anche dimostrato di essere in grado di eliminare i suoi nemici mediante la creazione di corpi per le operazioni speciali come la Brigata Umar. Essa provocò una reazione quando si espanse dagli obiettivi dello Sciismo ai rivali sunniti, ma l’IS era già un’organizzazione fortemente in grado di adattarsi alle situazioni ed il suo obiettivo venne ricalibrato dal successore di Zarqawi, Hamid al-Zawi (Abu Umar al-Baghdadi). Si sarebbero dunque ridotti gli assassinii, sarebbe aumentata l’influenza politica – e funzionò, dal momento in cui gli assassinii trovavano ora una qualche legittimazione.
Whiteside evidenzia due lezioni maoiste che risaltano dalla condotta dell’IS: evitare il combattimento in condizioni di svantaggio e indottrinare le reclute per mantenerle fedeli alla causa nei periodi di inattività militare. La metodologia dell’IS ha consistentemente dimostrato entrambe. Con la sola eccezione di Kobane, l’IS si è ritirato dalle aree urbane ogniqualvolta veniva sopraffatto, talvolta dopo prove di resistenza, talvolta senza, preservando i suoi combattenti; e si focalizzò sul fornire istruzioni politico-religiose ai suoi militanti.
Da Fallujah a Palmira a Sirte, l’IS si è disperso dalle aree urbane ogni volta che forze nettamente superiori si schieravano contro di esso. Proprio questa settimana, l’IS ha lasciato Jarabulus quasi senza colpo ferire, dal momento che sapevano, dopo le sconfitte a Manbij e con l’armata turca tra le forze di invasione, che non c’era modo in cui potessero resistere. E gli uomini che implementarono il califfato di Zarqawi – sia che fossero militari come Samir al Khlifawi (Haji Bakr), uno degli architetti dell’espansione dell’IS in Siria, o, forse anche più importante, figure religiose come Adb al-Rahman al-Qaduli (Abu Ali al-Anbari), che sarebbe succeduto a Zarqawi se non fosse stato imprigionato qualche mese prima della morte di Zarqawi – bloccarono il progetto sul nascere, quando tutte le sue fila furono sbaragliate, il suo comando quasi distrutto, e i sopravvissuti spinti nel deserto.
Al-Khlifawi e al-Qaduli avevano fatto la scelta consapevole di unirsi al movimento di Zarqawi proprio nel momento in cui Ware vi prendeva contatto, in quelle prime fasi in cui i ribelli ba’athisti salafiti del regime di Saddam erano molto più potenti. Questo sfata ogni mito sul fatto che l’IS fosse il “partito del ritorno” ba’athista in veste di Shahada; l’ideologia jihadista era la chiave per le decisioni cruciali del suo comando. E al-Qaduli e quelli come lui avevano preparato i quadri sulla loro scia quando l’IS ritorna in una situazione di difficoltà nei pochi anni successivi.
Un’altra figura che si distingue durante l’intera vicenda è Taha Falaha (Abu Muhammad al-Adnani), reclutato da Zarqawi nel 2002, il quale ora sovrintende le aree sotto il controllo dell’IS in Siria e gli attacchi verso l’estero. Nella sua posizione di portavoce dell’IS, Falaha ha dato perfettamente voce all’idea maoista della causa essendo egli sopravvissuto anche nei momenti in cui la situazione volgeva al drammatico.
“Siamo stati sconfitti quando abbiamo perso le città in Iraq e siamo stati spinti nel deserto senza città e terre?” chiese retoricamente Falaha in un discorso nello scorso maggio. “Assolutamente no! La vera sconfitta è la perdita di forza di volontà e di voglia di lottare.” Un editoriale nella newsletter dell’IS, al-Naba, gli fece eco dicendo che l’unico modo in cui l’IS sarebbe sconfitto era che “l’intera generazione di musulmani testimoni del […] ritorno del califfato […] fosse spazzata via.”
Questo potrebbe essere liquidato come propaganda, ma il modo in cui l’IS sta perdendo sta ponendo le condizioni che ne consentiranno il risveglio, e nel frattempo consente più attacchi esteri.
Una delle caratteristiche più notevoli dell’IS è la sua stabilità ideologica. A differenza di molti eserciti guerriglieri, che adattano la propria ideologia alle condizioni locali, l’IS ha messo in atto considerevoli sforzi per adattare la popolazione alla propria ideologia. L’IS ha anche fisicamente rimodellato la società nelle sue aree principali in Iraq, ponendo in essere meccanismi di controllo e di finanziamento per sradicare i quali si renderebbe necessario il consenso locale.
Purtroppo, l’attuale campagna anti-IS ha fallito in modo cruciale in questo aspetto, facendo ricorso a forze stigmatizzate come illegittime da parte delle popolazioni locali, garantendo quindi all’IS la possibilità di superare il crollo del suo staterello e di tornare necessariamente alle fasi della guerra maoista. Questo per dire che tutto quello che è l’IS odierno già c’era dall’inizio, il che significa che nelle riprese di Ware già ci appaiono parti di esso, fornendoci un assaggio di quello che sarebbe avvenuto in seguito– anche se solo in retrospettiva.
FONTE: kyleorton1991.wordpress.com
LINK: https://kyleorton1991.wordpress.com/2016/08/27/looking-at-the-islamic-states-past-seeing-its-future/
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